[cinque: vivimi]

+scusate per il ritardo ma non ho avuto molto tempo da dedicare alle mie storie, per questo ne metterò in pausa qualcuna.
capisco chi si è alterato un po' perché ho abbandonato tutto e che quindi ha abbandonato a sua volta le mie storie.
ma questo non è un lavoro e non sono obbligata da nessuno, posso capire che chi legge si affeziona ma voglio ricordare che fuori ho una vita impegnata con l'università e altro.
buona lettura, spero vi piaccia comunque.
peace&love

++vi ricordo per chi non l'avesse letta, la one-shot su Alice e Niccolò pubblicata da LaStradaVersoUnSogno nel libro Scenes:determinazione.

Erano diverse ore che stavamo sdraiati a letto, a sfiorarci, tanto da pranzare alle due del pomeriggio arrangiandoci con un Mc menù ordinato all'ultimo, solo per il gusto di mangiare qualche schifezza insieme piuttosto che digiunare e stare ancora a letto come due malati.

Il tempo passava così velocemente che non ci rendemmo conto neanche che fosse quasi sera, e che lui doveva andarsene per evitare brutte figure.

«Passami la maglia» mi ripeté con voce annoiata per la centesima volta alzando gli occhi al cielo e sbuffando, mentre io lo guardavo compiaciuta e beandomi di quella vista per la milionesima volta.

Di lui non ne avevo mai abbastanza e questo mi spaventava.

«Alice, che facciamo se tua madre arriva e mi trova così?» affermò indicandosi e osservandomi di sottecchi, pronto ad esultare a un minimo mio cedimento.

Lo scrutai di nuovo assottigliando lo sguardo: aveva i jeans slacciati ed era senza maglia, la quale era prigioniera delle mie mani, e lo guardavo come se volessi mangiarlo.

Ma anche lui, il suo sguardo scuro, non era indifferente al fatto che fossi coperta solo da un leggero lenzuolo fino al petto.

Potevo leggere nei suoi occhi quanta poca voglia avesse di andarsene e lasciarmi da sola.

Respirai a fondo e chiusi gli occhi, mossa azzardata e pericolosa, poiché sentii il materasso muoversi e delle labbra morbide posarsi sulle mie.

Il mio cervello era partito di nuovo per la tangente, non capiva più niente ed eravamo e entrati nel nostro mondo isolato sulla mia nuvoletta dove tutto il resto contava zero.

Ma non come l'espressione di mia madre che vidi appena mi staccai da lui che era sceso con la mano ad accarezzarmi il petto sotto il lenzuolo.

Sbiancai e mi irrigidii come un sasso e lo stesso fece lui, ma l'imbarazzo e lo sgomento regnavano sovrani, in realtà avevo paura che mia madre svenisse o prendesse a bastonate il mio ragazzo, di cui lei non sapeva niente o quasi.

Lei tossì per smorzare la tensione e ci guardò seria «vestitevi per carità, non voglio sapere e vedere niente» e si richiuse la porta alle spalle, scomparendo veloce.

Pensavo di morire dopo aver trattenuto il respiro per così tanti secondi che quando respirai di nuovo mi sentii svuotata di ogni cosa.

«Merda» borbottò lui alzandosi velocemente e recuperando la maglia tra le mie mani e infilandosela «dici che mi farà uscire di casa vivo?»

Abbozzai un sorriso e annuii «non credo ti ammazzerebbe, ormai il danno è fatto»

Lui si corrucciò e mi guardò inespressivo «il danno saremmo noi?»

Annuii di nuovo e cercai una maglietta da indossare, scomparsa chissà dove «tanto la ramanzina la farà a me non a te»

«Mi sembra giusto» ridacchiò e si allacciò i jeans nervoso «io non ho fatto nulla»

Lo guardai alzando un sopracciglio e non credendo alle mie orecchie «sei tu che mi sei saltato addosso trenta secondi fa» puntualizzai con voce grave.

