Il casino di caccia

"Attenta!" Federico la sollevò per farle saltare una radice. Cercava di tenerla sospesa, ma sentiva la spalla stridere quasi qualcuno vi girasse un coltello dalla fiamma viva. Sperava di vedere in fretta il casino di caccia, almeno prima di essere soverchiato dall'idea di deluderla ancora. Già aveva fatto una pessima figura cadendo da cavallo e ora, quasi l'avrebbe capita se si fosse arrabbiata o se avesse perso completamente il controllo, invece Edwina pareva così calma, procedeva con la gamba sana zoppicando, pungendosi le labbra coi denti per non mostrare il dolore che probabilmente provava. Doveva fare abbastanza fatica per distogliere lo sguardo da quelle labbra. Era essenziale che procedesse per gradi. Dopo ciò che aveva passato per colpa di quel poco di buono di Von Har, sarebbe bastato un gesto sbagliato per allontanarla ancora da lui, inevitabilmente. Gli pareva di procedere su un terreno accidentato e alquanto periglioso e non era solo dovuto al fango o alla pioggia. Quando finalmente intravide la base del torrione, tirò un respiro di sollievo. La guglia del rifugio scompariva tra le nubi basse che ancora attraversavano la valle, non vedeva l'ora di entrare e togliersi quelle vesti bagnate di dosso.

"Ditemi che è quello, vi prego" sussurrò Edwina. Erano talmente vicini che il principe non faticò a sentirla.

"Ci siamo, serve solo l'ultimo sforzo" la incentivò.

"Mi dispiace davvero molto" ripeté Edwina. "Siete certo di non volervi fermare? Sembrate soffrire molto per quella spalla."

"Non dovete continuare a ripeterlo, quello che è successo non è colpa vostra, se devo essere sincero... " La poggiò sulla passerella di legno che raggiungeva la porta del piccolo edificio in pietra. "Sono grato del fatto che siate riuscita a fuggire."

Una volta all'interno, il principe si scrollò di dosso il mantello e appoggiò Edwina sulla poltrona accanto al camino. La fanciulla non vedeva l'ora di togliersi le scarpe e non solo quelle per la verità, ma non sapeva come procedere: era una situazione inedita per lei e forse anche per il principe, non le era mai stato detto come fosse opportuno comportarsi. Immaginava che uscire da lì sani e salvi entrambi fosse la priorità, perfino sulla morale.

Federico doveva essere già stato lì perché si muoveva con sicurezza. Aprì un armadio ed estrasse diversi panni e alcune vestaglie che impilò con ordine sul tappeto davanti al camino. La fece sorridere che in un ambiente tanto frugale lui facesse così attenzione a procedere in maniera tanto precisa.

"Dovreste togliervi gli abiti. Io andrò in soggiorno, non vi preoccupate. "

"Vi ringrazio" annuì Edwina. Aspettò di vederlo scomparire prima di togliersi velocemente il soprabito e la veste, completamente gelate e zuppe. Ormai non sentiva più gli arti inferiori, il che era in realtà stato un vantaggio per la caviglia, ma ora avrebbe pagato per avvertire di nuovo i piedi. Stava per sfilarsi la veste trattenendo il fiato per la temperatura, comunque abbastanza rigida della stanza quando si accorse di non avere la vestaglia a portata di mano. In tutte le sue gentilezze il principe probabilmente non aveva pensato che al momento non fosse molto mobile. In fondo si trattava di pochi saltelli, ma a quel punto sarebbe stata completamente nuda alla vista del salotto dove si trovava il principe. Al diavolo! Aveva troppo freddo! Di certo non sarebbe stato con gli occhi fissi sul camino! O sperava, almeno... Von Har l'avrebbe fatto. Represse un brivido. Si rizzò a fatica in piedi tenendo sollevata la gamba offesa e tentò un salto nella direzione del camino, era un po' come i giochi che faceva con Kate da bambina, bastava non perdere l'equilibrio nell'atterraggio, sorrise e si diede un nuovo slancio ma questa volta la fortuna non l'assistette, incespicò sull'angolo del tappeto franando a terra con un tonfo. Ovviamente il principe accorse a vedere, Edwina fece appena in tempo ad afferrare una delle vesti e coprirsi di fretta.

"State bene?" si avvicinò preoccupato.

