1°capitolo: vita nova
Siamo a settembre, l'estate è finita e oggi inizierò l'università. Sono così elettrizzata che non ho dormito per tutta la notte, ero troppo emozionata tanto che non ho avuto neanche bisogno di mettere la sveglia. L'orologio che ho guardato tutta la notte ha appena scoccato le sette e prima che mio padre venga a svegliarmi, lo sorprendo balzando giù dal letto carica come una molla.
«Buongiorno, papà.» lo saluto entusiasta.
«Ehi, e tu che ci fai già alzata? » Domanda incredulo di vedermi già sveglia, senza aver dovuto usare i carri armati. Mi dà un bacio sulla fronte e i suoi baffi mi fanno il solletico. Ha i capelli brizzolati e molto corti, un fisico asciutto e due occhi di un azzurro luminoso e bello come il cielo. Ha quarantatré anni e, sfortunatamente, è un papà single.
Mia madre è morta di tumore quando io avevo appena sei anni. Mi manca, anche se non me la ricordo molto. Secondo i racconti di mio padre, doveva essere una mamma e una donna molto buona e dolce.
Mio padre si chiama Giuseppe ed è un cuoco molto conosciuto in città. Abbiamo anche un ristorante in centro, "Il Vissero per sempre felici e contenti". Strano come nome, vero? Lo scelse mia madre quando lo aprimmo. Stando a mio padre, lei pensava che le persone, entrando nel nostro locale, avrebbero dovuto vivere una vera e propria fiaba culinaria, così sarebbero tornate un'altra volta.
Da mia madre ho preso: i suoi ricci, il colore degli occhi e la passione per le materie scientifiche.
Mi preparo velocemente e scendo giù per fare colazione.
Addento i miei favolosi plumcake, fatti da mio padre, e subito le mie papille gustative esplodono dalla felicità: cucina davvero bene.
«Bene, ho finito, mi accompagni tu?» chiedo speranzosa.
«Certo, ho un po' di tempo prima di andare al ristorante.» accetta strappandomi un gridolino.
Prende le chiavi e io la borsa che contiene: i miei libri, un registratore, l'astuccio, un taccuino, gli opuscoli e i dépliant universitari per orientarmi meglio. Mi guardo ancora una volta intorno e poi partiamo.
Ho scelto di iscrivermi all'università di Parma perché ho letto su internet che è una delle migliori d'Italia che ti inserisce subito nel mondo del lavoro.
Mi fa davvero strano portarmi dietro queste cose, perché sono abituata allo zaino. I miei amici Paolo ed Eva, che sono più esperti di me di queste cose, mi hanno spiegato che i libri li dovrò comprare da sola, così come le dispense.
Il ragazzo ha i capelli biondi e lunghi che raccoglie in una coda bassa, un po' di barbetta che gli orna le guance e uno sguardo vispo e sincero. Ha ventisette anni e frequenta il quinto anno di medicina: per me è come un modello da seguire, è davvero una splendida persona nonché il fidanzato di Ninfa.
Eva invece è bellissima con quei suoi lunghi capelli biondi, con quei dolci occhi da cerbiatta che si ritrova e un fisico che farebbe invidia anche alle modelle più famose, è proprio una di quelle bellezze rare. Lei è al secondo anno, studia per diventare una veterinaria: ama moltissimo gli animali.
Mi hanno inoltre precisato che i vari dipartimenti possono essere accorpati in quattro poli principali e sono sparpagliati per la città. Sfortunatamente per me, non si trovano tutti nello stesso posto.
Mi sono iscritta a biologia perché mi piace tutto ciò che è scientifico e, visto che nella mia zona c'è molta richiesta, ho pensato che la biologa potrebbe essere il lavoro giusto per me.
Anche se Paolo si è fatto in quattro per istruirmi nel corso di agosto, non è comunque riuscito a tranquillizzarmi: mi tremano le mani, è più forte di me.
Abito fuori città, per questo la strada per arrivare all'università è molto lunga; il traffico che opprime Parma non ci aiuta. Molti bar e case scorrono come se si muovessero. Tra questi riconosco il "Carpe Diem " il locale dove ho conosciuto i miei amici e dove ogni giorno ci riuniamo.
Finalmente arrivo a destinazione e rimango davvero senza parole. L'università di Parma è uno dei pochi Atenei in Italia ad avere un vero e proprio campus: "Parco Area delle Scienze", si estende su un'area di settantasette ettari nella zona sud della città di Parma dove hanno sede i dipartimenti di area scientifica. Oltre alle strutture per l'attività didattica e di ricerca, il campus ospita mense per il personale e per gli studenti dell'Ateneo.
