Capitolo 30
Il weekend passò in una strana quiete; fra i soliti compiti e il cazzeggio puro.
Volevo far finta che tutto fosse a posto, come se mai un ministro del Governo mi avesse sconvolto la vita il sabato mentre stavo pranzando!
Però ovviamente i miei genitori e mio fratello ebbero qualche comportamento anormale: mia madre non insistette sul farmi uscire dato che le avevo detto che non me la sentivo, né lei né papà mi ruppero le scatole per l'eccessivo uso del cellulare e mio fratello evitò di sbraitarmi contro se usavo Internet mentre lui giocava alla PlayStation.
Era come se mi volessero dare dei benefici per il semplice fatto che adesso davanti ai loro occhi ero oggetto di pietà. E nonostante quegli agi mi piacessero (a chi non piacerebbe avere agi?), mi dava sui nervi che tutto mi fosse dato per pietà.
Infatti, domenica sera, prima di andare a letto, dissi ai miei genitori e a Kiki riuniti in salotto: <Ehi. Trattatemi come al solito. Finché non succede nulla, tutto deve essere come nella normalità. Se mi volete bene, "dimenticate" per un po', finché possiamo.> e me ne andai, senza lasciare loro possibilità di replica davanti la mia faccia; almeno non subito.
Nessuno venne in camera mia a discutere.
Non seppi se prenderlo come un consenso o un diniego alle mie volontà.
Con quell'ingarbuglio che mi stava corrodendo dentro, mi misi a letto; cercando di prendere sonno. Se già io ci mettevo una mezz'oretta a dormire, quella notte (assillata da mille dubbi e mille tormenti) ci misi molto più tempo.
Quando mi ero messa sotto le coperte leggere da estate saranno state le 22:15, circa. E l'ultimo orario che so per certa di aver visto prima di cadere vittima dei fumi del sonno è stato 23:07.
Il giorno dopo, svegliata dal rumore fastidioso della sveglia, per qualche attimo mi sembrò tutto normale, tutto indifferente ad una settimana prima, tutto confuso nella mia testa. Poi ricordai sabato.
La discussione.
La mia firma.
Il dolore mio e della mia famiglia.
E in una secchiata d'acqua fredda, mi ricordai che la mia vita era andata ufficialmente a puttane. Mi massaggiai qualche attimo la faccia prima di prendere gli occhiali e dirigermi, ciondolante (ma cercando di non svegliare gli altri), verso la cucina.
Un brutto magone mi si formò in gola mentre "preparavo" la mia veloce e scarna colazione.
Era davvero così la sensazione di avere un segreto indicibile?
Di sapere che tutto sarà diverso, per forza di modi?
Di dover fingere per il bene tuo ed altrui?
Era davvero così anche solo aver la consapevolezza che avresti dovuto mentire spudoratamente alla luce del Sole per preservare quella normalità che si aveva prima, piuttosto che stravolgerla e non sapere che cosa sarebbe venuta dopo?
Era davvero orribile.
Mi ritrovai a sospirare, arresa, mentre mi sedevo al tavolo per mangiare; la mente offuscata dal sonno ma lucida in quei tristi ragionamenti. Era quello che mi attendeva. E chissà quando mai sarebbe finito (e come). Scossi la testa: dovevo smettere di fasciarmi la testa prima di romperla.
"Facciamo come se nulla fosse. D'altronde, quasi una vita intera ad avere un Quirk ci avrà portato qualche vantaggio, no?" si chiese una vocina nella mia testa, a cui annuii col capo, a darle conferma (come se mi potesse vedere!).
"Che lo show incominci..."
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Entrai in classe e mi diressi al mio posto, cioè vicino a Tsukiko (avevamo cambiato i posti giusto la settimana prima) nella fila centrale, in fondo, appoggiando lo zaino. Abbracciai sia la mia compagna di banco (che ormai si era rassegnata ad essere abbracciata ogni mattina che c'era), sia Toshiko, che era dall'altra parte della classe con un'altra nostra compagna.
E, mentre Asami si faceva i suoi giri (ehi, mica eravamo due cozze l'una con l'altra), io restai in classe con Tsukiko, appoggiate sul piccolo ripiano della finestra, parlando un po' del più e del meno.
