Il ritratto interrotto

Quando si fermarono sull'amplia scalinata Edwina senza parole chiuse l'ombrellino e guardò il principe rapita. Chiaramente aveva tenuto il pezzo forte per la fine e non faceva nemmeno troppa fatica a pensarlo chiuso tra quelle serre a ritrarre fiori o alberi d'arancio. Due coppie di scale ornate da ringhiere intarsiate scendevano gemelle verso una fitta aiuola cosparsa di giunchiglie e tulipani quanti non ne aveva mai visti in vita sua. Ecco forse si era immaginata qualcosa del genere nel giardino di un mareja o di una principessa indiana, ma che potesse esistere un tesoro simile e trovarsi nel cuore dell'Europa la lasciava senza fiato.

"Quasi tutti i fiori qui presenti vengono dall'Olanda annessa alcune centinaia di anni fa alle terre del regno di Hannover, non ho mai visto fiori tanto aggraziati. Un po' come voi..." la blandì Federico facendola arrossire. Le porse la mano guidandola giù dalla scalinata bianca che rifletteva i raggi del sole. Al di sotto era stata ricavata l'orangerie in un elegante sala ornata da una recinzione verdeggiante che le ricordava un po' rampicanti d'edera. Il profumo degli aranci la colpì in pieno viso costringendola a fermarsi a occhi chiusi colpita da quell'invasione dei sensi. Aprì gli occhi solo quando Federico si staccò da lei per mostrarle alcuni quadri appesi alle pareti, tutti carboncini, di una delicatezza infinita, come riuscisse a rendere tante sfumature solo in bianco e nero era veramente notevole.

"Sono bellissimi, mio signore."

Federico la guardò contrariato: "Non eravate a pranzo con un artista?"

"Dall'indiscutibile talento... mi sembra assurdo che vostra madre non abbia insistito per farvi frequentare l'accademia di Berlino."

"Non era destino, ma questo non può impedirmi il piacere di ritrarvi" insinuò lui.

"Avevate già preparato il necessario" Edwina si finse adirata, ma in realtà le scappava da ridere.

"Avrei giocato ogni carta possibile per attirarvi in questa orangerie" confessò Federico fissandola dritta negli occhi con quel suo sguardo glaciale. "Sperare di farvi togliere i calzari?" aggiunse tornando giocoso.

"Assolutamente fuori questione" negò Edwina.

"In tal caso accomodatevi pure."

"D'accordo, ma sappiate che lo faccio soltanto per compiacervi."

"Onorato della concessione" il principe scomparve per un attimo e tornò senza giacca, con una leggera camiciola aperta sul petto. "Sono più comodo, non fate case al mio aspetto" aggiunse semplicemente. Edwina in realtà faceva davvero fatica a distogliere lo sguardo da quelle braccia forti, colore del bronzo.

"Siete terribilmente rigida" aggiunse lui pensieroso dopo pochi istanti. "Aspettate" si avvicinò pressato osservando la luce, quindi, spostò la sedia in modo da illuminare meglio il suo volto. "Molto meglio ora, sollevate il volto e rilassate le spalle" Edwina rabbrividì nel sentire le sue dita che le alzavano il viso fino a portarlo a intercettare il suo sguardo. "Bravissima, tenete gli occhi su di me."

"Credo che le vostre piante siano più disciplinate, vi avevo avvertito!"

"Dovete solo sciogliervi, raccontatemi qualcosa del vostro paese."

"In india avevamo un bellissimo giardino, mio padre era bravissimo coi fiori."

"Sul serio? Continuate, ve ne prego" la incitò soddisfatto il principe. Ora si che vedeva la vera Edwina, nel giardino del padre, scalza, a correre tra le piante lussureggianti della foresta indiana, poco lontano dal fiume e quegli occhi color della terra che brillavano al sole crescente del mattino. Era estasiato, soverchiato da quella immagine: quasi gli spiaceva di avere solo il foglio e il carboncino, per la prima volta nella sua vita vedeva oltre le sfumature, oltre i tratteggi e i bordi, vedeva una forma piena, viva e pulsante.

