La caccia al tesoro
Federico si stropicciò gli occhi e si accorse di essersi addormentato alla scrivania con il carboncino ancora in mano, scattò teso staccandosi dal disegno, ma ormai era troppo tardi, una riga tracciata involontariamente ora tagliava il viso della giovane a metà. Aveva tentato di ultimarlo per tutta la notte senza successo, senza vederla gli risultava impossibile: era troppo abituato a copiare oggetti inanimati. Edwina, in più, a cena non si era fatta nemmeno vedere quindi era stato costretto a sorridere e ascoltare la cugina lamentarsi per tutto il tempo degli orli che non erano arrivati da Parigi e sul fatto che la guerra con Napoleone rischiava di rovinare i suoi abiti. Avrebbe voluta invitarla a fare un giro sul Reno, lì c'erano soldati in carne ed ossa, che rischiavano la vita perché a lei potessero arrivare stoffe e ricami. Era assurda la mancanza di prospettiva di quella ragazza, cresciuta tra gli allori e le agiatezze, sembrava non rendersi conto di come funzionava il mondo. Si chiedeva come facesse la madre a ritenerla adatta ad andare a vivere con lui vicino a qualche presidio militare, perché era questo che sarebbe presto avvenuto. Sul fatto che fosse bella non discuteva, ma la sua pelle era tanto sbiadita da sembrare fosse fatta di cera, non come le soffici guance di Edwina che gli toglievano il fiato nelle notti più tempestose. Il solo pensare a come sorrideva a quel dannato poeta mentre faceva le forme col tovagliolo sotto al tavolo come un bambinetto lo mandava in bestia. Si lavò la faccia nel catino e gettò contrariato lo schizzo sul letto. Quindi suonò al valletto e si preparò per la mattinata di giochi. Aveva pesanti occhiaie della sera passata quasi insonne e si sentiva ancora in gola il sapore del whisky che si era scolato nel salottino la sera precedente giocando a carte col patrigno e i loro ospiti. Sua madre di sicuro l'avrebbe rimproverato di quell'aspetto sfatto, ma di più non poteva fare, salvo impomatarsi come le signorine e sinceramente non gli sembrava affatto onorevole. Un soldato era e tale sarebbe rimasto, per quanto costretto miglia lontano dal fronte.
C'era un'aria frizzante quella mattina, un cielo macchiato a tratti di nubi faceva sembrare il prato del castello come la schiena di un dalmata. La colazione era stata servita sul patio antistante il giardino e gli ospiti si alternavano attorno ai tavolini. Edwina aveva indossato un abito viola e portava una stola dal drappeggio pesante per tentare di coprirsi dalla frescura della giornata anche se sentiva la pelle d'oca farsi strada sotto le calze.
"Signorina Edwina, felice che sia dei nostri questa mattina" esordì la principessa seduta ad accarezzarsi il pancione sempre più prominente. La ragazza si inchinò e fece altrettanto con Luisa seduta al suo fianco. Non poté trattenere tuttavia una mezza risata: se pensava di scalare i sentieri con quella gonna, beh il principe avrebbe avuto il suo bel daffare a reggerla.
"Vi mette di buon umore la caccia al tesoro?" commentò piacevolmente stupita la principessa.
"Moltissimo, ho proprio voglia di una bella camminata questa mattina" annunciò decisa. La madre dietro di lei si inchinò a sua volta.
Philipp si alzò dal suo tavolino col suo fare elegante e compassato, a Edwina non sfuggì che avesse tenuto loro il posto, ma lei lo prevenne. "Uniamoci agli altri ospiti, madre, preferisco fare colazione al sole."
"Giusto, c'è un'aria molto frizzante" annuì Mary seguendo la figlia, stupita lei stessa del cambio di prospettiva senza riuscire a nascondere il sollievo.
Edwina nemmeno lo degnò di uno sguardo: poteva risparmiarsi la sua espressione contrita. Era un bugiardo e un impostore e non intendeva perdere un minuto di più con quell'uomo. Federico arrivò quasi mezz'ora dopo: "strano," pensò Edwina "solitamente è impeccabile con gli orari". Era abbastanza lontano da poterlo studiare senza essere vista perciò si prese tutto il tempo di osservare il volto stanco, le occhiaie sotto gli occhi e quei riccioli che rilucevano al sole. Si morse il labbro e si affrettò a terminare la colazione, macinando in bocca quel grappolo d'uva.
