[sedici: kill me]

OKEY.

+crudelia e librodipendente_ con amore.

+sto zitta.

Uscii da quella casa con la testa vuota, incapace di formulare un qualsiasi sorta di pensiero o mettere in atto un'azione, ad esempio respirare.

Avevo smesso di farlo tanto tempo prima, quando pensavo di morire seduta stante su quel tavolo.

E non per colpa di una malattia incurabile ma per colpa di un ragazzo bellissimo e misterioso, forse troppo.

Mi girava la testa e mi guardavo intorno spaesata, come se non conoscessi nè quella strada nè quella città, nè tanto meno me stessa.

Ero stata presa in giro tutto questo tempo?
Davvero avevo creduto ad ogni sua moina senza accorgermi che in realtà era tutta finzione?

Avrei voluto vivere in un film, con attori pagati per recitare la loro parte, perché tutto questo non sarebbe mai esistito realmente.

E invece, era tutto scritto sulla mia pelle e sul mio cuore, ormai intento a strapparsi in mille pezzi.

Tirai su col naso nel vano tentativo di trattenere le lacrime che iniziavano ad offuscare i miei occhi, ma tutto era inutile.

La strada era mezza deserta, nessun rumore di sottofondo, nessun rombo di macchina, eppure l'unica cosa che infangava l'aria erano i miei singhiozzi.

Mi trascinai a terra sul marciapiede e piansi a dirotto, proprio come una pioggia da cui non potevo sottrarmi, perché completamente alla sua mercè.

Restai in quello stato pietoso per qualche minuto o forse di più, non riuscivo a smettere di pensare che tutto ciò che avevo vissuto in questi sei mesi fosse una presa in giro.

I baci, i ti amo sussurrati all'orecchio e l'amore che facevamo era tutto finto, costruito alla perfezione.

Sentii il portone aprirsi alle mie spalle e dei passi veloci raggiungermi.

Non volevo che nessuno mi vedesse in quello stato anche se era inevitabile e non potevo impedirlo.

«Allora bionda come..» la voce allegra di Gaia si spense non appena mi guardò in faccia, con gli occhi rossi e il mascara colato sulle guance «oddio» si sedette al mio fianco e mi abbracciò, stringendomi per le spalle.

Fu inevitabile tornare a piangere di nuovo.

«Fai piangere anche me così, cosa ti ha detto quella per ridurti così? Guarda che prendo un macete, la faccio a pezzettini e la butto in mare» continuò con voce abbastanza seria che mi ammutolii per qualche secondo prima di scuotere la testa «non servirebbe a nulla tanto»

«Ehi ragazze, che state facendo così appiccicate?» anche il tono divertito di Chris si frantumò quando scorse le mie lacrime.

«Cosa è successo?» domandò, piegandosi sulle gambe per essere alla nostra stessa altezza.

«Lo so che non vuoi parlarne, ma devi farlo per buttare fuori il dolore» la mora mi accarezzò la testa e mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per farmi forza.

Annuii piano e deglutii prima di aprir bocca «lei ha detto tante di quelle cose, che non so da dove cominciare» la mia voce era così roca e bassa che stentai a riconoscerla.

«Vai con calma» mi consolò il riccio, accennando un sorriso.

«Sono stati insieme» spiegai, cercando di non ritornare a piangere «a lui piaceva, tanto che la portava a scuola in moto ed era geloso»

Vidi Chris aggrottare la fronte accigliato, per poi farmi segno di proseguire.

«L'ha portata alla sua casa al mare, in montagna, in collina, come una vera coppia di innamorati» mi interruppi, sentendo un brivido freddo attraversarmi la spina dorsale.

«Vai avanti» mi sostenne Gaia, in un sussurro, ancora abbracciata a me.

«Faceva scenate appena lei parlava con un altro»
«Beh, non ha perso il vizio almeno» commentò la mora, inarcando un sopracciglio.

«Lei non sa perché sia finita tra loro, ha detto che un giorno è sparito tutto e lei era distrutta» andai avanti, titubante e con la pelle d'oca.

«È stato un amore intenso secondo lei perché lui le aveva detto di..» iniziai, ma non riuscii a finire la frase, aprivo la bocca ma usciva solo aria fredda.

«Cosa le ha detto?» domandò con cautela la ragazza al mio fianco.

«Una cosa» sputai fuori in un soffio «che forse lui non provava davvero, per come poi si sono lasciati..»

Presi un lungo respiro prima di far uscire quelle parole quasi in un urlo disperato «ha detto che l'amava»

Quell'ultima frase ebbe il potere di annullare ogni respiro che fino a quel momento sentivo addosso.

Chris ritornò in piedi, senza proferire parola, forse queste cose lui le conosceva già, anche meglio di me.

«Quindi..cosa pensi?» domandò cauta Gaia, mettendosi le mani tra i capelli.

«Che mi sta prendendo in giro, mi aveva detto di non aver mai amato nessuno e invece»

«Da quel che ho capito, sembra che abbia un copione, il che è disgustoso ma non capisco perché ti abbia mentito su una cosa così importante» si infervorò lei, alzando il tono della voce.

«Dovresti parlarne con lui» sentenziò il riccio, rompendo il suo silenzio.

«Che intendi dire?» domandai perplessa.

