Capitolo 1

Un bebè... sotto l'albero

Callie Prescott - Amybeth McNulty
Arthur Dawson - Timothee Chalamet

«Coraggio, alzati, dormigliona. Sei in ritardo.» La voce di mia sorella mi arrivò alle orecchie come un insopportabile sveglia. Mi tirò addosso qualcosa. «Mi servono soldi.»

«Per cosa?» bofonchiai con gli occhi chiusi.

«Per elemosina? No, cibo! Ho fame e non c'è nulla in frigorifero.» Mi tirai su e misi seduta sul letto, rovistando nella borsa alla ricerca del portafoglio finito chissà dove.

«Ho venti sterline. Ti bastano per un Happy Meal?»

«Come?» Sbuffai. «Perchè sei sempre al verde?»

«Ho speso tutti i soldi in dolciumi e biscotti e retta universitaria.» Gli diedi la banconota e alzai per trasferirmi in bagno e farmi una doccia. Tra meno di un'ora mi sarei dovuta trovare in azienda. Chiusi la porta del piccolo appartamento e incrociai il signor Clark alla fine della scala, mi ricordò che avevo l'affitto da pagare entro la fine dell'anno.
Gli diedi la mia parola che avrei pagato lunedì stesso e lo sorpassai. Accelerai il passo quando vidi l'autobus all'orizzonte. Era pieno di gente, cercai di rintracciare un posto a sedere, ma, ahimè, lo dovetti cedere ad una donna incinta. Trattenni uno sbuffo di esasperazione e mi rialzai per aggrapparmi agli anelli e restai in piedi per il resto del viaggio. Una volta scesa, percorsi la strada verso l'editoria dove lavoravo e mi fermai vicino ad un camioncino, dove c'era un elfo. «Oh, oh, oh... buon Natale!»

«Ciao. Comunque, non è una battuta di Babbo Natale quella?»

«Sono comunque l'elfo di Babbo Natale. Ecco qui, ti ho tenuto da parte questo.» Mi consegnò un dolcetto. «Credimi, non è stato semplice sottrarlo a Babbo Natale. Quello divora tutto!»

«Oh, sei così carino... ma anche un Elfo molto cattivo. Babbo Natale dovrà portarti una busta di carbone quest'anno.» Gli diede un bacio sulle labbra.

«Senti, appena avrò parcheggiato la slitta, ti va di fare un picnic?»

«Non tentarmi, non è il caso.»

«Su, non fare la guastafeste!» Esclamò correndomi dietro e mi cinse i fianchi con il braccio. «Prenditi le ferie o datti malata.»

«É stato già difficile ottenere il giorno libero a Natale.»

«Dovresti mollare quel misero lavoro, piccola.» suggerì tenendomi la mano.

«"Mollare?" Non è la parola che rientra esattamente nel mio vocabolario. Devo andare o farò tardi.»

Lasciai la mano del mio ragazzo a malincuore e proseguii. Lavoravo nell'edificio poco più avanti, fra quelle mura, in un'editoria. Entrai dalla porta a vetro, poi varcai la seconda. La segretaria mi diede il "buongiorno", chiedendomi se la sveglia avesse fatto di nuovo i pasticci o se fossi rimasta ad infornare i biscotti di zenzero. Non risposi, andai dritta per il corridoio, sentendomi chiamare.

«Callie! Callie!» Urlò il mio capo, senza darmi il tempo di appendere il cappotto. Sapevo come farmi perdonare per le piccole dimenticanze e gli portai una tazza di caffè. Oltretutto, la sua marca preferita. «Quattro minuti dopo le 9, Callie. Si era detto per le 8.59.»

«Lo so, mi dispiace. Le ho preso un caffè bollente.»

Appoggiai la tazza sulla scrivania, increpando un piccolo sorriso.

