2°capitolo: prima battaglia

«Bene, adesso dobbiamo solo trovare l'aula giusta.» dichiaro fissandolo negli occhi.

«Hai ragione, che ne dici se facessimo una scommessa?» Propone Marco serio.

«Dai smettila, dobbiamo sbrigarci, non possiamo perdere tempo in cose inutili.» replico alzando gli occhi al cielo.

«Esatto, dobbiamo trovarla, se ci dividiamo facciamo prima. Quindi, che male c'è a rendere la caccia più divertente? Ah! E già che ci siamo facciamo anche una scommessa. » controbatte il mio amico divertito.

«Non fare lo scemo e andiamo, non possiamo perderci in chiacchiere.» lo rimprovero girandomi e dandogli le spalle, ma lui mi ferma.

«Aspetta, non avrai mica paura di perdere, vero? » Mi chiede con voce melensa.

«Cosa? Paura io? Si vede che non mi conosci per niente Marco. Io adoro il rischio.» mento anche se la sua idea mi stuzzica.

«Bene, allora non avrai nessun problema ad accettare una piccola gara tra di noi.» riassume guardandomi con quel suo modo da sbruffone.

«Certo che no! Accetto e vedrai come ti straccerò.» prometto con un sorriso.

«Ottimo, allora propongo che il vincitore potrà chiedere qualunque cosa al perdente.» dichiara porgendomi la mano e io gliela stringo. Ormai non posso più tirarmi indietro, spero solo di vincere. È diventata un'abitudine per lui. Ogni volta che ne ha l'occasione mi sfida per ogni cosa, è diventato un gioco tra di noi.

Tutto ebbe inizio quando lui arrivò nel mio liceo al quarto anno. Conquistò tutti con la sua intelligenza. Però io non lo sopportavo, ero un po' invidiosa, perché il primato di bravura nelle materie scientifiche lo avevo solo io e quindi preferii evitarlo. Lui, invece, cercò di farsi notare anche da me, così mi stuzzicò fino a quando un giorno nel laboratorio di chimica non gli venne la brillante idea di sfidarmi. Mi sfidò a chi avrebbe preso il voto più alto al compito in classe. Ovviamente accettai perché mi sentii sicura di me, ma lui inaspettatamente mi sconfisse. Allora gli chiesi la rivincita e ci sfidammo per ogni cosa fino a quando non facemmo davvero amicizia e invece di essere nemici ci coalizzammo.

Ci allontaniamo entrambi da dove siamo. Dopo dieci minuti che giro intorno, mi arriva un messaggio dove il signorino mi informa di aver trovato l'aula non poco distante dal campus.

«Come diavolo hai fatto?» Sbotto adirata non appena lo raggiungo.

«Semplice, due giorni fa sono venuto e ho girovagato per tutto l'Ateneo, non mi sembra una cosa tanto difficile, no?» Mi chiarisce il saputello.

«Ehi! Non vale, hai barato, dovevi dirmelo subito che sapevi dove si trovava l'aula!» Stringo forte i denti cercando di non urlare.

«No, ti sbagli non ho barato, ho vinto onestamente e ora tu dovrai fare una cosa che ti dirò.» ride prendendosi gioco di me.

«Ok, dimmi.» rispondo mettendomi le braccia conserte.

«Per adesso non mi viene niente in mente, entriamo, poi te lo dirò.» conclude entrando e sedendosi nei primi posti e io lo seguo facendo altrettanto.

In questi giorni sono entrata nel sito dell'università e ho guardato tutti i nomi dei nuovi docenti. Adesso aspettiamo l'insegnante di chimica inorganica e oltre al nome, Ettore Mulino, non so nulla. Non so perché, ma me lo immagino molto severo, però di bell'aspetto. Secondo me è molto giovane, sono sicura che non supera i trent'anni. È alto, magro con un po' di muscoli, capelli castani e corti, due occhi grandi e verdi come gli smeraldi e per finire in bellezza, porta un paio di occhiali che lo rendono molto professionale e intelligente.

Sicuramente se è come lo immagino, qualche pensierino glielo farei. Ridacchio di nascosto e Marco, accorgendosi del mio strano comportamento, mi guarda un po' perplesso. Chissà se ha capito che stavo facendo un sogno erotico sul bel professore.

«Fede? Tutto ok?» Mi chiede preoccupato.

«Sì, grazie Marco.» gli sorrido tornando seria.

Però quando arriva il vero Ettore mi cadono le braccia: dalla porta prima fa capolino un pancione perfettamente sferico. Poi entra una sorta di versione umana del pesce palla e, tenendo fede al suo nome, mulina le braccia come le pinne del pesce.