Lui si fermò e incrociò le braccia con aria seccata «vuoi dire che è colpa mia se ci ha beccati?» sospirò e si avvicinò puntandomi il dito contro «ti ricordo che eri tu quella che non voleva ridarmi la maglia»

«Adesso sarebbe colpa mia?» rincarai «sei stato tu a venire a casa mia e trascinarmi nel letto, e sei stato ancora tu stamattina a sbattermi contro la porta e fare quel cazzo che volevi senza chiedermi niente» conclusi sentendo le guance andare a fuoco.

«Lascia stare, non dovevo venire qua a romperti il cazzo vero?» si interruppe «dopotutto non sei la mia ragazza e devo chiederti il permesso di fare cose che vuoi anche tu?» sputò acido e minaccioso «ma ti senti quando parli?»

«Vaffanculo» urlai prima che potessi fermarmi e darmi uno schiaffo in testa.

«Bene, come vuoi, fatti viva quando la pazza in menopausa uscirà dal tuo corpo» prese in mano le sue cose e si avviò verso la porta della mia stanza.

Volevo parlare, dire qualcosa, fermarlo, ma le parole mi si erano bloccate in gola, un groppo inscioglibile.

E invece rimasi zitta, e lui con passi pesanti e con espressione seria scomparì dalla mia vista.

Mi sentii vuota, spezzata a metà, come se avessi perso qualcosa di così importante e così necessario alla mia vita.
Lui.

Di nuovo, nell'arco della stessa giornata, avevo sbagliato, mi ero lasciata trasportare dalla rabbia del momento senza pensare alle catastrofiche conseguenze.

E io senza di lui non ci potevo stare, non ci riuscivo, già mi mancava.

Sentii scendere qualcosa di caldo sulle guance, mi pulii gli occhi con le mani e andai in cucina ad affrontare Malefica, tanto peggio di così non poteva esserci nient'altro.

Trovai mia madre seduta in cucina che sfogliava un libro di ricette e appena mi sentì arrivare lo chiuse con un tonfo «e così era il tuo ragazzo quello?»

Chiusi gli occhi e respirai profondamente «in teoria, ma..»

Sorrise allegramente, stupendomi e bloccando le mie parole «eh brava la mia bambina, te lo sei scelto bene, è proprio carino» squittì con gli occhi a cuoricino.

Boccheggiai e risi nervosa cercando di farla tornare sulla terra «si, grazie, ma abbiamo litigato, di nuovo»

Lei fermò la sua eccitazione e mi guardò seria «tesoro, sei giovane, viviti questa storia, si vede che ci tiene a te, non far diventare le cose più complicate di quelle che sono» accarezzò con le dita la copertina del ricettario e poi tornò a guardarmi «vivi al massimo e non pensare, goditela finchè puoi, divertiti ma non soffrire già da ora»

Rimasi a bocca aperta e non potei che darle ragione ma, purtroppo, avevo già rovinato tutto, come sempre.

Ridacchiò e si coprì la bocca con il dorso della mano «certo, basta che non mi fate un nipotino, a tuo padre potrebbe venire un infarto e vorrà cacciare dalla faccia della terra chiunque sia stato»

Sorrisi più rilassata e mi sedetti sulla sedia, guardando in faccia la felicità in persona.

Alla fine, ero sempre io che complicavo le cose, ci tenevo troppo e pretendevo troppo.

Lui non era come gli altri, non aveva incorporate le istruzioni per essere un perfetto fidanzato, era lui e basta.

Non potevo basarmi sulle mie aspettative e sui miei desideri, dovevo accettarlo così come veniva, nel bene e nel male.

Dovevo viverlo a pieno, fino all'estremo e oltre ogni limite.

+++se volete leggere un'altra mia storia completa poiché è un unico capitolo vi segnalo Betta nel mio letto pubblicata sempre da me ma su un altro profilo che è questo sniffolibribad

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