Capitolo 16

«Com'è andata a scuola?» domandò mio fratello appena tornai a casa, con addosso solo un jeans semi aperto, aprendo il frigo per prendere del latte e berlo direttamente dalla bottiglia.

«Ora ti preoccupi per me?» domandai a mia volta, poggiando lo zaino a terra vicino al divano. 

Alzò le spalle come previsto e continuò a bere. Si era appena svegliato e, esattamente quando avrebbe dovuto pranzare, stava facendo colazione. Inoltre stava collezionando un numero sproporzionato di assenze e i professori spesso fermavano me nei corridoi della scuola per chiedere spiegazioni. Cosa avrei dovuto dirgli? Jeremy è rimasto a casa perché aveva da fare con una ragazza? Aggiungerei una ragazza sempre diversa.

«Non puoi permetterti così tante assenze, Jem!» lo rimproverai, sapendo comunque che non mi stesse dando ascolto.

«Non preoccuparti, sorellona» mi mise un braccio intorno alle spalle. Nonostante fossi più grande di lui di un anno, lui era più alto di me di almeno dieci centimetri.

«Almeno quella ragazza è andata via?» domandai, pregando fosse così. Odiavo trovare qualcuno gironzolare per casa, come fosse la propria.

«Sì, Mary è andata via poco fa» rispose come se nulla fosse.

«Almeno ricordi i loro nomi...» sospirai. Forse aveva ancora un cuore, forse gli importava ancora di qualcuno.

«Veramente no, le battezzo tutte così. Non ricordo nemmeno uno dei loro veri nomi, già è tanto se ricordo il volto» ridacchiò spostando il braccio dalle mie spalle. 

Lo guardai confusa, mettendo una mano sul volto. Com'era possibile che riuscisse a parlare di certi argomenti senza imbarazzo, mentre io non riuscivo neanche a pronunciare una parola su un misero ed insensato bacio? E poi... com'era possibile fossimo davvero fratelli?

Alzai gli occhi al cielo, raccolsi lo zaino da terra ed andai in camera.

***

Trascorsi il pomeriggio facendo i compiti e personalizzando il mio diario; ero pronta a scrivere quando qualcuno bussò al campanello ed io mi precipitai al piano inferiore per aprire la porta. 

Mio padre era rientrato da poco e in questi giorni stavo apprezzando il suo gesto di bere di meno. Forse un giorno avrebbe smesso, continuavo a sperare. 

Jem aveva già aperto e, in tutta velocità, Katy gli saltò addosso. Nonostante mio fratello fosse un Don Giovanni, lui e la mia amica erano come fratelli.

Dietro di lei, entrò Jasmine, in tutta la sua bellezza, e vidi Jem puntargli gli occhi addosso. Credevo non l'avesse mai vista, ma il suo sguardo era strano.

«Abbiamo portato la pizza» annunciò la ragazza bruna, puntando i suoi occhi su me e mio fratello.

«Jas, lui è mio fratello»  lo annunciai, mentre Jem, dopo essersi liberato dalla stretta di Katy, la squadrò porgendole una mano.

«Sì, me ne hanno parlato» sussurrò lei. 

Cosa stava dicendo? Chi gliene aveva parlato? E poi perché mai qualcuno avrebbero dovuto parlarle di mio fratello? La mia mente era piena di punti interrogativi, ma lasciai perdere. Probabilmente era stata Katy a raccontarle di lui, anche se mi sembrava una cosa improbabile data l'occhiata della mia amica rivolta verso di me.

«Mangiamo? Ho una fame tremenda» Katy si diresse in cucina, rubando i cartoni della pizza dalle mani di Jas.

La seguimmo tutti in un silenzio alquanto imbarazzante. Menomale che la solarità di Katy era ottima per spezzarlo.

Il campanello suonò di nuovo. Chi altro poteva essere?

«Ah, sì, Desy, abbiamo incontrato Kyle per strada e ci ha detto che avrebbe fatto un salto per la pizza» la indicò la mia amica, mordendo un altro pezzetto. 

Era uno scherzo, vero? Jem intanto era andato ad aprire e, sfortunatamente, lo lasciò entrare. Kyle fu fortunato a non trovare me davanti alla porta, altrimenti lo avrei fatto tornare da dov'era venuto.

Il ragazzo alzò il capo, a mo' di saluto, e si sedette vicino a me, sull'unica sedia libera, difronte a Jasmine.

«Qual cattivo vento ti porta qui?» borbottai a bassa voce, in modo da farmi sentire solo da lui, mentre i ragazzi chiacchieravano animatamente.

Mi rivolse uno sguardo senza rispondere, facendo un mezzo sorriso. Chi lo capiva?

«Certamente non sono qui per te» mormorò dopo un po'.

«Ma sei in casa mia!» protestai. Non rispose.

«Ehi, Jas, raccontaci un po' di te» alzò la voce Kyle, in modo da farsi sentire da tutti.

