Capitolo 37

Anna special

Il mattino seguente, Anna passeggiava per casa con un sorriso da ebete dipinto in viso, anzi no, forse sarebbe il caso di dire che quasi fluttuava! Aveva un'espressione che trasudava felicità e serenità da tutti i pori; sembrava si fosse sottoposta a un trattamento intensivo di skin care coreana, ma nulla di più lontano dalla realtà. Aveva solo passato la notte più bella della sua vita, perlomeno fino a quel momento. Dopo tanto tergiversare, i due beniamini si erano lasciati andare al sentimento.

"So che per lui non era certo la prima volta, non sono così ingenua, ma spero che anche per lui sia stato come una seconda prima volta. In quel momento, non capivo davvero più niente, ero solo troppo felice per permettere a qualsiasi cosa di rovinarmi il momento che non sapevo di star aspettando da tutta la vita." Pensava lei, rigirandosi nel letto ad osservarlo. Dorme tranquillo, non sembra in allerta o pronto a scattare al primo segnale di pericolo. È raro vederlo così, anzi forse dovrei dire unico." Continuava a riflettere la ragazza, quasi incantata dalla sua espressione serena, nonché dal suo fisico statuario (ma questa è un'altra storia.). Decisamente poco invogliata, si costrinse a dare un'occhiata alla sveglia e, suo malgrado, era già ora di andare a cercare di spargere un po' di parole di giustizia per la metropoli!

"No, non posso rovinare questo momento. Non l'ho mai visto dormire tranquillamente. Gli metterò la sveglia alle 8.30, così potrà dormire un'altra oretta, tanto oggi ha detto che attacca più tardi. Gli lascerò un messaggio per avvisarlo, così non si spaventerà al non trovarmi."

Una volta fatto ciò e finito di prepararsi, la giornalista uscì.

"Dunque, facciamo il punto della situazione: vorrei fare una capatina a questo pub di cui mi ha parlato Nick. Magari potrei ricavarne qualcosa. Comunque, sarà meglio non andare da sola. Potrei chiedere a Doc di accompagnarmi o all'agente Ryan. Anzi, forse è lui sarebbe meglio di no. Mi sentirei un tantino in imbarazzo, specie dopo stanotte. Non ne abbiamo mai parlato apertamente, anche se penso sia felice della relazione mia e del figlio, però, che ci posso fare? Sono ancora un po' in imbarazzo." Si diceva tra sé e sé la ragazza con la testa tra le nuvole, come al solito. L'incontro con un palo la riportò sulla Terra.

"Ahia! Va bene, ho recepito il messaggio. Chiederò a Doc. Sono quasi certa che non mi rifiuterà una così "piccola" richiesta. Bene, adesso vado ad aggiornare il direttore dei progressi."

Tre ore dopo, era di nuovo pronta per uscire. Inizialmente, c'aveva messo un po' per convincere il capo a lasciarla mettere in atto questo piano, però, con un po' di perseveranza era riuscita nell'intento. Le aveva chiesto di coinvolgere l'agente Ryan, ma lei preferiva optare per Doc. Ovviamente questo non poteva certo dirlo al direttore, perciò decise che avrebbe chiesto all'agente di coprirla col direttore, una volta terminato il sopralluogo, pur sapendo che questo suo mefistofelico piano le sarebbe costata una ramanzina con i controfiocchi!

Abbandonato ogni indugio, la ragazza, armata del suo ardire o stoltezza, a seconda di chi osserva, si diresse a fare due chiacchiere col buon vecchio Doc. Stavolta, stufa dei taxi cittadini, scelse di prendere la metro e di proseguire a piedi fino alla meta. Due passi per schiarirsi le idee non potevano farle altro che bene.

