16. Il Consiglio di Granburrone
-Cari amici, stranieri di remoti paesi, vi do il benvenuto e dichiaro ufficialmente aperto questo Consiglio elfico.
A parlare era stato Elrond, in piedi di fronte a tutti i regnanti elfici. A presenziare a quell'assemblea convocata con urgenza vi erano Oropher, Thranduil ed Indil, Amdìr ed Imin, Celeborn e Galadriel e poi, naturalmente, Arwen, figlia di Elrond, ed i suoi fratelli. Oltre a loro, un Uomo dai capelli e dagli occhi scuri se ne stava un po' in disparte e stringeva la mano della principessa di Granburrone. In fine due altri Uomini, apparentemente dei re, sedevano insieme agli altri.
-Quest'assemblea è stata convocata a scopo di deliberare e prendere, in fine, una decisione riguardo alla minaccia di Mordor e di Sauron, l'Oscuro Signore.- continuò il sovrano, guardandoli negli occhi.
-Innanzi a tutto, ritengo sia necessario comprendere il motivi di questi attacchi.- intervenne il sovrano degli Uomini dalla barba chiara- Perché questo Sauron ce l'ha tanto con noi? In cosa l'abbiamo offeso? La mia proposta è di mandare messaggeri a domandarglielo, al fine di trovare un accordo tra i regni della Terra di Mezzo e di riportare la pace.
-Le vostre sono sagge parole, Mio Signore.- domandò Thranduil, rivolgendosi a lui.
-Théoden di Rohan, Maestà.
-Come dicevo, le vostre sarebbero sagge parole, ma è ben chiaro che non conoscete il nostro nemico.
-E cosa vi porta a questa conclusione, o principe degli Elfi?- domandò Théoden, un pò stizzito.
-Il fatto che voi proponiate di parlare con l'Oscuro parla da sé, mio sire.- si intromise Imin- In passato, Sauron era un sovrano elfico come noi che regnava il suo regno con saggezza e giustizia. Accanto a lui aveva una moglie, figlia di Aeglos, re di Gondolin, anch'ella saggia e buona. Un giorno, però, la regina morì, ed il regnante si trovò afflitto da un dolore così immenso che non aveva mai provato, prima di allora. Tentò di tutto per curare la sua anima da quella ferita profonda, senza successo. Finché un giorno forgiò un anello, un anello impregnato di magia che doveva avere la forza di guarirlo della perdita. L'oggetto, però, era intriso di oscurità e dotato di vita propria. L'ombra si radicò sempre più affondo nell'anima del re, trasformandolo in un essere spietato ed avido, bramoso di fama e disposto a tutto per il potere. Con Sauron non si può parlare. Contro un nemico del genere, l'unica possibilità è combattere.
-Vedo che voi Elfi conoscete molto bene la leggenda.- intervenne l'altro re, che era rimasto in silenzio fino a quel momento- Mi vedo, tuttavia, costretto a dare ragione a re Théoden. Non sempre la guerra è la strada del successo, dicono così i saggi di Gondor.
-Proprio voi siete a parlare, Ecthelion.- intervenne Amdìr, con tono quasi di sfida- Voi che siete un Sovrintendente, e non certo il reale sovrano del vostro regno. Non avete anche voi ritenuto migliore, come scelta, guerreggiare, piuttosto di sottostare al vostro reale sire?
L'Uomo balzò in piedi, e così anche l'Elfo che aveva parlato- Come osa questo folletto dei boschi insultarmi nel bel mezzo di un Consiglio?!
Fu la volta di Celeborn ad alzarsi, indignato- E voi come pretendete di parlare a mio figlio a questo modo?! Badate a voi, Ecthelion!- tuonò- Non vi conviene avermi come nemico!
-È forse una minaccia!?- domandò Théoden, alzandosi a sua volta- Non solo voi Elfi detenete potere, Celeborn. Anche gli Uomini possono essere un pericolo se provocati.
Ciò che accadde dopo non fu molto chiaro a nessuno, nemmeno quando questo racconto venne raccontato molte lune dopo l'adempiersi di questo avvenimento: urla, rumore di sedie strusciate contro il pavimento mentre tutti i presenti si alzavano per dire la loro, insulti e provocazioni a volontà.
Indil era sbalordita: non riusciva a credere che un gruppo di persone accomunate da fini ed idee potessero aggredirsi a tal modo. Quel comportamento infantile doveva giungere al termine.
-Ora basta! Fate tutti silenzio!- gridò la fanciulla, e nella sala cadde il silenzio, mentre tutti si voltavano in sua direzione- Vergognamoci! Ci siamo riuniti allo scopo di trovare una soluzione, invece riusciamo soltanto a creare divisioni tra di noi! Ma non capite? Questo è solo ciò che il nemico vuole! Noi non possiamo permetterci di cedere su questo punto. Dobbiamo rimanere uniti.- si voltò verso il Sovrintendente- L'unione fa la forza e la vittoria, in battaglia e non. Dicono così i saggi del Reame Boscoso.
L'Uomo annuì, con il capo chino.
Thranduil si lasciò sfuggire un sorriso. Ecco, quella era sua moglie, indisposta a tollerare liti e che riusciva a mettere pace e accordo anche tra i due più acerrimi nemici. Il giovane si voltò verso Théoden e gli porse la mano in segno di pace- Perdoniamoci, re degli Uomini. Dovremo combattere uniti questa battaglia, e non potremo se vi saranno divergenze tra di noi.
Il re dalla capigliatura chiara sorrise e strinse la destra del principe. Così fecero tutti gli altri, mormorando scuse. Amdìr ed Ecthelion, addirittura, si abbracciarono, tornando a bisticciare pochi minuti dopo perché entrambi pretendevano di essere stati i primi ad attaccare briga e volevano che l'altro accettasse le loro scuse.
Thranduil si avvicinò alla moglie ed i due si baciarono.
-Complimenti.- le disse- Sei riuscita a mettere pace anche mentre gli altri volevano bisticciare come bambini.
-Tu per primo- rispose Indil, sorridendo.
-Io per primo.- ripeté il principe, avvicinando ancor di più il suo viso a quello della moglie.
-Cosa faresti senza di me?- domandò ancora lei, avvicinandosi ancora al marito. Le punte delle loro scarpe si sfiorarono.
-Non so.- rispose il giovane- Forse mi sposerei con un'altra donna...
-Thranduil!- esclamò la fanciulla, fingendosi indignata ma senza poter nascondere un sorriso mentre rispondeva con una spallata scherzosa.
I due si avvicinarono ancora e si baciarono. Alle loro spalle si levò un applauso che li fece prima sobbalzare e poi sorridere: gli altri membri del Consiglio avevano assistito a tutta la conversazione...
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