CAPITOLO 8
"Giugno ah. Già Giugno? Io sto tipo ferma a fine Marzo."
Elena tra sé e sé diceva questo. Si auspicava che nessuno la stesse sentendo perché sicuramente l'avrebbero rotta le scatole.
Nessuno si rese conto di ciò che le accadeva intorno, per loro in famiglia sembrava normalissima.
Solo Marco ed i suoi amici stretti sapevano il veleno che Elena stava passando, lei era brava a nascondere le sue reali sensazioni, era un'ottima attrice.
Povera Elena!
È vero lei non dava adito a sospetti nei suoi riguardi, sembrava di ghiaccio. Studiava tantissimo e cercava di rilassarsi giocando a Subway Surf o ad HayDay, ammazzava il tempo, senza aprire telegram e ricadere nel vortice di vedere l'ultimo accesso di Vito, che logicamente non usciva.
Beh tutto normale, era una bomba a orologeria, era da agitare con cautela, a breve sarebbe potuta esplodere.
Aveva nuovamente improvvisi scatti d'irà nei riguardi di sua madre e nulla poteva più tornare come prima. Per tutti era come prima, per la ragazza no, nulla era come prima, se ci fosse stato Vito sarebbe stato come prima.
Se non fosse stato figlio di Aldo Mariani sarebbe potuto essere il suo fidanzato. Non era possibile, non era normale. Solo che col cavolo che sta povera ragazza riusciva ad andare avanti, non era logico. Restava ancorata al passato, cercando una risposta che non c'era.
Per i suoi da Marzo eran passati 3 mesi, ovviamente mica sapevano che aveva combinato un mese prima? Ehm no ovvia conclusione. Povera.
Lei si chiedeva ancora se Vito l'amasse nonostante tutto, se la odiasse, se avesse pensato il reale motivo del suo essere stato bloccato, se l'aveva compresa. Si chiedeva se ne avesse soprattutto parlato col padre.
In uno dei sui macabri pensieri, cercó di immaginare cosa sarebbe successo in casa Mariani o comunque cosa avrebbe potuto fare Vito. Pensò che questi stesse per parlare con suo padre nel momento in cui andò a trovarlo.
Immaginó la tipica casa di camorrista, grandissima e a più piani. Logicamente non ne aveva mai vista una dal vivo, però in quanto a fantasia e serie tv ne aveva viste di molte. Infatti l'aveva immaginata un misto tra la Casa di Don Salvatore Ricci, il boss in Mare Fuori, tutta dipinta di rosso con quadri di ogni genere.
Non solo, aveva immaginato che questa fosse come il quadro di Matisse "La Stanza Rossa", praticamente con le mura tutte rosse con qualcosa di blu. Insomma non era solo così. Immaginó che questo possedesse dei quadri originali, uno era "La Natività "del Caravaggio, altro invece era" Il Giudizio Universale" di Michelangelo.
Il pavimento era tutto di parquet marrone, simile a quello di uno studio di commercialisti.
Al muro c'erano anche iscrizioni a tratto storico:"Colpirne uno per educarne cento", "Occhio per occhio dente per dente" e la frase celebre mussoliniana:"Vincere, e vinceremo."
La casa aveva colonne all'interno, come le ville imperiali, insomma era bellissima. Ma per Vito una casa così sarebbe stata orrenda, lui era semplice, onesto e soprattutto pulito.
Gli faceva ribrezzo tutto quel rosso e quel lusso eccelso. Appena prima che entrassero tutti e tre il padre parlò con i Bonetti e gli diede un cenno, per fargli capire che dovevano andare via, perché erano giunti i familiari.
I due Bonetti e Gennaro Barone erano le due colonne portanti del clan.
I Bonetti, Stefano e Daniele erano i due capoclan. Barone era l'emissario, quello che portava la droga.
Quella mattina avevano i due fratelli indossavano jeans stracciati e delle polo rosse e nere con dei draghi in petto, simbolo della Cina. Apparivano giovani i due nonostante avessero una certa età, erano sulla 60ina i due fratelli. Erano due brutti, ma di brutti veri. Avevano i capelli bianchi e gli occhi incavati, sembravano folli solo a guardarli negli occhi. Ti incutevano terrore. Stefano sembrava più buono ma non c'era da fidarsi, era quello più sanguinario,infatti lo chiamavano "o Sanguinarij".
