Capitolo 44
Verso le 14:45 finii per essere alla fermata del bus del mio paesino vicino la banca, ad aspettare il bus delle 14:55, diretto verso Iwate, dove sarei scesa ad una precisa fermata, prendendo da lì un bus urbano, per cui avevo dei biglietti presi mesi fa in caso di evenienza.
C'era poca gente in giro, a quell'ora così vicino al pranzo e col caldo che c'era, un caldo che non voleva essere spazzato via dalla pioggia e dal crescente gelo che in teoria portava con sé settembre e preannunciava l'autunno.
Alla fermata, eravamo in quattro gatti, praticamente. Ed io ero lì, con un sorriso ebete nonostante i 35° all'ombra, perché non vedevo l'ora di andare a casa di Shinichi. Il bus arrivò verso le 14:50 ed io mi fiondai sopra subito, poggiando accanto a me lo zaino verde scuro.
Dentro, oltre alla roba necessaria per dormire a casa Inoue, c'erano anche un costume ed un telo mare, perché Shinichi mi aveva promesso che sarebbe stato anche un pomeriggio "bagnato". Avevo pensato mi volesse portare in piscina lì vicino, ma l'unica era quella della palestra, adibita solo alle lezioni di nuoto o, d'inverno, al nuoto individuale con pagamento all'ingresso.
Poi avevo supposto che avesse una piscina interrata, ma quella era roba da pochi, e sicuramente non da una famiglia normalissima come quella del mio amico, abitante in piena città, fra l'altro. Perciò, o si andava di secchiate col lavandino o dovevo aspettare e vivere per scoprirlo.
Arrivai a casa di Inoue senza troppi drammi, stranamente, e suonai al loro citofono. Ci fu immediatamente un fruscio di tende da dentro casa ed un istante dopo il cancelletto scattò. Mi chiusi dietro il cancelletto, mentre vidi uscire da casa Shinichi, sorridente. Senza neanche troppi fronzoli o cerimonie, gli saltai addosso e lo strinsi fortissimo, sollevandolo, mentre sorridevo.
Poi lo continuai a tenere stretto a me, mentre sentivo che riprendeva un attimo fiato dopo la mia morsa stritola-costole. Mi era mancato abbracciarlo. Nonostante si presentasse freddo, ma non totalmente apatico, col mondo e si lamentasse abbastanza volte delle mie morse da boa constrictor, non si levava mai e ricambiava sinceramente l'abbraccio.
Mi piaceva molto questa cosa di lui.
Tenni il mento appoggiato sulla sua spalla, occhi chiusi, giusto qualche secondo, concentrandomi sulla vicinanza con lui e nient'altro.
Poi sussurrai, quasi paurosa che orecchie indiscrete sentissero: <Mi sei mancato, Shinichi.>
<Sentimento ricambiato, Amaya-chan.> fece lui e poi ci sciogliemmo, rimanendo comunque vicini, io che proseguivo a sorridere come un'ebete.
Poi notai una cosa.
<Sei un po' più alto, eh? Adesso posso appoggiarti la testa sulla spalla senza essere scomoda perché siamo allo stesso livello!> esclamai, contenta.
<A quanto pare sono cresciuto, mio padre l'ha notato ritornando da un viaggio. Adesso sono alto ben 1,73cm.> spiegò, mezzo orgoglioso.
<Adesso sei un gigante in confronto a me, Shinichi!> scherzai.
<Nah, non esagerare... seguimi, intanto.> fece e si voltò, diretto dentro casa.
<Come vuole lei, signor capitano!> lo sbeffeggiai.
<Comunque... sei dimagrita molto, May. Lo si vede dalla maglia...> commentò.
<Uh?> feci, non capendo. Nel senso... serio? A me proprio non sembrava.>
Lui si girò, rosso in volto, e fece: <Non che prima fossi grassa, no!, è che... eri più morbida?! Argh, non so come dirlo! Fatto sta che si vede anche dalla maglia che hai addosso che hai un'ombra di muscoli sulla pancia, May, e non solo lì. Quel campo estivo in cui sei andata era anche un mezzo campo militare?> chiese, cercando di cambiare argomento.