«Me lo ha già portato Micheal.» Rispose. Vidi il ragazzo occhialuto di spalle e lo fulminai. «Va bene, cominciamo. Ho trovato due errori nella tua trascrizione. Ur-Nammu... il nome del governatore della Mesopotamia si scrive con il trattino.»

«Ne è sicuro? Ho controllato sul dizionario Oxford.»

«Dovresti controllare sull'enciclopedia militare.» Mi disse Micheal con quell'aria da saputello. «É una fonte incontestabile quella.»

«Assolutamente giusto. Callie, i tirocinanti non dovrebbero essere più pignoli di te. Devi ricordare che ogni errore che commetti ha effetto sulla storia.»

«Ha ragione, non ho riflettuto sugli effetti a lunga portata di un trattino mancante. Mi scusi.»

«Pensaci la prossima volta o lo farà qualcun altro. Ci sono milioni di persone lì fuori che ucciderebbero per il tuo lavoro.» Ingoiai un fiotto di saliva.

«Segretaria dell'editore! É un sogno per molti di noi.» Disse il tirocinante, con aria trasognata.

«Ho un grosso progetto per te. Potresti farti perdonare per gli errori che hai fatto centrando questo.»

«Va bene, che posso fare per lei?»

Si alzò in piedi. «Uhm... Jennifer si è rotolata nella cacca.»

«D... Di nuovo?»

«Proprio così.» La cagnetta, sentendosi chiamata in causa del padrone, alzò la testolina di scatto e le orecchie pelose. «Non mi piace che tu assuma quel tono, d'accordo?» Mi porse il sapone che custodiva nel cassetto e raccolse il cane da dentro la cesta personalizzata per consegnarmelo. «Proviamo ad andare a segno stavolta, ok?»

Mi ritrovai così nei bagni, a fare una toelettatura con i fiocchi alla cagnetta, l'ausilio dei guanti e di un sapone delicato.

«Si è rotolata di nuovo nella cacca?» chiese la mia amica Marien, entrando.

«Mhmm...»

«Come mai lo devi fare tu al posto di quel sapientone di Micheal?»

«Sinceramente meglio così, visto che passa il tempo a leccare il culo al nostro capo.»

«Lo dici a me? Ieri mi ha inviato una copia di un'email per John in cui si lamentava che avevo ordinato troppi post-it arcobaleno.»

Dovetti smettere un attimo di ascoltare il discorso di Marien e seguire la cagnetta che si stava intrufolando dietro il divano.

Ah, accidenti...

«Pensi che ce ne andremo mai da qui?» chiesi, tirando un sospiro rassegnata.

Ero stufa di fare la dog sitter... quello non era l'impiego di una segretaria e andai a sedermi vicino alla finestra.

«Tra quanto si laurea la tua sorellina?»

«Cinque anni. Cinque lunghi anni, un'eternità!»

«Caspita.» Si venne a sedere. «Quando mollerai questo posto, me ne andrò anch'io. Non posso sopravvivere in questo inferno senza di te, circondata da questi leccaculo.» Ci andò giù pesante e strinse fra le labbra la sigaretta.

«I post-it arcobaleno dovrebbero aiutarti.»

Ridacchiò con gusto, togliendosi un secondo la sigaretta. «Promettimi che quando festeggerai con Richard il suo 25esimo compleanno ti ricorderai di me.»

«Contaci. Brinderò alla tua salute, alla mia e a quella di Jennifer, degustando anche una bella fetta di panettone con uva passa e canditi, ovviamente.»

«Che piani hai per Natale?» Mi feci passare la sigaretta e feci un tiro, mentre la cagnolina stava leccando il pavimento. «Che sta mangiando Jennifer?»

«Non va bene, tieni. Ci penso io. No, quello è sapone!»

Andai dalla cagnolina e la presi in braccio. Se il capo lo scopriva, mi avrebbe sbattuto fuori a calci.

Dopo quella pausa, più sigaretta, che mi aveva rigenerato, tornai immediatamente alle mie mansioni e distribuii i fascicoli.

