Rivelazioni

Dopo la cena, Manuel mi mostra Milano, dove ha vissuto negli ultimi due anni e che conosce da quando è bambino. Anche se vivono a Como, i genitori per affari e amicizie avevano frequentano assiduamente la città. Quando torniamo in albergo siamo talmente stanchi da addormentarci l'uno sull'altra.

"Dormigliona..." percepisco la sua voce come un'eco, lontana. Apro gli occhi, la stanza è inondata di luce, Manuel è bagnato. Ha i capelli umidi e il petto nudo. Deve essersi fatto una doccia. Mi sollevo.

"Che ore sono?" chiedo mentre mi stiracchio.

"Le nove" mi porge una tazza di cappuccino. Lo bacio. Noto il carrello della colazione.

"Ieri non ti ho chiesto quando e come hai organizzato tutto questo... compreso lo striscione" mi avvicino a lui, bacio la sua spalla nuda.

"Milano mi vuole bene... e poi non ti svelerò i miei segreti, un po' di mistero fa sempre bene" scherza.

"Ma troppi misteri possono anche allontanarci" intuisce dove voglio andare a parare.

"Cosa ti ha detto Cristian ieri?"

"Dobbiamo davvero parlare di questo?" dice infilandomi una ciocca dietro l'orecchio.

"No, ma mi piacerebbe che ti aprissi completamente..."

"Non ti escluderei mai da qualcosa di importante... non voglio tediarti con Cristian o qualsiasi situazione legata ad una squadra che sto per lasciare. In compenso ho scoperto a chi appartiene quella bustina di cocaina che hai trovato e chi ce l'ha messa..." lo guardo implorandolo di andare avanti.

"Mason, il ragazzo che frequenta la nostra scuola. Lo conosco da quando siamo bambini e siamo stati dati entrambi in prestito al Raven, ho cercato di aiutarlo ma lui mi sta solo dando problemi e quella bustina l'ha lasciata lui lì prima di andare al Wild, l'ho accompagnato io alla serata. Ho chiuso con lui" conclude perentorio. Mi accarezza, ha un'espressione seria, dura, la mascella contratta. So che è dispiaciuto per quello che è successo.

"Quando torni a Milano?"

"A fine luglio cominciano gli allenamenti... dopo la pausa dagli esami di stato" avvicina la punta del suo naso al mio.

"Voglio che vieni con me, iscriviti qui all'Università, vivremo insieme... e Ravenna non è così lontana."

"Possiamo parlarne dopo gli esami?"

"D'accordo" mi bacia "ora però vestiamoci... devo portarti in un posto e poi torniamo a casa."

Varchiamo l'ingresso di una villa e davanti a noi si apre il lago di Garda. Mi stringo al suo braccio, non so se perché sia intimidita dal naturale, sfarzoso lusso del paesaggio che si distende intorno a noi o dall'emozione che mi invade.

"È la casa di un amico di famiglia, l'ho presa in prestito. Ti devo un ballo ricordi?" dice con un sopracciglio inarcato. Attraversiamo il giardino immenso finché non troviamo un quartetto pronto per suonare. Non posso crederci.

"Medina ti sei superato... non sei minimamente paragonabile a nessun protagonista di film o romanzi che ho letto."

"Ed è un complimento vero?" lo guardo sconvolta.

"Vorrei sapere se sei reale o frutto della mia immaginazione."

"Te lo dimostro subito allora" mi solleva e spinge contro un cespuglio. Morde le mie labbra per poi baciarle delicatamente. È lui, passionale, carnale e incredibilmente dolce.

"Dobbiamo indossare i nostri abiti, ovviamente" sussurra sul mio collo.

"Quali abiti?"

"Ric!" Manuel mi mette a terra e chiama il maggiordomo che ci porta degli abiti d'epoca, simili a quelli indossati alla festa.

"Ma... dobbiamo davvero cambiarci?"

"Se vuoi inizio io..." dice e fa per sbottonarmi la camicia. Lo fermo, guardando imbarazzata il maggiordomo che educatamente si è girato dall'altra parte.

"D'accordo, ci ritroviamo qui milord" mi reco dentro. La villa è splendida, moderna e luminosa.

Trovo il bagno e approfitto per cambiarmi. Il vestito è simile a quello che ho indossato alla festa, non posso credere che abbia fatto tutto questo per me. Quando lo raggiungo lo trovo ad aspettarmi di spalle, con lo sguardo rivolto verso il lago. Sembra un quadro, è tutto perfetto. Si accorge di me, si volta con tutta la sua eleganza, mi porge la sua mano e quando varchiamo l'arco floreale, ci ritroviamo sul giardino, i musicisti iniziano a suonare e noi a ballare, divertendoci come folli.

Torniamo a Ravenna molto tardi, Manuel vorrebbe che mi fermassi da lui ma non posso, devo rientrare a casa. Mi è sembrato un sogno, ho quasi paura di lasciarlo, ho paura che sia tutto finto e che possa finire all'improvviso. Mi chiede se può dormire da me, sorrido e lo convinco a tornare a casa sua, ho bisogno di dormire tranquilla. Cado in un sonno profondo, il giorno seguente non vado a scuola ma preferisco studiare anche se mi sveglio più tardi del previsto. Dopo essermi messa a pari con gli argomenti nuovi, vado a fare la spesa e preparo il pranzo.

"Brenda!" esclamano mia madre e mio fratello. Li abbraccio e li invito a prendere posto a tavola. Non ci siamo praticamente visti la sera prima. Avevo bisogno di dormire e assimilare tutte le emozioni del fine settimana.