Cercai di andare contro la voce maligna che diceva che ero grassa prima e sono grassa ora, ma che Shinichi era troppo buono per dirmelo, per rispondere: <Eh, una sorta...>
Avevamo sorpassato un salotto e un corridoio, da quando avevamo attraversato la porta, ed entrai nella stanza di Shinichi. Non esageratamente grande, un letto da una piazza e mezzo, una scrivania, un armadio... mobilio molto semplice. Però era piena di piccole cose, poster e foto, che rendevano la stanza più sua.
<Comunque, domanda di prassi... hai già addosso il costume?> mi chiese.
<No, scusa. Dovevo?>
<Non c'è problema. Io allora esco da qua e tu te lo metti, che ti faccio provare subito un bel pomeriggio "bagnato" a casa Inoue, a low budget.> fece, sorridendo leggermente, prima di uscire.
<Quando hai finito, esci dalla stanza.> mi fece da oltre la porta.
Mi cambiai velocemente nel costume a due pezzi che mi ero portata dietro, uscendo con addosso la maglietta un po' lunga, i pantaloncini in una mano, il salviettone nell'altra e le infradito ai piedi.
Intanto, lui mi aspettava in bermuda ed infradito, sul braccio il suo telo mare.
Mi condusse fuori, di nuovo, in giardino (abbastanza grande per essere di una casa in centro) che circondava la casa, portandomi nel posto coperto dove c'erano due auto parcheggiate. Mi diede un piccolo caschetto, dicendo di indossarlo e così lui fece. Le lenti del caschetto erano oscurate, ma almeno gli occhiali e le stanghette non venivano deformate.
<Ed adesso...> mi porse una pistola ad acqua di plastica <BATTAGLIA!> gridò, schizzandomi addosso dell'acqua.
<EHI!> strillai indispettita, ma ridacchiando, camminando all'indietro per sparare ad Inoue. <Ora tocca a te!> feci, buttandomi alla carica, verso di lui.
Giocammo così almeno un'ora, con l'acqua, neanche fossimo stati bimbi di sei anni, ridendo come due scemi di prima categoria. Ad un certo punto Shinichi, stufo delle pistole ad acqua, mi aveva atteso con la canna dell'acqua e mi aveva inondato. Da quel momento, era stato un continuo "prendi e molla" sulla canna dell'acqua, neanche fosse un giacimento di petrolio e noi due Stati affamati di soldi freschi.
Alla fine della fiera, ci siamo ritrovati stesi nel suo giardino, i nostri piccoli telo mari uniti in uno un po' più grande, sdraiati fianco a fianco, parlando sereni, asciugandoci alla luce del sole. Una volta completamente asciutti, beh, almeno il corpo (io avevo i capelli ancora gocciolanti), rientrammo in casa e ci cambiammo, io nel bagno che mi mostrò e lui in camera sua.
Cambiati, mi fece entrare in camera sua, accendendo la TV accanto alla sua scrivania e passandomi un controller della PlayStation.
<A cosa vorresti giocare, di preciso, scusa?> chiesi, non capendo, mentre il mio amico accendeva la console.
<A Cuphead, ora che ce l'ho pure io, dopo secoli di preghiere!>
<Ma sei scemo?! Io sono uno schifo in qualsiasi gioco mi metti, figuriamoci con uno complicatissimo, ammazza-fegato ed ammazza-voglia-di-vivere come Cuphead!> quasi gli urlai contro, guardandolo ad occhi spalancati.
<E dai, sarà divertente!> tentò di convincermi con tali banali parole.
Davanti il mio mutismo, rifletté un attimo, prima di domandarmi con un sorriso furbetto in volto: <E se portassi qui degli snack?>
Volsi lo sguardo dall'altra parte, facendo la finta offesa. Ma, con un sorrisino sul volto, risposi: <Allora potremmo anche contrattare la questione...>
E così, con in mezzo a noi un'enorme ciotola di Dixi, fra urla e imprecazioni, giocammo tipo due ore a Cuphead, riuscendo a fare solo i primi cinque boss... però, dai, nonostante l'embolo partito almeno 3 volte al minuto, mi ero molto divertita.
Verso le 19:30, una voce femminile fece dall'ingresso: <Sono a casa!>
<Ciao ma'!> salutò Shinichi, mettendo un attimo in pausa la partita, ricordandosi improvvisamente di qualcosa.