«Karen, credimi. Sei un disastro completo.»

«Lo so, mi dispiace.»

«Non ti devi scusare.»

«A che servono le graffette?»

«Non saprei, io...»

«Le detesto, lo sai.»

Lì nessuno apprezzava quanto mi facessi in quattro per l'azienda e invece venivo rimproverata da chiunque. «Potrebbe essere carino dare per primo l'ordine del giorno a chi è disabile.» mi fece notare l'anziano, in sedia a rotelle.

«Il mese scorso l'ho fatto e mi ha sgridato perché le avevo riservato un trattamento speciale. Ricorda?»

«Non mi piace questo tuo modo impertinente di rispondere!»

Mi tenni per me i milioni di insulti che avrei voluto rivolgergli, dato che il capo aveva fatto il suo ingresso. Il telefono squillò e premetti il pulsante.

«Fred, amico mio! Dimmi a che punto è il libro

«John caro! Il Natale... tsk, è una festa di consumismo sfacciato. Probabilmente non serve ad un piffero!» Scoppiò a ridere.

«Se potessi dirci solo a che capitolo sei arrivato

Mi strattonai la camicia e l'uomo di prima mi guardò come se stessi facendo qualcosa di assolutamente dissennato. L'interlocutore poi offrì un giro di birra per tutti, sorvolando sull'argomento della stesura. Chiuse la telefonata arrendendosi a non ricevere alcuna risposta. Lo salutò.

«Hemingway scriveva nei bar... Oh, siamo felici che tu abbia deciso di onorarci della tua presenza, Masterson!» Disse al nuovo arrivato, sprezzante.

«Scusate, ho trovato traffico. Questi giorni sono infernali.»
Si giustificò, schiarendo la voce. Alzò la testa, facendo muovere una massa profonda di capelli scuri e rituffò gli occhi sui plichi.

«Dimmi, ti ha trattenuto il tuo avvocato divorzista?»

Unii le mani sulla scrivania e sussurrò, guardandolo. «Avrei voluto che la questione restasse privata, John.»

«La privacy è per chi arriva in orario.»

Mi portai la mano sulla nuca provando soggezione. Il capo era poco indulgente sull'orario.

«Come procede la stesura?»

«Estremamente bene. C'è un metodo nel suo essere così Grinch. Ora siamo pronti ad esaminare il rapporto sui costi, quando sei in grado di presentarcelo.»

«D'accordo.» Il ragazzo, sotto lo sguardo attento di John, aprì un foglio spiegazzato. «Le vendite della storia "La storia completa dei proiettili" sono inferiori al previsto. Il marketing dice che la gente è stata intimorita dalle oltre 1400 pagine.»

«Ci sono tanti proiettili nel mondo, mica ce lo stiamo inventando!»

«Parliamo del prossimo punto all'ordine del giorno.» riprese parola il capo e si alzò per spostarsi. «Ho riflettuto molto.» Accese la lime con il telecomando mostrandoci una tabella. «La prossima partita di hockey su ghiaccio... per il torneo di Natale. Siamo stufi di perdere ancora. Quindi sposterò...»

«Veramente io non ho finito, John!» Lo interruppe il giovane, togliendosi gli occhiali brusco.

«Arthur... te l'ho detto più volte. Tu sei completamente negato. Sei meglio come topo di biblioteca e resterai in panchina.»

«Non riguarda l'hockey. Conosci la scrittrice Susan Duvan?»

«Certo che la conosco!»

«Ho avuto modo di leggere il suo nuovo manoscritto e penso sia molto buono.»

John crucciò la fronte. «Come sei riuscito ad avere il manoscritto?»

«L'ho incontrata a pranzo e abbiamo parlato del libro.»

