Brenda Levi mi concedi un altro ballo?
Approfitto del viaggio in treno per studiare. L'ultima simulazione di greco verterà su tutto il programma. Manuel, Stef e Chiara sono più tranquilli, visto l'esito positivo della prima lo scorso mese. Io, invece, sento molta pressione su questa prova.
Lo speaker annuncia che la prossima fermata è la mia. Controllo l'ora. Faccio giusto in tempo a raggiungere l'albergo, fare una doccia e andare allo stadio, in tempo per la partita. Una delle decisive e poi il Raven può passare ufficialmente in serie A.
L'amore dei tifosi per Manuel è smisurato, io stessa non me ne capacito ogni volta che vado a vederlo. La capacità che ha di farsi rispettare per la serietà con cui svolge il suo lavoro, il modo in cui entra in campo, restando concentrato per tutti i novanta minuti – se non di più.
Ultimamente non ha più frequentato i suoi compagni di squadra, mi ha parlato di non voler complicare le cose ulteriormente visto che il contratto sta per scadere. Il suo agente gli ha già confermato il rientro a Milano. Sospiro. Entro nel taxi e comunico l'indirizzo dell'hotel. Milano è una delle città che avrei messo in conto per l'Università, ma con Chiara... non con un ragazzo. Manuel parla di convivenza ed io ho paura. D'accordo, lui non trascorrerà molto tempo in casa e quando ci sarà probabilmente penserà comunque alle partite, al campionato e a tutte le sfide che lo aspettano. E io avrò gli esami e il lavoro... per cui forse... meglio non pensarci.
Indosso i jeans, camicia che, per metà, faccio fuoriuscire, il giubbotto di pelle, i mocassini e lascio la stanza di Manuel, mi dirigo verso lo stadio. Giada mi aspetta all'entrata della tribuna.
"Che bello rivederti!" mi abbraccia entusiasta di vedermi ed io ricambio con affetto il saluto.
"Anche io sono contenta" mi prende sottobraccio e mi guida verso l'entrata.
"Qui ci sono tutti i parenti e gli amici stretti dei giocatori" mi spiega quando prendiamo posto. Le squadre si stanno riscaldando in campo.
"Allora, cosa mi racconti?" chiede entusiasta.
"Niente di che, non faccio altro che studiare" rispondo sconsolata.
"Manuel mi ha detto che sei bravissima, perché non pensi a goderti gli ultimi giorni di scuola? Tanto la maturità è una formalità" adoro il suo ottimismo.
"E i tuoi progetti? Hai finito la collezione a cui stavi lavorando?"
"Sì e ora è in produzione" dice con un gridolino. Sono contenta per lei.
Quando i giocatori si dispongono in fila, Manuel ci vede. Capto il suo ghigno malizioso, avvampo, mi schiarisco la voce e cerco di concentrarmi su altro, come sui cori della tifoseria di casa, non proprio gentile con la squadra ospite.
Il primo tempo si conclude 1-1 con il pareggio del Bergamo all'ultimo minuto di recupero. Anche Giada si è accorta del diverbio tra Manuel e Cristian ma non ha commentato. Forse per lei è normale e non conosce i trascorsi, ma finché non lo vedo tornare in campo non riesco a stare tranquilla.
La partita si conclude 2-3, il Raven ha vinto, ma non credo che questo basterà per far sentire Manuel meglio. Il secondo gol del Bergamo è stato un rigore, causato da un difensore del Raven. Hanno notato tutti la reazione di Cristian a fine partita che, anziché abbracciare i propri compagni di squadra, ha aggredito la difesa. Manuel si è frapposto tra lui e i ragazzi, che devono avere la nostra età, e l'allenatore è intervenuto per mandarli negli spogliatoi.
"Tipico di Cristian" commenta Giada, mentre raccoglie le sue cose.
"Tu lo conosci?"
"Sì, ho conosciuto tutti i compagni di squadra di Manuel, ma Cristian ha giocato in serie A fino a qualche anno fa, sappiamo com'è..."
"Non vanno molto d'accordo" mi permetto di aggiungere.
"Figurati se sopporta che intorno a lui ci siano ragazzi più giovani, che hanno tutta la carriera davanti."
"Non dovrebbe supportarli? Consigliarli?"