Continuo la mia camminata, ma le mani non smettono di tremare; sono molto emozionata e curiosa di scoprire cosa mi aspetterà quest'anno. Più mi avvicino, più l'enorme edificio bianco con tante finestre mi incute maggiore timore.
Dopo un po' scorgo i miei amici, sono tre lunghi mesi che non li vedo. Marco è seduto sugli scalini dell'istituto che legge il programma delle lezioni e Ninfa invece su una panchina non lontana dalla facoltà. Ci siamo dati appuntamento qui per poi muoverci insieme.
«Ehi ragazzi!» Saluto con un sorriso.
«Fefe, mi sei mancata.» mi stringe forte Ninfa. I suoi lunghi capelli neri mi solleticano il collo facendomi fare una strana smorfia di fastidio. È molto più abbronzata di come me la ricordavo, la vacanza a Cuba le ha fatto davvero molto bene. Si stacca dal lungo abbraccio e mi guarda sorridente con i suoi grandi occhioni marroni, è molto strana oggi, forse l'amore l'ha fatta rincitrullire. Io e lei siamo amiche praticamente da quando siamo nate, abbiamo una forte amicizia alle spalle che ci lega come due sorelle.
«Sì, anche tu.» affermo felice di rivederla.
«Come è andata la vacanza?» le chiedo curiosa di sapere cosa ha fatto tutto questo tempo senza di me.
«Bene, molto bene, mi sono davvero divertita, peccato che tu non eri con me.» dice la mia amica in tono lamentoso.
«E lo so, ma purtroppo ho dovuto aiutare mio padre al ristorante.» le spiego abbassando gli occhi a terra, mi sento in colpa.
«Ho capito, guarda!» Dice cercando qualcosa in borsa.
«Ti ho portato un regalo.» afferma estraendo una bellissima collana con un cuore di vetro e all'interno, si vede un bellissimo fiore blu.
«Grazie amica mia, è fantastica!» L'abbraccio di nuovo, sorridendo.
«Ciao, Fede come va?» Mi domanda Marco. Il suo aspetto fisico non mi fa impazzire, non ha niente di eccezionale: è un comune ragazzo di diciannove anni, alto, moro e con uno sguardo vispo e acuto. Tuttavia il suo charme mi attira come una calamita. È spiritoso e molto astuto ed è anche un ottimo amico. Rivederlo dopo alcuni mesi mi fa uno strano effetto, sembra più alto e anche lui è più abbronzato.
«Bene grazie, tu?» Chiedo di rimando.
«Non c'è male.» risponde con lo sguardo a terra mentre scalcia qualche pietra con i piedi.
«Tu non mi hai portato niente Marco?» Lo interrogo facendogli un occhiolino divertita.
«Certo! Ecco, tieni.» estrae dalla tasca dei pantaloni un pacchetto. Lo apro e vedo una bellissima calamita della Calabria.
«Grazie amici! Sono davvero felice!» Esclamo con le lacrime agli occhi.
«Non c'è di che.» afferma Marco mentre Ninfa mi abbraccia.
Poi il mio amico si avvicina a me e mi propone:
«Fede, fra tre mesi ci sarà una maratona, vuoi gareggiare con me?»
« Eh? Cosa? Sei impazzito? Lo sai che io e lo sport non andiamo d'accordo.» sbotto senza parole.
Marco è fissato con i muscoli, lo sport e il benessere, ma io no. Adoro tutto ciò che non è salutare: amo ingozzarmi di schifezze, dormire tutto il giorno e fare ciò che lui non farebbe mai.
«Dai ti prego, è una competizione a coppia e non so a chi chiedere se non a te.» mi supplica guardandomi con quei suoi occhi da cane bastonato.
«Ma perché io?» Domando toccandomi dal nervoso i capelli con entrambe le mani.
«Perché sei l'unica che può farmi questo favore.» mi confessa guardandomi come un cucciolo bisognoso di affetto.
«Ti prometto che ti aiuterò a studiare quando ne avrai bisogno.» mi risponde incrociando le dita.
«Davvero? Giuralo!» Esclamo sbalordita.
«Lo giuro.» garantisce.
«Va bene, accetto.» sospiro sconfitta. Cos'altro dire: mi pentirò di aver accettato.
«Grazie, sei favolosa, "piccola".» mi stringe a sé.
«Sì, ma levati il vizio di chiamarmi piccola, perché lo odio.» alzo il pugno minacciando di colpirlo.
«Certo, piccola.» sorride e mi fa l'occhiolino. Alzo gli occhi al cielo.
«Marco, hai sentito Eva in questi mesi?» Gli domanda Ninfa cambiando discorso.
«Sì, l'ho sentita tre giorni fa, è ancora a Barcellona.» rivela grattandosi la guancia.
