La mia sua sciarpa...

Io non sono mai in ritardo. Mai. Oggi invece sono talmente in ritardo che ho anche perso il bus e il compito di inglese è alla prima ora.

"Tranquilla tesoro, ti accompagno io" mi conforta mia madre, mentre mi muovo da una stanza all'altra in cerca di quaderni, telefono, con una fetta di torta di mele tra i denti e con le mani occupate ad infilarmi le scarpe. Cercando di tanto in tanto di sorseggiare il mio latte e caffè. Intanto mio fratello, in tutta la sua imperturbabilità, cammina, non corre, cammina per nulla preoccupato che siano le otto e a quell'ora mettersi in macchina significa imbattersi in un traffico che, se va bene, ci farà arrivare a scuola alle otto e venti, ossia in ritardo di dieci minuti dal suono della campanella.

"Io vi aspetto in macchina!" sono furiosa. Non mi è mai successo, almeno da qualche anno a questa parte - ossia da quando ho cercato di ridurre e controllare le mie ansie - che non preparassi la cartella la sera prima. Tutto per colpa di quello stupido aperitivo, di quello stupido bacio sulla guancia, di quella sciarpa e quel profumo che ha inebriato la mia stanza e che mi ha fatto fare dei dolcissimi sogni, bellissimi... Non avrei voluto svegliarmi, non mentre Manuel - nel sogno - continuava a reggermi tra le sue braccia, in balia del vento e di una vista mare colorata da un tramonto estivo, come fossimo in un'epoca diversa.

"Se non ti calmi, non risolverai nulla. Faremo in tempo!" apprezzo il tentativo di tranquillizzarmi di mia madre ma le mie mani fremono mentre frugano nella cartella per controllare che ci sia tutto. Cavolo! Il libro. Guardo l'ora , non faccio in tempo a tornare a prenderlo. Pazienza.

"Sali Leo!" esorto mio fratello che, passeggia mentre, parco, mangia la sua fetta di torta. Io invece non riesco a tenere ferme le gambe e a battere le dita contro il finestrino.

"Brenda mi stai facendo venire l'ansia. Cosa c'è? È un compito, neanche fosse il primo che fai. Ti preoccupa che non vada bene? Pazienza!"

"Pa-pa-zienza?" replico balbettando "col cavolo!"

"Ehi ma come parli?" d'accordo sto esagerando. Prendo un respiro profondo.

"Scusa, è che non so dove ho la testa."

"Ti preoccupi troppo. Devi fare come me" suggerisce dal sedile posteriore mio fratello.

"Cioè?" chiedo divertita.

"Non studiare" dallo specchietto retrovisore mia madre gli lancia un'occhiata di rimprovero.

"Spero che i colloqui vadano bene" mi confida sospirando.

"Tranquilla, ha i miei stessi docenti del biennio, mi fermano per il corridoio ogni tanto e mi dicono che è sveglio ma che..." e insieme finiamo la frase "potrebbe dare di più!" guardandolo.

"Ma a che prezzo? Guardate lei! Studia sempre ed è solo nervosa!" in questo ha ragione ma per me è un rifugio, uno scudo e poi... mi piace studiare.

"Invece dovresti prendere esempio da tua sorella, che riesce a organizzarsi facendo di tutto!" mia madre sterza. Mi accorgo che siamo arrivati e sono solo le otto e dieci. Ho esagerato a preoccuparmi in anticipo. Siamo arrivati in tempo.

"Scappo che ho il compito alla prima. Grazie" le do un bacio e mi affretto a scendere.

"In bocca al lupo e tesoro..." mi volto. Ha abbassato il finestrino perché la senta meglio "comunque vada sono sicura che farai del tuo meglio ed è questo che conta. Mettercela tutta a prescindere dal risultato" annuisco e mi dirigo verso l'entrata. Salgo a due a due i gradini, quando mi sento afferrare per i capelli e sono costretta a fermarmi.

"Dove corri?" prima che mi giri - la voce, la riconosco, è quella di Stefano - vado a sbattere contro qualcuno che non è lui, visto che si è parato davanti a me. Ovviamente. È Manuel. Si premura di prendermi per le spalle e di sorreggermi. Ancora quella presa vigorosa su di me. Ora sono l'uno accanto all'altro e non posso fare a meno di notare quanto siano carini entrambi, ma, se Stefano ha un fascino ammaliatore, che o ti aggancia subito o non contagerà mai, Manuel ha un ardore negli occhi, uno scintillio che non ho mai visto in nessuno. Il suo sguardo ha un che di enigmatico e magnetico che mi lega a poco a poco a lui. Ogni volta che i suoi occhi si posano sui miei non riesco a restare indifferente, contro ogni mio buon proposito. Come se fossimo due metalli che si stanno fondendo lentamente a una temperatura dettata dall'intensità dei nostri sguardi.