Mi alzai anch'io e lo seguii un po' incerta fuori dalla stanza, vedendo che si precipitava verso la sala da pranzo, mentre la madre lo fissava con un sorrisino divertito sul volto.
<Ciao, Amaya-chan!> mi salutò la donna, sorridendo calorosa.
<Buona sera, signora Inoue...> mi guardò un po' male e, dopo un attimo di smarrimento, capii. <Hana-san...> mi corressi e lei sorrise di nuovo.
<Sei fin troppo educata, ragazza! Magari quello lì avesse un minimo di educazione... e fosse un po' meno svampito!> rimbeccò la donna, guardando verso il figlio che aveva quasi finito di apparecchiare.
<E dai, stavamo giocando e non me ne ero accorto!> protestò il ragazzo ed io ridacchiai sotto i baffi, venendo fulminata da Shinichi, che come assatanato si era girato all'istante verso di me.
<Dai, su, torna pure a giocare con la tua sorella delle stelle, basta che non urliate come degli assatanati, ok?> domandò retorica la donna.
<Ok ok...> sbuffò Shinichi, prendendomi delicatamente per il polso, e riportandomi in camera sua, ultimo ed unico rifugio sicuro contro i propri genitori.
Giocammo un altro poco, prima di venire richiamati.
Uscimmo dalla stanza ed andammo in cucina, la TV accesa sul telegiornale.
Hana era in piedi vicino alla tavola, mentre salutava con un veloce bacio a stampo un uomo, il marito. Questi aveva gli occhi marrone scuro e i capelli neri.
<Ciao pa'> salutò Shinichi e l'uomo si voltò verso di noi, sorridendo leggermente.
<Ciao, cariño. E ciao anche a te, Amaya, giusto?> mi salutò cortese. Annuii freneticamente e feci all'istante: <Piacere, signor Inoue.>
<Non c'è bisogno di formalità, ragazza. Puoi chiamarmi benissimo Sora.> fece l'uomo, sorridendomi gentile. Erano proprio due genitori calorosi e cordiali; e per un attimo mi stupii della loro cordialità nei miei confronti prima di ricordarmi che il loro figlio maggiore era nella mia stessa situazione.
<Allora che Sora-san sia...> feci, accomodandomi accanto a Shinichi, che stava lanciando occhiate ad uno dei due posti liberi accanto a lui.
<Ma', dov'è Tsu?> chiese Shinichi, mentre la donna portava in tavola la cena, del ramen ricco di condimenti e dall'aspetto molto invitante.
<Ha detto che avrebbe dormito a casa di un amico, questa sera.> rispose la donna, vedendo anche il sopracciglio inarcato del marito, anch'esso diventato un po' preoccupato.
<Oh, avrei voluto fargli conoscere May-chan.>
<Sarà per un'altra volta.> gli sorrisi dolce, facendogli un leggero "pat pat" sulla spalla, prima di lasciar scivolare la mano via e iniziare a mangiare il ramen, realmente sforzandomi di fare la silenziosa.
La cena fu abbastanza tranquilla e, finito di mangiare, e dopo aver ringraziato Hana della buonissima cena, Shinichi mi trascinò in camera, ricordandomi che dovevamo affrontare "Candy Crush", meglio conosciuta come il primo boss della seconda area.
Mentre venivo tirata verso camera sua, borbottando qualcosa sulla linea del: <Non c'è bisogno di tirare>, sentii dalla cucina delle risatine divertite e Sora sospirare, come arreso ma felice: <Hai ragione tu, sono proprio fratelli delle stelle.>
Non ebbi modo né di arrossire né di intromettermi nella conversazione che mi ritrovai seduta davanti il televisore in camera del mio amico, col JoyStick di prima in mano; con accanto a me il corvino che chiedeva retorico: <Pronta ad asfaltare il culo a Candy Crush?>
Ridacchiai e ribattei: <Piuttosto, sono pronta a venir asfaltata.>
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Il mattino dopo venni risvegliata da un battere insistente sulla porta. Grugnii, un bel po' confusa, aprendo gli occhi, venendo accolta dalla solita visione sfuocata. Inforcai gli occhiali e, dopo un attimo di stupore nel non riconoscere la stanza come la mia camera, mi ricordai che ero a casa di Shinichi.
