Capitolo 12

GIUSY

In queste notti non faccio altro che pensare a Simone.
I suoi occhi azzurri appaiono nel buio di questa stanza.
Sono due settimane che è partito, ma a me sembra un eternità: mi manca molto.
Tutto sa di lui, anche la mia bella Napoli sembra soffrire di questa mancanza, infatti mi sta dando un gelido inverno.
I più freddi da quando ho memoria, ed inoltre piove spesso.
La malinconia si fa sentire molto la sera, e una pecudria mi grava sul cuore.

Ancora mi vergogno se penso a quello che gli ho lasciato fare... ma devo ammettere che non desidero altro che la sua bocca sulla mia.
Voglio sentire il suo sapore, ho sete dei suoi baci.
Voglio le sue braccia intorno ai miei fianchi.
Ormai sono più che convinta di essermi innamorata di lui.
Ho promesso di aspettarlo e lui mi ha detto che tornerà.
Non faccio altro che domandarmi se manterrà la promessa, mi faccio tanti interrogativi.
Tornerà da me? Oppure a Milano si scorderà di me? Adesso io e lui cosa siamo? Fino a ieri potevo dire che eravamo amici. Ma oggi cosa siamo? Non lo so!

Ci sentiamo tutti i giorni, per telefono.
La sera parliamo per ore ci raccontiamo di come è andata la giornata, di cosa faremo il giorno dopo.
Io lo aggiorno delle novità che ci sono qui a Napoli, su Diana e gli altri.

Qualche giorno fa dovevo andare alla mostra con Filippo ma lui non si è presentato e non ha risposto neanche alle mie chiamate.
Un po' mi dispiace perché pensavo che fossimo amici. Quando l'ho detto a Simone ha commentato dicendo che forse suo cugino aveva di meglio da fare.
Non gli ho mai raccontato che Filippo mi ha baciato.
E con lui avrei voluto chiarire che quel bacio non ha significato nulla per me.
Ma è come scomparso.

"Accidenti a me! Come ho fatto a mettermi in questa situazione! Managgia a me!"
Impreco contro me stessa e decido di alzarmi dal letto. Sono le nove, oggi ricomincia l università.
Almeno mi terrò occupata e non penserò sempre a lui.
Si perché io mi conosco e quando comincio a pensare troppo il mio cervello diventa una centrale elettrica pieni di fili ad alta tensione.
Basta un piccolo sbalzo di corrente per mandarmi in tilt i pochi neuroni che mi sono rimasti.

Il mio telefono prende a squillare e sul display appare il viso di Simone.
È una foto che gli avevo scattato questa estate.
Sorrido come una stupida, e mi affretto a rispondere.
<< Pronto!>> dico con la voce tremolante.
<< Buongiorno ricciulella ! Ben svegliata!>> la sua voce calda e accogliente, mi fa venire la pelle d'oca.
<< A te! Sei già a lavoro?>> chiedo.
<< Si anche se oggi non ne ho per niente voglia! >> mi dice sbuffando.
<<Allora non ci andavi!>>
<< Oggi arrivano dei clienti che vogliono affidarci un caso importante. Mio padre ci tiene molto che sia presente anche io e gli altri avvocati.>>
Capisco dalle sue parole che è molto importante la sua presenza e che il padre ha una grossa influenza su di lui.
Quando penso al modo in cui mi guardava quel uomo sento dentro di me una strana sensazione, come se provasse astio nei miei confronti.
<< Oggi iniziano i corsi per me!>> dico io cercando di smorzare i miei pensieri negativi.
<< Ah bene! Allora buon rientro all università e comportati bene.>> mi ammonisce come una bambina.
<< Certo! Adesso vado a prepararmi papi!>> esclamo ridendo.
<< Giusy mi manchi!>> mi dice lui, spiazzandomi, con un tono troppo serio.
Non so cosa rispondere, anche lui mi manca molto.
<< La settimana prossima voglio che vieni a Milano.>>
Sbarro gli occhi per la sorpresa. Vorrei raggiungerlo ma non ho i soldi per potermi permettere questo viaggio e per lo più devo lavorare.
<< Simone io non posso venire.>> dico con rammarico, per poi continuare:
<< Devo lavorare e poi non posso permettermi una spesa del genere adesso. >>
Lo sento sospirare dal altro lato del telefono.
<< Va bene ! Ho capito.
Ci sentiamo dopo!>>
Mi liquida forse si è arrabbiato. Questa situazione non è per niente semplice, ho come l impressione che la distanza non è l unico ostacolo che troveremo sulla nostra strada.

SIMONE

Mio padre ha un tempismo perfetto entra nel mio ufficio appena ho finito di parlare con Giusy. Sono frustato per la sua risposta negativa, e a mio padre non sfugge la mia espressione di disappunto.
Mi guarda, ed io spero che non mi chieda cosa ho.
Poi ci ripenso: sono solo un illuso, lui non mi ha mai chiesto se avessi qualche problema.
Lui non mi ha mai chiesto come stavo!
A lui interessa solo del lavoro, del buon nome, della reputazione del prestigio ecc.
Infatti non perde occasione per ricordarmi che devo essere concentrato e attento, oggi è un giorno importante.
In più mi dice che ci sono importanti novità che deve rivelarmi.

