Capitolo 5

Un'altra notte era passata, forse troppo velocemente. A giudicare dal sole che filtrava attraverso le tende color vaniglia, doveva essere mattina inoltrato; non che le importasse poi molto. Era il giorno di riposo in pasticceria e Sara se ne stava supina nel letto ad accarezzare il tessuto ruvido della federa.

«Lo sento ancora su di me», pensò.

Fece scivolare una mano tra l'incavo dei seni e socchiuse gli occhi per rivivere meglio l'emozione delle sera prima. Le immagini si susseguivano nella sua mente come la pellicola di un film.

Sulla soglia dell'ingresso, ad accogliere l'entrata dell'uomo, c'era la ricompensa a tutte le sue fatiche, l'oasi da cui dissetarsi. Vestita di sola lingerie nera, Sara sorrideva compiaciuta dall'effetto che sapeva di suscitargli.

Dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, Steve, si fiondò su di lei come un ragazzino alla sua prima esperienza. Si rimproverò mentalmente per essere stato così avventato, ma gli era difficile mantenere il controllo quando era con lei.

Si liberò del soprabito senza staccarsi dal suo corpo: le labbra erano incollate al collo, mentre le mani si affrettavano a liberarlo del superfluo.

L'eccitazione di Steve pulsava prepotente contro la sua femminilità tanto da farla arretrare con le spalle al muro. Cominciò ad accarezzarla nei punti che più amava e i primi sussulti non tardavano ad arrivare. Mantenne lo sguardo fisso su di lei; amava vederla contorcersi di piacere. Il volto arrossato e quell'espressione di beatitudine lo mandavano su di giri. Si fermò appena in tempo, non le avrebbe permesso di raggiungere l'estasi, non da sola.

L'afferrò per i fianchi sollevandola sopra la cintura dei pantaloni. Di riflesso, Sara, incrociò le gambe alla vita dell'uomo, e prima che potesse farsi alcun tipo di domanda, si ritrovò a colpire il tavolo con le natiche. Il rumore dell'oggetti che cadevano a terra, vennero soffocati dal tintinnio della fibia in metallo. Ebbe un brivido lungo la schiena quando il resto del corpo toccò la superficie fredda del mobile. Tutti e cinque i sensi vigilavano ansiosi, mentre il pizzo degli slip solleticava la discesa lungo le gambe.

Steve l'ammirò per un istante in tutto il suo splendore. Il respiro era corto e la voce carica di emozione.

«Sei meravigliosa.»

La strinse a sé con forza e la prese con prepotenza. Si lasciò sfuggire un gemito di troppo, mentre la sentiva trasalire sotto di lui; se Steve avesse potuto dare un secondo nome al piacere, sarebbe stato quello di Sara. Continuarono ad amarsi a lungo, incuranti degli effetti che ne sarebbero conseguenti l'indomani stesso.

Avvolta nell'accappatoio, restò ad osservare l'ingresso per qualche secondo. Oggetti di varia natura, spazzati via dal loro solito posto, ora giacevano a terra come le foglie di un albero dopo la tempesta.

Chissà se qualcuno dei suoi vicini le avrebbe fatto un'inaspettata visita per rumori molesti.

Per fortuna, l'appartamento sottostante era rimasto vuoto da tempo. Gli ultimi inquilini avevano deciso di lasciare l'appartamento dopo aver scoperto che stavano per avere un bambino; Clara, glielo aveva confidato un pomeriggio dopo averla invitata a casa sua per un tè.

Avevano quasi la stessa età, la loro visione del mondo le accomunava ed erano entrate in buoni rapporti fin da subito. Spesso si ritrovano a parlare per le scale, a farsi confidenze come due sorelle, quando erano due perfette estranee. Sara, da sempre stata figlia unica, sentiva di aver trovato una sorella, ma le cose iniziarono a cambiare quando conobbe il suo ragazzo.

