2 Capitolo
Lingua dei segni
Il suono irritante della sveglia mi butta giù dal letto caldo. Ma non appena mi ricordo che giorno è filo subito in bagno mi preparo, e lego i capelli in due pratiche trecce, mi affretto in cucina dove Wendy mi sta già aspettando.
"Ben svegliata cugina! Sei pronta per oggi?" mi chiede non appena mi siedo.
"Wendy! Fammi fare colazione e poi ti dico! Comunque sì, sono nata pronta!" rispondo prima di sorseggiare la mia cioccolata calda con i pan di stelle.
"Stai tranquilla, Elisa. Non devi mica correre per la gara dei cento metri" scherza lei. Sorrido, ha ragione. Finisco di fare colazione e mi avvio.
Arrivo in perfetto orario, e incontro la ragazza che mi aveva dato la divisa. "Ciao" dico educatamente e lei ricambia il saluto con la lingua dei segni. Realizzo che è muta, per cui sempre nello stesso modo le chiedo "Come ti chiami?" "Sono Lucia, in realtà non sono del tutto muta ma ho difficoltà a parlare, quindi mi esprimo con la lingua dei segni. Mi dispiace per il <<novellina>> ma qui da noi, è abbastanza... normale." mi dice, io sono un po' perplessa e quindi le chiedo
"In che senso normale?"e lei mi risponde così: "Quando entriamo per la prima volta veniamo tutti etichettati come novellini. Me compresa anche se è stato più di 5 anni fa." Ah, ecco. Adesso tutto torna, annuisco semplicemente e la saluto con un cenno della testa prima di andare a cambiarmi per trovarmi con Gyol sul posto del delitto.
Arriviamo e c'è un'enorme pozza di sangue, Gyol mi mostra una trentina di proiettili estratti dalla vittima e quasi svengo: sono tutti imbrattati di sangue. "Che ne pensi Thyol? Non sappiamo chi sia stato a sparare perché non c'erano nemmeno telecamere" mi comunica lui sempre nel suo solito modo freddo e strafottente, giuro che lo prenderei a schiaffi ma non è né il momento né il luogo.
"Una trentina di proiettili mi sembra troppo per una solo persona, saranno state almeno due o tre a morire" rispondo pacata e sicura di me, mentre lui mi fissa con occhi sbarrati. Evidentemente non si aspettava che una ragazza come me lo avrebbe capito così in fretta. Si riscuote subito e conferma le mie parole. "Infatti sono state tre persone a morire, più precisamente due uomini e una ragazza di diciassette anni." Quasi cado per terra, ha veramente detto diciassette anni!? Povera ragazza. Spero riposi in pace.
"Ma non è tutto." Aggrotto le sopracciglia, c'è dell'altro? Poi mi porge un sacchetto e un foglietto con quella che sembra una poesia inventata sulla base di Miguel Hernández sulla guerra.
La leggo e per poco non ho un attacco di panico: era la stessa poesia che mi leggeva mia mamma da ragazza! Ma com'è possibile? Per accertarmene leggo le seguenti righe:
©️ Mala Voluntad
En la mala voluntad, las
emociones no exisisten.
Tienes una guerra y debes
ganar por tu patria.
Casi te gusta la muerte
de los niños y sus madres.
No te importa de la suferencia
que puedes provocar en ellas
Caen las bombas y no importa
quien muere.
Guerra es sangre y casi tienes la victoria.
E invece è proprio lei. "Cattiva volontà"
"Allora? Hai compreso il testo!?" mi chiede Gyol riscuotendomi dalla trance in cui ero caduta. "Sì, conosco lo spagnolo, mia madre era spagnola. È una poesia sulla guerra, inventata sulla base del testo di Miguel Hernández "Tristeza" che conosco a memoria. Probabilmente l'autore o gli autori la conoscono anche loro. Era abbastanza popolare quando io ero bambina. E la scrittura mi è familiare." Rispondo educatamente al contrario di lui che è sempre brusco.
"Bene, probabilmente conosci anche chi l'ha scritta per la prima volta." afferma lui. Peccato che non sia così semplice. L'autore o l'autrice è anonimo.
"In realtà no. Non lo conosco perché ha sempre usato l'anonimato. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere anche una donna"
"E siamo di nuovo al punto di partenza. Ma come mai hai detto che conosci questa poesia se non sai nemmeno chi l'ha scritta!?" mi chiede quasi irritato, come se fosse colpa mia.
"Non sono qui per discutere Gyol. Muoviamoci e basta. Abbiamo altro a cui pensare" lui annuisce e basta, probabilmente ha capito che è meglio non farmi incazzare.
Ritorniamo entrambi in ufficio, in questi giorni dovremo andare nell'obitorio dell'ospedale in cui si trovano le vittime per scoprire se c'è altro.
Di Gaia ancora nulla, odio quando mi ignora, lo fa apposta per farmi arrabbiare di proposito. Ma non le scriverò tanto presto.
Però sicuramente mia cugina può aiutarmi con i contatti che ha. Spero vada tutto bene. Altrimenti potrei andare fuori di testa, se non lo sono già.
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