Parte 27 Erika 2015
Foligno. Dopo quattro ore di treno, delle quali una buona mezz'ora chiusi in bagno, per evitare il controllore, arriviamo finalmente a destinazione. Io avrei voluto fare il biglietto, ma Jay dice che ci conviene tenere da parte quei pochi spiccioli che ci rimangono per le emergenze. Abbiamo cercato il nome di mio nonno sulle pagine bianche on line. Per fortuna di "Carmelo Romeo" non ce ne sono molti a Foligno. Abbiamo solo due indirizzi da controllare.
L'idea di incontrare i miei nonni suscita in me sentimenti contrastanti. Da una parte mi emoziona, dall'altra, mi terrorizza.
La mamma non mi ha mai voluto spiegare nei dettagli cosa sia accaduto tra di loro. So solo che non ha più parlato coi miei nonni praticamente dalla mia nascita. E alla luce degli ultimi fatti, credo di iniziare a capire il perché. Se Stefano non è il mio vero padre, mia madre è rimasta incinta prima di sposarsi. Questo spiegherebbe le parole della Perpetua: <Si è rifugiata da lei per trovare riparo dalle voci del suo paese... E' arrivata qui che era incinta e non si sapeva chi fosse il padre>. Forse i miei nonni l'hanno cacciata di casa una volta scoperto che era incinta... Questa sarebbe ragione sufficiente per smettere di parlargli per così tanti anni. O forse sono stati loro stessi a dirgli di non farsi sentire più, non volendo sapere nulla nemmeno della creatura illegittima che sarebbe nata.
Se così fosse, come potrebbero reagire quando busserò alla loro porta? Se in quindici anni non mi hanno mai voluto conoscere, non credo proprio che sarebbero felici di vedermi ora!
Jay è convinto che parlare con loro sia fondamentale per ritrovare mio padre ed è su questo che mi devo concentrare. Sull'obiettivo. Il punto ora non è "conoscere i miei nonni", ma trovare gli elementi che mi permetteranno di ritrovare mio padre.
Potrei persino non dirgli chi sono. Mi limiterò a chiedergli chi fosse il ragazzo che mia madre frequentava quindici anni fa.
Dicono che i nonni spesso viziano i nipoti più di quanto non facciano i genitori coi figli. Dicono che quando vedono i loro nipoti il loro cuore s'intenerisce e se ne vanno in brodo di giuggiole. Forse per questo loro non mi hanno mai voluto vedere. Per paura di non riuscire a controllare il loro cuore.
Magari se io mi rivelassi loro direttamente dicendo: "Sono vostra nipote"... Il ghiaccio sul loro cuore si scioglierebbe e mi aprirebbero le loro braccia.
"A che pensi?" – Jay interrompe i miei sogni a occhi aperti.
"Cercavo di immaginarmi come sarà l'incontro coi miei nonni"
"Fregatene di come reagiranno. L'importante è che ci diano le informazioni di cui abbiamo bisogno"
"Be ma penso che sia normale che io abbia voglia di conoscere i miei nonni, non trovi?"
"Non lo so. Io i miei li ho conosciuti e avrei preferito non conoscerli"
Rimango un attimo a pensare a questa sua ultima frase. Io mi lamento tanto della mia famiglia, ma devo ammettere che quella di Jay sembra persino peggio della mia. Il padre che lo abbandona all'età di undici anni. La madre che non si sa che fine abbia fatto. I nonni che devono essere delle specie di orchi cattivi... Almeno io la mamma buona ce l'ho. Sì certo, è un po' pesante e a tratti addirittura insopportabile. Ma non ho dubbi sul fatto che mi voglia bene. Il fatto che non mi abbia raccontato tutta la verità, non credo significhi che non mi voglia bene. Forse aveva solo paura della mia reazione. La stessa paura che sento ora io nell'affrontare i miei nonni. La paura dell'ignoto e di cosa ne scaturirà.
"Eccoci arrivati al primo indirizzo. Suono io. Tu stai dietro a quell'angolo" – mi dice Jay con tono che non ammette repliche.
Mi allontano rimanendo comunque in una posizione che mi permetta di vedere l'uomo che apre la porta. E' un uomo sulla quarantina. Troppo giovane per essere mio nonno.
"E' lei il signor Carmelo Romeo?"
"In persona, come ti posso aiutare?"
"Mi scusi, credo che lei non sia la persona che cercavo"
"E chi cercavi?"
