[uno: lovely cigarettes]

[ Ehm, ciaociao kidz, sono tornata tra voi comuni mortali, contenti?
Ci sarà una nuova avventura di quei due rincitrulliti di Alice e Niccolò, che succederà mai?
Ringrazio inoltre
I_True_Justice per i suggerimenti u.u
Vi lascio al capitolo, abbastanza zuccheroso, buona lettura kidz.
Ma farò in modo che il Nico-stronzo ritorni al più presto u.u
Bacibaci ]

Giugno.
Vacanze e niente scuola, e il mio Ken preferito tra le mani.

E ancora non ci credevo.
Ogni secondo pensavo che lui avrebbe cambiato idea, che mi avrebbe lasciato come sua abitudine, che mi avrebbe buttata nella spazzatura, invece no.

Eravamo ancora qua, insieme, uniti più che mai, nonostante incomprensioni, litigi, azzuffate e tirate per i capelli.

Dicevo di fidarmi di lui ma in realtà ero sempre all'erta, il primo mese mi ero messa quasi a pedinarlo durante gli intervalli a scuola, per paura di una delle sue scappatelle in bagno con qualche gatta-morta, che io avrei definitivamente ucciso.

A mia difesa, posso dire che ogni mio dubbio era fondato, nessuno credeva alla nostra storia, nessuno credeva che potesse durare ed era circondato da ragazze uscite dalla rivista di Playboy.

E lui le assecondava, le ascoltava, le guardava per bene e poi se ne andava, lasciandole imbambolate e confuse, comportamento da vero stronzo qual'era.

«Alice nel paese delle meraviglie» mi apostrofò appoggiandomi un braccio sulle spalle e distogliendomi dai miei pensieri.

«Che mi sono persa?» chiesi alzando le sopracciglia e guardandolo di sottecchi.

«Non ti sembra troppo scollata questa canotta?» ribattè, soffermandosi un po' troppo a lungo sulla scollatura della mia maglia e facendo una smorfia contrariato, a lui si che faceva piacere stare impalato a guardare.

«Fa caldo, non rompere» sdrammatizzai, facendogli la linguaccia «e ti ricordo che sei stato tu a rinfacciarmi di essere piatta» lo guardai in tralice con le braccia incrociate.

Vidi Gaia comparire nel corridoio e mi sbracciai per farmi notare in mezzo agli altri ragazzi.

«Ti si alza la maglietta» ringhiò infastidito e seccato, cercando di pararsi davanti a me.

«Già a litigare state voi?» lei ci raggiunse frettolosa con i capelli arruffati e l'aria allegra, e l'immancabile canotta degli AC/DC.

L'abbracciai saltandole quasi addosso, nonostante non ci vedessimo solo da tre giorni.
Mi sembravano molto di più, anche se eravamo state per ore e ore al telefono a spettegolare.

«Come sempre» rispose lui, stringendo la presa sulla mia spalla e alzando gli occhi al cielo, sbuffando.

«Ehi bro, pronto a vedere i quadri?» Chris comparve dal portone e quasi urlò, giusto per dare poco spettacolo.

Tutte le ragazze-gatte morte si girarono verso di lui con gli occhi a cuoricino e l'aria sognante.

Alzai gli occhi al cielo e razionalizzai: ecco perché eravamo a scuola, a giugno, e di mattina.

«Buongiorno signora Rizzo» mi canzonò, sorridendo e beccandosi una spallata dal mio ragazzo.

«Ma quanto sei scemo» sbuffò Gaia, incrociando le braccia.

«Gaietta smettila, faccio ridere pure te» ammiccò lui, facendole l'occhiolino.

«Taci va» sbuffò e si imbronciò.

Ridacchiai e diedi un bacio sulle labbra al mio ragazzo «andiamo?»

Alzò le spalle, indifferente «tanto prima o poi mi tocca»

«Vedrai che sarà tutto a posto» lo consolai, passandogli una mano sul braccio.

«Sicuramente ho giù latino e italiano, quella stronza mi odia» si passò una mano fra i capelli, nervosamente.

«Dai bro, ti faccio compagnia»

«Andiamo bionda, questi fanno notte»
Gaia mi prese per un braccio e mi trascinò verso il corridoio dove vi erano appesi i risultati.