«L'ho fatto per lui», aveva ammesso Clara. Suonava come una giustificazione, una risposta che ancora oggi non riusciva a mandare giù.

Clara stava sacrificando la sua vita, il suo corpo, per cosa? Per soddisfare il capriccio di un uomo, che dopo la gravidanza avrebbe perso interesse su di lei?

Sara sbuffò tornando a guardare il disordine che regnava sovrano. Non era il momento per pensare a simili cose, doveva riordinare la stanza, e se c'era una cosa che non sopportava dopo il sesso con Steve, era il caos che si lasciava dietro.

Fin dalla prima volta che erano finiti al letto, si era sorpresa del suo temperamento impetuoso. Fuori dalla vita privata, aveva un atteggiamento composto e solerte, non perdeva mai l'autocontrollo, se non in rarissime occasioni legate quasi sempre al basket. Era difficile perfino decifrare i suoi pensieri. L'espressione rigida in volto, metteva spesso in soggezione chi provava ad approcciarsi a lui, ma con lei era diverso.

Dopo aver terminato di rassettare, lo stomaco di Sara iniziò a brontolare. Presa com'era, aveva dimenticato di fare colazione e sopraggiunta ormai l'ora del pranzo, la fame cominciava a farsi sentire.

Ispezionò il frigo in cerca di qualcosa che potesse stuzzicarle la fantasia, e sopratutto che fosse rapido da preparare.

«Delle crêpes», pensò.

Prosciutto e formaggio, era da sempre una combinazione vincente, tuttavia, la presenza di una scatola di funghi, poteva essere un mix niente male.

Mescolò i diversi ingredienti e li versò nella padella imburrata. Lo sfrigolio della pastella, a contatto con il calore, risuonava nell'aria, invadendo con il suo profumo l'intera cucina.

Sara rimase piuttosto soddisfatta del risultato finale. Era sempre divertente provare qualcosa di nuovo in cucina, peccato che per preparare quell'unico piatto, fossero serviti diversi ingredienti; un motivo in più per decidersi a fare la spesa.

In quel pomeriggio di metà Ottobre, un'aria piuttosto frizzantina, annunciava l'arrivo della sua stagione preferita. Lungo le vie colme di negozi, Halloween era già presente in ogni dove, riempiendo gli scaffali dei Market, con maschere, zucche e dolci di ogni tipo; difficile resistere a quel genere di tentazione.

Per abitudine, in attesa di raggiungere le casse, sbloccò lo schermo del cellulare per dare un sguardo veloce alle varie notifiche. Ne aprì una in particolare e a stento trattenne una sonora risata. Non era il contenuto la ragione di quell'improvvisa reazione, bensì il ricordo che ne era scaturito.

Nancy, aveva postato una foto su Facebook, che la ritraeva sorridente in compagnia di "Miranda", all'uscita del Madison Square Garden. L'aveva pubblicata quella stessa sera, dopo che si erano salutate.

Uscita dal locale, non poté fare a meno di pensare a lei. Il giorno dopo la partita non si era presentata al lavoro. Provò a contattarla, ma nei messaggi che si erano scambiate, era stata piuttosto evasiva. Aveva giustificato la sua assenza con un semplice mal di schiena; forse le avrebbe fatto piacere ricevere una visita.

Indecisa sul da farsi, restò immobile per qualche secondo a osservare i passanti. Non aveva impegni per quel pomeriggio e tornare a casa non era nei suoi piani, ma non poteva nemmeno presentarsi a casa sua a mani vuote. Dopo vari ripensamenti, decise che avrebbe preso qualcosa lungo la strada.

Nancy abitava nel Little Italy con i genitori, uno dei primi quartieri dove si stabilirono gli immigrati Italiani. Tuttavia, con l'espansione di Chinatown, molti dei residenti si spostarono in altre aree di New York. La famiglia di Nancy era una delle poche rimaste, avendo ereditato la casa dai parenti più prossimi, a pochi passi dalla pasticceria. Non era mai andata a trovarla finora, conoscendo il caratterino di sua madre, non le era mai parsa una buona idea.

