Un pesce in un acquario
Le corde penetranti dei violini sussultavano agili, le loro note acute si spandevano saltellando sulle parrucche eleganti della nobiltà berlinese. Stretta in quel corpetto di balena pregiatissimo, Edwina a fatica riusciva a tirare fiato, ma la cameriera che l'aveva vestita non aveva detto una sola parola, aveva completato la preparazione senza nemmeno lasciarle la libertà di decidere la direzione del minimo ricciolo che aveva in testa. Evidentemente, stava eseguendo ordini altrui, come di quella spocchiosa donna che l'aveva valutata nel pomeriggio, tanto che aveva pensato stesse cercando di penalizzarla; invece, doveva ammettere che il risultato finale l'aveva lasciata senza parole. Non che gli abiti stile impero non le piacessero e amava tanto di più la seta indiana, ma doveva riconoscere a quell'abito parigino un'eleganza intrinseca, che respirava di storia e passato, come le stanze di quel palazzo. La dance hall era davvero elegante, coi capitelli dei balconcini finemente ricamati d'oro e ampli specchi che facevano sembrare la sala un corridoio verso l'infinito. Dal giardino esterno proveniva una luce soffusa di fiaccole che parevano danzare nella notte quasi fossero sospese dal suolo. Si perse per un attimo ad ammirare il soffitto a cassettoni, poi richiamata all'ordine dalla madre la seguì nella sala dove vennero annunciate. Quel valletto aveva fatto seguire al suo nome: "Il diamante londinese scelto dalla regina Carlotta".
All'improvviso percepì tutti quegli occhi addosso, quei falsi sorrisi seguiti da un fruscio diffuso: cominciò a tremare. Si sentiva un pesce tropicale appena gettato in un acquario. Le dame che aveva attorno erano tutte donne alte, dal portamento rigido e i seni abbondanti. Forse Frederica non aveva esagerato parlando della sua altezza che pure a Londra era ritenuta sintomo di eleganza. Proprio la donna si fece largo tra la folla con un giovane al braccio. Edwina si sforzò di sorridere anche se stava stritolando il braccio della madre. Il principe Federico era molto diverso da come lo aveva immaginato. Era alto, decisamente alto, distinto, dal rigido portamento militare, con due occhi chiari come il ghiaccio nelle mattine più gelide e lo sguardo... triste, affranto: che si sentisse anch'esso un pesce trascinato contro la sua volontà in quella baraonda?
"Signora Edwina, sono onorata di presentarla al principe Federico di Prussia" pronunciò la donna in un tedesco dall'inflessione dura.
"Verzaubert, incantata" rispose Edwina senza osare alzare gli occhi su di lui. Era un principe che aveva davanti e quell'inchino doveva essere fatto come si deve, così piegò le ginocchia trattenendo il fiato. Il principe rispose con un cenno del viso, senza trattenere un sorriso; quindi, le porse la mano e la guidò ad alzarsi. Edwina alzò gli occhi verso di lui fino a reprimere un sussulto, strinse la lingua tra i denti, inspirò profondamente e riuscì, infine, a sorridergli.
"Onorato, signorina" rispose semplicemente il principe, in inglese, probabilmente per farla sentire meno a disagio. "Posso sperare che possiate concedermi il primo ballo?"
A un cenno della madre, l'orchestra ammutolì mentre la folla si apriva ed entrambi si spostavano verso il centro della sala. Un cigno o una farfalla, fu questa la prima immagine che venne alla mente di Federico scrutando timidamente quella fanciulla dalla pelle color dell'ebano più lussurioso. La presa della sua mano sotto il guanto era talmente delicata da far dubitare che avesse consistenza. Era stupito, come poteva essere un diamante, e indubbiamente lo era, e allo stesso tempo talmente diversa da quella che lui aveva guardato per anni come la perfezione della bellezza. I modi erano impeccabili, certo. Quella giovane si muoveva in punta di piedi, leggiadra e veloce, sollevando le vesti quasi un impercettibile sbuffo di vento fosse sfuggito ai vetri opachi che davano sul giardino. Eppure, c'era come un'aura che offuscava il diamante che era stato: nei suoi occhi, non aveva visto la stessa innocenza che la sua figura e la giovane età suggerivano. Quasi avesse faticato a sorridergli, forse surclassata dalle attenzioni di quella sala di stranieri.