<Ok, ok, arrivo! Non bisogna sfondare la porta!> borbottò il mio amico, scavalcandomi, scendendo dal letto e dirigendosi alla porta. Aprì con la vitalità di un ameba, per venir accolto dal padre che aveva un sorriso furbetto in volto.
<Dormito bene, ghiri? Sono già le 11:00 e fra circa mezz'ora devo portare a casa Amaya, se poi voglio fare in tempo ad andare a lavoro...>
<N-non c'è bisogno di disturbarsi... c-ci sono i bus.> provai a ribattere.
<No. Già tanto che lo hai fatto all'andata. Comunque... cosa avete fatto ieri fino a notte fonda? Fino a che non ci siamo addormentati, verso mezzanotte, si sentiva un rumorio provenire da questa stanza. E scommetto che non vi siete fermati poco dopo.>
<Ehm...> mi incespicai, non sapendo se Shinichi volesse dirlo o meno.
<Abbiamo continuato a giocare a Cuphead e poi abbiamo visto diversi video su Youtube. E dopo, nel letto, abbiamo parlato a vanvera per un bel po'. Avremo chiuso occhio verso le 4:00...>
Sora ridacchiò: <Avete fatto le ore piccole, eh? E, mi spiegate come avete fatto a dormire nello stesso letto? Col caldo che c'è...>
<Abbiamo tenuto il ventilatore acceso finché non eravamo più addormentati che svegli... e poi, beh, abbiamo condiviso il letto perché quella lì si sentiva in colpa a farmi dormire sul pavimento...>
<Non sei un cane che dorme a terra!> ribattei, difendendo le mie ragioni.
<Almeno stavamo entrambi freschi e potevamo parlare comunque...>
<Ok, ma... saresti stato scomodo e non avremmo potuto fare quello!> bofonchiai, alzandomi a sedere, sentendo la testa pesante.
<"Quello" cosa?> domandò con un sorriso furbetto Sora.
Mi raggelai, capendo quanto fosse fraintendibile.
Iniziai ad agitare come impazzita le mani, mentre arrossavo e tentavo di spiegare: <N-nulla d-d-di importa-a-ante!!!>
La verità era che, quella sera, mentre avevamo parlato, ci eravamo presi per mano in segno d'affetto, e ci eravamo anche tenuti mezzi-abbracciati, senza quasi accorgercene all'inizio. Eravamo rimasti così tutto il tempo e, beh, avevamo deciso di tacito accordo di non dirlo/accennarlo ad anima viva (ah, un po' mi dispiace rompere adesso la promessa con Shinichi), motivo i commenti e le idee che si sarebbero scaturiti dalle teste altrui.
Lui continuò a chiedere col sorriso divertito: <E allora me lo dite?>
Shinichi arrossì sulle orecchie, borbottando: <Non sono fatti tuoi, pa'.>
L'uomo rise di gusto e fece: <Ok, ok, tenetevi pure i vostri segreti, miei cari. E, tranquilli, non avevo sinceramente per un momento creduto che aveste fatto qualcosa di quel tipo; anche se non mi dispiacerebbe sapervi fidanza->
<OK, ADESSO PUOI PURE USCIRE!> sbraitò Shinichi, sbattendo la porta in faccia al padre, paonazzo in volto. Mi guardò dispiaciuto, dicendo: <M-mi dispiace davvero May, mio padre a volte fa proprio lo stupido, anche peggio di mia madre.>
<Io sento tutto, signorino!> specificò la voce di Sora, più flebile a causa dalla porta.
<Va' via!> rimproverò Shinichi attraverso il legno.
Ridacchiai leggermente e feci: <Dai, almeno mi ha fatto ridere dopo avermi fatto venire un mezzo infarto!>
<Oh, tu sì che dai soddisfazioni, Amaya! Saresti una nuora fantastica!>
<E SMAMMA!!!> fu il grido del mio amico in risposta, mentre pure le mie guance si imporporavano di rosso.
N/A: sì, mi sono divertita a scrivere tutto questo.
E no, non mi pento di nulla.
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