Capitolo 39
Lo volevo, lo volevo sul serio, ma non era la cosa giusta, non per il mio bene.
«No, no, non avvicinarti» mi allontanai con tutta la forza possibile, alzandomi dalla fredda panchina e restando in piedi, con una mano sulle labbra, l'altra sul cuore, provando a riprendere un battito almeno normale.
Vidi una scintilla di dolore nei suoi occhi e, poi, subito il suo sguardo diventò di ghiaccio, duro.
«Tranquilla, neanche a me è piaciuto» rise sonoramente e in modo strafottente.
Anche se non avrebbero dovuto, le sue parole mi colpirono dritto al cuore, come una freccia perfettamente conficcata nel petto. Aprii la bocca per dire qualcosa, per ferirlo solo perché lui aveva ferito me, ma non uscì null'altro che un piccolo suono inspiegabile.
«Kyle, siamo pronti!» James ci urlò dalla porta e io, senza aspettare una risposta da parte del ragazzo, iniziai a seguire la pavimentazione da giardino, fissando costantemente la strada e le mie converse bianche.
Dopo i ragazzi confabularono ancora un altro po' tra loro, lasciandomi seduta in salotto, comandandomi di non muovermi. Come se avessi potuto andare da qualche altra parte, essendo quella casa mia...
«Okay... quindi il piano è questo, intesi?» sentii Ethan sussurrare. Ma almeno lo sapevano che potevo sentirli da quella distanza?
Tutti insieme si alzarono, posizionandosi esattamente davanti alle scale, preparandosi alla prossima mossa. Qualcosa mi diceva che sarebbero riusciti in tutto e per tutto...
«Megan! Meg! La mamma ha avuto un incidente!» disse Ethan in tono grave.
Spalancai di colpo gli occhi. Era lo scherzo, vero? Che essere meschino... ricorrere alla mamma! La ragazza, senza esitare un secondo, scese le scale di fretta e furia, fregandosene altamente della linea rossa. Pensai che avrei fatto lo stesso, fossi stata in lei. Le facce sconvolte di tutti gli altri ragazzi sembravano così reali che anche io sarei caduta nella trappola, esattamente allo stesso modo della mia amica. Jasmine la seguì in modo spontaneo, mentre Katy, non per cattiveria, né menefreghismo, era rimasta sopra le scale, senza accorgersi di essere un passo dal superamento della linea.
«Dov'è? Dimmi come sta, Ethan?» supplicò la ragazza, scuotendo il fratello in modo agitato e confuso.
Quasi quasi le lacrime stavano uscendo dai suoi occhi. E lì... be', il putiferio. Ethan non riuscì più a trattenersi, scoppiando a ridere letteralmente in faccia a sua sorella, seguito da tutti gli altri. L'espressione di Meg passò prima a confusa, poi ad arrabbiata, nell'arco di due secondi.
«No... ditemi che non è come penso» supplicò, guardando i ragazzi a uno a uno.
«Due piccioni con una fava, Ethan!» commentò Kyle, continuando a ridere e sorvolando sulla richiesta della ragazza. Credo che la mia bocca fosse spalancata ormai da troppo.
«Che stronzi!» esclamò Jasmine, capendo l'imbroglio.
«Non la dimentico questa, non si scherza con la mamma, Ethan!» continuò, invece, Meg, giustamente arrabbiata.
«Quindi rimane solo Katy di sopra... bene. Pensavo sarebbe stato più difficile» constatò Joe, prendendo anche lui il gioco sul serio, contagiato dai suoi amici.
«Dai, Katy, scendi. Fallo per me» supplicò falsamente James, mettendo il labbro all'infuori.
Risi sotto i baffi per la tenerezza e, quando sentii lo sguardo di Kyle su di me, smisi, girandomi dal lato opposto. Katy scosse la testa decisa e noi ragazze la incoraggiamo con lo sguardo.
«Okay, ragazzi, abbiamo un altro piano da preparare» decise Ryan, mentre le ragazze, ancora furiose, si diressero al mio fianco, sprofondando sul divano.
Mi voltai, vedendo i ragazzi accomodarsi in cerchio intorno al tavolo, nella loro precedente posizione. Li sentii farfugliare qualcosa e li vidi mettere chi le mani in testa, chi sotto il mento, pensando ad un possibile piano. Mi girai poi verso le mie amiche.
«Mi ha fatto preoccupare troppo, Ethan, me la pagherà quel farabutto!» si lamentò Meg, non riuscendo a scrollarsi di dosso quel peso.
«Ragazze...» sussurrò una voce alle nostre spalle.
«Katy! Perché l'hai fatto?!» sbottò Jasmine, trovando la ragazza davanti ai suoi occhi.
«Era triste starsene da sola» rispose lei, sorridendo colpevole.
«Guardate, ragazzi, credo non servirà più un piano» rise Joe, e tutti seguirono alle risate.
James si avvicinò alla sua ragazza, baciandola: «Brava, Katy».
«Stronzo» rispose lei sorridendo, lasciandogli una linguaccia.
«Bene... ora le signorine faranno tutto ciò che vorremo» Ethan raccolse l'attenzione di tutti, ricevendo sorrisi soddisfatti dagli amici e grandi espressioni confuse e piene di speranza da noi ragazze.
Passò circa un'ora dove l'unica cosa udibile in quella casa era: «Desy! Katy! Jasmine! Meg!».
In quel momento avrei soltanto voluto avere un altro nome. Ci sentivamo chiamate a destra e manca e la nostra testa stava quasi scoppiando.