Più giovani erano Barone e il padre di Vito.
Barone aveva 30 anni, lui era un bel ragazzo, alto e molto magro. Aveva gli occhi chiari ed i capelli lunghi legati col codino, molti tatuaggi sul braccio, il più significativo era un diamante luccicante con un coltello vicino.
Gli ricordava ciò che avevano fatto i Bonetti per lui. Ovvero lo avevano salvato da morte certa dato il suo vizio di giocare al lotto e a poker.
Infatti il diamante era lui, che era stato salvato dai Bonetti che invece erano il coltello. I due uomini furono uccisi dai Bonetti appunto, per sgarri finanziari e per mancata fedeltà al Clan. Volevano essere indipendenti ed autonomi. Per questo pagarono con la morte.
Aveva molti orecchini ad entrambe le orecchie logicamente. Di quello non bisognava avere paura, ma bisognava starci alla larga era comunque un narcotrafficante e quindi persona poco raccomandabile.
Mariani era la manovalanza, quello di cui si servivano i Bonetti per il narcotraffico all'estero.
Da mettere in chiaro più di tutto fu che Mariani era "o uaglion re Bonetti, ovvero un adepto assoldato per trasportare la droga e varie forme di intimidazione.
Non un santo ovviamente, ma un pesce piccolo rispetto ai Bonetti."
Aldo Mariani, alto, occhi castani, baffi e barba lunghissima, parev nu filosofo, del male però. Aveva denti storti, insomma non era un bel vedere, rispetto a Vito, che era stupendo, aveva decisamente preso dalla madre lui.
Era abbastanza casual, aveva un look decisamente giovanile, strano per un 43enne.
Aveva tatuaggi per tutto il corpo, indossava jeans strappati ed una camicia beije completamente aperta all'altezza del petto dal quale si lasciava intravedere la sua collana d'oro con una Madonna gigantesca sotto, come ciondolo.
Era anche cattolico, uno così, con metodi deontologici e poco ortodossi, era fantascienza.
Ascoltava la musica classica e stava fiero sul divano penisola dorato, con la Medusa di Versace, che si trovava praticamente in mezzo alla stanza.
La stanza era molto grande aveva lampadari imperiali tipici della Reggia di Versailles e degli spazi completamente enormi.
Qui seduto sul divano e sorseggiando un caffè, accolse i restanti membri per completare la famiglia Mariani. Vito intravide il quadro del Napoli sulla parete, qui pensó ad Elena, gli mancò il fiato, per un attimo. Il padre decise di parlare un pó con i figli, perché ovviamente non li vedeva dal mese precedente.
Notò subito che Ettore stava bene, era felice di vederlo, era pur sempre suo padre.
Era vestito con una maglia DSquared Nera ed un cappello della Nike, con i Jeans blu scuri e la solita cinta GG, che aveva identica a quella della madre e del fratello maggiore.
Gli raccontó tantissime cose fatte a scuola e tante iniziative belle che aveva pensato per rendere la sua scuola migliore, si era candidato a rappresentante di classe, ebbe un pó di gloria, o piccerill ra famiglia. Parlarono come se fossero stati due amici.
Con Vito, il primo figlio, non funzionava assolutamente così. Vito, che indossava una maglietta con lo stemma della Nike nera, jeans stretti, cintura Moschino e le Nike Jordan bianche. Non aveva fatto la barba perché stava male, psicologicamente distrutto.
Però era bello lo stesso, sembrava quasi suo padre in quel momento, solamente per la barba. Non doveva paragonarsi a quella persona.
Per lui fu complicato imbastire un discorso col padre, lo odiava a morte.
Lo odiava per quello che gli aveva fatto rivivere nel periodo infantile, per ciò che aveva fatto alla madre e a suo fratello, ma soprattutto per l'ultima infamata.
GLI AVEVA INDIRETTAMENTE TOLTO ELENA. ERA COLPA SUA SE NON POTEVA AVERLA.