Ad un certo punto (tipo 1-2 minuti prima della campanella), entrò Shinichi (ormai si stava prendendo la briga di arrivare per il pelo, onde evitare di sopportare per troppo tempo Yumi); "accolto" subito dal saluto di quell'oca (un <<Inuoe-kun!>> detto con voce talmente tanto melensa e da oca che mi chiesi se fosse umanamente possibile essere così una gatta morta). Però ci sorvolai su perché era arrivato il mio momento preferito della giornata scolastica: placcare Shinichi ancora intontito dal sonno.
Dissi un rapido scusa a Tsukiko che, sorridendo leggermente e scuotendo la testa, commentò ironica: <Va dal tuo "uomo"> (senza cattiveria o malizia, lo sapevo), mentre io correvo verso il mio amico, già al suo banco.
<Shinichi!> gli urlai allegra mentre gli saltavo addosso, stringendolo nella mia morsa ferrea e sollevandolo per qualche secondo.
Sbatté velocemente le palpebre, cercando di districarsi fra i suoi pensieri (che secondo me andavano dal "ho sonno", passando per "che cazzo è appena successo?", arrivando a "oh no, anche oggi") per poi sorridermi ancora assonnato e salutarmi con: <'Giorno May.>
Mi staccai un po' continuando a sorridergli (con lui stavo bene ed ero certa di essermi dimenticata totalmente per qualche secondo dei miei problemi), mentre potevo sentire la risata stridula di Yumi e di quell'altra che praticamente la seguiva come un cagnolino (le altre, semplicemente, si dimostravano "accondiscendenti" nei suoi confronti quando volevano). Entrambi alzammo gli occhi al cielo e io, girandomi, feci: <Che c'è, Matsuda?> la richiamai con sguardo di sfida. Ero ritornata alla realtà e, dalla rabbia, volevo sfogarmi su qualcuna che si meritava un po' di insulti.
Misi un braccio attorno al collo di Shinichi, tirandolo più vicino a me (con conseguente suo leggero lamento quasi al mio orecchio), commentando: <Ti fa così ridere che io abbia un amico maschio? Io almeno non mi devo far male alle ginocchia per avere intorno dei ragazzi che mi calcolino.>
Appena il messaggio fu recepito, un coro di "Oh" si levò dalla classe, mentre Yumi doveva ancora elaborare il messaggio. Mentre ancora gli "Oh" echeggiavano per la classe, io tolsi il braccio dalle spalle di Shinichi. Questo si rimise in piedi dritto e mi guardò a metà tra il divertimento per la battuta e l'infastidito per il mal di collo procuratogli momentaneamente.
Gli sorrisi mefistofelica mentre ritornavo al posto, notando con la coda dell'occhio la prof della prima ora vicina alla porta. Mentre mi dirigevo al posto la prof entrò e richiamò l'ordine, proprio quando la campanella suonò.
Fu allora, supposi, che Yumi capì le mie parole perché urlò il mio nome, molto stizzita, dall'altra parte della classe. La prof la richiamò e lei si sedette stando muta, lanciandomi uno sguardo di fuoco. Le rivolsi un sorriso palesemente maligno ma mascherato da dolce, sedendomi.
Vicino a me Tsukiko mi fissava divertita.
<Adoro quando fai la sfrontata con Yumi. Anche perché ci mette sempre un po' a capirle e te hai il tempo di pararti il culo...> iniziò.
<Non sono mica scema!> commentai.
Lei continuò: <E poi è sempre divertente vedere la studentessa modello Amaya Miura che fa la stronza.>
Le diedi una leggera gomitata giocosa, replicando: <Sai bene che non sono quel che appaio.>
<È sempre comunque bella situazione, no?>
<Ah, questo dipende da voi che guardate.>
<Per me è bella.>
<E allora sarà bella.>
E poi ci mettemmo a "seguire" la lezione.
Tutto era alla normalità (almeno fuori dalla mia testa).