"Riusciva a creare combinazioni squisite nelle aiuole e poi curava le piante come fossero anch'esse sue figlie, con la stessa cura, né più né meno di noi, raccontava anche loro delle storie se stavano male."

"E funzionava?" domandò stupito alzando per un attimo gli occhi dal foglio.

"Spesso, a meno che i monsoni non arrivassero prima e portassero via i suoi sforzi. E anche in quel caso non si dava per vinto, l'anno successivo ripartiva con un nuovo e più magnificente giardino, diceva sempre che non c'è nulla di più stimolante di avere una tela vuota da riempire."

"Saremmo andati molto d'accordo io e vostro padre, è davvero ammirevole che un signore per amore della sua terra si rimbocchi le maniche e sia disposto a sporcarsi le mani per curarla come merita."

"La terra non era di mio padre purtroppo, per questo quando è morto ci siamo trovate in difficoltà."

"In che senso non era di vostro padre?" il principe alzò lo sguardo dallo schizzo con la fronte corrucciata.

"Lui era il curatore della tenuta, aveva molte responsabilità, specie quando i signori tornavano in patria prima della stagione dei monsoni. È così che ha conosciuto mia madre, un anno l'hanno chiamato con loro in Inghilterra per sistemare la loro tenuta nel Sussex."

Il principe la fissava attonito senza sapere cosa poter aggiungere, si sentiva un peso nel petto che gli impediva di respirare. "Vostro padre non... aveva terre? O Commerci? Navi magari?"

"No, assolutamente nulla, eppure ci ha fatto istruire entrambe, io e mia sorella" disse orgogliosa Edwina.

"Scusatemi, ho bisogno di sedermi." Il principe franò su un muretto poco dietro di lui.

"Non vi sentite bene?" Edwina si alzò all'improvviso raggiungendolo.

"Non potete farmi questo, anche voi, vi prego" sussurrò con un anelito di voce che Edwina faticò del tutto a capire.

"Farvi cosa? Di grazia?" domandò confusa.

"Illudermi di aver trovato una via e poi sbattermi la porta in faccia..."

"Io non vi sto sbattendo alcuna porta in faccia!"

"E invece sì, diavolo! Voi siete la figlia di un curatore, io sono un principe!" Federico scattò in piedi e il suo urlo si disperse nell'arancera.

"Scusate se credevo di parlare con un artista, dunque ora, dopo tutto il viaggio che mi avete fatto fare mi rimandate indietro perché mio padre non aveva terre o possedimenti o un dannato titolo?" Edwina era incredula, faticava ormai a trattenere le lacrime, le sembrava di precipitare. "Voi non avete il diritto di trattarmi così, mio signore, nemmeno se siete un principe. La regina vi ha scritto, voi avete acconsentito."

"Il mio patrigno ha acconsentito e mi stupirei se avesse almeno letto metà della lettera, ha il vizio di saltare le righe."

"Così io mi trovo qui, in questa terra assurda, lontana chilometri da qualsiasi posto io abbia mai chiamato casa perché il vostro patrigno ha saltato qualche riga?"

"È così, ne sono certo, non ci può essere altra spiegazione, non avrebbe mai acconsentito ad accettare altrimenti l'unione."

"Ma voi avete detto più volte che non vi importa del vostro titolo..." tentò Edwina.

"È così ma non posso rinunciarvi che io voglia o meno, ci sono delle regole e vanno rispettate."