"Volevo solo prendere il panno, ma dalla poltrona..."

"Oh, certo, imperdonabile da parte mia non pensarci. Le mie più sentite scuse!" le prese le mani e l'aiutò a mettersi seduta.

Il suo tocco era leggero delicato, rispettoso, ma era gelido, doveva essere davvero molto infreddolito. "Siete ancora molto vestito, più di quanto non mi aspettassi."

Il principe si voltò verso di lei arrossendo. Edwina era incredula, era talmente dolce che le strappò un sorriso. "Temo di non riuscire a togliermi la camicia o anche ... il resto" confessò.

"La spalla, avete ragione! Volete un aiuto?"

"Sareste infinitamente gentile, sto morendo di freddo" annuì il giovane. Prese la mano del principe e si rialzò in piedi; quindi, strinse la veste e col panno ancora sulle spalle incominciò a slacciare i bottoncini della camicia del principe. Cercava di tenere la testa bassa e non guardarlo in volto, ma era talmente difficile. Il principe sussultava e tremava sotto di lei.

"Perdonatemi, ho le mani fredde."

"Non più di quanto io riesca a sentire" confessò con un mezzo sorriso. Finalmente l'ultimo bottoncino cedette e lei lo aiutò a sfilare le maniche. La vista della schiena con una vistosa cicatrice sul fianco la distrasse dal suo compito.

"Caduta da cavallo col moschetto, ero all'accademia."

"Sarà stato... doloroso."

"Almeno quanto disonorevole" le sorrise il principe. "Se allentate la cinta dopo dovrei farcela."

Si girò verso di lei talmente in fretta che Edwina non riuscì a tirare il fiato di fronte al petto ben definito del principe. Certo una volta aveva visto il visconte precipitare dentro uno stagno a Hyde Park ed emergere dalle acque con la camicia attaccata ai muscoli dell'addome, ma il principe ora era completamente a nudo davanti a lei e doveva perfino slacciargli la cintura. Aveva ormai un'idea teoricamente abbastanza precisa di quello che succede tra un uomo e una donna la prima notte di nozze, in India avevano disegni abbastanza espliciti che la sorella le aveva mostrato con intento scientifico, ma col visconte era precipitato tutto prima di arrivare a questa parte. In quel volume, che conteneva perfino disegni e sezioni, non c'erano certo le istruzioni su come slacciare una cintura a un uomo! Per fortuna il principe le indicò dove tirare la cinta.

"Giusto, perdonatemi" arrossì Edwina.

"Smettete di chiedere scusa e procedete o mi sentirò ancora peggio."

Edwina alzò gli occhi verso di lui perplessa. "Perché dovreste?"

"Non mi sarei mai aspettato di trovarmi in una situazione tanto invalidante da non potermi slacciare da solo la cinta. Molte giovani della corte avrebbero preferito lasciarmi morire di freddo, credo."

Edwina allentò il nodo in quel momento e sfilò la pelle dai passanti. "Allora non sanno quale sacrificio sarebbe... per il mondo" sospirò la giovane.

"Per un principe senza corona?"

"L'arte ne soffrirebbe pesantemente."

"Non credo proprio, per pochi disegni a carboncino... di piante" sorrise il principe. Eccola lì di nuovo, quelle labbra tra i denti. Perché continuava a farlo? Lo mandava totalmente su di giri, come se non fosse sufficiente che avesse tra le mani la cinta dei suoi pantaloni. "Tornerò a breve con la legna" promise schiarendosi la gola e si rifugiò nella stanza adiacente tentando di normalizzare il respiro del suo cuore. Ringraziava solo il fatto di essere congelato negli arti inferiori. Almeno riuscì a sfilarsi i calzari da solo, anche se gli era costato parecchio dolore. Quando rientrò in vestaglia nel salotto con un paio di ceppi asciutti sulla spalla sana, Edwina era seduta vicino al camino e dondolava stretta nel panno cercando di scaldarsi. La sentiva tossire e sperava non avesse preso davvero troppo freddo. Segretamente aveva amato ogni nota più torbida che la gola infiammata conferiva alla sua voce.