Il prof si mette alla cattedra, posa la borsa, neanche ci guarda, controlla il microfono e attacca a razzo la lezione. Sono completamente spiazzata, non me lo immaginavo così il primo giorno di università. Rinvengo e rapidamente prendo appunti.

A fine lezione ho riempito una pagina con uno schema, la spiegazione mi è sembrata molto semplice da capire. Il professor Mulino come è entrato se ne va.

Rimetto le mie cose nella borsa, usciamo e ci rechiamo al campus dai nostri amici.

Vedo Paolo, che è venuto all'università per dare l'ultimo esame, abbracciare la mia amica seduti su un muretto. Si sussurrano tante cose dolci che fanno sorridere Ninfa, mentre queste cose a me fanno solo vomitare. L'amore è un sentimento così sdolcinato e frivolo. Poi mi giro e alcuni metri più in là, noto Eva seduta a leggere degli appunti.

«Ciao Fe.» mi saluta Paolo. Mi fermo e ricambio. Poi torno a fissare Eva e la vedo ridere e scherzare con Marco. Vado da loro e mi siedo in mezzo.

«Ciao Eva, sei tornata da Barcellona? Strano, pensavo che fossi ancora in vacanza.» la interrogo sospettosa.

«Ah ciao Fe, no io e Marco abbiamo voluto farvi una sorpresa, sono tornata due giorni fa. Come stai?» Mi chiede posando i fogli nella sua borsa.

«Ah capisco, bene, grazie e tu?» Le rivolgo un sorriso falso.

«Bene.» ricambia il sorriso. Ci guardiamo per alcuni istanti in silenzio e più la osservo, più vorrei strozzarla.

«Ragazzi, andiamo al bar? Che ne dite? » Ci chiede Paolo smorzando l'aria di tensione che si stava respirando tra noi tre.

«Sì, ottima idea.» dico entusiasta alzandomi dalla panchina.

«Va bene per me, ma prima io ed Eva dobbiamo andare in un posto, ci vediamo lì. » ci informa Marco.

«Va bene, vi aspettiamo lì.» risponde Ninfa con un sorriso.

«Ah no, io non vengo ragazzi, devo studiare.» ci avverte Eva.

«Ma come? Non hai già dato tutti gli esami? » Domanda Ninfa un po' perplessa.

«Eh sì, purtroppo quest'anno abbiamo un insegnante che ci fa studiare sodo ed è meglio che mi anticipo alcune cose, se non voglio brutte sorprese.» risponde lei alzandosi e facendo cenno a Marco di andare.

«Ok dai, ci vediamo dopo, ciao a tutti!» Dopodiché prende la sua tracolla e sparisce con la bionda.

«Ciao Marco.» lo salutano Ninfa e Paolo.

Arriviamo al bar e ci sediamo in un divanetto di pelle marrone e il titolare, un dolce vecchietto con i baffi, viene da noi.

«Buongiorno ragazzi, com'è andata la giornata oggi?» Ci chiede l'anziano dai magici occhi marroni.

«Bene signor Gas.» risponde cortesemente Paolo. Il vecchio proprietario prende il suo solito taccuino e ordiniamo i nostri panini. Adoro questo posto, anche se è mal ridotto e con il pavimento in legno schricchiolante. Non smetterò mai di venirci perché è qui dove ho incontrato i miei amici ed è qui che ho passato i più bei momenti della mia vita.

«Non fanno una bella coppia? Io ne sono convinta.» dice la mia amica interrompendo i miei ricordi.

«Eh? Chi?» Chiedo ritornando alla realtà.

«Ma come chi? Marco ed Eva, stanno davvero bene insieme.» mi risponde lasciandomi perplessa.

«Cosa? Per quale motivo dici così? Lo sai benissimo che Marco non vuole relazioni serie. » ribatto senza capire per quale motivo abbia risposto in quel modo alla mia amica.

«Calmati Fe! Lo so che Marco non vuole fidanzarsi, però dicevo che se lui cambiasse idea e volesse provare con Eva beh... farebbero una bella coppia, ma che ti prende? Sei strana oggi.» mi guarda confusa.

«Ah ok, no niente volevo solo precisare che quello che stai pensando non si avvererà mai.» le spiego cercando di calmarmi.

«Lo so Fe, non c'è bisogno che me lo dici tu.» mi risponde un po' arrabbiata.

«Ok... scusa.» le chiedo capendo che il mio comportamento è stato strano e inopportuno.

