Capitolo 1
Dopo dieci minuti si decise ad arrivare sul bus la mia migliore amica, a cui lasciai il posto accanto a me mettendomi lo zaino steso sulle ginocchia, come mi ero abituata a fare fin da piccola.
<Alla buon'ora, per poco non partiva...> borbottai ancora un poco assonnata, ma provando a fare un piccolo sorrisino divertito nella sua direzione.
Il suo nome era Asami Watanabe, la prima persona a cui mi ero legata a metà della terza media, e cioè subito dopo aver girato pagina e aver dato una svolta nella mia vita. Aveva i capelli castano chiaro, lunghi fino alle spalle e lisci/mossi, gli occhi che al sole diventavano miele (e glieli invidiavo, dato che i miei restavano sempre marrone scuro) anche se pure lei era miope, ma le mancavano "solo" due diottrie. La sua corporatura era minuta ed era alta solo 1.60m e capitava che le dicessi della nana giusto qualche volta... al giorno.
Ehi, che ci potevo fare! Superandola di dieci centimetri era più forte di me!
Lei sbuffò, mettendosi meglio lo zaino dietro la schiena e sedendosi nel poco spazio rimasto sul sedile (non sapevo come facesse e come non stesse scomoda, ma quelli erano misteri della vita). Poi mi degnò della sua attenzione, mettendosi pure lei un auricolare nell'orecchio sinistro, cosicchè potesse sentirmi ma comunque godersi un pochino la musica.
<Ohi, non è colpa mia se mio fratello ci mette anni a cambiarsi a casa e a fare una piccola colazione al bar...> ribatté stizzita.
<Hai fatto colazione?> le chiesi indagatrice all'istante. Alcune volte Asami saltava la colazione, arrivando a scuola spossata e cercando di recuperare energie con qualcosa alle macchinette e mi dava fastidio. La colazione era sacra e si doveva fare.
<Sì sì, nonna.> rispose scocciata, dandomi della "nonna" dato che, si sa, le nonne sono sempre ansiose sul mangiare dei nipoti. E io, nonostante fossi solo sua amica, me ne preoccupavo.
<Non chiamarmi nonna, e da adesso non parlerò per mezz'ora perché mi voglio godere la libertà prima della scuola. Sfrutta bene il tempo.> quasi le intimai, mettendomi di nuovo contro il finestrino. Lei ridacchiò a quelle mie parole e commentò: <Allora mi godo la musica, almeno così arrivo a scuola serena anche se Hitler me la farà passare.>
Hitler è come io, simpaticamente, avevo rinominato la nostra prof di matematica, data la sua rigidità che mi ispirava quella del famoso in negativo dittatore europeo...
Arrivati alla nostra fermata dopo mezz'ora passata in un dormiveglia, scendemmo mezze assonnate e andammo verso scuola, anche se ci fermammo all'angolo di una strada ad aspettare delle nostre amiche di un'altra sezione, con mie proteste perché avrei voluto pigliarmi qualcosa quel giorno alle macchinette. Purtroppo, aspettandole, entrammo in classe all'ultimo momento; giusto in tempo per far passare il badge e segnare al registro elettronico che eravamo in orario. Appena entrate in classe, suonò la campanella ma nessuno ri-andò al proprio posto, dato che il prof della prima ora ci metteva qualche minuto ad arrivare.
<Stavamo per arrivare in ritardo!> le sbottai contro, mentre Asami mi guardava divertita, notando: <"Stavamo", mica "siamo"! E poi... che vuoi che siano due secondi di ritardo?>
<Per quel simpatico apparecchio basta e avanza uno sputo di ritardo...> commentai, poggiando il mio zaino al mio banco. Lei, dal banco dietro al mio, ribatté: <E chi se ne frega per una volta, sei fin troppo rigida!>
Mi girai con sguardo scocciato, osservandola mettere in silenzioso il cellulare, per poi concludere la conversazione dalla parte mia con: <Sei tu troppo flessibile, le regole vanno rispettate, nanetta.>
<Come mi hai chiamato scusa?!> si stizzì lei, ma in quel momento il professore entrò ed io la ignorai, salutando invece il prof come tutti gli altri con <Buongiorno>
Sentii alla perfezione uno sbuffo da parte di Asami dietro di me, dato che non aveva ricevuto risposta e le avevo dato della "nanetta".
Ma la nostra amicizia funzionava così e a me andava più che bene, un grande legame d'affetto ci univa e ciò non ci impediva di mandarci simpaticamente a quel paese o di darci nomignoli derisori ogni tanto. Per me la vera amicizia era quella, dire certe cose come se nulla fosse perché entrambe sapevamo che di fondo non c'era nulla di cattivo.
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Stavamo conversando con le nostre amiche dell'altra classe che la campanella di fine ricreazione mi stordì i timpani per qualche secondo. Quando smise, la fiumara di studenti stava cercando di ritornare in classe, con forse dentro le tasche qualche snack acquistato all'ultimo.
<Amaya?> chiese lei con sconforto, mentre salutavamo le altre ed andavamo in classe.
<Sì?> feci io in risposta con il suo stesso tono arreso.
<Dimmi che per davvero non c'è la verifica di matematica, che se è così faccio un harakiri...> quasi pregò, mentre andavamo ai nostri banchi. Estrassi un foglio protocollo a quadretti da una delle mie buste di plastica a buchi che tenevo sempre nello zaino, poi le risposi: <La stai facendo un po' tragica però, purtroppo, dobbiamo fare la verifica. Se vuoi ci buttiamo insieme dalla finestra, siamo al secondo piano, d'altronde.>
La succursale della scuola (dove stavamo noi) aveva tre piani in totale (il primo solamente di un'altra scuola e il secondo in condivisone) se si considerava pure il piano terra e noi, per sfortuna, eravamo al più in alto; cosicché ci dovevamo fare ogni giorno 3 rampe di scale da 12 gradini ciascuna (lo sapevo perché avevo la strana mania di contare i gradini di qualsiasi scala salissi) e io avevo più possibilità di cadere e, forse, creare danni alla scuola per via del mio Quirk in quel momento non tenuto sotto controllo (e per fortuna quello sgarro non era finito sotto l'occhio del Governo perché gli altri se ne erano accorti).
Era capitato, infatti, l'anno precedente, che fossi caduta durante educazione fisica come un sacco di patate e che avessi creato un piccolo terremoto per la palestra perchè non avevo controllato del tutto il mio potere. Che cosa avevano collegati la mia caduta e l'attivazione del mio Quirk manifestatosi con un terremoto?
Beh... ve lo spiegherò più avanti. Anzi, lo "faranno" altri al posto mio.
N/A: lo so, come capitolo è monotono e corto, ma vi chiedo di avere pazienza ancora poco poco perché... avremo un piccolo "botto" per iniziare questa storia. E se vi chiedete se io ho una qualche pallida idea di quanti capitoli sarà questa storia... non ne ho, ma più di trenta è probabile (sì, oramai ideo e scrivo poemi al posto di semplici storielle o fanfic).
Comunque oramai il capitolo è finito e io vi auguro un buon proseguimento della giornata! Ciao!
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