Capitolo 25

Lentamente ci avvicinammo l'un l'altro. I suoi occhi azzurri erano più scuri, illuminati solo dalle stelle. Leggevo mille emozioni dietro quello sguardo e credevo altrettante emozioni vedesse dietro al mio. Ryan... non potevo credere che l'anonimo dietro a tutto fosse lui, che lui mi avesse scritto quelle cose.

Quando arrivò vicino a me, mi porse un'altra rosa che spontaneamente portai al naso, per respirare il suo profumo. Il ragazzo mi mise una mano sul bacino. Immagino che stessi tremando, perché Ryan, ancora una volta, mi chiese: «Hai freddo? Vuoi che entriamo?».

Scossi la testa sorridendo. Anche lui stava tremando e non pensavo affatto fosse per il freddo. Le parole non mi uscirono dalla bocca, ma per fortuna lui si preoccupò di cullarmi in quell'insolito silenzio. Mi strinse in un abbraccio, per poi staccarsi leggermente e fissarmi abbassando il capo. Alzai il mio sguardo verso il suo. Potevo specchiarmi nei suoi occhi, tanto che erano limpidi.

«Sei bellissima» sussurrò ad un millimetro dalla mie labbra, distogliendo lo sguardo dai miei occhi e portandolo proprio sulla bocca. Arrossii sicuramente, cosa che lo fece sorridere.

Un attimo dopo le sue labbra erano sulle mie. Era un bacio delicato, uno che ti trasmette tutto. Tutti gli anni della nostra vita trascorsi separati, tutte le gioie e le tristezze di quando eravamo ancora uniti, tutti i litigi, tutti i sorrisi, tutto se stessi.

Mi sporsi io per dargliene un altro leggero, aggrappando le mani sulle sue spalle. Nonostante avessi quei pochi centimetri in più, grazie ai tacchi, ero comunque più bassa di lui. Fermò la sua fronte sulla mia e in quel momento i suoi occhi sembravano come mare in tempesta. Mi fissò ogni parte del viso, indugiando sulle labbra e sugli occhi. Non capivo bene come mi sentivo, sapevo solo che quella era la cosa giusta e le sue labbra sulle mie confermarono tutto. Ormai c'eravamo solo noi, non c'era più nessuno. O almeno lo pensavo finché, aprendo gli occhi, non vidi la figura di Kyle stringere i pugni e mordersi violentemente un labbro. Mi fregai altamente della sua persona, sebbene un peso mi affondasse nel petto e fosse doloroso.

«Grazie» sussurrai sulle sue labbra.

«Di cosa?» scosse la testa.

«Il biglietto, la collana e di questo» spiegai. Per un attimo mi guardò confuso.

«Grazie di te»

Prese un forte respiro. Sorrisi per le sue parole e abbassai le braccia. Il ragazzo mi prese per mano e mi condusse nella palestra.
Non sapevo come mi sentivo, non sapevo tutto ciò cosa significava e non sapevo neanche se qualcosa sarebbe cambiato.

Una musica melodica risuonava all'interno e piccoli gruppi si erano formati in tutti i tavoli che facevano da cornice alla pista da ballo. Su quest'ultima molti ballavano, stranamente in modo tranquillo. E ancora una volta fui felice di vedere i ragazzi ballare anche dei lenti.

Quando vidi Katy, James, Joe, mio fratello e altri della squadra di basket con altre ragazze ad un tavolo, mi avvicinai, ancora mano nella mano con Ryan. Mi faceva strano avere la mia mano nella sua, era protettivo, era rassicurante, come a dire "nonostante tutto, io ci sarò", ed era una sensazione stranamente fantastica. Non sapevo se con lui sentivo le farfalle nello stomaco, perché non sapevo neanche cosa si dovesse provare per averle. Quindi pensai fosse così, nonostante mi mancasse quel qualcosa in più.