«Tranquilla.» mi sorride. Dopo un po', il vecchio proprietario viene con i nostri panini e iniziamo a mangiare.
Parliamo del più e del meno mentre pranziamo, ridiamo e scherziamo, ma non ci fermiamo più sull'argomento Marco e per fortuna, il mio cervello ritorna normale. Sono già le tre del pomeriggio e ancora di lui non si vede neanche l'ombra, chissà dove è andato. Sono passate già due ore da quando è andato via con Eva.

«Ciao amici!» All'improvviso una ragazza dai lunghi capelli rosa entra al bar e mi abbraccia così forte che mi manca il respiro. Per fortuna che ho appena finito di mangiare il mio panino.

«Ciao Rachele, come stai? » Le chiedo cercando di liberarmi dalla sua stretta. Anche se all'apparenza può sembrare una ragazza mingherlina, ha davvero una forza spaventosa.

«Bene amica del cuore, tu?» Mi chiede sedendosi accanto a me, mi guarda come una pazza maniaca ma nonostante ciò, è una brava ragazza. Inoltre anche lei, in alcune occasioni, fa parte del nostro gruppo.

«Bene, grazie.» le rispondo con un sorriso.

«Ciao Rachele.» la saluta Ninfa guardandomi sorridente e io la fulmino con lo sguardo. Rachele è una brava ragazza, ma senza un motivo logico ha sempre avuto un attaccamento morboso con me. Per certi aspetti, avere un' amica come lei è bello perché è dolce, gentile e premurosa, ma ha anche molti lati negativi, per esempio? Il suo difetto di attaccarsi come una cozza.

«Ciao Ninfa ti voglio bene.» le dice sorridente.

«Anche io.» risponde la mia amica. Rachele ha la nostra età, ma dal suo carattere e dal suo modo di fare sembra una bambina, è molto infantile e le piace ancora giocare. Lei ha finito gli studi, dopo il liceo si è fermata, non perché i suoi genitori non possano permetterselo, anzi, è tutto il contrario. Lei fa parte di una delle famiglie più ricche della città. Ha un sacco di ville e case sparpagliate per tutta l 'Italia, è davvero molto fortunata e a volte la invidio un po'. Semplicemente non ne ha voglia, è una ragazza molto pigra, lei e lo studio non vanno a braccetto. Per lei è più importante passare il suo tempo a fare shopping e andare dal parrucchiere. Ogni mese cambia colore dei capelli.

«Ragazzi, ho una grande notizia!» Ci informa lei entusiasta e devo ammettere che un po' attira la mia curiosità.

«Rachele ciao, scusami non ti avevo notato.» la saluta Paolo. Appoggia i gomiti sul tavolo e mette in mostra il suo tatuaggio: il ritratto di un leone. Se lo è fatto cinque anni fa, prima che ci conoscessimo, lui era in una band e suonava la tastiera. Ricordo che quando l'ho conosciuto è stata una delle prime cosa che ho notato di lui.

«Tranquillo Paolo, ti voglio bene.»

«Quindi Rachele? Qual è questa grande notizia?»

«I miei genitori sono via per qualche giorno e ho la villa con la piscina libera, sto organizzando una festa, venite?» Ci dice alzandosi e sbattendo forte le mani. Sembra davvero una bambina perché è molto bassa. Purtroppo non ha ereditato i geni dell'altezza di suo padre, che è un uomo possente e slanciato.

«Ok, io ci sto.» rispondo entusiasta. Io amo le feste, ci vado raramente, ma quando ho l'occasione di andarci non me la perdo neanche morta.

«Grazie amica mia, ti voglio bene.» si siede e mi abbraccia forte.

«Di niente Rachele.»

«Amici, voi venite?» Chiede anche ai fidanzatini.

«Sì, per me va bene.» risponde Ninfa.

«Ok, se venite entrambe a me tocca venire per forza.» ci sorride Paolo.

«Perfetto ci vieni a prendere tu allora?» Chiedo toccandomi le punte dei capelli con le mani.

«Sì, non c'è nessun problema.» mi fa l'occhiolino.

«Rachele, ora devi dirci il giorno e l'ora.» le dico sistemandomi il vestito.

«Oh! Sì giusto! Sarà sabato sera verso le nove.»

«Ah, sarà fra due giorni.» commenta Ninfa.

«Sì, sì.»

«Va bene, adesso però devi dirlo anche a Marco e a Eva.» la guardo dritta nei suoi occhi verdi.

«Sì, lo farò, ma dove sono? Non sono con voi?» Domanda lei alzandosi dal divano per guardarsi intorno.

