Capitolo 22

Per prima cosa la signorina Tanaka, dopo avermi fatto fare chissà quanti minuti stretching, mi aveva fatto fare una corsa di resistenza: dovevo correre per il perimetro della piccola palestra finché "non sentivo i polmoni esplodermi" (parole sue, non mie!). Alla palestra vi si accedeva con una porta sulla sinistra nello studio...
Se era così per tutte le stanze, mi dissi, eccomi spiegato perché il corridoio era infinito e per arrivare alla stanza 3 avevo percorso taaaaanto spazio.

Resistetti circa 15 minuti ad un "passo sommativo abbastanza desolante" (sempre parole sue!), per poi spiattellarmi contro il muro, quasi morente. Cercavo di evitare che il cuore andasse fuori dal mio corpo ed andasse in ferie: era già a metà strada nella trachea e a me ancora serviva! I due medici mi si avvicinarono, Tanaka con sguardo desolato e Ōta con sguardo impassibile: sapeva benissimo che in campi come la corsa non ero proprio portata, neanche se usavo il mio Quirk od era tra il quiescente e l'attivo.

La signorina Tanaka mi tese una mano che io, più per orgoglio che per altro, rifiutai e lei mi indicò dove, nella palestra, dovessi fare la prova successiva. Mi disse però di riposarmi un attimo e di riscaldare le braccia, lì per lì non capii... poi però vidi la sbarra ed impallidii. Perciò fu il turno delle trazioni alla sbarra: yay... (se non si era capito, ero ironica) e feci un'imbarazzante dimostrazione della mia inettitudine nell'attività fisica una seconda volta. Ne dovevo fare 30 minimo nel minor tempo possibile. Ne feci solo una ventina sofferte un casino in ben più di venti minuti prima di mollare a metà della 19esima o 20esima e, praticamente, crollare al suolo. 

Se fossimo stati in un videogioco, sopra la mia testa probabilmente sarebbe comparsa la scritta "wasted" in un bel rosso sfavillante.

Alla mia caduta, il signor Ōta si era spaventato da morire e stava per interrompere l'allenamento, forse irato con la signorina Tanaka che, nonostante tutto, mi stava spingendo fin troppo pure per i suoi gusti oltre il semplice controllo, che li rassicurai.
Non mi ero fatta niente, suvvia (lui avrebbe dovuto saperlo meglio di lei!)!
Con quella caduta farsi seriamente male era troppo persino per una come me!
Sollevai un braccio in segno di ok, pensando però "Sto morendo, ma lasciatemi fare la prova completa, così mi ridicolizzo ancora un po' prima di schiattare!".

Mi fecero ancora un attimo riposare e mi dissero di continuare a tenere scaldati i muscoli delle braccia, dato che li avrei dovuti riutilizzare. Mi chiesi cosa mi volessero fare, in quel momento, mentre avevo la forza, la voglia di vivere e la mia autostima ugualmente al centro della Terra.

Ma risollevai un po' le speranze della signorina Tanaka, la convinzione del signor Ōta sulle mie capacità e, ultima ma non per importanza, un filino la mia autostima con il sollevamento pesi.

"Fottiti mondo! Pensavi che fossi una buona a nulla, eh? Ed invece! Ho fatto 50 sollevamenti con 20 chili in totale! Ah ah, Mondo. AH AH." pensai euforica quando vidi lo sguardo stupito della signorina Tanaka accanto a me e quello soddisfatto del signor Ōta. Ok, avevo le braccia che il giorno dopo SICURAMENTE si sarebbero rivoltate contro di me, rendendomi impossibile contrarre alcun muscolo senza sentire il dolore di mille aghi che mi perforavano i tessuti muscolari.
Ma ormai il masochismo è di routine, quindi...

Poi fu il turno di testare il mio Quirk.