Katy mi guardò stranita ed io lasciai la mano di Ryan, non per vergogna, anzi, credo che molte sarebbero andate fuori di testa a vederlo baciarmi, ma solo perché non volevo creare scoop. Il ragazzo mi guardò annuendo, come sempre comprendendo tutto.

«A che state giocando?» disse Kyle arrivato all'improvviso alle mie spalle.

«Obbligo o verità» rispose James. E in quel momento ricordai che dovevo aiutare il ragazzo con Katy. E quale modo migliore di obbligo o verità?

Kyle prese posto difronte a me, prendendo la bottiglia e iniziandola a girare, senza degnarmi di uno sguardo. Dopo vari turni di stupidi obblighi e verità, la bottiglia si fermò su James.

«Ti obbligo a stare chiuso nel ripostiglio per dieci minuti con Katy» annunciò Kyle come sospettavo. Era stata sua l'idea, per far stare loro un po' da soli.

Katy mi toccò un ginocchio, per dire "finalmente!", al che io feci una piccola risata che non rimase inosservata dal ragazzo difronte a me. Finalmente mi aveva guardata! I due si alzarono e timidamente entrarono nel ripostiglio.

JAMES' POV

Kyle si stava attenendo ai piani, sebbene la sua vita amorosa non fosse poi un granché. Mi aveva "obbligato" a stare per dieci minuti da solo con la ragazza che mi piaceva. Quella sera poi era da togliere il fiato.

Chiuso lì dentro con la piccola Katy, desiderai la sfrontatezza di Kyle, purtroppo io avevo sempre quel pizzico di timidezza che mi impediva di agire al meglio. Katy si sedette con un piccolo salto su uno dei bassi scaffali che si trovavano lì e mi guardò sorridendo.

«Non credi che questo gioco sia stupido?» domandai incuriosito dalla sua risposta.

«Dipende dai risultati...» sussurrò pensando a qualcosa.

Mi avvicinai a lei, poggiando le braccia sulle sue gambe snelle, ritrovandomi a faccia a faccia con lei, che spontaneamente si avvicinò.

«E che risultati stai cercando tu?» domandai a un soffio dalle sue labbra. Queste si avvicinarono pericolosamente alla mie e, capendo le sue intenzioni, presi coraggio, la baciai. Prima un bacio lento, pieno di strane emozioni, poi, non si sa come, mi ritrovai a stringere le sue gambe attorno alla mia vita, per quanto possibile, poiché ostacolato dal lungo vestito che, nonostante le calzasse a pennello, avrei preferito non ci fosse.

«Katy» mi zittì con piccoli baci dappertutto.

«Katy» continuai, dovevo dirglielo, volevo fosse chiaro.

«Shhh...» mi zittì ancora, ma poi ottenni la sua attenzione.

«Mi piaci» dichiarai. La ragazza sorrise, era stupenda, e iniziò a baciarmi velocemente ovunque.

«Mi piaci anche tu» rispose di rimando. La baciai dolcemente.

«Grazie per il biglietto» continuò la biondina. Io sorrisi. Era un piacere, soprattutto per i frutti che aveva dato.

Qualcuno bussò alla porta, così, con un salto, Katy scese dal mio corpo, sistemandosi frettolosamente il vestito.

«I dieci minuti sono terminati» disse qualcuno da dietro la porta.

Com'era possibile che erano già trascorsi dieci minuti? Quando volevi non passavano mai, quando invece speravi durassero per sempre, in un attimo erano volati via. Maledetto tempo della vita!

Aprii la porta e prima che Katy potesse sfuggirmi le diedi un bacio sulla tempia, dicendole: «Nel caso in cui non ti fosse chiaro: ora sei mia».

Non volevo essere possessivo, sapevo Katy avesse compreso il senso della mia frase. Volevo stare con lei, soltanto che mi suonava strano dirlo chiaro e tondo. La ragazza ridacchiò ed io rimasi ancora una volta ammaliato dal suo sorriso.