"Abbiamo disseminato nel bosco numerose carte come questa, puro oro zecchino, un intero mazzo, la coppia che ne avrà trovate di più avrà l'intero mazzo come nostro omaggio." Presentò il gioco la principessa. "Viaggerete a coppie e per chi non partecipa, il nostro caro amico Von Har leggerà alcuni tratti di una raccolta di Goethe."
"Io avrei anche partecipato volentieri alla caccia" protestò lui.
"Tutti sappiamo quanto amate l'oro, Philipp, ma io mi annoio terribilmente a rimanere qui a sedere" aggiunse la principessa ricalcando sul suo nome. Edwina quasi scoppiò a ridere. Nemmeno si offese quando la accoppiarono con questo duca bavarese dai bizzarri baffi a punta. Aveva buoni calzari e pareva abituato alle scalate, sarebbe stato un buon compagno. La partenza venne scandita da trombe rumorose e poi le coppie si avviarono di buon passo spargendovi per la foresta. "Quindi venite da Londra?" esordì l'uomo addentrandosi in un sentiero piuttosto nascosto.
"In realtà sono nata in India" rispose Edwina. "Vi siete mai stato?"
"No, non sopporto la nave, preferisco non viaggiare mai troppo lontano da casa, sono qui per affari."
"Capisco..." La foresta fremeva di vita attorno a loro; eppure, Edwina si sentiva a disagio, tutto molto diverso dalla passeggiata che aveva fatto col principe, forse era stato merito della birra, dopotutto. "Vi piace la birra?"
"Ovviamente, per chi mi avete preso? Sono bavarese!"
"Io l'ho assaggiata per la prima volta non lontano da Schwerin in una locanda."
"Nessuna birra è come quella bavarese, so cosa dicono questi prussiani, ma non c'è confronto..."
"Oh, guardate, una carta!" esplose Edwina. Il duca si apprestò ad arrampicarsi sul pino per afferrarla. Stava per raggiungerlo quando venne malamente trascinata dietro un cespuglio.
"Philipp siete impazzito? Pensavo doveste leggere alla principessa..."
"Non avevo il libro con me e mi sembrava un peccato non passare a salutarvi."
"Sarebbe meglio tornassi dal duca prima che si accorga che sono sparita!"
"Signorina Edwina? Dove siete? Avete trovato un'altra carta? Signorina?" lo sentiva chiamare dalla radura antistante.
"Ditegli di procedere che lo raggiungerete presto."
"Non mi interessa affatto stare qui con voi. So che cosa fatto! So che razza di persona siete!"
"Cosa diavolo intendete?"
"Avete usato la poesia di Goethe come vostra!"
"Chissà quale tragedia! Non fate così, signorina, la seconda che vi ho dato era mia, era un periodo di magra con l'ispirazione, ma quanto è vero iddio voi me l'avete fatta tornare e potente quanto non la sentivo da anni." La sbatté contro un albero, tentando si alzarle le veste.
"Che cosa state facendo? Toglietemi le mani di dosso!"
"Andiamo, non fate la ritrosa, avete fatto la svampita con me tutto il tempo, si vedeva che non vedevate l'ora di sfuggire alle briglie di vostra madre" si insinuò con la lingua sul suo collo scendendo verso la scollatura. Edwina lo strattonava per le spalle disperata cercando di allontanarlo.
"Non con voi, certamente, e mi duole ammettere che lei aveva ragione su di voi, fin dall'inizio, siete un libertino! Un poco di buono!"
"E con questo? So quanto a voi donne piaccia la mia esperienza, vi assicuro che non rimarrete delusa."
"Lasciatemi!" Edwina disperata alzò il ginocchio, per sottrarsi alle sue mani. L'uomo colpito nel basso ventre cedette la presa almeno quanto bastava per consentirle di fuggire.
Cominciò a correre a perdifiato nella foresta, spaventata, con l'acconciatura che franava e i ciuffi che si liberavano man mano al vento. Le fronde degli alberi la colpivano sulla faccia, nelle gambe, la graffiavano, ma lei doveva continuare a correre, non aveva nemmeno la più pallida idea di dove andare, ma sapeva soltanto che se si fosse fermata sarebbe stata perduta. Le sembrava di essere precipitata a sua volta in quella maledetta poesia di Goethe col vento che le gridava negli orecchi, la foresta che tentava di afferrarla con le sue mani scheletriche. Le lacrime le scivolavano lunghe le guance, le appannavano la vista tanto che procedeva a tentoni. Si voltò indietro sperando di aver seminato quel mellifluo poeta e fu in quell'istante che percepì il vuoto sotto il suo piede sinistro. Cercò di aggrapparsi a un arbusto, ma la pianta le sfuggì viscida dalle mani e precipitò gridando nel vuoto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top