Giunta davanti alla porta di casa, ci volle un po' prima che qualcuno si decidesse ad aprire; segno che era meglio fuggire di lì e subito. Si stupì di ritrovarsela davanti agli occhi. L'aveva immaginata al letto dolorante e invece era lì, di fronte a lei, sorpresa e imbarazzata.

«Sara, che fai qui?» Nancy, sgranò gli occhi alla vista dell'amica, ferma tra il ciglio dell'appartamento e quello del pianerottolo.

«Sono venuta per vedere come stavi», ammise nel tentativo di rimanere indifferente. "Ti ho portato un frappuccino. Lo bevi sempre in pausa.»

Quel regalo così inaspettato, fece sciogliere i lineamenti irrigiditi di Nancy, in un sorriso pacato.

«Ti va di entrare?» Disse dopo aver voltato lo sguardo dietro di sé.

Sembrava più una richiesta che un invito.

«Aspettami qui», disse subito dopo averla fatta entrare.

Sara, la vide allontanarsi lungo uno stretto corridoio, dove la luce dell'ingresso, andava ad affievolirsi fino a perdersi nel buio.

Rimasta sola, restò nel punto in cui l'aveva lasciata Nancy. Era convinta che se si fosse mossa di un centimetro, qualcuno sarebbe saltato fuori dagli scuri mobili in legno, ricoperti dal cellophane, per cacciarla via a calci. C'era una sola finestra nel salotto. Le persiane accostate conferivano alla stanza un aspetto ancora più cupo, mentre l'aria viziata che si respirava, rendeva l'attesa insopportabile.

Nancy, tornò dopo qualche minuto da una remota area della casa.

«Accomodati», disse indicando un divano immacolato; aveva di nuovo quell'espressione preoccupata.

Sara provò a chiedersi quale fosse il motivo, finché il divano, anch'esso ricoperto dal cellophane, non scricchiolò sotto il loro peso in modo imbarazzante.

«Come va il mal di schiena?» Domandò Sara.

La ragazza non sapeva bene come introdurre l'argomento. Anche se non era la sua datrice di lavoro, l'averla sorpresa in piedi ad aprire la porta, aveva reso quella visita difficile per entrambe.

Ci volle un po', prima che Nancy si confidasse e le raccontasse tutto dal principio.

Dopo essere tornate dalla partita, la ragazza trovò sua madre sveglia ad attenderla. Dopo un breve interrogatorio su dove e con chi fosse stata, Nancy accusò un lieve mal di schiena; nulla che un notte di riposo non potesse guarire. Purtroppo, sua madre non fu dello stesso avviso e l'indomani la obbligò a restare a casa. Quella presa di posizione, degenerò in una lunga discussione e coinvolse tutta la famiglia. Entrambi i genitori, erano d'accordo che l'impiego in pasticceria era mal pagato. Nancy, avrebbe dovuto licenziarsi e trovare qualcosa di più adatto.

La ragazza terminò il racconto in un mare di lacrime, mentre Sara combatteva con sé stessa per frenare la lingua.

«Tu che ne pensi?»

Nancy aveva fatto una domanda scomoda, ma in fondo Sara se l'aspettava già da un pezzo; lo aveva capito quando era tornata indietro, che qualcosa bolliva in pentola. Se fosse stato per lei, li avrebbe mandati a farsi benedire lasciando quella casa ostile e soffocante. Proprio come aveva già fatto lei in passato.

«Io credo che tu sia abbastanza grande da decidere per la tua vita» rispose seria.

Sara usò le stesse parole che le disse sua madre in un momento simile a quello. Sperò che potessero infondergli un po' del coraggio che le mancava.

«Lo so», disse Nancy con voce flebile.

Abbassò il viso e prese ad attorcigliarsi una ciocca di capelli. Sara, glielo aveva visto fare così tante volte, che ormai conosceva il motivo di quel gesto. Era incapace di reagire a qualsiasi provocazione.