Decise di concederle il beneficio del dubbio e iniziò a farla ruotare sulle note di quel valzer viennese. Reputava difficile che la ragazza lo conoscesse, almeno approfonditamente, raramente veniva suonato a Londra, ma lei non batté ciglio, si lasciò trasportare, inerme tra le sue braccia, con una cieca fiducia. Avrebbe voluto che lo guardasse negli occhi, invece pareva fuggirlo, quasi volesse scappare da quella sala, da lui. Perché non alzava quel bel mento elegante e perfetto e continuava invece a osservare tutte quelle persone che li fissavano e parlavano e commentavano. Non gli interessava di loro, voleva solo capire cosa avesse quella bellissima ragazza nel cuore. E se fosse stata costretta a venire lì dalla regina? Il solo pensiero lo gettò nello sconforto. Quale suddito a Londra non avrebbe obbedito all'istante? La signorina Edwina non faceva differenza, aveva chinato la testa, come quel giorno davanti a lui, con la sua riverenza perfetta e annuito, quasi gli pareva di vedere la scena davanti ai suoi occhi. Lei era lì, ma era come se non ci fosse, quasi che una parte di lei fosse a chilometri da quella stanza e ormai sapeva cosa voleva dire, meglio di chiunque altro. Aveva imparato a sue spese a cogliere i segnali. Il cuore di Edwina era altrove, disperso, chissà tra quali flutti. Che speranza aveva lui di infilarsi in un animo perso per un'altra persona? Non poteva ripetere il clamoroso errore di illudersi, come aveva fatto con Daphne.
Al termine della danza si inchinò e le porse la mano, offrendosi di scortarla dalle madri che conversavano. Ernesto Augusto teneva Frederica per la vita, quasi non si trovasse in una serata elegante, ma a casa sua, con la sua usuale arroganza. Parlava in inglese fitto-fitto, vantando un clamoroso viaggio in India di cui Federico per la verità conosceva ormai ogni dettaglio avendo ripetuto il patrigno quella storia fino allo sfinimento. Ora che poteva parlarne con qualcuno che aveva vissuto in India, naturalmente non aveva perso occasione.
"Signorina Edwina, onorato di fare la vostra conoscenza, devo ammettere che mia madre ha sempre avuto gusto nella scelta dei diamanti e voi non fate eccezione. Superba. Una ventata d'aria fresca in questa sala... " aggiunse con una punta di critica nella voce acuta.
"Una ballerina eccellente" sia affrettò a dire Federico per non risultare scortese.
Edwina lo ringraziò con un timido sorriso chinando gli occhi a terra con una naturalezza in quel contegno che stupì perfino sua madre. Difatti alzò il mento e annuì compiaciuta, ma a Federico per la verità quelle svenevolezze erano sempre state sui nervi. Edwina era perfetta. Impeccabile. Si era innamorato di Daphne perché era stata l'unica ragazza nella corte a non rivolgersi a lui come un principe, ma come un uomo, con una tale naturalezza che lo aveva spiazzato, stregandolo all'istante. Aveva perfino grugnito davanti a lui! E ora sua zia invitava quella bellissima giovane compiuta e leggiadra aspettandosi che scoccasse la scintilla. Non sarebbe mai stato possibile. Non che gli sembrasse arcigna o puntigliosa come la cugina Luisa, ma non vedeva in lei quel brio a cui si era così disperatamente attaccato con la signorina Bridgerton.
"Avete fatto buon viaggio?" le domandò mentre le passava un calice porto da un servitore in livrea.
Edwina cercò attentamente le parole. "La manica era decisamente agitata, mio signore, ma il panorama della costa ha rapito la mia attenzione, per fortuna non ho mai sofferto troppo la nave."
"Oh, per fortuna..."
"Solo non mi aspettavo di vedere tanti eserciti lungo la strada" ammise Edwina tirando un lungo sospiro quasi cercasse di scacciare dalla mente quelle schiere di soldati accampati.
"Mi dispiace che siate stata invitata in un momento tanto instabile, sottraendovi per di più all'inizio della stagione londinese. Spero vedere tanti militari non vi abbia spaventata. Vi garantisco che qui non avete nulla da temere."
