Parte 5

Il gelo penetra fin nel profondo, cancella i colori, li attenua e li spegne, acquieta gli animi e rende il respiro chiaro alla vista, per mostrare lo spirito che abbandona il corpo in ogni secondo, quando esso si libera e si unisce a quello degli altri nell'aria, perché questo è ciò che ci rende vivi.

Le grandi vetrate dell'aula di arte brillavano trasparenti riflettendo le lame argentee, figlie sinuose e snelle del pallore lunare, graziosa progenie della madre di quella stellata senza pari. Quella notte il mondo vestiva il suo abito più bello, danzava nei sospiri e nei sogni dei puri di cuore, con la preghiera di poter giungere alle guance di Riccardo per purificarle dalla salata rugiada a scavarne il volto innocente, così come faceva sempre in segreto padre Sole durante il suo ricevimento diurno. L'uomo teneva le palpebre abbassate, respirando a pieni polmoni l'aria notturna e gelida dell'inverno, con il solo desiderio di poterne percepire ancora la fresca carezza, privilegio che non gli era più concesso da molto, molto tempo, Idio stesso glielo aveva strappato a causa del peccato di cui si era macchiato durante l'istante fatale in cui il suo respiro lo aveva abbandonato per l'ultima volta. I lunghi capelli neri del bidello vennero scossi da una fredda folata finendo davanti al suo sguardo triste, era come trovarsi nel bel mezzo di una foresta scura, circondato da tronchi di alberi più o meno sottili, dove si trovavano ciocche integre o meno, ma tutte rigorosamente color carbone, una natura rinsecchita, come resti di un incendio contro un cielo grigio. La mano destra di Riccardo si spostò su di esse spingendole indietro mentre la sua sorella mancina correva rapida nella tasca della tuta che il bidello indossava, estraendone un elastico di plastica con il quale la chioma selvaggia venne domata, lo spirito non sopportava dover tenere la capigliatura sciolta, lo infastidiva, perciò lo faceva solo durante l'orario scolastico, quando era certo che Giovanni fosse presente. Non c'era nulla che l'uomo non avrebbe fatto pur di soddisfare quel giovane meraviglioso, sapeva quanto quest'ultimo amasse passare le dita attraverso quell'insieme di nodi che aveva sulla testa, arricciare le punte fra le dita solleticandosi con esse, formandovi spirali tra una falange o l'altra e, di quando in quando, anche intrecciarne corte parti in brevi trecce che poi lui era obbligato a tenere fino a quando non era il ragazzo stesso a disfarle. Il pensiero lo fece sorridere, c'erano delle volte in cui il più piccolo sapeva essere davvero dolce, fin dal primo momento Riccardo aveva sentito il forte bisogno di stargli accanto, di vedere il sorriso di Giovanni in ogni momento, di coccolarlo, stringerlo e renderlo felice, a volte l'uomo non poteva proprio fare a meno di pensare che il minore fosse una sorta di regalo di scuse da parte della vita. L'esistenza si era sempre rivelata una stronza bastarda nei suoi confronti, concedergli l'amore solo dopo la morte era stato il colpo di grazia finale, perché lui lo sapeva, era certo di come sarebbe finita, una volta passati gli anni della scuola il suo amato studente modello se ne sarebbe andato da quell'istituto, l'università aspettava a braccia aperte persone intelligenti e talentuose come il moro, poi il fanciullo sarebbe cresciuto e, resosi conto di non riuscire ad avere una relazione insieme al maggiore, lo avrebbe lasciato e Riccardo si sarebbe ritrovato in quella solitudine che, grazie all'altro, era certo di aver finalmente abbandonato. Nonostante restasse fermo, immobile, nel suo petto, il corvino poté sentire chiaramente la fitta che gli travolse il cuore, in futuro il giovane che amava avrebbe conosciuto qualcun altro, migliore di lui, forse addirittura una ragazza e, dopo il matrimonio, sarebbero nati dei bambini, con gli stessi identici occhi blu del loro meraviglioso padre. L'uomo si sedette sul bordo della finestra e liberò dei singhiozzi, pregò, pregò con tutta la voce che aveva in modo che anche la splendente la Luna lo ascoltasse, perché essa, padrona crudele degli spiriti in pena, lasciasse frantumare la sua anima frammento dopo frammento abbastanza velocemente cosicché non fosse mai costretto ad assistere a tale scena.

<< Ne sono consapevole ... Lo so ! >> la voce di Riccardo si levò ancora più alta nonostante nel buio risuonasse solo come la carezza del vento contro le fronde buie degli alti alberi nel giardino della scuola << Non ho via di fuga da questo inferno, né merito compassione o gioia nell'eternità che mi attende a causa del mio peccato, ma tu, che tra tutte le mie carceriere notturne brilli come regina e mi guidi nelle tenebre, concedimi solo questo desiderio ... Concedimi che mai vedrò il mio amore appoggiare le labbra che ha donato a me su quelle di altri, ti prego ... >>