«Che devi parlare con lui, nient'altro»

**

Ero davanti alla sua porta di casa, indecisa se suonare o sfondarla direttamente, tanto mi sarei fatta male in ogni caso.

Chiusi gli occhi e calciai un sasso immaginario, ma la mia scarpa colpì lo zerbino che andò a scontrarsi contro la porta.

Sbuffai e mi decisi a suonare quel bottoncino che spuntava dal muro: lo suonai una volta, e poi tante altre.

Non mi importava se avessi svegliato qualcuno, non mi importava di nulla.

Volevo vederlo subito e chiarire questa situazione schifosa in bilico tra la verità e la menzogna.

Avevo sempre odiato le bugie e non avrei permesso a nessuno di prendermi in giro così astutamente.

Sentii girare la chiave nella toppa e apparve un Niccolò a torso nudo, sudato e con un asciugamano intorno al collo.

Mi guardò sorpreso e accigliato, la sua espressione cambiava continuamente «meraviglia, non credevo che prima o poi saresti venuta a casa mia, eri impaziente di vedermi?» concluse ghignando come suo solito.

In questo momento lo stavo odiando, forse più di come lo odiassi un anno prima.

«Dobbiamo parlare» asserii seria e senza farmi distrarre dai suoi occhi maliziosi.

Senza aspettare un suo cenno superai la porta e mi voltai, incrociando le braccia.

Lui chiuse la porta e vi appoggiò la schiena «va bene, dimmi» ribattè, scocciato e rassegnato.

«I tuoi sono in casa?»
«No, sai che non ci sono quasi mai»

«Bene» annunciai sentendomi mancare le forze «vorrei che tu fossi sincero con me»

Inarcò un sopracciglio e aggrottò la fronte «che significa?»

«Tu mi ami davvero o è tutto finto?» sputai fuori, senza accorgermi di aver alzato la voce e che probabilmente da lì a poco, avremmo fatto uno spettacolino per tutto il palazzo.

«Per quale cazzo di motivo dovrei fingere di amarti?» rispose, livido in volto e con la mascella contratta.

Si stava arrabbiando, vedevo i suoi occhi scurirsi e il suo corpo irrigidirsi, ma non poteva immaginare come mi sentissi ferita io.

«Sono stata la prima a cui l'hai detto?» continuai, quasi sussurrando per la gola infiammata.

«Sì, lo sai, te l'ho già detto» rispose, cercando di avvicinarsi e forse farmi tranquillizzare tra le sue braccia ma mi scostai, non volevo toccarlo.

«Allora come mai una certa Pic mi ha detto che amavi anche lei?» strillai, sentivo il cuore uscirmi dal petto e le gambe tremare.

Non avrei sopportato una sua risposta positiva a quella domanda, non avrei sopportato che tra noi finisse senza sapere il perché.

Lui schioccò la lingua e scosse la testa «ci sei andata davvero»

Mi ammutolii e indietreggiai, finendo con le spalle al muro.

Non volevo sentire oltre, avevo paura della sua verità o bugia che fosse.

«Davvero, Alice, mi stupisci» alzò le spalle e iniziò a venirmi incontro, con passi lenti e studiati «non avrei mai pensato che tu non ti fidassi così tanto di me da andare a scavare nel mio passato»

Serrai le labbra e mi strinsi in me, la sua voce faceva paura, lui mi faceva paura.

«Pensavo saresti venuta da me, che sono il tuo ragazzo» fece una pausa e appoggiò le mani ai lati della mia testa «invece, sei andata da lei, senza sapere neanche cosa ci fosse veramente sotto»

Si staccò da me e andò a frugare in un cassetto nascosto, da cui tirò fuori una sigaretta e un accendino.

«Sono stato con lei per una scommessa e non la amavo, era tutto una presa per il culo, contenta?» ringhiò, buttandomi il fumo in faccia.

«E ti dirò di più, tutte quelle cazzate che ha detto sono false, gliel'ho detto io di dirtelo» soffiò, quasi ripugnante «mi hai stancato»

«Sei un bastardo» dalla mia bocca uscì solo questo, nient'altro.

Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli e io ci ero cascata con entrambe le gambe.

«Solo una cosa» disse, afferrandomi il polso con forza «perché adesso? Stiamo insieme da sei mesi, non pensi che ti avrei già mollata se non ti amassi? Non pensi che me ne sarei fregato di quelli che ci hanno provato? Non pensi che non avrei fatto nulla di ciò che ho fatto?»

«Non so più cosa pensare di te» ribattei dura, cercando di liberarmi dalla sua presa ferrea.

«Allora smettila di pensare, inizia a pensare solo a noi, dimenticati di tutto il resto»

«Non c'è più un noi, ormai» sussurrai, con voce strozzata e finalmente libera dalla sua mano.

Corsi per quei pochi metri fino ad arrivare all'unica via d'uscita, ma fui schiacciata tra la porta e il suo corpo.

Mi girò fino a farmi scontrare con la superficie fredda e avere il suo viso a pochi centimetri dal mio.

«Non ci provare neanche a lasciarmi» disse con voce dura, prima di sentirmi le sue mani addosso, le guance schiacciate tra le sue dita e le sue labbra sulle mie.

Era un bacio irruente, forte e arrabbiato, sembravamo due bocche che si stavano dilaniando a vicenda, fino ad uccidersi.

AH.

+non passate subito alle conclusioni, grazie

vi amo tanto
xoxo

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