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Suonò la campanella e alcuni della mia classe si fiondarono fuori alle macchinette o ai banchetti con tranci di cibo vario, bibite, caramelle, patatine, dolcetti e chi più ne ha più ne metta. Molti dei miei compagni si fiondarono a prendere il telefono nell'apposita scatola tenuta lontana da tutti (era una delle regole pattuite con la nostra coordinatrice), ma io neppure mi ci fiondai: non ero così dipendente dal cellulare.
Però dovetti controllare il mio cellulare apposito per QLab (per cui avevo il permesso di averlo sempre con me in classe e anche in rumoroso, se volevo) caso mai qualche disgrazia mi si fosse palesata come messaggio... e purtroppo fu così.
"Signorina Miura, la avvertiamo che il giorno 23 luglio è richiesta davanti alla sede dell'ISQ di Iwate alle 7:30 per l'inizio della formazione. Permarrà nella struttura fino al venerdì 31 agosto, alle ore 19:00. Le si richiede di portarsi dietro un bagaglio con gli effetti personali e i vestiti che ritiene indispensabili. Camera, connessione alla rete, pasti e altri comfort sono allegati nel risiedere presso la struttura senza costi aggiuntivi.
Si precisa di riceverla in orario,
H.E.R.O."
Ecco come rovinarmi una fottuta giornata già iniziata male! Sapevo della vita di merda che mi si sarebbe parata di fronte di lì a poco... ma era fin troppo presto!
Riesco a recuperare un minimo di positività mentale e... "sorpresa": mi dicono subito quando inizierà per davvero il mio Inferno personale!
"Questo 'corso di formazione' dovrebbe iniziare subito dopo l'inizio delle vacanze e continuare fino alla fine di esse! E io i compiti quando li faccio? E il mio compleanno, che è il 23 agosto, non lo festeggio? Non posso andarmene per quel giorno? E... oh. No. ME NE DOVREI ANDARE PROPRIO IL GIORNO DEL COMPLEANNO DI MIO PADRE? E saltare nel mentre anche quello di mia madre e quello di Asami? E come giustifico la mia assenza per tutta una fottuta estate a tutti?"
Tutto quel dolore mi investì come una valanga.
Sentii una morsa dolorosamente oppressiva avvinghiarsi al mio cuore e strizzarlo con forza.
Perfetto, ero sul punto di piangere.
<Amaya-chan... tutto ok?> mi chiese preoccupata Tsukiko, scuotendomi per una spalla.
Mi riscossi dai miei pensieri, fissandola per una frazione di secondo disperata prima di mettere su un sorriso rassicurante (e terribilmente falso per la sottoscritta). Non dovevo far trasparire nulla. Più mi mostravo fuori dagli schemi, peggio era.
<Tranquilla, Tsukiko. Va tutto bene. Stavo solo pensando ad inglese, che forse dopo ci da le verifiche...> mentii lì per lì.
<Oh, non farmici pensare!> quasi esclamò in modo drammatico, facendomi sorridere un po' più naturalmente. Mi guardò aggrottando ancora una volta le sopracciglia: <Sicura di stare bene, Amaya-chan?>
Le sorrisi ancora, ripetendole: <Sì, tranquilla.>
Dovevo andarmene da lì, prima che qualcun altro facesse domande.
Afferrai, oltre al mio telefonino di QLab anche quello normale, e mi fiondai nei bagni accanto alla mia classe (in cui tutti i gabinetti erano guasti eccezion fatta per uno normale e quello dei disabili).
Per fortuna quello normale era libero.
Con la mano leggermente tremante feci la foto allo schermo del messaggio arrivatomi da QLab e la mandai sul gruppo di famiglia, per poi mettermi i due telefoni in due tasche diverse e dopo prendermi la testa fra le mani.
Sapevo di stare per crollare, di nuovo.
N/A: da qui a poco, praticamente, si può dire che inizia ufficialmente il secondo arco narrativo della storia.
Questi sono, praticamente, solo capitoli di "passaggio" per collegare il primo arco al secondo.
Sì. Siamo al capitolo 30 e devo ancora iniziare il secondo arco narrativo.
E questa storia ha, tipo, cinque archi narrativi.
Quindi... di questa storia ve ne libererete fra un bel po'...
Spero vorrete seguirla fino allora!
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