"Non Cristian... le squadre di serie A non lo hanno voluto, è divisivo, non fa squadra" vorrei fare altre domande e magari confidarle quello che è successo ma ci distrae una ragazza che si avvicina a noi.
"Tu sei Giada Medina, vero?" Giada guarda me e poi di nuovo la ragazza.
"Ho visto la tua collezione sui social" dallo stupore il volto le si è tinto di gioia.
"E ti è piaciuta?" chiede visibilmente commossa e fiera al tempo stesso.
"Molto, da quando sarà online?" si avvicinano anche quelle che devono essere le sue amiche.
"Tra una settimana se tutto va bene" dice entusiasta "oh lei è Brenda, la ragazza di Manuel Medina e sarà una delle mie modelle" mi volto verso di lei, imbarazzata. Non ho neanche l'altezza minima per fare la modella, vorrei dirle, ma è troppo emozionata e convinta perché la contraddica.
"Piacere" mi limito a dire.
"Il giocatore del Raven" si assicura la ragazza. Annuisco. Un'ombra di delusione si diffondi sui loro volti ed io la sento di nuovo... quella fastidiosa gelosia che si fa avanti. Avrei dovuto fare i conti con questo? Con le ragazze che ambivano a lui? Giada saluta le ragazze, dopo che ha captato anche lei la loro reazione e ci avviamo verso l'uscita dello stadio.
"Dovrai farci l'abitudine Bren, dovrai farci l'abitudine" dice prendendomi sottobraccio ed io scoppio a ridere.
"Mi sembra che la tua collezione sia già un successo."
"Speriamo, sono così in ansia!" ammette.
"Tu? Non sembra..."
"Lo so, lo nascondo bene... dobbiamo festeggiare" decreta.
"Aspettiamo Manuel da qualche parte" propone.
"D'accordo" saliamo nella sua auto, mettiamo un po' di musica e mi affido a lei.
"Giada, ma, dove stiamo andando?" chiedo quando vedo che imbocchiamo l'autostrada.
"Oh non te l'ho detto, ma Manuel ha una sorpresa per te..." dice con quel genetico sorriso malizioso. Ricordo improvvisamente quando mi ha chiesto di venire a Bergamo, perché, effettivamente, aveva una sorpresa per me.
"Mettiti comoda tesoro, andiamo a Milano."
Giada mi lascia davanti al Duomo, insieme ad un flusso interminabile di persone che diventano il mio passatempo preferito mentre sono in attesa di... non so cosa. Giada è stata sibillina e vaga. Ho provato a mandare un messaggio a Manuel, dicendogli che idea fosse quella di farmi lasciare nel centro di Milano da sola, ma lui non ha risposto.
"Bren" mi volto e lo vedo avanzare verso di me. È elegante, indossa una camicia bianca, leggermente sbottonata, una giacca e un paio di jeans. Sembra un modello. Di sicuro lo chiameranno prima o poi per qualche campagna pubblicitaria ed io perderò sempre più spazio al suo fianco. Scuoto la testa. Non è il momento di pensarci.
"Ma dov'eri?" riesco a sillabare. Quando siamo vicini mi bacia, mi alzo in punta di piedi per protrarre la durata della permanenza delle sue labbra sulle mie. Il suo profumo è intenso e mi avvolge ed io mi lascio piacevolmente confondere.
"Te l'avevo detto che c'era una sorpresa per te..." lo guardo arresa.
"Quando la smetterai con le sorprese?"
"Quando sarò convinto di meritarti e quando sarai convinta che ti amo" la serietà del suo sguardo mista alla dolcezza della sua voce mi intimidisce. Mi hanno sempre detto di essere più matura delle altre, ma potrei dire che Manuel non sia mai stato adolescente. Sembra adulto, vissuto, consapevole di quello che faccia, di quello che voglia e se una volta si è dichiarato fiero di entrare nell'orbita delle persone a cui dedico il mio tempo ora sono io ad essergli grata per tutto.
In albergo - albergo che si affaccia sul Duomo - trovo un abito confezionato sul letto. Guardo Manuel, mi invita ad aprirlo. È un lungo abito da sera.
"Vuoi che esca?" scuoto la testa. Mi spoglio davanti a lui, che, seppur trattenendosi visibilmente, mi lascia il mio spazio, lo indosso e mi osservo allo specchio. Lo spacco lungo la gamba è notevole, la scollatura è procace, non è da me, ma per questa sera voglio fingere di essere più grande, adulta, donna.