Per prima cosa, la signorina Tanaka portò una bacinella PIENA di amido di mais impastato con acqua, a creare un fluido non newtoniano* (e, da come mi disse dopo il test, anche ben più accentuato del normale nel suo cambiamento di stato). Non mi feci nessuna domanda specifica sul perché per il mio test avrei dovuto usare un materiale che andava contro le leggi della fisica, praticamente, perché lì i medici e gli esperti erano loro, mica io!

Mi disse di darci un pugno senza Quirk. E mi parve di dare un colpo ad un tavolo di legno. Infatti allontanai la mano dal fluido, scuotendola, come a far passare il dolore della botta.
"Porca puzzola, perché me l'ha fatto fare?" avevo pensato con rabbia nella testa, senza dire davvero parolacce.

Annuendo, come se avesse confermato che era tutto in regola, mi disse che dovevo continuare a dare dei pugni al fluido usando di continuo il mio Quirk. Mi avrebbe cronometrata per 3 minuti, vedendo che cosa riuscivo a fare. E, mi aveva avvertito, mentre iniziavo a dare dei pugni, che a dieci secondi dalla fine avrei dovuto assolutamente dare più forza nei pugni, costasse quel che costasse.
(<Anche un braccio mezzo rotto o dei legamenti leniti!> mi aveva detto ed io avevo pensato "MA SPERIAMO DI NO, VI PREGO! E NON ME LA GUFARE PURE TE!")

Presi un attimo un poco di respiro e, al suo via, iniziai a dare pugni con molta forza, combinandolo ad una certa potenza (cioè quella maggiore che riuscissi a tenere costante) del mio Quirk. Non potevo usare tutta la mia potenza perché altrimenti dovevo aspettare qualche secondo di troppo e lei aveva detto che dovevo farlo il più ininterrottamente possibile. Verso i due minuti, iniziai a formicolare tutta, mentre mi sembrava di tenere in eccesso troppo potere. Iniziai a darci più forza con ogni pugno e ne misi ancora di più negli ultimi 10 secondi, come dettomi da lei. Mi sembrava di star prosciugando ogni singola traccia del mio potere che fuoriuscisse da me. 

Infatti non stavo più sudando nonostante lo sforzo, praticamente [N/A: se ve lo siete dimenticati, il suo Quirk, se inutilizzato, viene espulso come sudore dopo uno o due secondi che resta quiescente dentro il suo corpo. Se usa il Quirk, non "suda" quella parte dell'unicità usata] e mi sentii stupita di me stessa, per due o tre secondi: evitare di sprecare anche solo una piccola parte del mio Quirk era abbastanza notevole.

E mi stupii ancora di più quando, ad un attimo prima dei 3 minuti cronometrati, riuscii a frantumare, con un colpo leggermente più potente di tutti gli altri, il fluido (che per tutto il tempo della prova si era comportato come una gelatina ma resistente quanto il legno). Un po' di liquido schizzò fuori dalla bacinella, per fortuna non finì addosso a nessuno dei tre. E io, col fiatone, mi ero sentita potente. Ok, avevo diviso a metà un oggetto (che era quello che, sostanzialmente, mi permetteva di fare il mio potere), ma non era un oggetto qualsiasi: era un fluido non newtoniano (modificato per essere più ostico, per diana!).

Cazzo se ce ne voleva a fare qualcosa del genere solo con pugni e nessun approccio "morbido"!

La signorina Tanaka mi tolse una sorta di fascia elettronica da entrambe le braccia (mi sono dimenticata di dire che le aveva messe su subito prima di questo test, vero?) e, collegandole ad un computer lì accanto, sgranò gli occhi un attimo prima di ritornare con quel dolce viso. Non disse nulla e mi disse di seguirla verso il lato della stanza dove fare il test successivo, l'ultimo (ed io nel mentre quasi toccavo il cielo con un dito). Il signor Ōta mi superò ed andò a fianco della signorina Tanaka ma, voltandosi un attimo prima di raggiungerla, mi sorrise incoraggiante.

