Non so chi sei

Vengo risvegliata dalla voce di mia madre, mi avvisa che la cena è pronta. Ma che ore sono? Quanto ho dormito? Tasto a caso la superficie del letto finché non incontro quello che cerco, il mio telefono. Sono le otto e trenta. Le telefonate di Manuel sono sedici, ma ce ne sono anche due di Cristina. La richiamo immediatamente.

"Brenda, disturbo?"

"Ciao Cris, no. Scusami se ti richiamo ora, ma mi ero addormentata" spiego.

"Non preoccuparti. Ti chiamo per chiederti se ti interessa svolgere del volontariato in una parrocchia a Malaga" volontariato. Malaga. È un segno divino?

"Quando?"

"Questo fine settimana" eh? Dopodomani?

"Sì, dovevo partire io, so che hai l'esame di stato e sarai molto impegnata con lo studio, ma non posso andare perché mio figlio ha la febbre e non partirei tranquilla."

"Certo, capisco. D'accordo, ti do la conferma questa sera stessa. Ne parlo con mia madre, ma, in realtà, avrei proprio voglia di partire."

Quando arrivo in cucina, non ho neanche il tempo di preparare il terreno per l'annuncio che arriva la domanda diretta di mia madre.

" Quando partiresti tesoro?" chiede con voce sorprendentemente tranquilla, deve avermi sentita parlare al telefono.

"Oh... Cristina mi ha chiesto di sostituirla per un volontariato nel fine settimana a Malaga..." dico "e io vorrei andarci" aggiungo con un tono di voce più basso.

"E la scuola? Non hai già abbastanza impegni?" percepisco preoccupazione ma io temo di scoppiare e perdere il senno proprio restando qui, arrovellandomi il cervello tra studio, Manuel e allenamenti.

"È che ne ho bisogno" spiego con voce rotta. Mia madre lascia quello che ha tra le mani per raggiungermi.

"E allora vai, tesoro. Ti farà bene..." le sono grata per quelle parole, per il suo permesso.

"Anzi, sai cosa?" resto in attesa che continui "verremo anche io e Leo. Abbiamo bisogno tutti di un weekend insieme, che ne dici?"

"Grazie" non avrei altro da aggiungere.

Quando ritorno nella mia camera, cerco di distrarmi preparando la valigia. Controllo il meteo di Malaga per il weekend, la massima è di trenta gradi. Ottimo. Proprio quello che mi ci vuole.

Mettere in pausa tutto, scuola, atletica, Manuel, anche solo per un paio di giorni. Per quanto mi sforzi, però, il mio pensiero ritorna a lui e insieme la fitta implacabile che piomba sul mio cuore.

Devo abituarmi, farà male per un po', ma non voglio tornare indietro. Sfilo dall'armadio i completi estivi, T-shirt a maniche corte e sandali. Cristina mi ha fatto avere già i biglietti e tutte le coordinate del programma. Ora però sento scendere sugli occhi tutta la stanchezza della giornata intensa che ho vissuto. Mi impongo di non pensare a quello che è accaduto dalla notte precedente o mi autodemolirei ancora di più. Può bastare così. Metto il pigiama e spengo l'abat-jour.

L'esplosione di un tuono mi fa svegliare in piena notte. Sussulto. La stanza è troppo buia e la pioggia lì fuori è troppo forte. Accendo la luce, una via di scampo dalle briglie dell'oscurità. Mi guardo intorno. È tutto in ordine, è tutto a posto. È solo un tuono, cerco di dirmi.

Odio la pioggia di notte, odio la pioggia in generale, non la trovo rassicurante anzi è come se risvegli la paura che avevo del buio da bambina. Mi affaccio sul corridoio lungo il quale si trovano le stanze di mia madre e mio fratello, ma le luci sono spente e automaticamente mi tranquillizzo, anche se riaddormentarmi con il temporale che non accenna a smettere non mi sembra possibile.

Prendo il libro che ho sul comodino, lo apro, ma è come se lo guardassi e non lo vedessi. Non saprei dire neanche quale sia il titolo. Cerco di ritrovare la calma per riaddormentarmi, magari tenendo la luce accesa. Chiudo gli occhi, inspiro ed espiro... sento dei rumori provenire dalla finestra. Apro gli occhi immediatamente e vado a controllare se i miei timori sono fondati. Non posso crederci. È lui. E, come il giorno di San Valentino, sta lanciando sassi alla mia finestra.