"Sei bellissima" aggiunge Manuel alle mie spalle, facendo affiorare un bacio sul mio collo. Mi volto, lo bacio.
"Aspetta" si inginocchia per sfilare qualcosa sotto il letto. È una scatola di scarpe, delle décolleté per l'abito da sera. Ora la differenza d'altezza tra noi è ridotta.
"Giada ti ha preso le misure" commenta. Sorrido.
"Tua sorella è fantastica..."
"Ora dobbiamo andare" decreta ed io sono ancora presa a rendermi conto della sorpresa che ha organizzato per me per ricordarmi di rispondere o chiedergli quali siano le sue intenzioni. Questa sera voglio lasciarmi trasportare dal caso, anzi da lui, che al caso sembra non aver lasciato nulla
Non prendiamo un taxi, a quanto pare, siamo diretti in centro. Manuel è taciturno, non vuole anticiparmi niente, ma quando ci addentriamo nella Galleria Vittorio Emanuele II, seppur non riesca a crederci fino in fondo, intuisco come si risolva questo mistero.
Non chiedono neanche i nostri nomi, anzi, Manuel sembra conosciuto. Sembra di essere tornati all'atmosfera della festa a tema, sembra di essere in un'altra epoca, in un'altra dimensione. Ma in fondo con Manuel è così, sempre, senza tempo, una storia senza tempo. Non c'è mai stato o è stato troppo circoscritto. Non fa per noi, non siamo nati per essere scanditi da ore, minuti o secondi.
Ci fanno accomodare ad un tavolo, siamo l'uno di fronte all'altra e posso osservare la sua espressione maliziosa e divertita.
"Dicono che ci sia una lista d'attesa di un anno per trovare un tavolo, come minimo. Come hai fatto a prenotare per due?" non faccio a meno di chiedere.
"Primo, ho in mente di portarti qui da quando ti ho chiesto di venire a vedermi a Bergamo, secondo..."
"Manuel" lo chef in persona lo interrompe. Non so se sono più colpita e stupefatta per la familiarità che ci sia tra loro – che non mi aspettavo – o per vedere lo chef a qualche centimetro di distanza da me.
"Carlo!" dice ricambiando l'affetto.
"Finalmente ti vedo con una ragazza, hai messo la testa a posto" lo scimmiotta e io arrossisco.
"Di solito vengo qui con i miei compagni di squadra, non sono mai venuto con una ragazza" mi spiega, ha tutta l'aria di una precisazione di cui dovrei tener conto.
"A proposito, quando torni a Milano? Abbiamo bisogno di te eh..."
"Presto" dice guardandomi, come se dipendesse da me.
"Bene, quello che volevo sentire... vi auguro una buona serata, torno dopo ad assicurarmi che proceda al meglio" lo salutiamo e ringraziamo dell'attenzione.
"Sono esterrefatta..." lui sorride.
"Con me non ti annoierai mai..." suona come una provocazione "a proposito" Manuel controlla l'ora all'orologio al polso, poi si alza improvvisamente per sparire dietro una colonna. Ma cos'ha questa sera? Torna da me e mi invita a seguirlo.
"Dove andiamo adesso?" usciamo dal ristorante per fermarci davanti ad uno schermo che sta trasmettendo una partita, al centro della galleria.
"Non capisco... cosa stiamo facendo?" chiedo confusa. Manuel sorride.
"Guarda" indica lo schermo, mi circonda il bacino con le mani. Mi soffermo sulla partita, sta giocando la sua squadra di Milano, sono all'intervallo e stanno inquadrando la curva. C'è uno striscione:
"Brenda Levi mi concedi un altro ballo?".
Non credo a quello che sto vedendo. Mi copro la bocca con una mano.
"Ma... ma... è opera tua?" mi assicuro.
"E di chi se no?" chiede scoppiando a ridere.
"Sei proprio scemo" dico colpendolo sul braccio. Lui mi abbraccia e mi trattiene nella sua stretta.
"Be' non hai risposto però" sono paonazza, completamente in imbarazzo.
"Non lo so" dico con le braccia al petto.
"Come non lo sai?" replica prendendomi a fare il solletico.
"Fermo, fermo... e va bene..." mi bacia e mi accompagna dentro. Manuel Medina.
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