Da cosa nasce cosa
Hai smesso di parlare.
Perché lo sai anche tu, come lo sanno tutti quelli che, sfidando la tua collera perenne, si ostinano a volerti bene.
Lo sa Minerva che tenta invano di intavolare con te discussioni infinite.
Lo sa Harry, che prova da anni a sussurrarti parole in grado di ringraziarti per avergli immolato l'intera esistenza, senza mai trovare il coraggio di farlo davanti alla tua freddezza.
Lo sapeva Albus, mentre provava a farti palesare a voce alta l'esistenza di un cuore che si dibatteva sotto le vesti nere.
E lo so io, che ti guardo in silenzio, mentre corri a nasconderti in un sotterraneo tanto tetro da riuscire a farti sentire al sicuro, dove, circondandoti di tenebre, riesci a sentire meno il tuo distacco dal resto del mondo.
Forse sei stato così infelice per così tanto tempo, da temere la felicità come qualcosa di cui rischiare di assuefarsi.
Forse temi te stesso, e quell'essere umano che sei riuscito ad abortire così bene e così a lungo da faticare tu stesso a riconoscerlo.
E forse temi anche me.
Temi il mio sorriso, le mie mani nervose, le mie labbra troppo inclini a lasciar uscire sentimenti, il mio mondo fatto di speranza, la mia ricerca di un raggio di sole.
Ti incammini in un corridoio illuminato dalle fiaccole, facendo ondeggiare il mantello al ritmo dei tuoi passi, che cercano di aiutarti a trovare l'ennesimo nascondiglio da un presente che fatichi ad affrontare.
Raggiungi la porta del tuo studio.
Sai che ti seguirò, che non ti abbandonerò al tuo nuovo silenzio.
E forse tutto questo ti piace, anche se fatichi ad ammetterlo.
Ti abbandoni sulla sedia che ti tiene compagnia da tante di quelle notti da non essere più in grado di contarle, mi punti negli occhi uno sguardo immobile.
Ti sorrido.
Tu lasci indugiare le iridi per un attimo sulle mani mani bianche che hai intrecciato su una pergamena sgualcita.
Sospiri.
Mi guardi.
«Mi dispiace, Hermione. Io... io non so se ne sono capace.»
Maledizione quanto vorrei correrti incontro. Quanto vorrei stringerti le braccia al collo, tanto da farti sentire, senza bisogno di tutte le mie parole inutili, quanto questo tuo mondo di silenzi riesca a rapirmi l'anima.
Quanto vorrei che tu lo sapessi.
Che lo sapessi e basta.
Sorrido, ancora.
Sorrido a te che resti fermo, incredulo di fronte a quello che sei riuscito a dirmi.
«Da cosa nasce cosa, Severus. Oggi pomeriggio sono riuscita a farti sdraiare su un prato pieno di sole. Domani chissà...»
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