Capitolo 2

La prof di matematica, in tutta la sua severità, arrivò quasi subito in classe con le verifiche sottobraccio. Senza troppi preamboli, fece consegnare i fogli con gli esercizi a due davanti e poi iniziammo il compito. Stavo per leggere attentamente per la quinta volta la prima espressione che la campanella d'allarme suonò con veemenza, stordendoci per un secondo. Poi i dubbi iniziarono a formarsi perché nessuno di noi sapeva di una prova di evacuazione e la docente era nella nostra stessa non consapevolezza di che stesse accadendo. Però, esercitando la sua autorità, ci disse di non allarmarci e di abbandonare all'istante la classe in modo non caotico, con il rispettivo apri fila e chiudi fila.

Per l'ansia crescente, nessuno le diede tanto ascolto e ci catapultammo fuori, mentre vedevamo gruppi di studenti che avevano le classi dall'altra parte del corridoio venire nella nostra direzione, spaventati. Uno di quelli era amico con un mio compagno di classe e così avemmo fra le mani una prima ma approssimativa informazione.

<S-s-sono entra-a-ati dalla fi-fi-finestra!> balbettò spaventato, cercando di andare via. Il mio compagno di classe che lo conosceva lo afferrò per il polso, tenendolo lì un altro po'; mentre le altre classi passavano per la parte del corridoio che non avevamo occupato noi mettendoci in uno stretto cerchio attorno ai due.

<Chi sono entrati?> chiese il mio compagno di classe e quello, ancora balbettando fece: <L-l-loro...> e si bloccò, guardandosi intorno con frenesia.

<Loro chi? Parla, indica, fa pure segnali di fumo se sei più comodo così, ma faccelo capire e in fretta!> insistette il mio compagno di classe.

L'altro si continuò a guardare intorno, fissandoci per pochi secondi per poi cambiare obiettivo. Io mi ero messa quasi davanti a qualche mio compagno e quindi mi si notava bene e quel ragazzo, appena vide me e il mio segno sbiancò e urlò: <Lei! Lei è come loro!> e poi fuggì.

Tutti mi guardarono e fecero due più due.

<Dei dotati di Quirk hanno fatto irruzione nella scuola, usciamo il più in fretta possibile!> avvertì la professoressa e iniziammo a correre, mentre il suono di una risata sadica e divertita veniva da dietro di noi.

<Una classe non è ancora sfuggita? Interessante!> una voce femminile parlò, ma non era la stessa voce che aveva riso due secondi prima. Scendemmo le scale velocemente, e ci ritrovammo in un battibaleno al piano terra. La paura mi pompava il sangue più velocemente del normale e il mio respiro era irregolare. Mi voltai verso Asami e la vidi col fiato messa peggio di me: lei soffriva di asma fin da piccola e perciò anche le più piccole corse, soprattutto nella paura, la sfiancavano.

Eravamo le prime e stavamo bloccando il passaggio agli altri.

<Ce la fai?> chiesi e lei annuì per poi iniziare a correre e la seguii.

<Oh, non così in fretta, piccoli razzisti.> fece una voce e una figura schizzò sopra le nostre teste e ci si parò davanti. Esattamente davanti all'uscita.

Era una ragazza di qualche anno più grande di noi, forse, con i capelli castani rasati ai lati, formando un piccolo ciuffo, e gli occhi neri. La cosa particolare, oltre ad avere un abbigliamento molto da ribellina (maglietta nera sbracciata, jeans scuri, leggermente larghi e una camicetta a quadri rossi stile boscaiolo legata alla vita come se fosse una gonna), erano le due grandi ali nere lucenti che le sbucavano dalla schiena.

E aveva il mio stesso simbolo, ma sulla guancia destra. Era il simbolo che a quattro anni e mezzo veniva impresso come un tatuaggio su una delle due guance, su quale guancia fosse fatto era "a scelta" dei bambini. Il marchio, perché per me quello era, era formato da una "Q" in maiuscolo nei caratteri occidentali, scritta in modo leggermente elegante e grazioso, circondato da quella che pareva una corona di alloro; tutto fatto con l'inchiostro nero. Il diametro del marchio era di quattro centimetri, quindi era abbastanza grande e visibile anche da una certa distanza. Non potevamo coprirlo con del trucco o con i capelli a meno che non ci fossero condizioni specifiche, se lo facevi senza permessi e venivi beccato rischiavi tanto. L'unico modo per non vederlo, per me, era appunto alla mattina togliendomi gli occhiali e fissandomi allo specchio facendo un passo indietro dal lavabo. Così le linee "sparivano" e lo vedevo di meno. Però chiunque lo poteva ben vedere, pure io stessa quando mi fissavo allo specchio con gli occhiali addosso.

Quella ragazza era una di quelli che aveva attaccato la scuola e pareva avere negli occhi una scintilla di follia, insieme ad un Quirk ben visibile e forte.

Se però dovevo vedere il lato positivo, mi aveva fatto saltare una verifica di matematica. Il lato negativo era che avessero fatto irruzione a scuola, che noi vi fossimo in mezzo... e che io per quella verifica avevo appena capito di essere preparata! Uffa, ad una prossima non è detto che sarà così!
"Ma che cazzo vado a pensare, adesso?" mi dissi, scuotendo appena il capo.

<Indietro!> sentii urlare da qualcuno e mi voltai per andare verso le scale, ma da lì scesero diverse figure incappucciate tranne un'altra. Era un ragazzo, un ventenne forse, con i capelli biondi e gli occhi grigio scuro.

Mentre quei tizi incappucciati ci circondavano su tre lati, lasciando l'unico punto scoperto dove c'era la ragazza con le ali, io mi misi dei capelli sul lato sinistro del volto, oscurando il mio marchio. Forse il mio Quirk avrebbe provocato più danno che guadagno se l'avessi mai usato per difesa, ma per il momento era meglio tenerli all'oscuro della presenza di un'altra dotata di poteri, la sottoscritta. Forse ce la saremo potuti scampare, e poi volevo avere dal mio lato il fattore sorpresa.

Presi Asami per il polso e la tirai verso di me ed il gruppo, visto che era la più esterna; ancora immobilizzata davanti a quella ragazza. Avevo una paura viscerale che la potessero prendere di mira e come ostaggio contro la polizia, che di sicuro qualcuno là fuori aveva già chiamato.

Il ragazzo ci superò ed andò accanto alla ragazza con le ali, che notai solo in quel momento avere un passamontagna incastrato tra la vita e la camicetta legata lì.

<Oh, che bello! Era davvero un'intera classe in ostaggio!> batté felicemente le mani lei.

Eravamo circondati da persone che parevano poco sane di mente.


N/A: ed eccoci in mezzo ai problemi grandi e quasi ai limiti della catastrofe!
Ve lo avevo detto che si "iniziava" con il botto!

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