"Dovrei essere quasi gelosa, ti sei trovato un nuovo amico?" scherzo, concentrandomi su Stefano.

"Non potresti mai essere gelosa di me, sei la mia migliore amica e, fino a prova contraria, qualsiasi ragazzo voglia provarci con te deve venire personalmente a chiedermi la mano. Ehi campione!" mi volto per controllare a chi stia andando incontro Stef. È mio fratello, a cui dà il cinque, tuffando poi la mano nella sua chioma riccia.

"È tuo fratello?"chiede Manuel affiancandomi.

"Come hai indovinato?"

"Siete uguali" sorrido.

"Tu sei Manuel Medina, il calciatore del Raven?" chiede in uno stato di totale adorazione.

"Sì, sono io piacere" Manuel allunga la mano verso di lui, che ricambia soddisfatto il saluto "e tu sei?"

"Leonardo, faccio il secondo, la mia classe è quella lì" dice indicando l'aula all'inizio del corridoio concomitante "a ricreazione vienimi a trovare così faccio colpo sulle ragazze" quell'affermazione fa scoppiare a ridere tutti e tre.

"Ok vacci piano" mi intrometto.

"Tu hai capito proprio tutto fratello" lo incoraggia Stefano, alzo gli occhi al cielo "intanto per ora ti sei guadagnato il mio accompagnamento che le tue compagne di classe non disdegneranno, visto che mi hanno già scritto tutte."

"Ma a me loro non piacciono, sono troppo piccole!"

"Ok, non credo di voler sentire altro. Fila in classe" dico ma lui è preso ad ascoltare i consigli di Stefano che lo scorta fino alla sua aula.

"Ci vediamo dopo" lo saluta Manuel, a cui non manco di rifilare un pugno sulla spalla.

"Che c'è?" protesta divertito. Prima che entri in classe, proprio come la sera prima al White Wild, mi si para davanti, costringendomi ad abbracciarlo con lo sguardo. Indossa una felpa blu e dei jeans che ricadono morbidi sulle sue gambe chilometriche - d'accordo, i ragazzi in tenuta casual o sportiva mi attraggono molto. Ma. Distrazione. E non voglio distrazioni!

"Non hai indossato la mia sciarpa" nota e il tono in cui lo dice sembra quasi un rimprovero.

"Mi stai rimproverando per caso?" lui intreccia le braccia al petto, poi sorride, scuotendo la testa. Arreso.

"No, ma ti sta bene, dovresti metterla" si avvicina al mio orecchio "e cosa più importante, ti tiene caldo" sussurra con voce suadente. A che gioco sta giocando? E soprattutto, perché sento che, qualunque gioco sia, a me piace? Non faccio in tempo a replicare che entra Natalia, frapponendosi tra me e lui.

"Ehi, buongiorno!"dice con voce piena di entusiasmo, alzandosi leggermente in punta di piedi - visto che i suoi tacchi le danno un gran vantaggio - per dare un bacio a Manuel. Cos'è tutta quella confidenza? Lui non sembra dispiaciuto di quell'eccessivo gesto d'affetto ma, semmai, sorpreso, soprattutto per quello sguardo affilato e quel movimento di capelli con cui non manca di colpirmi in volto.

"Scusa Natalia, se vuoi restare qui a parlare con lui ti lascio immediatamente il posto. Non c'era bisogno di sbattermi in faccia i tuoi capelli tinti..." dico passandole avanti "ah e per la cronaca, sono ispidi, fatti consigliare qualche balsamo idratante!" e vado a sedermi al mio posto non senza sentire un brivido di soddisfazione nel vedere Manuel trattenere una risata che sarebbe stata fragorosa, se non si fosse mascherato la bocca con la mano. Nonostante la sua espressione seccata per una risposta che non si aspettava, visto che di solito - e questo accade da tre anni - la lasciavo fare, non faccio a meno di frenare quella sensazione irritante che si insinua nel mio corpo, tanto da farmi muovere con nervosismo mentre tiro fuori il quaderno dalla cartella per ripassare.

"Oh mio Dio" sollevo lo sguardo, è Chiara paonazza e con respiro affannato che si aggrappa al mio banco come fosse l'ultima zattera a cui affidarsi dopo un naufragio in mare aperto.