Si sedette accanto a lei, recuperò lo zolfanello sul pianale del camino e iniziò a frizionarlo per ottenere la scintilla necessaria ad accendere il fuoco. Quando Edwina vide scatenarsi la fiamma davanti a lei non riuscì a nascondere un sospiro di sollievo. Protrasse le mani verso il fuoco tentando di scaldarle.

"La vostra caviglia?" domandò Federico.

"Ho dovuto togliere la fasciatura, si sta gonfiando" ammise Edwina. Federico osservò il piedino offeso dalla grossa infiammazione. Pensare che solo qualche giorno prima avrebbe fatto carte false per vederle i piedi, non era decisamente ciò che si era immaginato.

"Devo farvi le mie scuse, per Schwerin, per quello che ho detto su vostro padre. Non avevo alcun diritto di giudicare la vostra storia o quella dei vostri genitori, avrei dovuto solo essere grato del fatto che vi hanno messa al mondo."

"Immagino che i vostri dubbi siano più che legittimi. Siete un principe, ci sono problemi di discendenza nella corona reale, quindi..."

"In ogni caso avrei dovuto rimandare quel tipo di conversazione a un ambiente diverso e certamente non avrei dovuto chiedere direttamente a voi."

"Per assurdo è ciò che ho più apprezzato," lo spiazzò Edwina. "Ho passato un anno a Londra a subire le decisioni prese da altri per me, attorno a me, quelle di mia sorella, di mia madre, di Lady Danbury, della regina, del visconte perfino, alla fine ho voluto essere io a scegliere rigettando il visconte sull'altare, come padrona della mia vita, anche se ne ho subito le conseguenze e sono pronta a subirle ancora."

"Quale torto potreste mai aver fatto voi in una situazione simile, se era della vostra vita che stiamo parlando? Se avete compreso che il visconte non poteva rendervi felice avete fatto bene a porre fine alla cerimonia prima che fosse tardi."

"Sembra che l'unica cosa che mi riesca bene sia scappare" sospirò Edwina.

"È una dote assolutamente invidiabile specie in un foresta con predatori."

"O poeti..." abbassò gli occhi Edwina.

"Se posso, vorrei tentare di spiegarvi la mia reazione" si fece coraggio Federico.

"Certamente" annuì la ragazza contenta di cambiare argomento.

"Non so se siete a conoscenza che due stagioni fa ero a Londra."

"Oh sì, Daphne me ne ha parlato, ricordate!"

"Daphne Bridgerton" Il principe si perse a fissare le fiamme che scoppiettavano. "Era il diamante della stagione, una bellissima giovane, ma non è questo che mi ha stregato. Voi sapete ormai quanto io odi le lusinghe, le svenevolezze o finanche i titoli altisonanti. Lei era l'unica in quei salotti a trattarmi per quello che ero, un uomo, prima che un principe. Le madri mi vedevano come un colpo grosso per portare lustro alla famiglia, le figlie amavano la sola idea di indossare gioielli di preziosa fregiatura, di presenziare a balli e ricevimenti di stato o di vivere in un palazzo, non sanno che la mia vita è decisamente diversa da questo. Beninteso può capitare che io presenzi a gran balli o cene di stato, ovviamente, ma io rimango un militare, un comandante di cavalleria, nient'altro. Non sono un re, non ho un palazzo, non porto corone sul capo. Sono solo un ragazzo che ama il carboncino, la birra e la boxe. Daphne riusciva a vedermi per questo, per cui io mi ero illuso che fosse la persona giusta per me. Stavo per chiederla in sposa, suo fratello aveva dato il suo accorato assenso, pensavo fosse solo una formalità; invece, lei è fuggita in un giardino e una settimana dopo era sposata col Duca di Hastings."

Edwina non aveva potuto che coprirsi il volto stupita. "Vi ha detto per caso se aveva una mia collana? Non che ne pretenda la restituzione, era un dono ed era sincero, ma vorrei solo essere certo che sia in suo possesso. L'aveva regalata mio padre a mia madre. Il mio padre naturale, molti anni fa, era il gioiello più caro che avevo tra quelli di famiglia."

"Non ne ha mai accennato, mi dispiace. È la prima volta che parlate di vostro padre..."