Infatti il padre, per circostanza probabilmente, sperava di instaurare un dialogo con Vito come fece con Ettore qualche minuto prima.
Infatti gli chiese:"Come va, tutto bene a papà?" "Allor?" "hai fatto qualche conquista, dimmi." "L'università? Me è purtat cocc 30?"
Il giovane per quanto odiasse il suo essere, era appunto già provato e gli rispose giusto per, era educato.
"ehm tutto apposto." "L'università va benissimo, di 30 ne ho portato qualcuno, 1 o 2,manco me lo ricordo."
"poi con le ragazze, ho chiuso. Basta, papà. Cambiamo argomento che è meglio".
"Lo sai con me puoi parlare, che è successo? " disse il padre cercando di capire cosa avesse.
Contando fino a 10, per pensare a cosa dirgli e per non essere "ammazzato in pubblica piazza" poi decise di rispondergli.
"Lo so, ma sono io a non voler parlare. Con te non ho nulla a che fare, con me o ci stai sempre o niente, te lo dissi già a Febbraio, te lo dico di nuovo."
"Sí, m'ho dicist già, m arricord. Ma ij song patet, nu può cagnà pat, si nu Mariani e e fa chell c dic ij. Cummic e parlà. Che è succiess? Parl. Parl."
Vito non voleva, ma parlò, gli disse tutto. Ebbe leggermente paura, forse voleva pure liberarsi. Con la persona sbagliata, però.
Il padre commentó:"Azz a papà, ti ira truat a na uagliuncella scetat. E capit. E capit, che bella uaglion, bella veramente."
Vito terrorizzato da suo padre gli disse tempestivamente: "Papà che stai pensando...? Che vuoi fare, lasciala stare, anzi lasciali stare, mi ha fatto star male, ma non è giusto che paghi, lascia stare. Non ti permettere di toccarla. Non toccare nemmeno la sua famiglia, lascia stare, lascia perdere. Ti prego. Ti prego. " Aggiunse stizzito: "Io volevo dirti solo questo. HAI CAPITO CHE NON PUÒ STARE CON ME PER COLPA TUA????. MI HAI ROVINATO LA VITA, T SCHIF. MI PICCHIAVI, PICCHIAVI A ETTORE E A MAMMA SOPRATTUTTO, FAI SCHIFO, SEI UNA MERDA.
MI VERGOGNO DI ESSERE TUO FIGLIO. PER COLPA TUA MANCO IL MAGISTRATO POSSO FARE, MI FAI SCHIFO, SI PROPRIO NU RIAVUL. SI NA MMERD".
Disse queste cose in un napoletano orribile, Vito come Elena mal sopportava il dialetto napoletano e quindi non lo parlava abitualmente, poiché non sapeva parlarlo.
Disse il padre: "Nun t preoccupà, c t crir. Tranquillo. Nun voglio fa niente. Song cagnat a papà." Vito lo guardava strano, spaventato, non capiva dove volesse arrivare, che volesse fare. Zitto non parlò e continuó il padre.
"T vulev sul dicere. Tutto questo pe na femmn. Na femmn. E che sei diventato, m par nu scem. P chest. Allor staij accis proprij. È bellel, ma s'ammert tutto stu durol c tien?
Ma e capit ca ammarcava a essere a contess ro c...
E capit è inutile ca continuo no...? Oh Vito e capit? Chest nun è pe tte. Tu nun vai buon p ess e ess nun va bon pe tte. Ehhh jamm ja. Gesù, maronn.".
Aggiunse tirando in ballo la madre dei ragazzi: "Teré nuij nu figli buon nun o tenimm proprij. Uno non è buon e nat nu serv."
La madre ascoltava da lontano, poi entró in salone e disse:"Aldo lascialo stare, è nu brav uaglione e poi nun o sfruculià ca chist t fa male, sta nervus, o putess fà."
"La ragazza gli voleva bene!
Solo che è stata costretta dai suoi genitori, non lo ha fatto di sua volontà.
Quel messaggio ha fatto piangere tutti, anche a me, Elena gli voleva bene, sarà successo qualcosa sicuramente, non usciva di testa improvvisamente, sta povera uaglion. Pó nu me tuccà a Ettore, lascialo stare".