"Un altro Carmelo Romeo... Uno che abbia almeno una ventina d'anni più di lei"
"Potrebbe trattarsi di mio zio. Abbiamo lo stesso nome. Ma come mai lo stai cercando?"
"Ehm. Mi spiace, ma sono questioni personali, non posso parlarne con nessun altro che non sia il diretto interessato"
"Ma davvero? Be, ragazzo mio, credo proprio che sprechi il tuo tempo. Lui non ti riceverà"
A quel punto non riesco a resistere e venendo fuori dal mio nascondiglio gli dico:
"Lei è il cugino di Gianna Romeo?"
"Gianna...", vedo la sua espressione facciale farsi pensierosa, quasi malinconica. Poi riprendendo il controllo mi chiede: "E tu chi sei?"
"Sono la figlia di Gianna"
"La figlia di...? Erika?"
Nel sentire pronunciare il mio nome, sento una fitta al cuore. Allora la mia esistenza non è passata tanto inosservata quanto mi aspettavo!
"Sì. Sono Erika!"
Apre il cancello e ci viene incontro. Mi abbraccia. Mi sembra commosso.
"Sei bella come tua madre! Dov'è lei? E' qui con voi?"
"Non è potuta venire. Io sono in gita con la scuola e pensavo di passare a salutare i nonni" – snocciolo la prima idea che mi viene in mente, sorpresa di come mi stia diventando facile mentire.
"Salutare i nonni? Ma... Erika..."
"Sì lo so. Ma non credi che sia arrivato il momento che conoscano la loro unica nipote?"
"E tua madre cosa dice di questa tua idea?"
"E' una questione tra me e i miei nonni. E' una mia scelta e sono pronta ad assumermene le conseguenze"
"Come vuoi. Però lascia che ti accompagni"
Chiude dietro di sé il cancello e si avvia senza aspettare una risposta, sicuro che lo seguiremo senza obiettare.
Dopo all'incirca una decina di minuti di cammino arriviamo davanti a una bifamiliare dai colori un po' spenti. Le tapparelle aranciate tutte chiuse, come a voler nascondere la vita-non vita al loro interno.
Il cugino di mia madre suona il campanello. Nessuna risposta.
Ci dice: "Aspettatemi qui!"
Scavalca il cancello senza particolari difficoltà e lo vediamo recuperare una chiave da sotto al tappeto. Entra e inizia a urlare:
"Zia Sofia, zia Sofia"
Dopo non molto sentiamo rispondere uno stanco: "Chi è?"
Poi il tono di voce del cugino di mia madre si fa tanto basso da non riuscire più a percepire altro.
Lo vediamo venire fuori dopo un quarto d'ora. Guarda il pavimento. Non riesce a sostenere il nostro sguardo, mentre ci dice: "Mi dispiace, non..."
In quel momento sento la rabbia mista alla delusione impadronirsi di me. Lo sorpasso correndo e mi dirigo decisa alla porta che è già stata richiusa a chiave. Inizio a bussare con violenza mentre urlo:
"Nonna! Nonna apri! Pensi davvero di potermi evitare per sempre? Io esisto e non puoi continuare a fare finta che io non esista! Apri!"
Nonostante il mio sbraitare, dall'altra parte della porta non arriva nessun rumore.
Cado sconfitta al suolo e contro ogni mia volontà inizio a piangere come una bambina per una persona di cui non dovrebbe importarmi nulla, visto che non l'ho mai vista. Eppure questo suo rifiuto categorico, mi straccia il cuore.
Poi, proprio quando ormai avevo perso ogni speranza,accade l'improbabile.
Sento il rumore della chiave che si gira nella serratura. La porta si apre e ne esce fuori una donnina dall'espressione esausta e il volto solcato dalle rughe, i capelli grigi, forse mai tinti, che sembra essere molto più vecchia dell'età che immagino abbia realmente.
Ha il volto rigato dalle lacrime, proprio come il mio. Mi alzo e mi pongo di fronte a lei, fissandola negli occhi. Restiamo qualche secondo a osservarci senza dire nulla. Rompo io il ghiaccio, senza sapere bene cosa dire.
"Nonna?" – le chiedo con aria interrogativa.
Lei mi si avvicina. Mi prende il viso tra le mani e mi dice solo:
"Sei uguale a tua madre alla tua età"
Poi mi abbraccia e con un filo di voce, strozzato dalle lacrime, mi dice:
"Mi dispiace. Ho sbagliato tutto"
Avevano ragione... Quando i nonni vedono i nipoti, si sciolgono.
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