"Fammi indovinare, hai perso il bus... di nuovo. Oggi anch'io ero in ritardo, comunque" la rassicuro.

"Ho sfilato una corsa... pensavo fosse già arrivata... devo tirare fuori le copiette" ammette.

"Cosa? Ma se sei bravissima in inglese! E poi abbiamo ripassato insieme ieri..."

"Lo so, ma poi mi sono concentrata su greco, sento che oggi mi interroga e proprio perché la mia media è alta, almeno in inglese, e questo è uno degli ultimi compiti scritti non posso permettermi di prendere un'insufficienza" aggiunge boccheggiando e cercando di riprendere fiato mentre si regge con un braccio ancora al mio banco.

"Tieni" le porgo la mia acqua.

"Ho visto un polmone per strada, era il tuo allora" scherza Stefano con la sua entrata sempre ad effetto. Chiara scoppia a ridere e la seguo a ruota. Stefano riuscirebbe a far ridere anche una statua di pietra.

"Pronte per il compito? Vi voglio preparate ed eccellenti come sempre" quel suo ottimismo di prima mattina mi fa intuire che deve essere dovuto all'evoluzione della serata precedente con Irene, ma non faccio in tempo a chiedergli come sia andata perché mi distrae il tono acuto di Natalia che, a gran voce, soprattutto passandomi accanto, dice: "Quando vuoi Manuel, ora il mio numero ce l'hai, ti darò un passaggio ogni volta che desideri" Chiara si mette un dito in bocca, fingendo di vomitare.

"Non è legale questa quantità di profumo alle otto di mattina Natalia" la redarguisce ma lei finge di non sentirla, continuando con la sua camminata ancheggiante, esibendo il suo outfit firmato giornaliero. Manuel si porta una mano dietro la nuca e mi rivolge uno sguardo. Forse pensa che mi ha fatto effetto? Forse crede che mi dà fastidio il fatto che sia salito in auto con Natalia? Non me ne frega proprio niente! Ma non ci credo neanch'io. Fortunatamente entra la professoressa Lindsey e subito mi infonde la calma che è solita trasmettermi ogni volta che la guardo, con quella sua fluente chioma bionda raccolta in una treccia laterale e il suo immancabile termos, con cui ricrea un'atmosfera tipicamente anglosassone, versandosi del tè di continuo, diffondendone l'aroma, ora zenzero, ora cannella, ora un tè verde, ora al lampone. Oggi è decisamente un tè al limone.

"Good morning" quelle parole segnano la fine delle divagazioni e l'inizio della fase in cui ci appelliamo a tutte le nostre energie per superare l'ora di verifica. Non è la professoressa in sé ad agitarmi, ma, si sa, prima di un test non si è mai completamente tranquilli e sto odiando fortemente me stessa per continuare a pensare al fatto che ieri Manuel è entrato nell'auto di Natalia, piuttosto che ricordarmi di Virginia Woolf. Scuoto la testa, per scrollare via quel pensiero da me e qualsiasi cosa abbia a che fare con loro. Non deve importarmi. Concentrati, pensa al compito. Tu e Virginia.

"Volevi chiedermi qualcosa Brenda?" mi accorgo che, quello che credevo fosse un pensiero tra me e me, devo averlo formulato ad alta voce.

"No, no" rispondo sfoderando un sorriso, un sorriso molto sfacciato.

"Bene, allora in bocca al lupo!" leggo le domande. Ne sono solo due, la prima sul ruolo della donna nell'epoca dell'autrice e quale sia la sua posizione in merito; mentre la seconda riguarda la personale interpretazione del saggio. Lascio che dalla penna esca il mio flusso di pensieri, che devo sforzarmi a contenere. Quando mi ritengo soddisfatta del contenuto e controllo l'ora, decido di non rimanere a scervellarmi su cosa potrei cambiare. Mi sento sicura così e mi fido di ciò che mi è uscito di getto. Sono la prima a consegnare ed è ancora presto. Ho voglia di stare da sola e a quell'ora, probabilmente, il corridoio e il bar all'interno della scuola sono vuoti. Dopo aver consegnato il test e ricambiato la professoressa con il suo stesso sorriso gentile, mi dirigo fuori. Sento degli occhi puntati su di me e, probabilmente, so a chi risalgano. Ma non mi giro per constatare se il mio presentimento sia giusto o sbagliato. Mi dirigo verso il bar, ho bisogno di un volto amico.

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