"Allora sarà mia premura togliere il disturbo dalla vostra regale vista il più in fretta possibile, farò in modo che a fatica vi ricordiate del mio passaggio, dopotutto, non sarà tanto difficile dimenticare la figlia di un curatore! Ma prima di andarmene, lasciatemi dire che l'onore, voi, signore, non sapete nemmeno cos'è, mio padre zappava con più onore di quanto voi potrete mai anche solo camminare tra i vostri giardini." Così dicendo Edwina lasciò l'arancera prendendo a correre senza più trattenere le lacrime. Quei giardini tanto mirabili ora le sembravano morti, quasi i loro colori fossero stati appuntati, ritoccati: era tutto finto, tutto costruito come quel dannato principe. Corse a perdifiato, dimenticando anche l'ombrellino, finché non giunse al sicuro, in camera sua e fu lì che sua madre la trovò un'ora più tardi, seduta per terra di fianco al suo baule mezzo pieno col volto coperto di lacrime.

"Edwina! È arrivato il principe dicendo che sei scappata via, cos'è successo?"

"Non ve l'ha detto, vostra altezza?" sputò quelle parole con una rabbia che preoccupò ancora di più la madre.

"Edwina qualsiasi cosa si accaduta con me ne puoi parlare, ti prego. Ti ha mancato di rispetto?" domandò spaventata.

"Moltissimo, ma non nel modo che credete."

"Allora parlate per l'amore del cielo!"

"Non vuole sposarmi perché ha scoperto che papà non era nobile."

"Oh, Edwina, ma la regina non aveva specificato la nostra situazione nella lettera?"

"Non l'ha nemmeno letta quella lettera, perché a lui non interessa di me o di chiunque altra, lui non vuole sposarsi, mamma e troverà ogni scusa possibile. Solo che fa così male... essere rifiutata, di nuovo. " Edwina strinse il pugno e sbatté contro il parquet della stanza. Avrebbe messo l'intera stanza sotto sopra pochi momenti prima, ma ora che aveva detto la verità, si sentita svuotata, spenta, ancora una volta. Era sempre la stessa storia, arrivati al dunque si rivelavano per quello che erano, vili e approfittatori, per quanto belli potessero essere all'esterno. Edwina faticava a comprendere come facessero a guardarsi allo specchio senza rimorsi. Il visconte per primo e il principe per secondo. Tutte queste bugie e sotterfugi e declami di onori e regole, per cosa? Alla fine, era tutto molto semplice, lei non era desiderabile per nessuno, non era così necessario girarci intorno.

La madre la prese tra le braccia e la strinse a sé. "Edwina, calmati, respira, respira, andrà tutto bene, ora io chiederà udienza alla principessa Frederica e vedrai che chiariremo tutto."

"A cosa serve madre?"

"A capire... ci deve essere stato un fraintendimento, credo, ma la regina Carlotta non ci avrebbe mai inviate fin qui se non ti avesse ritenuta più che idonea, motivo per cui dovremo stare calme e attendere che le cose si chiariscano."

"Oppure prendere un carrozza a noleggio e andarcene di qua oggi stesso."

"Edwina, ti prego, si sta facendo buio, tu sei sconvolta, non ne verrà fuori nulla di buono se agiamo d'impulso, capisco che tu sia ferita, pensi che non mi interessi? È una vita intera che subisco angherie e umiliazioni solo per aver scelto l'uomo che amavo al di là di quanto possedeva o del fatto che non fosse nel registro dei nobili di sua maestà. Ciò che mi addolora di più è vedere che tu a causa mia ti trovi nella stessa situazione, anni dopo, mi addolora che tu debba rinunciare all'amore perché tuo padre non aveva terre o lignaggio. Siamo senza scorta, in un paese straniero all'alba di una guerra e per quanto tu sappia parlare tedesco, non mi sentirei sicura a imbacarmi in una traversata del genere senza l'appoggio dell'esercito della regina, lei ci ha mandate qui e mal che vada lei ci riporterà a casa, sane e salve e su questo ti giuro Edwina non tentennerò, nemmeno dovessi scrivere al principe di Galles in persona." Mary lasciò la stanza in un turbinio di seta e Edwina rimase da sola coi suoi fantasmi, nel silenzio più assoluto. Dopo un lungo istante di panico, corse alla scrivania e impugnò la penna in mano, era ora di scrivere a Kate. La verità e nient'altro.



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