«No, ma Marco arriverà tra poco.» la informo guardandola divertita.

«Ah, allora appena viene glielo dico.» si siede e mi sorride.

«Buon giorno a tutti! Cosa dovete chiedermi?» E appena sento quella voce, il mio cuore inizia a battere più forte.

«Marco finalmente sei tornato!» lo abbraccio forte, felice di vederlo.

«Sì, lo avevo detto che sarei venuto.»

«Amico del cuore, ciao.» lo saluta Rachele dandogli un bacio sulla guancia.

«Ciao Mel.» ricambia Marco sorridendo. È strano come nomignolo vero? Dovete sapere che Rachele ama tantissimo gli anime, come me e Marco del resto, e Mel è un nome molto simile a una protagonista che lei adora.

«Oh no Marco! Non chiamarmi Mel! Odio quel soprannome.» sbuffa lei.

«Benvenuta nel club Rachele.» rido e Marco mi passa una mano sui fianchi stringendomi a sé.

«Perché?» Mi chiede lei confusa.

«Perché anche a me, questo qui, mi dà stupidi nomignoli.» continuo a ridere, ma dal nervosismo sta volta. Sentire la sua mano calda che mi stringe mi fa impazzire.

«Ovvero? Che ti dice?» Mi guarda maliziosa.

«Ehm... mi chiama piccola e mi da un grande fastidio.» le rispondo grattandomi un braccio.

«Perché? È un bel nomignolo.» mi dice lei storcendo il naso.

«Sì, però io non sono più piccola.» specifico mordendomi l'interno della guancia.

«Ok, dai ragazze calmatevi.» ride Marco non riuscendo più a trattenersi.

«Scusami Federica.» mi chiede lei dispiaciuta.

«Tranquilla Rachele.» la calmo dandole la mano come segno di pace.

«Grazie, vi voglio bene amici. »

«Anche noi.» affermiamo tutti.

«Allora che mi dovete dire?» Ci chiede il mio amico staccandosi da me e sedendosi sul divano.

«Ah vero!» Esclama lei dandosi uno schiaffo sulla fronte.

«Sabato faccio una festa, è alle nove, mi raccomando vieni! E dillo anche a Eva.»

«Ok, grazie Rachele, verrò senz'altro.»

«Perfetto, ragazzi ora devo scappare, a dopo ciao!» Ci saluta e poi scappa via.

«Non cambierà mai Mel, vero?» Chiede lui ridendo a crepapelle

«Già.» dico io scoppiando a ridere insieme a lui.

«Ok ragazzi, io devo andare, Fe vieni con me?» Mi domanda alzandosi dal suo posto.

«Certo.» rispondo ricordando quello che ci siamo detti stamattina.

«Fe dove andate?» Chiede la mia amica.

«Al campetto.» spiega Marco al posto mio.

«Fate i bravi.» ci dice lei ridendo maliziosamente.

«A sta sera amici, un bacio.» saluto imitando Rachele.

«Dai Fe! Sei una stupida.» ride Ninfa capendo alla perfezione la mia imitazione.

«Perché? Io ti voglio bene Ninfa.»

«Ciao Fe, a dopo.» mi saluta Paolo.

«Ciao a tutti.» saluta Marco.

E dopo lui apre la porta del bar e usciamo.

Mi guardo intorno e non vedo la macchina.

«Marco dov'è la macchina?» Chiedo confusa grattandomi la testa.

«A casa, andiamo a piedi al parco.» mi chiarisce.

«Cosa?» Sbotto io scioccata. Adesso capisco perché ha perso due ore.

«Fe, cosa non hai capito dalla mia frase "ci dobbiamo allenare?"» Ride lui iniziando a camminare.

«Sì lo so, ma ho appena mangiato, vomiterò tutto!» Lo blocco per un braccio per farlo ragionare.

«Dai Fe! Non vomiti, anzi digerisci.» mi spiega lui sbuffando e riprendendo a camminare. Così capendo che non vincerò con lui, inizio a camminare.

"Sarà un pomeriggio d'inferno, non vedo l'ora" penso distrutta ancora prima di iniziare.

Spazio autrice:
Salve amici, ed eccoci qui con il secondo capitolo. Vi ricordo che la storia è davvero accaduta e se volete insultare il vero Marco siete le benvenute, per sua sfortuna è qui su wattpad, ma vi dirò il nome solo se aumentano le visualizzazioni, quindi fatemi pubblicità con le vostre amiche perché questa storia sarà piena di colpi di scena. Ok ora vi saluto e come sempre votate e commentate la storia.

Vi amo anime belle!

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