Ansia.
Ansia.
Ansia.

Anche se ero abbastanza sicura di essere a posto, di aver concluso l'anno perfettamente, l'agitazione era parte di me.

«Chi guarda per prima?» sorrise lei gioiosa.
«Ma che hai oggi?» chiesi curiosa.
Scrollò le spalle «niente perché?»
«Sei iperattiva» scherzai, dandole una gomitata.

Risi e guardai i tabelloni.
Feci scorrere l'elenco fino al mio nome.
Bucci Alice, seguii la linea fino alla botta finale: Ammessa.

«Promosse!» gridò Gaia, senza farsi troppi problemi e attirando l'attenzione degli altri ragazzi.

Feci un gridolino di vittoria e guardai in fondo all'elenco.
Rizzo Niccolò, seguii la linea con il dito e chiusi gli occhi: Ammesso.

Tirai un sospiro di sollievo e sorrisi sicura al mio ragazzo, che invece aveva un'aria nervosa.

Gli andai incontro abbracciandolo, e mettendogli le braccia al collo.
«Sei in quinta anche tu»

«Adesso si che ci tocca sgobbare» Chris si mise le mani fra i capelli sconsolato, bloccandosi due secondi dopo.

«Proprio voi cercavo» la professoressa coordinatrice ci raggiunse velocemente, gonna al ginocchio e tacchi: io sarei già stramazzata al suolo, altro che mettermi a correre.

Si mise le mani sui fianchi e puntò i due «bad boy» che erano impietriti.
«Marconi hai proprio detto bene, vi toccherà sgobbare, come dite voi, siete stati promossi per miracolo e riconoscenza verso Bucci, che vi ha spronati, soprattuto tu Rizzo. Ma devi imparare a cavartela da solo» concluse, sorridendo maligna, e se ne andò.

«Simpatica» constatò Gaia, spalancando gli occhi.

«Che grande donna» guardammo tutti Chris con facce confuse e sbalordite.

Lui in risposta alzò le spalle e bofonchiò: «era per dire, ci ha parato il culo»

*****************

Ero lì sul suo letto, sdraiata al suo fianco, le mani appoggiate al suo petto, i nostri respiri smontavano l'aria, sentivo il suo profumo intorno a me nonostante stesse fumando la terza sigaretta.

Non l'avevo mai visto così nervoso, di solito l'ansia e il panico erano una mia caratteristica, forse standogli vicino gliel'avevo attaccata per osmosi.

«Stai fumando come un turco» osservai, ma senza il tono di rimprovero che, ormai avevo capito, non avrebbe dato nessun risultato.
Lui di smettere, non ne aveva nessuna intenzione.

«Mh?» mugugnò distratto, volgendo poi lo sguardo verso di me, dopo aver passato una buona mezz'ora a fissare il soffitto pensieroso, incontrai i suoi occhi e vi vidi tutta la preoccupazione che lo tormentava.

Non risposi a parole, lo accarezzai, gli passai una mano tra i capelli scompigliandoli, passando poi a sfiorargli una guancia, la sua pelle morbida, senza ancora nessun accenno di barba, lui chiuse gli occhi, lasciandosi andare alle mie attenzioni e sospirando pesantemente.

«Vieni qui» mormorò, afferrandomi per i fianchi e facendomi avvicinare ancora di più a lui, facendomi rabbrividire per il contatto, nonostante fosse giugno e si morisse di caldo, io stavo andando in ibernazione.

Lui aveva ancora in bocca la sigaretta e la cosa mi dava non poco fastidio, decisi di porre fine una volta per tutte a quel suo malsano amore per il fumo che, ne ero sicura, superasse quello per me.

«Togli di mezzo questa» dissi con una smorfia e lui inarcò un sopracciglio con aria interrogativa e sorpresa quando mi misi a cavalcioni su di lui.

Sorrisi malefica vedendo la sua espressione confusa, per una volta avevo io in mano la situazione, gli presi la sigaretta e me la misi tra le labbra, aspirai e la spensi nel portacenere poggiato sul comodino, tutto sotto il suo sguardo insistente.