KYLE'S POV

Il mio piano era andato a buon fine. Vidi Katy arrivare con le guance e le labbra rosse e gonfie, mentre James con una cravatta mezza allentata e i capelli scompigliati. Il mio compito era completato, mi toccava solo pensare a me in quel momento. Avrei risolto tutto in qualche modo. Ryan non aveva ancora vinto, lei ancora non aveva pronunciato quelle due parole. Potevo anche recuperare. Forse aveva vinto la battaglia, ma non la guerra.

Girai la bottiglia e feci in modo che finisse su Desy, seduta di fronte a me. James disse l'obbligo al posto mio e io speravo mi comprendesse.

«Desy, ti obbligo a stare chiusa con Kyle quindici minuti nell'aula di letteratura inglese» disse quello.

Vidi la ragazza sbiancare, insieme a Ryan al suo fianco. Credeva di aver vinto? Credeva che lei ormai fosse sua? Si sbagliava di grosso.

Dopo un po' Desy annuì, stringendo una gamba a Ryan, sussurrandogli qualcosa che non fu udibile alle mie orecchie. Si alzò, seguita da me. Ci allontanammo insieme dalla massa di ragazzi e ci dirigemmo nell'aula assegnataci. Chiusi la porta, aspettando che parlasse, ma non lo fece.

«E così stai con Ryan...»

«Non vedo perché debba importarti» sussurrò sprezzante. Credevo quest'odio tra noi fosse finito.

«Bene, allora posso fare quello che volevo fare» sorrisi avvicinandomi a lei. Ogni mio passo, era un suo indietro, fin quando non si trovò schiacciata tra il muro e il mio corpo, che le avrebbe impedito di muoversi. Sentivo il suo calore, sentivo il modo in cui il suo corpo rispondeva al mio. E non c'era cosa più bella.

Era mia, lo sentivo. Ed io ero fottutamente suo.

Posai una mano dietro la sua schiena nuda e questo provocava la mia voglia di baciarla.

«Sei perfetta, principessa». Arrossì visibilmente e anche quello mi faceva impazzire di lei.

«Sei troppo perfetta per lui» sussurrai sulle sue labbra, chiaramente riferendomi a Ryan. Il suo viso, prima imbarazzato, divenne colmo di stizza.

«Non decidi tu con chi posso o non posso stare» mi disse in un sussurro sprezzante.

Peccato che il suo corpo tradisse le sue parole. Non capivo quale cuore tra i due battesse più forte. Credevo stessero facendo una gara, viaggiando sulla stessa onda, alla stessa velocità.

Mi fissò negli occhi e dopo un po' l'odio scomparve, lasciando spazio solo al suo viso dolce e desideroso. Sapevo cosa bramava e lo sapeva anche lei, sebbene non l'avrebbe mai ammesso, men che meno in quel momento.

Avvicinai le mie labbra alle sue, unendole. Finalmente mi sentivo intero, non più a pezzi, ma finalmente completo. Non si tirò indietro inizialmente, forse l'orgoglio aveva preso il sopravvento successivamente, perché disse: «Allontanati da me».

Ma percepivo che, ancora una volta, il suo corpo chiedeva il contrario... "resta con me". Così giocai un'ultima carta. Lo facevo per la scommessa, solo per quella, io non provavo nulla per lei.

«Dimmi che non senti quello che sento io...». Distolse lo sguardo sussurrando un misero "no".

La lasciai andare, allontanando i nostri corpi. La mancanza del suo calore mi fece sentire un senso di vuoto, ma non ci diedi molto peso. Non potevo obbligarla a dirmi la verità, pur sapendo che fosse pazza di me. Lo percepivo da come mi guardava; inconsciamente era mia, doveva solo capirlo. In un modo o nell'altro avrei vinto quella scommessa. Perché era per quello che stavo facendo tutto, non perché ero innamorato di lei, anzi, la odiavo.

«Vedremo...» sussurrai prima che qualcuno potesse aprire la porta, avvisandoci della fine dei quindici minuti.

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