Capitolo 30

Ricominciare è difficile, ma era essenziale. Da quando la mamma era ormai andata chissà dove, la mia vita non era più la stessa; mi ero privata di una vita felice volontariamente, ma sentivo di sbagliare e che avrei dovuto ricominciare senza di lei. Non credevo sarebbe più tornata, ormai erano anni che l'aspettavo con l'illusione di una famiglia felice e riunita, ma era il momento di arrendersi, soprattutto farlo per Jem e mio padre. 

Era trascorsa una settimana da quando papà era partito con la sua nuova donna e in quel momento io e mio fratello eravamo all'aeroporto ad aspettare il loro atterraggio. Nostro padre ci aveva già informato che quella stessa sera avremmo conosciuto in modo appropriato quella donna e i suoi figli e che avremmo dovuto accoglierli a casa nostra, come una vera e propria famiglia. Era una situazione forte per me e mio fratello, costretti ad accettare degli estranei nella nostra casa e a doverla condividere con loro. Probabilmente le nostre vite sarebbero cambiate, aspettavamo solo di constatare se in meglio o in peggio.

Quando una voce meccanica annunciò l'arrivo del volo che stavamo aspettando, ci alzammo avvicinandoci il più possibile.

«Papà» gli saltai al collo, non appena fu nella mia visuale. 

Quasi cademmo a terra, mentre ero tra le sue braccia, come una bambina, e con gli occhi lucidi squadravo la donna che lo aveva accompagnato durante tutto il viaggio. Non potei fare a meno di sperare che fosse ciò che mio padre meritava, dopo tante sventure. 

Dopo aver recuperato tutte le valigie e parlottato tra noi, entrammo in macchina, accompagnammo Sasha e ci godemmo la compagnia delle nostre risate e dei nostri racconti di quei pochi giorni trascorsi lontani.

«Stasera conosceremo tutti, allora?

Mio padre annuì distrattamente al volante e un sentimento di inquietudine si impossessò di me. Da lì a poche ore tutto sarebbe cambiato.

***

«Non toccare, Jem!» rimproverai il mio fratellino, schiaffeggiandogli teneramente una mano lasciata a mezz'aria per stuzzicare del cibo.

«Ho una fame da lupo! Quanto ancora dovrò aspettare?»

«Porta pazienza, papà ha detto che saranno qui a momenti»

E come se qualcuno avesse ascoltato le mie parole il campanello emise il suo suono stridulo.

«Vado io!» si affrettò ad urlare nostro padre dal salone, mentre io appoggiai i palmi delle mani sul lavello per farmi forza e accettare un cambiamento. Jeremy allentò il nodo alla cravatta ed io lisciai l'abito delicato di seta rosa.

«Che bella casa, signor Collins» disse una voce femminile che suonava alquanto familiare.

«Grazie mille, signorina. Venite, i miei figli sono in cucina» mio padre si rivolse a tutti in modo cordiale.

Quando la ragazza varcò la soglia della porta, restammo per un attimo a bocca aperta per poi salutarci con un caloroso abbraccio. Non può essere!

«Già vi conoscete?» chiese mio padre sorpreso, al che annuimmo contemporaneamente. 

Megan era la figlia della donna di mio padre e non potevo essere più contenta di così. La pensavo così fin quando i miei occhi non si posarono sul ragazzo con un espressione infastidita stampata sul volto. Ethan. Come avevo potuto dimenticarmi di lui? E, cosa più importante, come avremmo potuto condividere la stessa casa? Era visibile la nostra antipatia. Basta ignorarlo, mi dissi, convincendo me stessa.

«Non ci posso credere!» mi risvegliò Megan, dando vita a ciò che pensavo anche io.

«Neanche io posso crederci! Ti trovo dappertutto!» ribatté il fratello guardando me, alludendo a qualcosa di cui non ero a conoscenza, come neanche la sorella, che lo guardò con un cipiglio confuso.

«E così già vi conoscete! E chi se lo aspettava!» esclamò Sasha, quando fummo tutti seduti intorno al tavolo.