"Che ci fai qui? Non ti apro questa volta!" dico convinta. Lui non mi dà ascolto e si accinge a salire di davanzale in davanzale. Questa volta chiudo la finestra per dissuaderlo, ma lui inizia a colpire con veemenza contro il vetro. Lo odio. Costretta e arresa, lo faccio entrare.

"Ma come ti permetti a presentarti a casa mia in piena notte, nel mezzo di un temporale poi" lui non si cura delle mie proteste, mi spinge contro l'armadio alle mie spalle e mi solleva. Le mie gambe circondano il suo bacino, all'altezza del quale mi sorregge. 

È completamente bagnato, dai capelli alle scarpe. E ora lo sono anch'io, tant'è che i miei capezzoli diventano turgidi sotto di lui. Sussulto, incendiata dal suo sguardo che mi scruta e mi incatena.

"Dimmi che non provi niente" i suoi occhi sono puntati sulle mie labbra. Non riesco a parlare, anche se volessi. Che impertinente.

"Brenda, dimmi che non provi niente" la sua mano scivola sulla mia nuca che tiene in una presa salda e ben stretta. Potrei abbandonarmi al volere della mia dea interiore che vorrebbe strappargli i vestiti, che vorrebbe che lui mi facesse sua in questo esatto momento, ma non cedo. Non questa volta.

"Non provo niente" riesco a dire.

"Non provi niente" sussurra sulle mie labbra e con un movimento rapido e improvviso mi solleva le braccia e mi tiene le mani bloccate nella sua. Sospiro quando senza remore spinge il suo bacino contro il mio.

I battiti cardiaci aumentano spropositatamente e sono il terreno fertile perché Manuel compia quello che ha iniziato. La sua manovra di seduzione e corruzione. La sua lingua si fa strada sul mio collo finché, ormai libera, non resto inevitabilmente incollata all'armadio assuefatta dall'incantesimo che ha indotto su di me. Mi solleva leggermente la maglia per accogliere nella sua bocca i miei capezzoli turgidi.

"Tu sei l'unica droga di cui potrei mai fare uso" dice ansimante, mentre spinge il mio bacino contro il suo. Sento il vertice del suo desiderio gonfiarsi contro di me. Mi trascina verso il letto, su cui mi stende mentre si spoglia.

"Non puoi stare così..." dico in un momento di riacquistata lucidità al vederlo completamente bagnato. Sgattaiolo in bagno, attenta a non emettere rumori che potrebbero svegliare mia madre e mio fratello. Ritorno nella mia stanza con un asciugamano e lo trovo solo in boxer. Avvampo.

"Non puoi stare neanche così però" dico sgranando gli occhi e apprestandomi a chiudere la porta con la chiave che prendo dal cassetto del comodino. Manuel mi attira a sé e si distende sopra di me.

"Non ti è chiaro quello che ti ho detto al campo?" riesco a dire mentre sono ipnotizzata dalle sue iridi scure, ammansita dalle sue labbra che fremo di baciare e dalla presa delle sue braccia in cui giaccio.

"E a te non è chiaro quello che ti ho appena detto?" è una sfida?

"Come puoi pensare che quella bustina sia la mia? Non mi conosci?" scuoto la testa e mi alzo, sfidando il peso del suo corpo.

"Non abbastanza" dico intrecciando le braccia al petto. Manuel fa aderire la schiena al muro, inclinando la testa indietro, arreso. Anche se non è facile restare lucidi in questa circostanza cerco di restare ferma e salda, non voglio cedere alla sua perfezione.

Non voglio dimostrargli che potrebbe fare di me ciò che vuole, soprattutto ora che so di essere ebbra di lui, dell'effetto incondizionato che ha su di me. Mi fa perdere il senno. Potrei assecondarlo in qualsiasi cosa, potrei esaudire qualunque suo desiderio e pensarmi legata e dipendente da lui fino a questo punto mi spaventa.

"Non ce la faccio a starti lontano Bren, neanche solo a pensarlo" dice guardandomi rassegnato. Ti prego, non parlare in questo modo.