«Be'... che dire. Ho diciotto anni, vengo dall'Italia...» iniziò la ragazza, guardando Kyle come se volesse far colpo.

«Perché sei venuta a New York?» continuò a domandare il ragazzo, appoggiando un gomito sul tavolo e una mano sotto il mento, in modo da dargli più attenzione. Stavano davvero filtrando davanti a noi?

«Diciamo che sono anche un po' di qui, mia madre lo era» sussurrò la ragazza.

«Era?»

Oramai era solo una conversazione tra i due. Cosa cercava di dimostrarmi?

«Perché non c'è più ora»

Mi dispiacque per lei, in un certo senso anche mia madre non c'era più, era andata via di casa quando ero più piccola, non molti anni prima, e non si era fatta più sentire. Ma comunque era viva e quindi un minimo di speranza di rincontrarla potevo averlo, lei no. Forse qualcosa in comune lo avevamo lo stesso.

«Mi dispiace» sussurrò Kyle. Cosa? Aveva un cuore, quindi?

«Non dispiacerti, non la vedevo quasi mai, l'avevo conosciuta solo per pochi mesi e poi il destino me l'ha portata via» la ragazza guardò Kyle scuotendo una mano, come per dire "acqua passata", ma non era mai acqua passata se si trattava di una madre.

«So che anche vostra madre è andata via» Jas si rivolse a me e Jem.

Come faceva a sapere tutte quelle cose sulla mia famiglia? Rivolsi un'occhiataccia a Katy. Non che fosse un segreto, ma non doveva spifferare tutta la mia vita così, come se non contasse niente. Lei mi guardò innocentemente. Se non era stata lei, chi allora?

«Sì, è fuggita per una nuova vita» prese parola mio fratello. 

Era indifferente alla cosa molto più di me. Ancora mi faceva male parlare di lei. Non era contenta della sua vita con noi? Eravamo la sua famiglia, non riuscivo a capire.

«Ah, mi dispiace»

Che c'era? Quello non lo sapeva? Il suo "mi dispiace" mi sembrava finto, nonostante avesse potuto capire alla perfezione i nostri sentimenti cupi.

«E tu? Raccontaci qualcosa di te, Kyle» Jas si rivolse al ragazzo. 

Mi toccava ascoltare quella storia che avevo vissuto con lui. Sua madre che se la spassava costantemente con un altro, il padre che lo sapeva, ma per paura di perderla non muoveva un dito e si sottometteva a tutti i suoi voleri; sua sorella sposata e divorziata che da non molto aveva assunto gli stessi comportamenti della madre. Cioè, praticamente una famiglia problematica come la mia. Probabilmente era quello che da bambini ci aveva unito così tanto, la nostra vita che, pur non semplice, facevamo diventare normale insieme, ma, purtroppo, dopo il suo insensato allontanamento eravamo diventati entrambi così diversi. Io chiusa con tutto il mondo, lui puttaniere della scuola. Non saprei dire chi andasse peggio, ma le nostre personalità erano completamente opposte e non si sarebbero ritrovate mai più.

«Non sono uno che ama raccontare la sua vita, ti basta sapere che sono così come mi vedi» il ragazzo aprì le braccia per lasciarsi guardare. 

Strano che non avesse accennato a davvero nulla di lui, a tutto quello che lo aveva trasformato in quel che era. Chissà come saremmo diventati se le nostre vite non fossero state così pericolosamente difficili. Un po' capivo quel ragazzo, ma soltanto un po', in fondo in fondo.

«Ah, allora dovrei dedurre che la tua vita sia perfetta, ma qualcosa mi dice che non è così» la ragazza mise l'indice sulle labbra, socchiudendo gli occhi, mentre le sue lunghe ciglia nere si chiudevano e aprivano freneticamente.

Okay, praticamente gli stava dicendo che era perfetto ed io non capivo perché non fossero andati a farsi complimenti da qualche altra parte.

«Se qualcuno vuole sapere qualcosa di me, prova a scoprirlo da solo» parlò Kyle, intimandola a scoprire da sé quel che voleva sapere. Mi sentivo la terza incomoda, sebbene non fossi l'unica a guardarli esterrefatta.

Katy tossì, richiamando l'attenzione, fortunatamente: «Che ne dite di fare qualcosa?»

«Qui vicino hanno dato una festa, potremmo anche fare un salto!» esclamò Kyle. Come mai lui era a casa mia se avevano dato una festa?

«Perché tu non sei già lì, allora?» domandai curiosa.

«Perché è una festa data da Ryan e tu puoi immaginare quanto sia noiosa» rispose semplicemente. 

Gli diedi uno schiaffo abbastanza forte sul braccio. Odiavo quando parlava così di Ryan, per troppi motivi. Uno, perché una volta era il suo migliore amico, due, perché non se lo meritava e tre, perché non era affatto vero.

«Mi dispiace se non sono tutti stronzi come te» ammiccai arrabbiata, mentre mi alzavo per andare al piano di sopra e recuperare la giacca di pelle.

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