Capitolo 1

Parigi era splendida a quell'ora. Il sole, ormai basso all'orizzonte, tingeva il cielo di meravigliose tonalità di rosa e arancio. Uno stormo di uccelli si alzò in volo, alla ricerca di un rifugio per la notte; le loro figure scure si stagliavano nella volta chiara. Per le strade, le luci delle vetrine illuminavano i marciapiedi. Le persone si muovevano veloci, uscendo dai negozi cariche di pacchetti, affrettandosi a tornare a casa per passare la serata in compagnia della famiglia.
In ogni strada, in ogni vicolo, in ogni angolo della città si respirava l'atmosfera natalizia.
Quando il sole scomparve oltre la linea dell'orizzonte, migliaia di piccole lucine di colori differenti illuminarono la Tour Eiffel, facendola risplendere.
Chat Noir sospirò, godendosi la vista della sua città natale: poteva vederla ogni giorno, ma riusciva sempre a stupirsi di quanto fosse straordinario il preciso momento in cui il sole si faceva da parte per far spazio alle luci che davano l'apposizione alla città.
Respirò l'aria fresca della sera, e il profumo dei dolci che si innalzava dalle pasticcerie. Poi lo sentì: un singhiozzo, un suono soffocato, di qualcuno che tenti di arginare un dolore che per troppo tempo è rimasto sopito.
Senza accorgersene, seguì i singhiozzi fino all'origine. E lì, su una terrazzina illuminata, trovò una ragazza, appoggiata alla ringhiera, il capo chino sotto il peso di un fardello troppo pesante da sostenere, ma troppo fragile da lasciar andare.
<<Marinette…>> sussurrò.
Marinette si voltò di scatto, spaventata dalla presenza del ragazzo che non aveva sentito arrivare.
Dopo i primi attimi di sgomento, lei sorrise, fingendo di scostarsi i capelli con un gesto casuale e cancellando così i segni delle lacrime. <<Chat Noir!>> esclamò. <<Cosa ci fai qui?>>
<<Passavo per caso. Va tutto bene?>>
<<Sì, grazie.>> rispose Marinette, continuando a sorridere.
Chat osservò il luccichio all'angolo dell'occhio della ragazza. <<Cos'è successo?>>
<<Niente, è solo che…>>
La lacrima scivolò, e lei gli diede le spalle, cercando di nasconderla. <<Parigi è magnifica a quest'ora, in questo periodo.>> deviò.
L'eroe le si portò accanto, deciso a cancellare almeno per quella sera qualsiasi segno di tristezza sul volto di Marinette. Sentiva verso di lei un istinto di protezione, un affetto fraterno, e la voglia di vederla sorridere anche solo per un istante di quel sorriso che la caratterizzava, quel sorriso che riusciva a tirare su le persone anche nei momenti più bui. <<Sì, è davvero meravigliosa.>>
Per qualche minuto ci fu silenzio, interrotto solo dai loro respiri leggeri. Quando gli venne l'idea, le parole sgorgarono dalla gola di Chat prima che potesse rifletterci.
<<Sai, c'è un posto da dove si vede praticamente tutta la città.>>
Marinette girò il viso verso di lui, incuriosita.
<<Vuoi vederlo?>> sorrise lui.
Delicatamente, la prese a mo' di sposa e, tenendola stretta, saltò.
Vagarono per circa cinque minuti, da un tetto all'altro di Parigi; quando Chat Noir si fermò, erano sul tetto di un vecchio edificio abbandonato. C'erano pile di cuscini e un paio di coperte sparse. L'eroe fece sedere Marinette, poi si mise accanto a lei. Quando la guardò, la ragazza aveva la bocca spalancata.
Davanti a loro, la Tour Eiffel risplendeva di magnificenza. Si potevano sentire i canti di Natale intonati per le strade, e sulla Senna poco lontano la luna si specchiava timida, il riflesso infranto dal movimento lento delle acque.
<<Chat Noir, è...bellissimo.>> esclamò lei. <<Grazie.>> aggiunse poi, guardandolo con il sorriso sulle labbra e negli occhi.
Il ragazzo sorrise di rimando, poi si fece serio.
<<Ora vuoi dirmi che succede?>>
Marinette sospirò. <<Niente Chat, davvero…>>
<<C'entra per caso un ragazzo?>>
Il silenzio che ebbe per risposta bastò.
<<Marinette…>>
<<Non dire niente, ti prego…>>
Per un po', nessuno dei due disse niente. Marinette guardava il panorama, tenendo lo sguardo ostinatamente lontano dagli occhi di Chat Noir, che invece cercavano i suoi. Dopo qualche minuto, lei sorrise.
<<Sta per nevicare…>>
L'eroe guardò il cielo. <<No. Inizierà a nevicare tra una settimana.>>
<<Fidati di me: sta per nevicare.>>
<<Le previsioni non portano neve fino a venerdì prossimo.>>
<<La città è meravigliosa con la neve. Un manto bianco ricopre le strade e le luci lo colorano con pois colorati. Sembra di essere in una cartolina, o in uno di quei globi di vetro, dove tutto sempre essere incantato.>>
<<Almeno tre meteorologi potrebbero smentire questa tua->>
Fu allora che iniziò a nevicare. Piccoli fiocchi candidi vorticarono giù dal cielo, andando a posarsi sulle strade, sugli alberi e tra i loro capelli.
La ragazza si girò verso di lui, ridendo sotto i baffi.
Chat Noir fece una smorfia. <<Ne azzeccassero una.>> borbottò.
Marinette si lasciò andare ad una risata liberatoria, che contagiò anche lui. Dopo poco, smisero di ridere e lei rabbrividì.
<<Torniamo a casa. Tra un po' comincerà a fare davvero freddo.>> osservò l'eroe.
Lei annuì, lasciò che lui la prendesse tra le braccia e insieme tornarono verso la pasticceria. Attraversando la botola sulla terrazzina, entrarono in camera di Marinette.
La ragazza rimase a fissare fuori attraverso il vetro della finestra.
<<Adrien adora la neve…>> mormorò.
Ma Chat Noir la sentì lo stesso.
<<Adrien? Adrien Agreste?>>
<<No!>> esclamò istantaneamente lei. <<Sì…>> ammise poi, arrossendo.
<<È lui il ragazzo?>>
Marinette si fece rossa come un pomodoro.
<<Ma a lui piace Katami.>> disse con amarezza.
<<Katami?>>
<<È per questo che l'altro giorno li ho lasciati soli. Ma va bene. Se lei può renderlo felice, allora va bene tutto. Chat, va tutto bene? Sei un po' pallido…>>
Chat Noir osservò tutte le foto attorno a lui che ritraevano il fotomodello biondo, decorate da piccoli cuori che non aveva mai notato. Ripensò a tutte le volte che lei aveva balbettare davanti a lui, o aveva evitato di rimanere sola con lui, e si sentì soffocare.
<<Devo andare.>> disse, scappando poi dalla camera, catapultandosi nella neve fredda pur di andare via.
Arrivò a casa in men che non si dica, e si detrasformò, frastornato. Ignorando Plagg che richiedeva del Camembert, si sedette alla scrivania, prendendosi la testa tra le mani e chiudendo gli occhi. L'immagine di Marinette piangente gli si ripresentò dietro le palpebre come una fotografia, facendolo sussultare.
<<Sono io…>>

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