¿Tutear?

Facciamo come ci dice e, davanti alla porta della 5 ^ E, accavalliamo entrambi le gambe sui termosifoni, al di sotto della finestra che si affaccia sul cortile, in attesa della professoressa. Approfitto della visuale alle nostre spalle, ciliegi e ulivi che perimetrano il cortile, per non incontrare il suo sguardo.

"Scusa..." ho sentito bene o me lo sono immaginato? Ha bisbigliato scusa?. Non dico nulla.

"Non so cosa mi sia preso è che tu..."

"Io cosa?" sento di nuovo quel calore ribollire come magma dentro di me.

"Tu mi eviti e mi detesti senza neanche conoscermi!" sbotta. Lo guardo incredula.

"Io non" sottolineo "ti evito e non" rimarco di nuovo "ti detesto."

"Ah no? E allora perché da quando sono arrivato mi sembra che ti infastidisca la mia presenza?" mi prendo qualche secondo prima di rispondere. Una regola che ho a cuore da quando mia madre mi ha consigliato – vista la mia irruenza – di contare fino a dieci prima di rispondere, soprattutto quando le persone fanno di tutto per indispormi e in questo momento lui mi sta indisponendo.

"Be' forse sto facendo bene visto che so della tua esistenza da circa un giorno e mi hai già baciata. Potrei supporre che tu lo faccia con chiunque..." lo metto alla prova, una parte di me vuole dimenticare quello che è successo, un'altra vuole sapere se è, effettivamente, un suo atteggiamento ordinario.

" E invece no" sussurra di nuovo. Percepisco un brivido, ancora quel brivido che mi spinge a stringere con le mani i tubi del termosifone su cui ci troviamo. Un appiglio più per mantenermi nel mondo reale, per evitare di disperdermi e dissolvermi ancora nell'uni-Manuel-verso. Fortunatamente vediamo la porta della nostra aula aprirsi. Manuel ha ancora lo sguardo serio, concentrato e non si è lasciato scomporre dall'arrivo della docente.

"Bene, seguitemi in biblioteca" ha in mano il test di Manuel su cui, però, non salta all'occhio nessun segno di correzione. La biblioteca si trova al piano inferiore della scuola. Salutiamo Gaetano che legge indisturbato il giornale in un banco incastrato all'angolo tra due classi (il 3 C e il I D) accanto al telefono. Raggiungiamo l'atrio che funge da anticamera al nostro piano e che mette in comunicazione la nostra ala con l'ingresso al convitto e l'ala ovest. Manuel si approssima ad aprire le porte a me e alla professoressa, che sussulta nel vedersi preceduta. Mossa galante, mossa strategica, mossa che... mi fa sciogliere le ginocchia.

"Grazie Manuel, finalmente un ragazzo gentile! E poi dicono che i calciatori sono tutti ignoranti" il modo in cui lo dice, del tutto noncurante, mi sorprende a tal punto che scoppio a ridere coinvolgendo anche Manuel, mentre la Del Fuoco cammina imperturbabile. Imbocchiamo la rampa di scale che ci conduce al piano inferiore e ci imbattiamo in una classe che sta risalendo dalla palestra.

Non faccio a meno di captare il brusio di voci che si leva, da parte delle ragazze, al passaggio di Manuel, ma lui sembra trascurarlo del tutto, forse vi è talmente abituato da non farci più caso, mentre i ragazzi si sprecano in concitate raccomandazioni, che mi fanno sorridere: "mi raccomando, il Raven è nelle tue mani!" o "ci vediamo alla partita sabato" o "salutaci Alejandro", l'attaccante della squadra da cui è stato dato in prestito - per ora secondo nella classifica dei capo cannonieri di serie A. 

Manuel si limita a sorridere, senza profondersi in eccessive confidenze. Al contrario di quello che immaginavo, mi sorprendo a non vederlo montarsi per tutte quelle attenzioni che riscuote al suo passaggio. Piuttosto, sembra centrato nel suo ruolo, e, soprattutto, restio a qualsiasi tipo di effetto collaterale inerente al suo lavoro. Quando entriamo nella biblioteca, riservata più agli insegnanti e meno agli studenti, la professoressa ci vieta di accendere le luci, nonostante siamo completamente al buio.

Essendo esposta a nord ancora non è colpita a pieno dal sole, che questa mattina ha l'aria di farci pregustare un anticipo di primavera. La professoressa si accomoda sulla sedia incastrata al di sotto di uno dei lunghi tavoli, mentre noi prendiamo posizione esattamente davanti a lei. 

Accende la lampadina adibita ad illuminare la sua postazione, inforca gli occhiali da vista – anch'essi rossi – e... sembra di assistere ad una puntata di quei programmi televisivi in cui si sottopongono gli imputati ad un'inchiesta. I capelli della prof sono ancora scoppiettanti, come lapilli che eruttano dal cratere, e non posso fare a meno di rispondere allo sguardo complice di Manuel, a cui segue un reciproco e tacito ammonimento a contenerci.