"Non so chi sei" riesco a pronunciare. Si apre un ghigno al lato della sua bocca. Mi mordo il labbro inferiore, per quanto tempo riuscirò a starmene ferma con lui davanti, in boxer, completamente bagnato? Ho persino dimenticato di dargli l'asciugamano. Lo tengo ancora in mano.

"Chissà chi sa chi sei, chissà che sarai, chissà che sarà di noi" canticchia la canzone di Battisti.

"Lo scopriremo solo vivendo" cantiamo insieme e scoppiamo a ridere. Come fa? Come può essere capace di riaccendere l'intesa che c'è tra noi, anche quando sembra perduta, assopita, svanita?

Mi avvicino e prendo ad asciugargli i capelli con un movimento dolce e lento. Manuel chiude gli occhi e si lascia accudire. Non riesco ad astenermi dal mordergli quelle labbra, afferro con i denti il labbro inferiore, il che basta per fargli aprire gli occhi e risvegliare il suo istinto naturale.

Lascio cadere a terra l'asciugamano e mi distendo perché possa avere campo libero. Ho i capelli bagnati per via della violenza con cui mi ha stretta a sé appena entrato e ora provvede a scostarmi le ciocche incollate sul volto, inarco la schiena, ad ogni suo tocco, come se il mio corpo fosse completamente controllato da lui, sintonizzato con i suoi istinti. Le sue mani disegnano il mio profilo corporeo finché non siamo entrambi quasi nudi. Ansimo.

"Dimmi solo cosa vuoi, Bren" sussurra al mio orecchio, mordicchiando il lobo. Sorrido, ma non riesco ad articolare nessuna parola. Non so cosa voglio, non so se lo voglio ora.

"Non chiedermi di lasciarti. Non dirmi che è finita. Sono tuo" continua sfiorando la punta del mio naso. Sono fuori controllo. Mi piace esserlo ma dove mi porterà?

Questa domanda mi scuote. Scompare improvvisamente il calore che ha suscitato con le sue mani, con i suoi baci e con la pressione del suo membro contro il mio. Sono scossa da brividi di freddo che mi costringono ad alzarmi.

"Ho avuto paura Manuel" confesso stringendomi nelle spalle. Manuel si alza per prendere la felpa che ho lasciato sulla sedia accanto alla scrivania, dove l'ho lasciata prima di mettermi a dormire, e me la infila.

"Ed io non avrei mai voluto farti trovare in una simile situazione, Bren. Credi davvero che sia stato capace di farti rischiare di essere arrestata?" non rispondo subito. Quelle parole mi immobilizzano. Sono stata capace di pensarlo? Sì. E lo credevo davvero capace di farlo? Sono confusa.

"Bren"mi prende il volto tra le mani. Si siede nuovamente sul letto, mi stringe a sé, allargando le gambe per farmi aderire al suo petto "devi rispondermi. Devo sapere cosa pensi di me" aggiunge.

"È che mi sono fidata troppo, lo faccio sempre. E arrivo a dubitare persino di me stessa... perciò sì, ho creduto che fosse tua la droga" ammetto guardandolo negli occhi.

"È tua?" chiedo in modo diretto, ma con tono sommesso. Lui nega senza smettere di guardarmi.

"E perché era nella tua auto?"

"Non lo so" anche se i suoi occhi non trasmettono insicurezza né la sua voce tradisce indecisione, non riesco a credergli.

"Chi stai coprendo?" incalzo.

"Bren, non sto coprendo nessuno."

"È di Cristian?" scrolla la testa.

"Non voglio immischiarti nei miei problemi" percepisco il tono amaro.

"Non capisci che sono già coinvolta?"

"Appunto, voglio proteggerti" dice chinando la sua fronte sulla mia e stringendomi a sé ancora più forte.

"E allora come faccio a fidarmi?" ricordo la conversazione con Cristian. Forse si era vendicato per il modo in cui lo avevo affrontato? E Manuel lo sapeva?

"Bren, non voglio che ti riguardi" dice con voce ferma, prendendomi il mento con il pollice e l'indice. I miei occhi tornano alle sue labbra, come fossero la loro destinazione preferita.

"Ho litigato con Cristian" confesso. La sua espressione cambia improvvisamente.

"Quando?" chiede sconvolto.