Sto zitto e lo ascolto, o almeno è quello che voglio fargli credere. Il mio cervello è occupato a trovare un modo per poter andare a Napoli anche solo per un week end.

Da quando sono tornato non faccio altro che pensare a Giusy.
I miei occhi sono rimasti incastrati nella rete dei suoi riccioli.
Mi manca iniziare la giornata con lei.
La mattina andavo sempre a portargli la colazione, mi bastava guardare il suo viso per iniziare positivamente la giornata, peccato che l'ho capito solo adesso, ho sprecato il tempo passato con lei a tentar di rinnegare i miei sentimenti.

Il mio rientro non è stato facile.
Appena ho messo piede in studio ho incontrato Olga, la segretaria storica di mio padre.
Una donna di mezza età che è stato un punto di riferimento per me. È lei la prima persona che ho dovuto affrontare e a cui ho rivolto le mie scuse.
Per i miei errori ha pagato suo marito, ma lei non ha mostrato rancore nei miei confronti anzi mi ha accolto con la solita affabilità e gentilezza che la contraddistingue.
Non mi merito un trattamento così perché sono un vigliacco.
Ho provato a scusarmi, ma lei mi ha messo a tacere dicendo che non dovevamo parlarne più.
Invece io mi sento questo grosso macigno sulla coscienza giorno dopo giorno.
Mi guardo allo specchio e provo ribrezzo per me stesso.

Mio padre che cerca di convincermi che tutto quello che è stato fatto per nascondere le mie colpe, è giusto, che tutto si è sistemato nel migliore dei modi per tutti.

Mi sento come svuotato, senza valori. Ma forse ho mai avuto dei veri valori? Ho mai sognato di essere altro? Ma cosa volevo fare da grande?
E se il mio sogno fosse stato solo il riflesso del ambizione di mio padre?
Non so più a cosa appartengono.

Per mio padre dovrei riprendere la mia vita in mano e ripartire dal punto in cui l'ho lasciata. Ma non è facile, nessuno riesce a capire che in questi mesi io sono cambiato, mi sono visto dentro, con una grande lente di ingrandimento ho cercato negli angoli per remoti della mia anima.
E vi assicuro che ho trovato un sacco di macchie.

Per non parlare di questa città. La gente mi dice : "Ben tornato a casa!" Ma questa non è più la mia casa.
Sono andato nei locali che frequento da una vita, quelli che per me erano la mia casa perché c'erano tutti i miei amici, e Lavinia.
Ho cercato di riallacciare dei rapporti con alcuni miei amici, ma li sento dei perfetti estranei.
Ad un tratto ho sentito il gelo tra me e loro, eppure in passato avrei ammazzato per loro.
Forse vivendo a Napoli ho dato un altro valore alla parola "amicizia" .
Mi è bastato vedere Pierre e Damiano o Rossella e Marta per capire che le mie erano amicizie di comodo.

Giro per questa città che un tempo adoravo, mi sento uno straniero, mi sento fuori luogo. Mi manca il sole, che mi ha asciugato di tutti i malanni che anni di freddo e umidità mi avevano procurato.
Vorrei sentire il rumore del mare.
Sorrido quando penso alla faccia di Giusy che arricciando il naso mi diceva :<< O Milanese viene dal nord!Pigliati nu poco e sole che si bianc comme na mozzarella!.>>
In effetti ho preso tanto sole questa estate, in genere passavo sempre le vacanze in montagna, non mi piaceva il mare, stando attento a non abbronzarmi troppo. << I cafoni e i tamarri vanno in giro tutti abbronzati! Noi siamo gente di classe!>> mi diceva Lavinia.
Ovviamente mi sono ricreduto, il colorito più scuro mi dona mettendo in risalto i miei occhi azzurri.
Alzo lo sguardo, sorpreso dal fatto che mi siano venute in mente le sue parole, di fronte a me c'è ancora la scrivania che mio padre aveva comprato per lei.
Adesso è vuota, dovrei provare dispiacere dato che per anni ho progettato con lei di calpestare il parquet di questo studio, fasciati dai nostri completi eleganti.
Dovevamo fare grandi cose insieme, eppure non riesco ad essere rammaricato dal fatto che lei non c'è, ne sono sollevato.
È giunta l'ora dell incontro, prendo il telefono e do un altra occhiata alle foto di Giusy che ho nella mia galleria, cerco un po' di coraggio per affrontare questa riunione.
Prendo le relazioni che ho preparato e mi dirigo nella sala riunioni.
Sto per entrare, ma mi fermo di colpo quando davanti a me oltre a mio padre c'è una figura di donna che conosco troppo bene.
Il mio cuore per un decimo di secondo smette di battere.

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