~Capitolo 10🍃

Da questo profondo momento di incoscienza, perdendo la mia vista tra i palazzi all'orizzonte.

Un primo raggio di sole, caldo è accogliente senza l'inizio di un nuovo giorno.

Le ombre allungate degli edifici al primo raggio rendono questa città ancora più bella e romantica.

Sarà meglio tornare a casa, potrebbe vedermi qualcuno e pensare che io sia un malvivente o un ladro, infatti indossando la maschera ciò non aiuta quindi sarà meglio sbrigarsi.

Lancio il nastro blu al cornicione più vicino venendo tirata da lui come una molla facendomi accarezzare il viso dalla brezza di prima mattina, fresca e rilassante.

Arrivo sul tetto iniziando a correre verso la via del ritorno a casa.

Tra balzi e corse ad alta velocità, cosa mai fatta prima di oggi mi ga reso molto stanca e debole.

Ho le gambe estremamente pesanti.

Ma non posso fermarmi nel mezzo FI una corsa facendomi vedere dalla gente.

Per recuperare terreno alzo il braccio più in alto che posso e lo stendo subito dopo in avanti procurando un elasticità maggiore nel nastro.

Si aggancia ad un palo della luce non molto lontano da qui.

Prima di lasciarmi andare tiro di picco il nastro rendendo più veloce il suo processo nel tornare nella forma normale.

Esso tira più forte quando con un balzo lascio il terreno sottostante mi porta via con sé facendomi volteggiare un paio di volte vicino al palo fino a staccarsi del tutto portando l'altro nastro ad un altro appoggio molto più lontano e resistente.

Ormai vicino casa, l'usare i nastri non serve più e rimane soltanto correre e balzare di qua e di là.

Ormai il sole sta pian piano per uscire allo scoperto oltre le colline all'orizzonte.

Con un ultimo balzo torno sulla piccola veranda e scendendo i cigolanti scalini arrugginiti, oltrepassando la finestra a botola torni in stanza richiudendola alle mie spalle subito dopo aver toccato terra.

Con affanno e stanchezza nelle gambe e nelle braccia per aver supportato il peso del mio corpo durante l'uso dei nastri mi appoggio al muro strisciando a terra lentamente fino a sentire il pavimento freddo toccare la pelle e le ginocchia al petto.

Chiudo gli occhi istintivamente abbandonando del tutto le forze nelle braccia.

A risvegliarmi dal mio stato di spossatezza è la giovane gatta che si struscia preoccupata sulla coscia.

"C-cosa ci fai ancora sveglia?" le dico sforzando il braccio ad accarezzarle il pelo nero e setoso, la sento fare le fusa.

"Credo tu abbia molta fame non è così?" ovviamente un gatto non si struscia sul suo padrone senza un motivo ben preciso se non per dar fastidio nei momenti meno opportuni.

Un momento...padrone? Io non sono il suo padrone, ma quella testa calda di Edrien.

Sono giorni che rimane qui a casa mia ed io non riesco ancora spiegarmi il perché, ha una casa stupenda, un ragazzo bellissimo che le vuole bene, tanto cibo, tanto lusso...

Allora cosa gli manca?

La gatta si struscia ancora ma senza ricevere nessuna carezza da me per il troppo sforzo.

Così con un agile balzo salta sul suo petto accocolandosi sul suo seno.

Ho capito ora!

Gli mancano sicuramente le coccole, le attenzioni che ogni gatto vorrebbe.

La gatta si mette a pancia in giù giocando con un mio riccio fuori posto.

Prendo tutte le forze che mi rimangono ancora e l'abbraccio con tutto l'amore che le si può dare strusciando una guancia sulla sua testolina morbida e pelosa.

Trovando una posizione comoda: braccia intracciate nel corpo sinuoso di Marinette e la testa poggiata delicatamente sulla sua schiena sento già che anche le forze di rimanere ad occhi aperti stanno svanendo.

Chiudo gli occhi pensando alla morbidezza della gatta fino ad addormentarmi.

**

Chat Strié's P.O.V

Nel modo in cui usa quei nastri color della notte è davvero strabiliante,l'eleganza con cui salta non l'ho mai vista da nessun'altra parte, il suo costume blu sembra una seconda pelle sul suo corpo.

Eccola che usa ancora il suo nastro.

Si muove agile nel vento.

E devo davvero dirlo è così agile, quanto bella.

Anche se la maschera ricopre gran parte del viso, i suoi lineamenti sottili e delicati la rendono intoccabile, fragile nello sfiorarla.

Il seguirla balzando da un tetto all'altro per sapere dove è diretta ne è tanta, ma questa città purtroppo non si salva mica da sola.

La vedo svanire in lontananza dopo svariati edifici alti.

Eppure quella ragazza non l'ho mai vista prima d'ora qui a Parigi, ma se pensa di poter distruggere o salvare questa città, si sbaglia di grosso, qui ci sono ruoli già occupati da entrambe le parti.

Però non credo che con quel viso d'angelo riesca a rapinare una banca.

Per il momento non posso far niente finché non accadrà qualcosa.

Ora è il momento di pattugliare la città, non ho molto tempo.

Con agile balzo verso il vuoto, mi aggrappo con le unghie sul lato destro dell'edificio lasciando graffi sui mattoni colorati di bianco, mantenendo i piedi ben saldati al muro pronto per balzare sull'edificio di fronte.

**

Apro a fatica un occhio per capire il perché la posizione eta diventa scomoda.