"Mo ragazzi andiamocene forza. Ettore aizt a cca'ncopp e vien, amma ij a casa."
Elena nei suoi momenti di distrazione immaginava tutta la conversazione. Immaginava boh queste cose. Soprattutto che il signor Mariani l'avrebbe maledetta, infatti in un angolo del cuore le sentiva le bestemmie e i cattivi pensieri che questo aveva per lei e la sua famiglia.
Non seppe mai realmente le vere impressioni di Vito, le vere reazioni e tutto quello che realmente successe. Era brava ad immaginare le cose, avrebbe potuto scrivere mille libri con la fantasia che aveva.
Non riusciva a calmarsi a pensare a Vito. Era una calamita. Lei lo amava ancora che poteva farci? Eh va beh. Non voleva dimenticarlo. Lo amava, sí tantissimo.
Sarebbe stata pronta a tutto per lei, sarebbe scappata da Napoli per lui, con lui, per non essere trovati, per non morire, se era questa la sua paura.
Avrebbe voluto vivere col suo Vito in luogo dove nessuno li conosceva e sapeva la loro vicenda familiare.
Lei si sarebbe sacrificata, però solo ad un'unica condizione, se al suo fianco ci fosse stato lui.
Mentre pensava, studiava e cercava di rilassarsi. Le era parecchio difficile, ma ci provó. Spesso si perdeva nel vuoto a pensare a lui, a quello che sarebbe stato. Lei era ancora innamorata di lui. Come probabilmente lo era lui, però questo non lo so sapeva e saprà mai.
Ecco che per sfogo continuó a parlare con Marco del suo stato d'animo misto tra frustrazione, depressione, desiderio represso e altri. Avrebbe voluto uccidere Aldo Mariani ma non era lucida, sapeva che sarebbe addirittura morta lei, se solo l'avesse pensato.
Doveva stare lontana da Vito e famiglia ma soprattutto dal padre, che era la fonte di guai peggiori. Elena lo amava, si sentiva realmente una poco di buono e responsabile del dolore di Vito. Si sentiva male, aveva bisogno di lui, ma proprio non vi ci riuscì, povera cucciola.
Cercó di immaginare un momento di pace in cui avrebbe potuto scrivere un messaggio al ragazzo da qualche altra parte, dove non era bloccata e completamente isolata, per essere capita realmente e probabilmente aiutata. Elena lo amava, avrebbe voluto essere onesta con lui, non riuscí per paura, per ansia non si sa per cosa.
Avrebbe voluto dirgli che non era "l'uomo della coppia lei", era la donna, lei brava a triggherarsi nel ruolo di "uomo della coppia", perché era determinata, ostinata, paziente, ma anche femmina di parola.
Così esattamente così, sarebbe addirittura piaciuta a Teresa, era una brava persona e un'ottima ragazza! Amava il ragazzo più spavaldo, onesto, libero, spaccone e particolare di sempre. Sì Vito era così, lei lo aveva accettato era il suo opposto, per questo si trovavano bene i due.
Pensava che mai sarebbe tornata normale lei, ancora lo pensava.
Era stanca di pensarlo, neppure la cresima prima e la promessa di matrimonio poi di Giacomo e Miriam era riuscita a farle mettere un punto grosso su quella situazione. Stava male, male.
Nemmeno Marco riusciva ad alleviare i suoi mali, sono il tempo poté darle ragione, ma no. Non riuscí.
Era pulita ed innamorata di lui. Onestamente anche Vito probabilmente lo era ancora, solo che nessuno dei due poteva dirlo all'altro.
I due genitori poi decisero di andare a Sorrento per il weekend e tutto sembró all'apparenza calmarsi.
Vito stev semp là però, nel suo cuore enorme, spezzato però.
La povera era nervosa nemmeno con Sara parlava, di come stava, di ciò che aveva, di tutto ciò che aveva combinato. Stava una schifezza.
I suoi amici, anche Camilla, le stettero vicina, tramite i social ovviamente. Ma le stettero vicina, la aiutarono a capire cosa fosse meglio per lei. Il problema era lei, capa tosta che voleva sempre a Vito.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top