Ninfa si rabbuia un po' : «Ah bene, beata lei, non sai quanto la invidio.» sbuffa pensando ai bei momenti passati in vacanza.
«Fede, questo giorno non ti ricorda qualcosa?» Ride, io la guardo negli occhi e capisco che si riferisce a Lady Gaga.
«Oddio sì, il primo giorno di liceo, mamma mia che incubo.» rabbrividisco scherzosamente al solo ricordo.
«Perché? Cosa è successo?» Chiede curioso.
«Niente di importante, quel giorno "Lady Gaga" divenne il nostro incubo.» gli spiego con un sorriso. Lady Gaga era la preside del mio liceo che dal primo anno mi ha sempre odiato. La chiamavo così perché sembrava una diva da come si vestiva. Indossava sempre un lungo cappotto bianco e poi "Gaga," stava per cacca, ma io lo modificai per non farglielo capire. Lei sentendo quel soprannome era felice perché per lei era un complimento, si sentiva una lady, una signora.
«Vero? Peccato volevo esserci, non è giusto che mi sia perso quell'incontro fatidico.»
«Già.» concludo io.
Eva e Marco sono gli ultimi arrivati del gruppo. Li abbiamo conosciuti al quarto anno di liceo: Marco aveva cambiato scuola perché l'artistico non faceva per lui e quindi aveva deciso di trasferirsi allo scientifico dove ci conobbe. Eva, invece, è una vecchia amica di Paolo, che dopo tanto tempo è tornata in città e quindi lo ha ricercato ed è entrata nel nostro gruppo. Non so il perché, ma tra me e lei c'è sempre molta tensione. Marco mi ripete in continuazione che tra me e lei ci sono molte cose che ci accomunano e che devo solo avere il coraggio di conoscerla meglio, il problema è che non ci riesco, è più forte di me. Spero che quest'anno sia diverso e che posso finalmente capire meglio Eva. Mi dispiace non parlarle mai solo perché non abbiamo molto confidenza, questo astio deve finire.
«Ragazze, non so voi, ma io mi sto stancando a stare seduto su queste scale, che ne dite, andiamo al bar?» Domanda Marco, a un certo punto, schioccando il collo.
«Sì, per me va bene.» affermo stanca di stare all'impiedi.
«Sono d'accordo e sto morendo anche di fame.» aggiunge Ninfa scherzosamente.
Così ci dirigiamo al bar che si trova di fronte al campus.
Mentre siamo lì, vedo che finalmente Parma si rianima e molti ragazzi iniziano a popolare sia il bar che l'ateneo.
All'ora stabilita sull'opuscolo, ci rechiamo in aula Magna per il discorso che il rettore rivolgerà alle matricole.
«Su entriamo.» esclamo curiosa di vedere l'interno dell'Università.
Appena entro nel grande atrio un ragazzo molto gentile si offre di farci da guida e ci accompagna verso l'auditorium. Le mura sono bianche con delle tabelle dove sono appesi dei volantini e delle poesie. Si sente l'odore della vernice appena fresca e i pavimenti emanano il profumo di detersivo e di pulito. I ragazzi sono tantissimi e tutti ci dirigiamo in quell'enorme aula per le conferenze. Sono ansiosa di scoprire come è fatto il rettore e che tipo di uomo sia.
Appena arrivati, ci sediamo davanti a una tavolata che sembra l'esame di terza media. Al centro c'è il rettore e accanto a lui degli assistenti e altri docenti. Inzia col presentarsi, ci illustra un po' le cose dell'università, però è chiaro come il sole che sta omettendo i difetti, penso che quelli li farà scoprire a noi e alla fine ci augura un buon anno scolastico. Appena finisce il suo discorso lo applaudiamo e poi tutti ci alziamo e ci dirigiamo ognuno nei nostri dipartimenti. Ninfa ci saluta e scappa a giurisprudenza.
«Dai Fede, è ora, andiamo in aula.» mi chiama Marco alzandosi.
«Ok capitano, agli ordini.» faccio il saluto dei militari.
«Scema.» ride mostrandomi le sue belle fossette. E già una cosa l'ho capita: mi divertirò un mondo quest'anno con lui, come non ho mai fatto prima.
Spazio autrice
Salve ragazzi, eccomi con una nuova storia, vi prego divulgate con i vostri amici, tengo troppo a questa storia e vorrei avere più pareri possibili. È una storia ispirata alla mia vita, quindi per certi aspetti è vera e gli avvenimenti che succederanno vi sconvolgeranno come hanno sconvolto me, quindi vi prego facciamo conoscere questa storia a più persone. Un bacio dalla vostra sfigata scrittrice.
Vi voglio bene anime belle!
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