Io gli sorrisi grata in risposta. Lui credeva nelle mie capacità in certi campi, specialmente se dovevo usare il mio Quirk. Tra i miei medici, era quello che sapeva sempre come prendermi per il verso giusto e far vedere a tutti le mie capacità, anche quando io ero la prima a non credere di averne.

In un angolo della stanza c'erano tanti materassini a formare un'intera area attutita, con un treppiedi posizionato stabilmente (chissà come avranno fatto su dei materassini, ma quelli non erano fatti miei).

Adesso avrei dovuto fare diverse prove (con addosso ancora una fascia) che consistevano, detto in breve: "Caricare, mirare e colpire". Spiegato meglio, dovevo trattenere la mia unicità per un certo tot di tempo (dettato da Tanake), per poi colpire una lastra di una roccia magmatica effusiva (ossidiana, spessa sui 3 cm, supposi) messa sul treppiede, cercando di indirizzare tutte le onde dal centro fino al punto segnato da lei in rosso ad uno dei margini dell'oggetto, oppure far rimanere tutte le onde dentro un certo perimetro segnato da lei (e non erano solo cerchi o rettangoli/quadrati, tanto per rendermi la vita più difficile).

Dopo molte prove (e lastre di roccia frantumate), in cui le mie povere mani ci avevano rimesso (non era proprio piacevole sbattere con forza la mano o due dita contro una lastra), mi disse che ormai eravamo alla fine. L'ultima prova consisteva nel trattenere il più possibile assoluto il Quirk, per poi scagliare tutta la potenza contro la lastra (più grande e spessa delle altre).

Annuii e, chiusi gli occhi, cercai di svuotare la mente. Negli anni io (come i miei medici), durante le prove, avevo notato come, a seconda dell'umore, riuscissi a trattenere più energia. Più ero tranquilla, rilassata, distesa; più contenevo energia. Era come se, da arrabbiata, avessi già delle mie "onde negative" che impedivano al Quirk vero e proprio di potersi ben accumulare nel mio corpo.

Sentii il mio corpo tremare leggermente ma, ancora ad occhi chiusi, strinsi i denti per evitare di farli battere e cercai di perdermi ancora un po' nei meandri della mia mente. Volevo impegnarmi, pretenziosa da me stessa qual'ero, nonostante la bassa autostima. Sentivo che stava diventando, mano mano, tutto sempre più doloroso e il mio corpo premeva per far fuoriuscire tutto il potere. Ma io, testarda quale ero, volli continuare a resistere. Strinsi ancora di più i denti, strizzai gli occhi e chiusi i pugni, sentendo le unghie "lunghe" ed affilate piantarsi nella carne del palmo.

Però, appena sentii un dolore lancinante nel petto, all'altezza dello sterno, non resistetti più. Avevo paura di accasciarmi e perdere i sensi.
Orgogliosa sì, cretina no.
E neppure così vogliosa di farmi fisicamente male, eh!

Ad occhi chiusi, sapendo perfettamente dove fosse la lastra, caricai il pugno sinistro che abbattei sulla lastra come se in mano avessi un palo da piantare (perciò non feci un movimenti lineare, ma dall'alto in basso).

Sotto il mio colpo, avvertii alla perfezione la lastra fare una serie di "crack" più rumorosi ed in sequenza che come era capitato con tutte le lastre precedenti e poi un tonfo, di qualcosa caduto rovinosamente a terra.

Aprii gli occhi e potei notare come, sul treppiedi, fossero rimasti solo pezzi di roccia così piccoli da parere sabbia. Anche per terra, la situazione della lastra distrutta non era migliore: c'erano solo pezzetti da parere granuli di sabbia, o microscopici sassi grandi quanto chicchi di riso. Avrò visto due o tre, massimo, pezzi grandi poco meno di un tappo di una bottiglia di plastica.

L'avevo praticamente sbriciolato. Stupita (e anche intimorita) dalla mia stessa forza, le gambe mi cedettero. Caddi all'indietro, dando una culata sui materassini (che attuttirono di molto il colpo), per poi stendermi completamente su di esso, ancora in caduta. Tutto il mio corpo era stanco e dolorante, incapacitato a muoversi. 

