Prologue

"Hai preso tutto, tesoro?" urla mia madre dal corridoio.

Piego l'ultimo paio di calzini e lo metto nella valigia,cerco di chiuderla, ma è così piena che faccio fatica.

"Sì mamma! Dammi solo un secondo" le urlo della camera mentre mi siedo sulla valigia.

Prendo la cerniera e chiudo la zip della valigia.

Finalmente! C'è l'ho fatta!

Trascino la valigia fin fuori casa con fatica.

"Tesoro sbrigati! Perderemo il treno!" dice mia madre sedendosi in auto nel posto di fianco al guidatore.

"Sé almeno papà mi desse una mano..." dico mettendola nel portabagagli.

"La nostra bambina cresce e deve imparare a cavarsela da sola" dice mio padre scompigliando i miei capelli.

"Quindi possiamo evitare queste carezze inopportune" chiudo il bagagliaio ed entro in auto.

"Dominique quante volte ti ho detto che questi pareri scurrili non si fanno" dice mia madre specchiandosi nel suo specchietto per il fard.

"Cara è già molto problematico per lei cambiare città ogni anno" dice mio padre mettendo in moto l'auto.

"Finalmente qualcuno che mi capisce" alzo gli occhi al cielo.

"Dominique!" mi riprende mia madre.

"Va bene...uff la smetto" guardo fuori dal finestrino la nostra casa diventare sempre più piccola.

Arriviamo in stazione portando con noi tutti i nostri enormi bagagli.

Soprattutto quelli della mamma.

Ne compra un sacco e poi si ripete sempre 'non ho niente da mettermi'.

"Il treno dovrebbe arrivare proprio...adesso" dice mio padre guardando le lancette del suo orologio da polso.

Il fischio del mezzo irrompe nella galleria.

Mio padre fa un'espressione compiaciuta, fiero della sua puntualità.

Alzo gli occhi al cielo prima di entrare nella carrozza.

"IN CARROZZA!" Urla il capo stazione fischiando dal suo odioso fischietto, proprio vicino al mio orecchio.

Lo copro con una mano per il dolore.

Il capo stazione continua ad urlare la stessa frase.

"IN CARROZZA!"

"EHI!...LO SAPPIAMO TACI UN PÒ" Gli urlo prima di sparire nello stretto corridoio della carrozza.

Lui mi guarda con faccia accigliata.

Camminiamo in cerca di una cabina vuota.

Ne apro una e vedo una coppia nell'intento di baciarsi.

Arrosisco violentemente.

"Dominique!" mi riprende mia madre che ha visto tutta la scena.

"Ehm scusate" dico imbarazzata. Chiudo le porte e scappo via.

"Quando imparerai a bussare prima di aprire, dimmelo" dice mia madre seria.

"Ma non è mica un bagno, mamma!" le dico inarcando un sopracciglio.

"Trovata! Venite qui!" ci avvisa mio padre entrando in una cabina poco distante da noi.

Entriamo poco dopo e la prima cosa che faccio e lanciare sulla poltrona le mie valigie.

"Esistono gli scaffali, tesoro!" dice scherzoso mio padre.

"Già, ma le ha occupate tutte mamma" rivolgo lo sguardo prima a lui e poi a lei.

Mi siedo di fronte a loro guardando fuori al finestrino.

Un uomo in divisa entra in cabina chiedendo dei biglietti. Guardandolo bene riconosco la sua brutta faccia di quanto gridava prima.

Mio padre gli porge i tre biglietti per Parigi.

"Avete proprio una figlia educata" dice sarcastico.

"Con la sua voce può vincere i campionati per chi ha le sirene più forti" dico con il suo stesso tono.

"Dominique Bloraville! Chiedi subito scusa a quest'uomo!" mi rimprovera mia madre.

Sbuffo "Scusi" dico distogliendo lo sguardo dall'uomo in divisa.

Lui annuisce e ci augura buon viaggio.

"Speriamo che qualcuno gli faccia uno sgambetto con i fiocchi" dico guardando fuori dal finestrino.

Sento delle risate soffocate da mio padre, ma una gomitata di mia madre lo fa subito smettere.

Io sorrido prima di osservare l'orizzonte che pian piano sparisce diventando sempre più veloce dandone di nuovi.

Questa è la mia vita, un continuo spostamento da un paese all'altro perché i miei sono sempre in viaggio di lavoro e d io sono costretta a seguirli come un cane.

Mi chiamo Dominique Bloraville, una ragazza sempliciotta dell'Italia quindicenne e stufa dei nuovi cambiamenti.

Questa volta sarà Parigi a tenermi per un pò fin quando i miei non mi diranno 'È il momento di traslocare' o 'tesoro ho avuto la promozione. Possiamo traslocare'.

Come se a me piacesse tutto questo.

Spero solo che questa volta sia diverso.

Mi ricordo due anni fà a New York nel quartiere di Little Italy, un vero schifo. Non facevi in tempo a correre che venivi colpito a suon di proiettili perché eri antipatico a qualche famiglia.

Prendo una delle mie tante ciocche di capelli ricci e inizio a giocarci. Infilando il dito indice tra gli spazi vuoti e attorcigiandolo.

Con la coda dell'occhio guardo i miei genitori, mia madre legge una rivista di moda, mio padre parla al cellulare.

Come al suo solito.

Il treno inizia a rallentare e poi si ferma.

"Siamo arrivati!" chiude la rivista e si alza per andare nel corridoio e vedere dal finestrone dove siamo.

"Mamma ti prego, siamo partiti trenta minuti fà. Abbiamo due giorni interi da passare qui" dico facendo gesti con le mani.

"Per lo meno ti è rimasta qualcosa di geografia" si risiede e prende la rivista.

Mi mordo la parte interna della mia bocca con i denti per non risponderle.

"Perché non abbiamo preso l'aereo?" sbuffo.

"Perché tua madre pensava che il viaggio in treno fosse stato più tranquillo rispetto all'aereo" s'intromette mio padre.

"Già ma chi soffre di mal d'aereo? Io e sono sempre io a prendere quelle dannate pillole per dormire e devono per forza essere accompagnate da un alcolico" dice stizzita.

"E chi si dimentica di quel viaggio a Londra dove hai bevuto sei calici di champagne...e non riuscivi nemmeno a prendere il cellulare che ridevi come una matta" scoppio a ridere ricordando di quel momento esilerante.

Scoppia in una risata fragorosa anche mio padre mentre mia madre ci lincia con lo sguardo.

"Sarà un viaggio lungo" dice mia madre tornando a sfogliare la sua rivista.




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