«Lasciamo un momento da parte i tuoi genitori.» Sara, riprese a parlare dopo un breve pausa. «Tu, cosa vuoi fare?»

Nancy non impiegò molto a rifletterci. La risposta a quella domanda era sempre stata lì, chiusa in lei, in attesa che qualcuno gliela ponesse.

«Io non voglio licenziarmi. Mi trovo bene con te e con gli altri alla pasticceria, peccato che i miei questo non lo capiscono. Loro vorrebbero che fossi più forte, che puntassi più in alto, ma io non ho grandi ambizioni, a me basta essere felice con quel poco che ho.»

Una morbida cascata di boccoli biondi finì per coprirle la faccia, nel vano tentativo di nascondere quelle nuove lacrime.

Sara si sentì un schifo per averla fatta piangere ancora; aveva stabilito un nuovo record per quel giorno. Si avvicinò di più a lei e l'abbraccio stretta per darle conforto.

«Vedrai che andrà tutto bene», disse , «e ricordati che potrai contare su di me in qualsiasi momento.»

Nancy nell'udire quelle parole, si sentì carica di speranza. Non era sola dopo tutto, Sara le era sempre vicina nei momenti difficili.

Ripresero a parlare con serenità, lasciando da parte i problemi.

«Qualche novità in mia assenza?» Domandò Nancy ritrovando la sua spensieratezza.

«Non direi», stava per rispondere, quando per uno strano motivo, le tornò in mente Mark.

L'improvviso cigolio della porta a vetri, che separava il salotto dal corridoio, le impose di voltarsi e distoglierla da quel pensiero.

Una figura scura, dai capelli neri corvino, avvolta in un golfino beige troppo largo per la sua esile corporatura, entrò nella stanza. Incurante della presenza di un ospite, si allungò fino al divano dov'erano sedute le due ragazze, prese posto accanto a Nancy e accese il televisore.

Se Sara non avesse saputo che la madre di Nancy era ancora viva, in quel momento l'avrebbe scambiata per un'anima del purgatorio. La luce della TV conferiva a quel viso pallido e allungato un aspetto sinistro. Non si era nemmeno voltata per guardare Sara.

«Mamma, devi guardare la televisione proprio qui? Noi stavamo parlando!» Esclamò Nancy; come se non fosse stato fin troppo evidente.

«Questa è casa mia e faccio quello mi pare.» Contestò senza scomporsi.

Sara mise una mano su quella di Nancy prima che la ragazza potesse replicare.

«Non ti preoccupare, stavo giusto per andare.» Raccolse le sue poche cose sotto lo sguardo deluso dell'amica, che si alzò a sua volta per accompagnarla verso la porta.

Prima di lasciare la stanza, Sara, si voltò in direzione della donna, che continuava osservare la televisione.

«È stato un vero piacere conoscerla, signora.» Disse sarcastica senza ottenere una risposta.

Sara, non ne fu sorpresa. La madre di Nancy era una persona autoritaria, non tollerava l'influenza che Sara aveva su sua figlia, ben che meno aveva gradito quella visita.

Bentornati in questo nuovo capitolo! Lo so, sono di una lentezza paurosa, ma spero che possiate perdonarmi😅. Che ne pensate di questa situazione? Secondo voi cosa dovrebbe fare Nancy?

Approffito per ringraziare:

per avermi aiutato con le zone di New York

per tutte le dritte sul basket

per il suo aiuto e la sua disponibilità

per il suo aiuto e per aver atteso a lungo il nuovo capitolo XD

e a tutte le dolcissime ragazze che hanno partecipato allo scambio e si sono imbattute in questa storia. Siete così tante che non basterebbe un'intera pagina. Grazie a tutte di cuore per i vostri commenti, suggerimenti e critiche costruttive. Farò del mio meglio per non continuare a deludervi ♥️

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