"Hai visto lo striscione?" Leo mi aveva già mandato una foto la sera della partita. Arrossisco al pensiero del gesto plateale di Manuel.

"Chi non l'ha visto?" commento.

"Certo che di inventiva ne ha" scherza mia madre. Racconto del fine settimana fino alla sorpresa sul lago e loro finiscono per guardarmi con le bocche spalancate. Non ci credono. Suona il campanello. Vado ad aprire, questa volta senza controllare chi sia e quando spalanco la porta non credo ai miei occhi.

"Posso?" chiede timidamente, sì timidamente. A quanto pare, anche Natalia ha una sensibilità. Come dovrei rispondere? La faccio entrare.

"Come stai? Non sei venuta a scuola oggi."

"Non mi dire" abbassa lo sguardo.

"Vuoi che ti dia gli appunti..."

"Che cosa sei venuta a fare Natalia? Non ti è mai importato nulla di me, delle mie assenze... cosa vuoi?" sbotto.

"Sono venuta a chiederti scusa" come?

"Brenda, fai accomodare la tua amica" mia madre, nonostante conosca Natalia e sappia quello che mi ha fatto passare in questi anni – non negli ultimi mesi – interviene perché non manchi di essere educata.

Come mi ha sempre detto, se gli altri si comportano male con noi non significa che dobbiamo essere come loro e io, ora più di prima, non voglio essere assolutamente uguale a Natalia, per cui, certo, la farò accomodare e sentire come a casa sua – va be' questo si vedrà.

Le faccio strada verso il salone dove ci sediamo sul divano ad una certa distanza di sicurezza. Io la guardo dritta negli occhi, lei divaga lo sguardo come stesse studiando la stanza.

"È bello qui... accogliente, caldo... come te" non capisco dove voglia andare a parare e soprattutto non capto nessun tono acido nella sua voce. Non è da lei.

"Se sei qui per assicurarti che stia bene ti ringrazio, mi è nuova la tua premura, ma la apprezzo. Se ti fa stare meglio puoi andare..."

"Hai ragione a trattarmi in questo modo e a non credere che voglia scusarmi. Abbiamo entrambe due caratteri forti ma siamo anche abbastanza intelligenti da capire quando abbiamo sbagliato e io ho sbagliato, sono venuta a chiederti scusa, Brenda" dice tutto d'un fiato "ho sbagliato non solo la sera della festa, ma in tutti questi anni... è che io..." sono ferma ad ascoltarla, intuisco che le costi molto ammettere a sé stessa e a me quello che sta per dire "ho sempre visto in te quella che avrei voluto essere io" che cosa? Abbassa gli occhi, ora sono io a sentirmi in imbarazzo, non so cosa dirle, devo digerire l'ammissione "tu piaci a tutti, così come sei, io invece... ho sempre dovuto farmi precedere dal portafogli, carte di credito e macchine di lusso per poter avere persino delle amiche..." le trema la voce, mi viene quasi voglia di stringerle la mano ma preferisco stare al mio posto.

Come ha detto lei abbiamo entrambe dei caratteri forti e siamo orgogliose, potrebbe pensare che mi faccia pena ma non è così. La ammiro molto per il coraggio che sta avendo nel confessarmi quello che prova "tua madre farebbe qualsiasi cosa per te, i miei si preoccupano solo di farmi avere il conto pieno per poter essere indipendente e non avermi intorno" avverto una morsa allo stomaco.

"Ma ho toccato il fondo ed è giusto che te lo dica. Quando è arrivato Manuel e anche lui, come altri, è subito stato attratto da te, non ho potuto fare a meno di ostacolarvi ma... questa volta senza riuscirci" sorrido.

"Alla festa gli ho detto che c'era Raul con te e..." alza gli occhi al cielo "avevo già detto a Raul di assicurarsi che in cantina ci fossero altre bottiglie di vodka e gin, per cui Manuel non si sarebbe insospettito e... l'ho praticamente costretto a ballare con me, buttandomi tra le sue braccia... da quando è arrivato ho cercato di contattarlo più volte per chiedergli di studiare insieme, presentandomi a casa sua qualche volta" ok non so se voglio sentire altro, Manuel non mi aveva detto nulla "ma lui ha trovato sempre una scusa educata" aggiunge "per mandarmi via. So che tra voi procede a gonfie vele ma mi sembrava giusto dirti come stanno le cose e che non mi intrometterò più tra voi" sospiro.

"Lo apprezzo molto" riesco a dire.

"Scusami per la caviglia, per averti chiusa nella stanza e... per tutto" si alza. Credo che mi servirà del tempo per metabolizzare il suo discorso, le sue scuse, ma non provo alcun rancore verso di lei.

"Scuse accettate... Natalia non ti ho mai giudicata, né odiata, avremmo potuto essere semplicemente amiche, leali amiche."

"Che non mi hai odiata lo so e più eri indifferente più mi stimolavi a darti fastidio" scoppio a ridere trascinando anche lei.

"Mi dispiace che abbiamo passato questi anni a non capirci, non sei male come persona in fondo" la prendo in giro. Lei sorride tirando su con il naso.

"Grazie..."

"Credo che tu abbia paura di far vedere la tua fragilità agli altri, siamo esseri umani, non perfetti... lascia che gli altri ti vedano come mi hai permesso di conoscerti oggi..." annuisce.

"Ti va un caffè prima di andare?"  

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