«Incredibile, non trovi?» continuò, domandando a mio padre, che, al suo fianco, portava il cibo alla bocca.

«Spero che almeno ci sia una stanza tutta per me!» esclamò Ethan, alzando gli occhi al cielo. 

Avrei tanto voluto rispondergli che, se non gli fosse andata bene l'abitazione, avrebbe potuto alzare il culo e tornare da dov'era venuto. Ma dovevo stare calma, per mio padre.

Gli sorrisi falsamente per poi annunciare la buona notizia: «C'è una stanza per gli ospiti, ma dovete decidere di chi sarà».

«Sicuramente mia» disse Ethan con un sorrisetto malevolo.

«Lo so, lo so, hai vinto quella scommessa... la stanza è tua» Megan alzò le mani al cielo.

«Che scommessa?» domandai curiosa.

«Che impicciona!» fu il commento di Ethan, ma per fortuna la ragazza fu più cordiale: «Ethan aveva immaginato potessi essere tu la figlia dell'uomo di nostra madre».

«Come...?» domandai.

«Tengo solo gli occhi più aperti di tutti voi» rispose ovvio quello.

«Credo che andrò molto d'accordo con te» dichiarò il mio fratellino ridendo, guardando la mia faccia e quella di Meg.

«E io dove dormirò?» chiese la ragazza ritornando sull'argomento.

«Scegli, o con me, o con Jem, o con il tuo perfido fratello» le sorrisi.

«Se sapessi la verità, mi ringrazieresti. Altro che perfido» sghignazzò quello.

Gli feci una smorfia, senza capire il motivo per il quale avrei dovuto ringraziarlo.

«Dormo con te, allora!» disse la ragazza infilzando un fungo e portandolo alla bocca.

«Potrei sentirmi lusingata se non fosse per il paragone che mi è capitato» ridacchiai.

«Dormite qui già questa notte, vero?»

Meg annuì, ma la nostra conversazione fu interrotta da mio padre.

«Ragazzi, io e Sasha abbiamo deciso una cosa»

«Forza, non teneteci sulle spine!» esclamò Meg, dopo attimi di silenzio.

«Be', abbiamo deciso di comprare una casa più grande, andremo domani stesso ad informarci. Per ora, stiamo tutti qui... vedo che siete già tutti molto amici»

«Come no!» sussurrò Ethan, ma nessuno ci fece troppo caso.

Mio padre guardava soprattutto me, perché abbandonare quella casa, valeva dire perdere la speranza su un possibile ritorno della donna che mi aveva dato la vita, ed io ero pronta a chiudere tutto definitivamente?

Una mano mi si poggiò sul ginocchio, accarezzandolo.

«Ci sono io, sorellona» disse Jem inaspettatamente, colmando il mio cuore di felicità. C'era lui con me, non sarei stata sola in quella battaglia.

***

Quando la cena abbondante fu finita, con le pance piene, non ci restava che dirigerci al piano superiore e fare dei piccoli cambiamenti alla casa, da vera famigliola felice.

«Ti dispiacerebbe aiutarmi a trasportare questo letto nella mia stanza?» proposi a Meg, mentre con tutte le mie forze tentavo di alzarlo da sola.

«Certo, scusami» sussurrò con un sorriso, poggiando il cellulare che aveva precedentemente tra le mani sul comodino della nuova stanza di Ethan.

«Che hai da sorridere in quel modo?» domandai curiosa.

«Ma... niente...» sussurrò poco convincente.

«Se non vuoi dirmelo, va bene, però...» iniziai.

«Joe mi ha contattata»

Joe? O sta delirando oppure è un lunatico bugiardo.

«Non fraintendermi Meg, ma cerca di non illuderti» le dissi, tentando di frenare la sua immaginazione, sapendo per certo che Joe non volesse impegnarsi in nulla di serio. Lei annuì, comprendendo perfettamente che non era la gelosia a parlare per me, ma che era un consiglio sincero e amichevole.