«Desy, mi prenderesti un bicchiere d'acqua?» continuò Kyle, stronzo come al solito. E, benché avessi voluto evitarlo, sarebbe stato inutile, essendo costretta ad obbedirgli almeno quella sera.
«No!» mi stravaccai sul divano, rispondendo secca.
«Non puoi rifiutarti!» contestò lui, ricevendo una mia fulminata.
«E allora perché cavolo mi fai una domanda?!»
«Okay, scusa, volevo solo essere gentile. Perfetto. Desy VAI a prendere un bicchiere d'acqua. Va meglio?» domandò facendomi una smorfia soddisfatta.
«Ti prenderei a schiaffi, se potessi» commentai, alzandomi, sbuffando dal divano.
«Dai, basta, ragazzi. Ne abbiamo abbastanza, okay?» tentò Jasmine, trovando l'approvazione di noi ragazze, stanche di fare avanti e dietro per ogni singolo insulso desiderio.
«Credo che abbiano ragione... per questa sera basta» disse Ryan, rivolgendosi ai suoi amici.
«Per questa sera? Per tutta la vita!» commentai, sedendomi su una sedia vicino loro.
«Uno, nessuno ti ha detto di sederti- disse Kyle, rimproverandomi velocemente-, due, Ryan, possono cavarsela così facilmente, secondo te?»
«Votiamo. Scriva "sì" chi vuole dare tregua alle ragazze, e "no" chi vuole continuare» rispose Ethan, prendendo delle penne e fogli bianchi, distribuendoli ai suoi amici. Prima di scrivere qualcosa sul foglio, ci guardarono uno ad uno, mettendo poi i fogli al centro.
«Leggo io» si intromise Meg, deglutendo.
«"Sì", "no", "no"...»
Il sangue mi si stava quasi gelando nelle vene. Mi sentivo come se stessero programmando la mia vita, tralasciando il mio parere. E, be', in effetti era così, a parte che non si trattava di programmare la vita, ma la serata.
«..."si" e "si"» concluse Meg, con voce gioiosa, buttandosi in un abbraccio collettivo.
«Neanche avessimo scampato la pena di morte» commentò Jas, ridendo.
«Metterei la mano sul fuoco che quei "no" li hanno scritti Kyle ed Ethan» sussurrai non appena ci fummo separate da quell'abbraccio di felicità.
«Troppo facile» mi rispose Ethan, lasciandomi un occhiolino.
«Desy, me lo prendi un bicchiere d'acqua?» domandò Kyle, ora gentilmente. Mi stava prendendo in giro, vero?
«Col cavolo» risposi con il sorriso in volto e in modo pacato e gentile, come se gli avessi appena detto: "Certo, tesoro, arriva subito".
Il mio pensiero mi fece ridacchiare un attimo, soprattutto quando poi il ragazzo fece una smorfia buffa.
Senza che nessuno comandò nulla, ci sedemmo intorno al tavolo, iniziando a mangiare qualcosa a sfizio- essendo che la pizza era ormai finita-, e chiacchierando tra noi, in libertà.
«La prossima settimana ci sarà la festa di fine anno...» pensò Katy.
«Cadrà nel giorno del tuo compleanno, Desy» precisò ancora la ragazza, al che annuii.
«Che bello! Sarà bellissimo, non vedo l'ora» iniziò ad esaltarsi Meg.
Avrei potuto giurare che i suoi occhi fossero diventati a cuoricino. Solo io avrei preferito restare a casa, piuttosto che andare a quella festa, soprattutto nel giorno del mio compleanno?
«Dobbiamo assolutamente iniziare i preparativi. Domani parlerò con il preside» insisté Katy.
«E voi ci darete una mano!» continuò Megan imperterrita, rivolgendosi ai ragazzi.
«Io passo» iniziò Joe, seguito dagli altri.
«Voi non passate proprio niente!» si arrabbiò lei.
«Vedrete che vi divertirete» li incitò Jasmine.
«Certo... certo» furono i commenti generali.
Ero restata muta per tutto il tempo, convinta che avrei dato una mano nei preparativi, per lasciare poi il divertimento agli altri. Quel giorno, il giorno del mio compleanno, non era da festeggiare. Ricordavo, come fosse presente:
I miei occhi si aprirono assonnati con la felicità di una ragazzina ancora troppo piccola per sostenere il peso del mondo che poco dopo le sarebbe caduto addosso.
«Auguri, tesoro mio. Spero che un giorno capirai - mamma» queste furono le parole scritte su un biglietto strappato, poggiato sul comodino. "Capire cosa?", pensai con la confusione in testa.
Quel giorno mia madre non tornò, quello dopo neanche, e quello ancora dopo... be', nemmeno. Ditemelo voi, come avrei mai potuto amare quella giornata? Se ne andò, distruggendo i sogni e le speranze di una ragazza immatura di scarsi quindici anni.
Un giorno capirai, mi tornò in mente. No, purtroppo non avevo ancora capito e mai l'avrei fatto, probabilmente. Non avrebbe dovuto abbandonare i suoi figli così e quella era una cosa che non le avrei mai perdonato.
Il giorno del mio compleanno mi portava solo momenti tristi, pensieri inutili per persone ormai lontane, non riuscivo ad immaginare un modo felice di trascorrere quella giornata, né volevo provarci, forse.
La serata trascorse così, per di più evitai Kyle, ferita ancora inspiegabilmente dalle sue parole, e parlando della festa di fine anno. L'ultimo anno.
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