La testa mi girava, ma allo stesso tempo pareva così pigra da essere incapace di fare un calcolo come "2+2". Gli unici due apparati che facevano ancora regolarmente il suo lavoro erano quello cardio-respiratorio insieme a quello circolatorio.
Sentivo il cuore battere veloce e ad intervalli irregolari, ma non pareva impazzito come dopo la corsa di resistenza. Il mio respiro era lento e regolare, e potevo osservare attraverso gli occhi semichiusi il petto alzarsi e abbassarsi pacato, come se non avessi appena fatto un'ora e mezzo di esercizio in cui mi ero spinta oltre i miei limiti. 

E ora ero su un diamine di materassino a morire.
Che giornata del cavolo, anzi, che pomeriggio.
A scuola tutto era andato liscio, a parte la piccola scenata di Asami, e il pranzo con Hasa e Shinichi era stato bello ed interessante, escludendo anche lì una cosuccia, e cioè l'accenno sul fratello di Shinichi, di cui lui non mi aveva mai parlato. Ah... avrei dovuto chiamare Shinichi una volta arrivata a casa per chiedere spiegazioni. Con quale forza fisica e mentale sarei riuscita a fare tutto quello che veniva prima di quell'azione... chi lo sapeva!

Sarò rimasta lì stesa sul materassino, inerme e in silenzio, solo una decina di secondi, ma che a me parvero minuti.

Poi la voce preoccupata di Tanaka mi perforò i timpani: <Signorina Miura, come sta?>.
Riuscii ad aprire gli occhi con immensa fatica. Vidi alla mia destra la donna inginocchiata accanto a me, sul serio ansiosa per la mia salute.

<L'avevo avvertita che era orgogliosa e che si sarebbe spinta oltre i propri limiti anche durante una semplice prova di controllo.> fece il signor Ōta e gli vidi mimare altre parole che io non percepii, ma vidi chiaramente l'espressione di dolore che gli passò come un fulmine a ciel sereno sul volto per qualche secondo. La donna, che aveva sentito o intuito le parole di Ōta, annuì con espressione grave, prima di ritornare preoccupata con lo sguardo verso di me.

<Riesci ad alzarti, mia cara?> mi chiese premurosa Tanaka. A fatica, riuscii a mettermi seduta, con la testa pesantissima; pareva di piombo. Sbattei in sequenza gli occhi, mettendo di nuovo a fuoco l'ambiente attorno a me. Prima che mi dicessero altro, provai a mettermi in piedi. Per un attimo ci riuscii, ma ebbi subito dopo un mancamento e il signor Ōta mi sostenne.

Tutto quello che venne dopo, cioè il cambiarmi, l'arrivare fino alla fermata del bus più vicina (in auto grazie alla signorina Tanaka che voleva farmi una gentilezza, vedendo come ero ridotta), il viaggio sul bus fino alla mia fermata e l'arrivare a casa furono tutte azioni e momenti pieni di stanchezza e dolore; abbastanza confusi perché ero come intontita ed in trance.

Ma ero abbastanza lucida quando, ancora vestita "bene", mi buttai sul letto dalla stanchezza, pensando di starci qualche secondo prima di fare i compiti o chiamare Shinichi (o entrambe le cose insieme). Ma, senza rendermi conto, la morbidezza del letto invitò il mio sonno a crearsi dalla stanchezza accumulata e mi addormentai prima ancora di rendermene conto.



N/A: per chi non lo sapesse...
*Fluido non newtoniano: a seconda della forza con cui vi si "interagisce", può reagire o come solido o come liquido. Con un colpo lento, morbido (una mano infilata lentamente), il fluido si comporta come un liquido. Con un colpo diretto, duro (un pugno) il fluido reagisce come un solido.

Vabbè, oltre a questo non ho nulla da dire se non: Amaya adora farsi male ma non ancora alla Deku-stile.
Detta questa cazzata, ciao!

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