«Non preoccuparti per me, non mi illuderò» mi rassicurò.

Insieme sistemammo i letti nella mia stanza, unendoli per crearne uno più grande per poter stare comode. 

Quando ci fummo sdraiate a pancia all'aria, con ancora le luci dell'abat-jour accese, restammo sole con i nostri pensieri.

«Grazie, Desy»

«Grazie a te»

«No, grazie perché sei sempre così disponibile, anche se quasi non mi conosci» si girò a pancia in giù, con i piedi incrociati in aria e una guancia spiaccicata sul cuscino.

«Grazie a te perché, anche se sei entrata per caso nella mia vita, sei una ventata d'aria fresca e, credimi, ne ho proprio bisogno» dichiarai portando le mani sulla pancia.

«Quindi sono tipo un uragano?» rise quella per il paragone, rigirandosi e stringendo un cuscino al petto.

«Diciamo di sì» ridacchiai con lei.

«Credo che mi troverò bene qui con voi»

«Sì, lo credo anche io»

Pochi minuti dopo, quando le luci furono spente e il sonno continuava ad evitarmi, fui costretta a cercare compagnia per parlare e trascorrere il tempo.

«Meg, sei sveglia?»

La ragazza fece un verso affermativo per poi accendere l'abat-jour.

«Non riesco a dormire» affermò.

«Be', neanche io» sorrisi.

«Posso farti una domanda?» chiese.

«Veramente me l'hai già fatta» dissi e lei rise.

«Sì, vero. Okay, un'altra allora. Ci tieni davvero a mio cugino?»

Ryan. Oh sì, sì che ci tenevo, ma il problema era comprendere in che modo. I miei sentimenti erano tutti ingarbugliati. Quello che provavo per Ryan era amore o affetto? Perché accontentarsi di un semplice affetto se si può avere un amore folle? Più le domanda si accumulavano, più perdevo di vista la risposta alla prima domanda. Una il susseguirsi dell'altra. Una la risposta dell'altra. Ma la domanda era: "Ci tieni a Ryan?".

«Sì, Meg, ci tengo» risposi infine e, d'altronde, come avrei potuto non tenerci, dato che avevo vissuto la mia infanzia con lui?

«Ma non è amore» sussurrò lei, non arrabbiata, ma pensierosa.

«Non lo so» soffiai.

«Solo una cosa, Desy. Lo so che non è tua intenzione, ma non prenderlo in giro. Non lo merita»

«Lo so, Meg, lo so», sussurrai, mentre decidevo che era meglio capire i miei veri sentimenti.

«Dimmi, Meg, cos'è l'amore?»

«Desy! E tu alle due di notte pretendi anche una risposta alla domanda che vaga in giro per il mondo senza una risposta?» rise di buongusto.

Risi con lei, ma insistetti, marcando le parole "secondo te": «Meg, dai, che cos'è l'amore, secondo te?».

«Ah, non credo di essere un'esperta, affatto, ma credo sia tutto un fatto di sensazioni. Sai, come ti senti dentro anche solo per uno sguardo...» ed io ripensai a Kyle, al suo magnetico e profondo sguardo «...solo per un insulso bacio che riesce addirittura a bruciarti dentro...» ed io ripensai alle dolci, calde, morbide labbra di Kyle «...solo per la presenza e la consapevolezza di quel calore nelle vicinanze. Sembra quasi che si riesca a sentire l'altra metà, che si riesca a percepirla anche se è nella stessa stanza, ma lontana; sai sempre dove girarti a guardare. Ti puoi sentire persa se ti è vicino, ma allo stesso tempo sicura, perché sai che potresti lasciare la tua vita nelle sue mani, ma il tuo cuore sarà sempre integro»

Immagini di me e Kyle si davano battaglia e io ero nella più totale confusione, ma di una cosa ero certa.

«Dimmi, Desy, parlo di Ryan?»

«No, Meg, non è lui il mio amore folle» risposi ad entrambe.

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