"Ieri sera... è stato lui a metterti la droga nel drink sono sicura" dico.

"Bren" si alza di scatto. La luce tenue dell'abat-jour contribuisce a scurire la sua pelle ancora di più, abbraccio le ginocchia come se mi stessi raccogliendo tutta per confortarmi e incoraggiarmi a non sentirmi debole e fragile davanti alla voglia che ho di concedermi a lui. Manuel cammina avanti e indietro per la stanza. Starnutisce all'improvviso.

"Sshh" e ora cosa gli faccio indossare? I suoi indumenti sono inzuppati e giacciono a terra. Non ho niente che possa andargli di mio eccetto... sì, dovrei avere una felpa di Stef nell'armadio. Mi alzo per prenderla.

"Tieni" gliela porgo.

"Grazie..."

"Non dovevi venire con questo temporale."

"Non dovevi parlare con Cristian" replica con tono severo. Mi porto le braccia al petto sulla difensiva. E come potevo non reagire dopo che lo avevo visto inerme e preda alla droga? Come potevo far finta di niente dopo che Cristian mi aveva dato della troietta per provocarlo la sera in cui aveva messo le cose in chiaro?

"Senti, ti ho ritrovato ubriaco dopo che ti ho lasciato con i tuoi amici. E ubriacarsi pochi giorni prima di una partita non è da professionisti. Ammesso che tu lo sia ancora" ribatto piccata.

"Tu non sai niente Bren" dice dopo essersi infilato la felpa.

"No, infatti. Perché tu non vuoi che io sappia e va bene. Ho messo già le cose in chiaro oggi pomeriggio, eppure sei qui..."

"Eppure ancora non mi cacci" dice avanzando verso di me, bloccandomi ancora contro l'armadio. Deglutisco. Inalo il suo profumo, il solito aroma dolce che permea i miei sensi, insieme a un'oleosa ed esotica fragranza che emanano i suoi capelli umidi.

"Ti ho detto che non puoi stare qui" sussurro. I nostri sguardi vanno in cortocircuito e, come se si sintonizzassero con le scariche elettriche dei fulmini, Manuel prende a baciarmi voracemente, con un trasporto che fino ad ora non ha mai avuto.

"Chiedimi di restare" sussurra sulle mie labbra. Le sue mani si intrecciano alle mie sopra le nostre teste.

"Chiedimelo Bren" ansima mentre i baci si fanno più intensi, le nostre labbra più gonfie. Faccio scorrere le mani dal collo, alle braccia, fino ai lembi della felpa sopra i boxer. Lo afferro e lo trascino sul letto.

"Ho paura dei temporali" sospiro "resta" e mi apro così. Mi spoglio di ogni rabbia, di ogni delusione, tampono ogni ferita con l'esigenza di averlo accanto questa notte. Mi sdraio e lui fa lo stesso al mio fianco. Spengo l'abat-jour. I lampi sono l'unica luce intermittente che illumina la casa, Manuel l'unica fonte di calore di cui ho bisogno.

Quando mi sveglio, lo trovo concentrato a fissarmi. Lo colpisco delicatamente con una mano.

"Cosa vuoi?" dico girandomi dall'altra parte, ancora arrabbiata con lui.

"Dove credi di andare con quella valigia?" chiede impavido sdraiandosi su di me, tenendo la mia testa tra le mani, costringendomi a guardarlo.

"Non ti riguarda" sorride.

"Guarda che arriverei ai confini del mondo pur di trovarti."

"È una minaccia?"

"Decisamente" mi ruba un bacio, un bacio che disapprovo. Mi alzo costringendolo a fare lo stesso.

"Non passo sopra a quello che è successo, Manuel" ribatto severa. Lui sospira. Si infila i pantaloni ai piedi del letto ancora bagnati.

"Capisco" raccoglie lo zaino e il giaccone. Apro la finestra perché possa prepararsi a uscire.

"È finita Bren?" non rispondo a quella domanda, mi limito a chiudere la finestra. I nostri sguardi silenti si sfiorano attraverso il vetro, con un velo di malinconia che aleggia negli occhi di entrambi. Il sole si sta risvegliando, combattendo con le nubi che stratificano il cielo. Manuel scende con un salto e lo vedo allontanarsi a testa china. Mi fa male ma non posso mettermi da parte. 

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