"Voi siete un militare, mi diceva vostra madre."
"È così servo nell'esercito da diversi anni. Non che abbia mai visto un fronte caldo per la verità."
"Immagino vostra madre sarà perennemente in ansia."
"Sa che tasti toccare per assicurarsi che io stia adeguatamente nelle retrovie."
"Deve esservi terribilmente affezionata, siete il suo unico figlio, così almeno mi aveva raccontato sua maestà."
"Sarei curioso di sapere cos'altro vi ha detto di me."
"Oh, solo parole lusinghiere, vi assicuro e non solo da lei mi sono giunte. La duchessa di Hastings mi ha a lungo parlato di voi durante un the poco prima che lasciassimo le coste inglesi, ha un così caro ricordo di voi."
"La duchessa di Hastings?" Federico faticò a deglutire il sorso che aveva in gola. Il pensiero che si ricordasse di lui lo faceva ancora fremere dopo tanto tempo. "E ditemi... sta bene?"
"Si, deliziosamente. Ha partorito da poco una splendida femminuccia, Belinda, dopo il primo maschietto. "
"Sono deliziato che abbia trovato la sua felicità" commentò il principe cercando di non mostrare a Edwina quanto fosse dura per lui sentire di quelle notizie. Si guardarono attorno in silenzio per un attimo. Edwina non poté che stringere per un attimo le labbra tra i denti domandosi se era suo dovere trovare un altro argomento di conversazione. Col visconte era stato talmente semplice, ma quel militare era molto diverso da lui, nell'atteggiamento, nei modi e perfino nello sguardo. Non riusciva davvero a sostenere quei suoi occhi di ghiaccio, le toglievano il fiato.
"Molto diverso da Londra, non è vero?" fu il principe a toglierla dall'imbarazzo.
"Sì, molto, mio signore." Edwina si sciolse in un sorriso per un attimo; quindi, si schiarì la gola e si corresse velocemente. "ma sono estasiata dall'eleganza e dall'orchestra, davvero notevole."
"Il mio patrigno ha voluto che tutto fosse perfetto questa sera, per farvi una buona impressione."
A Edwina non sfuggì un piglio di contrarietà in quella lusinga. Quindi era stato costretto a quell'incontro, probabilmente a malincuore, proprio come aveva sospettato. "Questo salone toglie il fiato." Il corpetto di balena faceva il resto, le dolevano già le costole. Il suo sguardo vagò per un momento sui grandi lampadari e sulla folla danzante davanti a loro. "Perdonatemi se non sono di molte parole questa sera, il viaggio è stato molto lungo" tentò di scusarsi Edwina.
"Non vi preoccupate, comprendo benissimo, avrete senz'altro bisogno di riposare. Dopo che sono tornato dall'Inghilterra non sono uscito dal letto per una settimana" confessò il principe.
Edwina si voltò verso di lui con un sorriso caldo, ma Federico non stava sorridendo. Il suo volto era rigido e contratto. "Scusatemi, signorina Edwina, credo che prenderò un bicchiere di Whisky nella sala dei sigari, col vostro permesso."
"Prego." Edwina si inchinò frettolosamente e lo osservò tagliare la sala e scomparire nella zona riservata agli uomini. Era costernata. Era risultata talmente inetta da non valere nemmeno pochi minuti di conversazione? Si voltò verso la madre affranta. Ernesto Augusto corrucciò la fronte e lanciò un'occhiataccia alla moglie.
"Scusate mio figlio, deve essere preoccupato per faccende militari, di sicuro l'indomani sarà di più parole. Ci scorterà lui stesso fino in Prussia." Sembrava perfino lei a disagio. Edwina si chiedeva dove avesse sbagliato per causare una fuga tanto repentina.
Un'ora più tardi, sola nel suo letto si girò a disagio tra le coperte. Quegli occhi la torturavano, pareva esserci un abisso dentro che la metteva profondamente a disagio. Non che contasse molto: il principe non l'avrebbe mai degnata di mezzo sguardo era troppo diversa dalle ragazze a cui era abituato. Prima si sarebbe rassegnata, più facile sarebbe stata l'intera permanenza in quel luogo.
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