"Già, non ricordo molto. Era in gran parte assente, sempre con l'esercito, ha trovato morte per un'infezione dovuta a una ferita in battaglia. Per questo mia madre ha il terrore che mi mandino al fronte. Ho ricordi altalenanti di lui, sapete." Spostò un ceppo poi proseguì. "Mia madre lo adorava, pendeva dai suoi occhi, ma lui spesso era scostante e beveva, credo. Forse aveva capito che stava per perdere il suo regno. Ero solo un bambino, chiuso in un castello con la bambinaia e mia madre sempre attorno. Non sapevo nulla del mondo o delle corone o dei regni. Mio padre ha dato la vita perché potessi indossarne una, ma ha perso per cui, non accadrà" sospirò desolato il giovane.

"Vi dispiace, immagino."

"Non per la corona in sé o per il potere, mi dispiace non sapere bene chi fosse mio padre, non aver avuto tempo di costruire ricordi con lui. Mi avvilisce l'idea di essere nato per un destino e poi essere rimasto senza scopo. L'esercito non è che un modo per non farmi sentire inutile, quale in realtà sono."

"Una mesta consolazione?" domandò Edwina.

"Esatto, avete trovato il termine perfetto, come sempre" sorrise il principe attizzando il fuoco. "Siete talmente istruita, signorina, che spesso mi sento un contadino ai vostri occhi, lo devo sembrare in realtà."

"Mostratemi le mani" lo sfidò Edwina. Federico sorrise e l'accontentò.

"Non avete affatto del contadino, posso assicurarvelo, ho visto le mani con cui tornava mio padre dai giardini" appuntò Edwina.

"Giusto" rise lui.

"Avete le mani da pittore, tutte sporche di... carboncino?" le prese tra le sue e le studiò per un attimo. Il principe non la tirò indietro.

"E nonostante tutta la pioggia che abbiamo preso! Si attacca terribilmente, sapeste quanto protesta mia madre, per non parlare del patrigno o dei superiori prima delle adunate."

"È bello che vostra madre abbia trovato qualcuno con cui essere di nuovo felice." Lasciò a malincuore la presa sulle sue lunghe dita che iniziavano a scaldarsi.

"Questa volta almeno l'ha scelto, ma per me è difficile a volte accettare che voglia avere un altro figlio, un altro erede e continuare la sua vita come se mio padre non fosse mai esistito... Comunque, non volevo tediarvi con la mia miserrima vita" si rinvenne Federico.

"Non denigrate la vostra esistenza, non ha nulla di riprovevole. Non siete certo un perdigiorno, avete il vostro ruolo militare e sembrate prenderlo molto seriamente. Eppure, la prima volta che vi ho visto mi siete sembrato... triste" confessò Edwina.

"È così, è difficile pensare di dare a sé stessi un valore quando si è stati rifiutati dalla persona che amavate."

"Voi amavate Daphne?" domandò la ragazza con la gola che le bruciava fino al cuore.

"La amavo, non vi mentirò, ero tornato distrutto da Londra, ma voglio che sappiate che da quando siete arrivata a quel ballo, non ho più guardato il suo ritratto, una sola volta. Avrei voluto vedere il vostro ultimato, ma temo di averlo irrimediabilmente danneggiato. Non avete idea di quanto la luce adesso qui sia perfetta sul vostro volto, se solo avessi un carboncino, vi giuro piuttosto imbratterei la parete pur di renderlo eterno."

"Non lo portate nella divisa?" giocò Edwina per nascondere il subbuglio che le sue parole le stavano causando nell'anima.

"Oh no, si macchierebbe facendomi fare pessime figure, ma questo non mi impedisce di invitare numerosi e ottimi artisti dell'accademia quando risiedo a Berlino, di organizzare serate di divertimento e arte."

"Disegnando piante?" domandò Edwina ingenua.

"Solitamente sono nudi umani."

Edwina arrossì prepotentemente.

"Lo so, vi sembrerà un comportamento non consono a un principe, ma è l'unico modo che ho per imparare."

"Non mi permetterei mai di giudicare, immagino solo cosa potrebbe dirne la principessa Luisa."

"Se fossi sposato con lei, immagino non le importerebbe granché di quel che faccio, ma se avessi una moglie come voi, per esempio, non permetterei a nessuno di quegli artisti di avvicinarsi, sono dei terribili libertini."

"Peggio del poeta?" strabuzzò gli occhi Edwina.

"Spero più onorevoli, almeno. Sembrate esausta, vado ad attizzare il fuoco in camera."

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