"Ora che ci penso, avrei potuto chiedere a Jack di accompagnarmi. Oddio, che vado a pensare. È troppo pericoloso, beh, forse lo è più per me dato che lui è sicuramente più addestrato di me, comunque, non mi va di metterlo in pericolo inutilmente. E poi, la situazione tra noi non è certo meno imbarazzante di quella con l'agente, anche se entrambi ci impegniamo per non darci peso." Continuava a rimuginare durante il tragitto in metro.

Verso le 15.00, era arrivata nei pressi del porto e si stava dirigendo verso il rifugio di Doc, quando qualcosa attirò la sua attenzione. La zona era deserta, mancavano solo le balle di fieno come nei film western. Sarà perché l'inverno ancora impera e le persone preferiscono starsene comodamente a casa a sgranocchiare castagne e bastoncini di zucchero. Ad ogni modo, quel rumore la insospettì, perciò, armatasi di un peso trovato vicino a delle casse, si avvicinò per scoprirne l'origine. Proprio quando si preparò a colpire, un birbante micetto le balzò in testa, facendola cadere su un mucchio di corde accatastate là dietro.

«Oggi non sto facendo altro che picchiare in terra. Sei un micino tremendo, lo sai?» Disse lei, mentre il suo nuovo e peloso amico le faceva le fusa.

«Ok, ok. Dopo tornerò a giocare con te, ma adesso ho una cosa molto importante da fare. Nel mentre si stava rialzando, però, non si accorse di quanto stava avvenendo alle sue spalle. Difatti, non ebbe neppure il tempo di gridare prima di sentirsi afferrare da dietro da qualcuno che le stava premendo un fazzoletto imbevuto sul viso.» La ragazza provò a divincolarsi e a chiedere aiuto in ogni modo, ma non c'era nessuno a poter accorrere in suo aiuto. L'energumeno che la stava tenendo ferma era troppo più forte di lei e, nonostante i suoi numerosi sforzi, alla fine perse i sensi, cosciente che forse non avrebbe più riaperto gli occhi. Non era ancora pronta a lasciare una vita che amava così tanto: la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro e... Nick.

Non sapeva esattamente quanto tempo fosse trascorso, però era decisamente poco ad opinione del suo mal di testa che non smetteva di tormentarla. Non appena la vista le si schiarì un po', cercò di capire dove diavolo fosse finita. Ad occhio, sembrava un magazzino o una roba simile. Era umido, freddo e con pochissima luce ad illuminarlo e, soprattutto, era sola.

«Oddio mio, oddio mio, che faccio ora?! Nick, mamma, per favore, qualcuno mi aiuti.» Piagnucolava scioccata per la situazione. Aveva le catene alle caviglie, non poteva andare da nessuna parte e non aveva neppure la borsa con sé.

"Ma chi diavolo mi ha rapito? Chi?" Beh, le opzioni non mancavano di certo, dato che ultimamente aveva pestato i piedi a un sacco di gente, però, non si era mai fatta preparare a una simile eventualità.

«Fantastico, morirò dopo la notte più bella della mia vita. A saperlo, me la sarei goduta di più.» Urlò sbattendo i piedi a più non posso.

«Ehi, bastardi maledetti, fatevi vedere. Anche se probabilmente morirò, non vi darò la soddisfazione di farlo con la paura negli occhi. Tanto mi raggiungerete poco dopo, perché i miei amici ve la faranno pagare, chiunque voi siate. Non avete idea contro chi vi siate messi!» Gridava la giovane, nonostante fossero una marea di balle, ma almeno sarebbe morta da dura!

«Razza di gallina, chiudi il becco se non vuoi che ti stacchi la testa seduta stante. Non ti troverà proprio nessuno, perciò rinuncia pure all'idea dei tuoi cari salvatori!» La rassicurò uno dei gentiluomini che la tenevano lì prigioniera, lanciandole praticamente contro l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere.

«Jaqueline, ma che diavolo ci fai tu qui?» Chiese preoccupata, vedendo com'era ridotta.

«Buona permanenza, signorine.» Dopodiché la porta si richiuse e con essa anche le speranze di rivedere il Sole.


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