La gatta ormai non c'è più ed io sono con la fronte sulle ginocchia, usate come appoggio comodo, che in questo caso si rivela il più scomodo di tutti.

Mi alzo titubante, sentendo la bocca impastata dal sonno e le palpebre pesanti che minacciano di chiudersi di nuovo.

Vado nel bagno pronta a ridare vita a questo pallido viso con dell'acqua gelato e spazzolando i denti per togliere il sapore della giornata passate a dormire scomoda.

Alzo lo sguardo dritto sullo specchio notando dal mio collo coperto da un tessuto nero e blu che sono ancora in costume.

Sbadigliando avidamente ritorno in stanza spogliandomi, spero di non averlo rovinato come faccio al mio solito su vari vestiti e oggetti.

Tolto il vestito e posandolo delicatamente al manichino guardandolo con occhio critico se ci fosse qualche intoppo.

Mi rendo conto che manca un dettaglio importa al costume: la maschera.

Spostando gli occhi sui vari ripiani e angoli della stanza sento dei miagolii al quanyo nervosi dalla gatta lontana qualche metro da me.

La guarda per sapere cosa le da tanto fastidio, quando noto che con curiosità essa muove le zampette sulla maschera blu e nera.

Avvicinatosi il muso essa si rialza avendo gli occhi ricoperti dal materiale blu e nero.

Muove il viso infastidita e quasi accigliata non riuscendo a togliersela dal musetto aggraziato.

Dalla mia bocca non possono far altro che uscire risate soffocate.

"Aspetta fatti aiutare gattina dispettosa" mi avvicino a lei piegandomi sulle ginocchia e togliendo delicatamente la maschera.

Mi guarda e poi miagola come per ringraziarmi e dopo riprende con la sua camminata da gatta viziatella e altezzosa.

"Chissà che ore saranno" dico tra me e me curiosa.

Vado nella grande cucina per leggere l'orario all'orologio visto che ho rotto quello di vetro nella mia stanza.

" le 11:47" dico sorseggiando tranquillamente dell'acqua presa in frigo.

Ripensando all'orario...sgrano gli occhi e sputo l'acqua dalla bocca bagnando di poco Marinette che passava vicino le mia gambe in cerca di latte.

"Dovevo essere a casa di Shax circa tre ore fà!" dico facendomi assalire dal panico.

"Marinette doveva tornare a casa, io dovevo iniziare a studiare francese con lui!" dico passandomi le mani tra i ricci accarezzando nervosamente il cuoio capelluto.

Cerco di tranquillizzarmi inspirando dal naso ed espirando dalla bocca.

"In fondo..." guardo l'orologio pregando di poter tornare indietro di tre ore con la forza del pensiero.

"Un giorno di relax non può nuocere a nessuno, giusto?" guardo la gatta che non stacca gli occhi da me con espressione accigliata.

"Perdonami Marinette" mi piego sulle mie ginocchia accarezzandole delicatamente la testa morbida.

La prendo in braccio portandola in bagno per asciugarla con un asciugamano.

La poggio a terra sperando che non rimanga ancora con il broncio.

Pensandoci io sono completamente nuda e vado in giro per casa così!

Divento rossa in viso per la vergogna.

"T-tanto vale farsi una doccia" chiudo la porta del bagno aprendo il rubinetto dell'acqua togliendo via quest'ansia di dosso.

Uscita dal bagno fresca, pulita e profumata, ovviamente senza ancora o vestiti.

Santo cielo...

Entro in camera mia pensando già a cosa mettere addosso. Qualcosa di fresco, largo, molto largo che mi faccia stare comoda.

Apro l'armadio con decisione sperando di soddisfare il mio desiderio, ma aprendolo noto solo quanto possa fare pena il mio armadio.

Rimango a guardarlo delusa in cerca di una soluzione possibile, immaginandomi di sbattere con la fronte sull'anta dell'armadio sul perché non avessi maglie o camice larghissime da indossare.

Nel frattempo mi metto su le mutandine e aggancio il reggiseno bianco a fiori rosa addosso.

Mi siedo a terra aprendo bocca solo per emettere lamenti poco belli per l'udito.

"Quando i miei servono non ci sono mai...ma che dico, i miei genitori non ci sono in qualunque caso" dico fiondandomi con la testa tra i vestiti appoggiandola su una pila di maglie piegate.

"Un attimo..." mi rialzo di scatto.

"I miei non ci saranno, ma hanno anche lasciato qui il loro guardaroba" mi alzo chiudendo le ante dell'armadio con forza correndo nella stanza ancora non vista dei miei.

Apro la porte della camera da letto ed una luce chiara ed accogliente cattura e addolcisce lo sguardo sul colorito della loro fantastica camera color panna, ornata da mobili bianchi in legno, armadi con specchi bianchi luccicanti e muri color grigio perla, un camera classica, con qualcosa di moderno.

Vado sul sicuro guardando nell'armadio di mio padre.

Scorro verso il lato destro l'anta mobile adocchiando già un mucchio di camice bianche e blu che usa spesso durante le giornate di lavoro.

Ne prendo una bianca infilandola subito sentendo l'orlo arrivare alle cosce e solleticarle.

"Ora va decisamente meglio" faccio strisciare l'anta lungo la cerniera di metallo chiudendola del tutto.

Dopo aver chiuso la stanza dei miei cammino per il grande e isolato corridoio sentendo la gatta miagolare molto più spesso del solito proveniente dal soggiorno.

"Marinette cosa stai combinando?"

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