«Bene, ora va meglio» conclusi soddisfatta, e armeggiai per sfilargli la maglietta che aveva addosso cercando di non far caso alla sua espressione seria e tesa.

«Ma che..» cercò di parlare ma si interruppe subito non appena rimasi in reggiseno e mi liberai della mia canottiera.

«Mh, ora va decisamente meglio» ammiccò e sorrise malizioso iniziando ad accarezzarmi la schiena e alzandosi per avvicinarsi al mio viso.

«Mi ami?» chiesi, proprio quando era a due centimetri dalla mia bocca.

Aggrottò la fronte e smise di guardare le mie labbra per concentrarsi sui miei occhi: i suoi erano due pozzi neri di desiderio.

«Sì» rispose solo, deglutendo, cercando di trattenersi per rispettare il mio improvviso terzo grado.
Il fiume di parole mi arrivava sempre nei momenti peggiori, o migliori, e non si arrestava fin quando non avevo ottenuto ciò che volevo sentirmi dire.

«Sicuro?» domandai, senza staccare lo sguardo dai suoi occhi.

«Sicurissimo» rispose, alzando gli occhi al cielo e sbuffando seccato, ma era anche divertito dalla mia insicurezza cronica.

«Ami più me o le tue sigarette?» Doveva essere una domanda ironica e scontata, non prevedeva una sua inaspettata risposta che mi avrebbe lasciata di stucco.

«Ovviamente le mie sigarette» ridacchiò e cercò di baciarmi, ma lo allontanai ributtandolo sul letto e facendomi reagire in un modo che solo nei miei sogni avevo avuto il coraggio di fare.

«Ah si?» lo provocai, posizionandomi meglio sopra di lui e facendo scontrare neanche tanto delicatamente le nostre intimità.

Trattenni il respiro non interrompendo però il contatto visivo con i suoi occhi mentre lui smorzava di colpo la risata e iniziava a mordersi il labbro inferiore.

«E quindi, preferisci le tue sigarette a me» lo guardai con un sopracciglio alzato e un'aria divertita e sadica, il suo sguardo ora era serio e quasi timoroso.

Faceva bene ad aver paura, la prossima volta si sarebbe guardato bene dal rispondere in modo sbagliato, sbruffone dei miei stivali.

Poggiai le mie mani sul suo petto nudo e muscoloso, iniziando ad accarezzarlo in circolo, facendolo sussultare e sentendo sotto il mio tocco il battito accelerato del suo cuore che andava allo stesso ritmo del mio.

«E le tue sigarette fanno questo?» aggiunsi e mi abbassai per baciare ciò che pochi secondi prima stavo sfiorando con le dita, partii dal collo a lasciargli dei baci umidi, per poi passare alla clavicola e infine sul petto, iniziando a giocare con la lingua.

Sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi e stringerli con forza, il suo petto si alzava e abbassava velocemente e il suo respiro pesante mi colpiva, facendomi venire i brividi.

«Allora?» lo sollecitai tra un bacio e l'altro, volevo che mi rispondesse, ero curiosa di sapere cosa gli passasse per la testa.

«Mi stai torturando?» la sua voce uscì così roca che mi stupii che fosse per causa mia, per le mie carezze e per i miei baci sul suo corpo.

«Può darsi» risposi sorridendo e alzando gli occhi verso di lui che mi stava già fissando, stava osservando ogni mio minimo movimento, ogni mio bacio, ogni mio contatto con la sua pelle, in condizioni normali mi sarei vergognata da morire ma ora che il mio cervello era stato completamente fulminato non mi avrebbe fermato più nessuno.

«Eccitante» riuscì a dire quasi divertito, spostando le mani sulla mia schiena.

«Potrei smettere in qualunque momento» soffiai sulla sua pelle.

«Ti prego non farlo, mi servi per dimenticare questa giornata di merda»

«Ah quindi mi stai usando?» dissi, fingendomi offesa e rialzandomi dal suo corpo.

«Dove pensi di andare?» mi afferrò per i polsi e mi buttò schiena sul letto, sorrise e mi morse il labbro inferiore.

«Il tuo giocattolino non se ne va» risposi ghignando.

«Così mi piaci» e riprese a baciarmi con foga.

[Ameeeeen, accetto consigli e suggerimenti sensati ahaah]

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