«Non si dà un manoscritto ad un commercialista. È la regola. Grazie del tuo sforzo, ma ho già detto a Susan che non fa per noi. Esula dai nostri argomenti.» La cagnetta si afflosciò ai suoi piedi, guaendo. «Piccola... Jennifer, cosa succede?» Guardai la scena completamente paralizzata sulla poltrona. «Cos'hai? Vieni qui, cosa c'è? Bella.» Si udì uno strano brontolio e mi tappai la bocca. «Che c'è? Dillo a papà...» La cagnetta a quel punto gli vomitò sulla giacca un liquido disgustoso e quando saettò gli occhi sulla sottoscritta, feci un sorrisino. «Che le hai dato da mangiare?»

Sapevo che il sapone non le avrebbe fatto bene.

Mi ordinò di seguirlo nel suo ufficio e mi scusai per il macello.

«Ho appena prenotato una TAC completa per Jennifer di lunedì.»

«Oh... be'... Ma è la vigilia di Natale, ce la porterò giovedì.»

«Ce la porterai lunedì.»

«Ma è la Vigilia di Natale, io... ho promesso al mio fidanzato che avremmo festeggiato assieme.»

«É il compleanno del tuo fidanzato?»

«Sì, esatto.»

«Non ne avevo idea. Mi dispiace... Perché non ti prendi tutta la settimana?»

«Oh, sul serio?»

«No!» Tuonò e sobbalzai.

«Ok, nessun problema.»

Gli diedi le spalle e imboccai l'uscita. Mi rintai nel bagno per la mia solita mezz'ora di pausa e anche di pettegolezzi con la mia amica Marien.

«Il tuo futuro può essere più piacevole.»

«Allora vediamo, che cosa mi aspetta nella vita? Lavare il cane del mio cane, pettinare il suo parrucchino, portare il suo cane a fare una TAC. Sono ufficialmente una sfigata patetica e mi sono anche rovinata il giorno di Natale!»

«Beh, almeno qui abbiamo sigarette e caramelle. Magari tu e Richard potete rimandare.»

«Sì, certo, vedrò se può posticipare il compleanno. Speriamo che John non senta la puzza delle sigarette. Chi diavolo ha bisogno di un'altra persona se flirta di continuo con il proprio cane? John è repellente. Hai annusato il suo alito, di recente? É fortunato che il suo cane voglia flirtare con lui. Sai una cosa? John è un cretino frigido che non trova alcun piacere nella vita! Ma perché la deve rendere un inferno anche a noi? Io lo odio!» Sbottai, con le braccia conserte. La porta si aprì di scatto, sia io che Marien ci voltammo sconvolte e mi scappò quasi un urlo alla vista del mio capo fermo sulla soglia.

«Nel mio ufficio, subito!»

Ora mi ero decisamente scavata la fossa con le mie stesse mani e dire che potevo tenere la bocca chiusa e non dire certe cose.

«Hai le idee molto chiare riguardo le mie scelte personali.» Iniziò, seduto dietro la sua scrivania. «Trovi la mia relazione con Jennifer una cosa da deridere?»

«No, anzi rispetto la sua devozione assoluta per gli animali. Penso che il suo coinvolgimento sia un'ispirazione.»

«Non raccontarmi frottole.»

«Mi dispiace, non dicevo sul serio quelle cose. Erano sfoghi infantili, non capiterà mai più. Glielo giuro.»

«Se mi odi così tanto come hai sostenuto poco fa non penso che sia sano per te continuare a lavorare per me.»

«Ma... la prego, non può farlo.»

«Non mi conosci.»

«Mi serve questo lavoro!»

«Non mi importa.»

«Io mantengo mia sorella e...»

«Sei licenziata!»

«Ma io...» Guardai ovunque, ogni oggetto sulla scrivania, dovevo inventare in fretta qualcosa.

«Tu, cosa?»

«Io...»

Puntai gli occhi sulla statuina di una donna con il ventre gonfio.

«Tu?»

Non mi restò altro...

«Sono incinta!» Esclamai di getto facendogli strabuzzare gli occhi.

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