La Del Fuoco insegna al triennio, per cui ormai la conosco da tre anni. E, se il primo anno mi faceva letteralmente paura il modo minaccioso in cui entrava per atterrirci, avevamo imparato a conoscerla tanto che ora quell'atteggiamento pseudo altezzoso e distaccato, non faceva altro che aggiungere comicità al suo portamento.

Quando usciva dall'aula, con i suoi colleghi o con i collaboratori scolastici diventava completamente un'altra persona, così come quando ci accompagnava nelle escursioni fuori porta, tanto da finire a brindare e divertirsi con noi. E noi le volevamo bene per questo, ci fidavamo di lei e sapevamo che lei si fidava di noi. Ed eravamo reciprocamente affezionati.

"Dunque, vedo delle lacune" in fatto di atmosfera, dalle inchieste, siamo passati alla seduta presso una veggente o una chiromante, soprattutto per via di quella luce calda che le illumina la parte inferiore del volto, dal naso in giù, mentre il resto, noi compresi, è avvolto nell'ombra (la prof è contro gli sprechi)  "e prevedo che non ce la farai da solo a colmarle in tempo per prendere almeno una sufficienza alla maturità."

"Professoressa così mi fa proprio vivere sereno" sdrammatizza Manuel, ma lei non si ammorbidisce questa volta.

"Da oggi Brenda ti affiancherà nei compiti di greco, sia in letteratura che in traduzione. La media di Brenda non è a rischio ormai..."

"Ehm" mi permetto di intromettermi visto che stanno parlando come se non ci fossi e avrei gradito che la professoressa, che conosco da tre anni, mi avesse almeno avvisata di questa sua decisione "lei sa quanto io sia impegnata, non credo di..."

"Sciocchezze" mi interrompe "so che ci riuscirai benissimo, dovete solo studiare insieme, nient'altro. Invece che studiare da sola, Brenda, dovrai studiare con il nuovo arrivato, sono sicura che per te sarà una sorta di tirocinio, visto che vuoi fare l'insegnante e per Manuel sarà un modo per osservare un buon metodo di studio, magari potrà servirgli in futuro" mi liquida senza che possa obiettare.

Mi sento tradita, come se tutti i sacrifici che ho fatto  in questi anni ora debbano sfumare per un futile altruismo che devo manifestare nei confronti di Manuel. La mia lucidità è già a rischio da neanche ventiquattr'ore e ora devo anche affiancarlo nello studio? Cosa devo guadagnarci? Un tirocinio?! Mi basta il volontariato con i bambini della parrocchia.

"Professoressa, apprezzo davvero molto la sua proposta di volermi affiancare alla migliore della classe" aggiunge Manuel "ma credo che Brenda debba prendere da sola la decisione. Non possiamo imporle nulla, io sono appena arrivato, lei la conosce molto bene e io sono lusingato che mi ritenga degno di spendere pomeriggi di studio con Brenda che andrebbero sicuramente a mio vantaggio, ma avrebbe dovuto chiederglielo, prima di metterci entrambi contemporaneamente al corrente" la professoressa rimane letteralmente a bocca aperta e... anch'io. Non mi aspettavo una responsabile e matura affermazione da parte sua e, ovviamente, non ha torto.

"Non sono la migliore" specifico "e ho tanti impegni, lei lo sa. Non è per Manuel, davvero" lui mi rivolge immediatamente uno sguardo con cui sembra volermi contraddire, ma faccio finta di ignorarlo "ho... credo che Natalia sarebbe più indicata" Manuel sorride, divertito. Ecco, sembra contento che l'abbia detto, magari aspettava che la professoressa proponesse proprio Natalia, così se avesse deciso di baciarla contro un muro di certo lei non avrebbe rifiutato né si sarebbe opposta in alcun modo.

"Forse non ci siamo capiti" dice togliendosi gli occhiali "non ho scelto Brenda per complicarle la vita, ma so di cosa è capace" dopo aver passato a rassegna entrambi con lo sguardo, si sofferma esclusivamente su di me, in un modo che mi fa sentire piccola e indifesa "Credi che non sappia che ci sia tu dietro i miglioramenti di Balestri e Lenti? Credi che non noti che vengano tutti da te, anche se non siete molto uniti in classe e ormai ce ne siamo fatti tutti una ragione, per confrontare traduzioni o spiegazioni metriche?" in quel momento mi accorgo che ha ragione. In effetti, sono sempre disposta ad aiutare chiunque, riesco a tranquillizzarli e a trarne un grande beneficio personale. Mi fa stare bene aiutare gli altri e lo faccio senza alcun secondo fine. Ma con Manuel qualcosa mi frena dall'essere me stessa e non riesco a domare quel mio istinto recalcitrante a comportarmi in modo normale con lui.

"D'accordo" dico sottovoce. Manuel sorride. La professoressa si alza, ci lascia lì nell'ombra e nel silenzio, il rifugio perfetto dai nostri reciproci pensieri.

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