Gli occhi dell'anima vagarono nel circondario, fatta eccezione per un paio di vetture che fuggivano rapide nella notte inseguite dalle luci accecanti dei propri fari posteriori, nessun segno o risposta giunse al corvino facendogli abbassare lo sguardo con rassegnazione, logico che non avrebbe ottenuto nulla. Un sospiro abbandonò le labbra dell'uomo, chi si trovava nella sua condizione non riceveva mai ciò che chiedeva, era parte del supplizio, cioè, non che ne fosse propriamente sicuro, ma una volta aveva incontrato un altro nella sua stessa condizione, un adolescente piuttosto sfrontato che aveva deciso di tagliarsi le vene nel bagno di casa propria. Si era ritrovato a chiacchierarci dopo che, una delle compagne di Giovanni, aveva portato a scuola una vecchia lametta per un progetto scolastico spiegando a tutti come un suo cugino, di chissà quale grado, avesse deciso di usarla per ammazzarsi, le ragioni di tale gesto restavano ancora un mistero per i suoi familiari e l'oggetto era stato passato di mano in mano fra i parenti fino ad arrivare a lei. Riccardo era rimasto stupito quando, durante la notte, si era ritrovato il ragazzo davanti, ma dopo lo shock iniziale il giovanotto gli aveva raccontato la sciocca motivazione di quel gesto, a quanto pareva si stava velocemente diffondendo come moda fra i suoi amici, li faceva sentire forti sembrare depressi e disturbati, più tagli uno aveva più veniva notato, era il primo marchio che si faceva e, a causa di un'incisione sbagliata, fu anche l'ultimo. Il bidello si vergognò molto al pensiero di non ricordare più nemmeno il nome di quel poveretto, ma la stupidità del gesto che aveva compiuto, quella non l'avrebbe scordata mai, come si poteva rinunciare alla vita in modo così idiota ? Che ne poteva sapere un marmocchio di quanta disperazione porti le persone a gesti tanto estremi quali l'auto-infliggersi dolore, o al perdere la vita quando i problemi ti schiacciano e non c'è altra via d'uscita ? Niente. L'uomo abbandonò la finestra e rientrò nella stanza osservando l'ambiente intorno a sé, aveva sempre avuto paura del buio, di tutti i ricordi crudeli che era in grado di fargli tornare alla mente, dei mille suoni sconosciuti che riusciva ad ampliare mentre la mente, sua grande alleata, si preoccupava di mutarli negli scenari peggiori e più spaventosi, così anche, e soprattutto, con le ombre. Riccardo si vergognava ad ammetterlo, ma fin da quando era vivo, aveva sempre utilizzato piccole fonti di illuminazione accanto al proprio letto per riuscire a vedere intorno a sé nel caso si fosse svegliato nel bel mezzo di un incubo, ma ora che era morto non era più riuscito ad uscire dalla scuola per comprarsene una, e si sentiva troppo in imbarazzo a domandare a Giovanni, così si teneva il terrore. Il corvino deglutì ed il suono che emise gli parve ancora più forte delle grida che aveva lanciato prima con disprezzo, il bidello restò in silenzio qualche secondi, i pugni serrati e lo sguardo fisso davanti a sé, decise che per quel giorno bastava, aveva già fatto abbastanza giri di ronda, era il momento di tornare alla stanzina, chiudersi dentro e provare a dormire un po', cosa ci voleva, era sufficiente che attraversasse il corridoio ed aprisse la porta, inoltre, fattore non indifferente, era già morto, cosa poteva capitargli di peggio ? L'uomo afferrò saldamente la maniglia dell'aula e la tirò verso di sé tenendo gli occhi chiusi e fiondandosi fuori senza nemmeno guardarsi intorno, subito iniziò una corsa a perdifiato verso la stanza del personale, durante quel rapido, ma spaventoso tragitto, mille immagini macabre si fecero largo nella sua mente. Ombre nere gli comparivano davanti mentre creature dalle lunghe zanne sfrigolanti lo inseguivano nel tentativo di morderlo ed afferrargli le caviglie per poi lasciare che venisse inghiottito dall'oscurità più profonda, il cuore gli martellava nel petto al solo pensiero mentre, finalmente, le sue mani arpionavano la via di salvezza. Sempre tenendo le palpebre serrate Riccardo si catapultò all'interno dello stanzino chiudendo a chiave la porta dietro di sé mentre ansimava pesantemente nel tentativo di recuperare il controllo. Un numero indeterminato di lacrime scavavano le guance dell'uomo impigliandosi nella sua barba, si sentiva uno stupido, aveva ormai superato i trentacinque anni ed ancora si ritrovava ogni notte ad avere lo stesso, immaturo, comportamento, le gambe gli tremavano come se la temperatura fosse appena scesa sotto lo zero e così il bidello si ritrovò seduto a terra, le mani sul viso.

<< Sono un disastro, un idiota, come posso continuare a comportarmi così dopo tutti questi anni, solo a causa di una cretinata del genere ? Se Giovanni mi vedesse adesso mi lascerebbe immediatamente >>

Non si era mai sentito più debole e stanco di quel giorno, ed il fatto di aver anche litigato con il più piccolo prima di separarsi non migliorava affatto le cose, lui voleva il moro accanto a sé, Riccardo era certo che, se avesse avuto Giovanni lì a dormire non avrebbe avuto più paura di niente, si sarebbe mostrato forte e coraggioso, solo per far si che l'altro fosse al sicuro, ed avrebbe così superato quella sciocca fobia. L'uomo si asciugò il volto strofinandovi velocemente il dorso delle mani e si calmò, adesso andava tutto bene, niente sarebbe entrato lì, quello era il suo posto sicuro, nessuno era mai riuscito a trovarlo se vi si rifugiava, nemmeno quando, in passato, aveva frequentato quella stessa scuola e lo usava come fortino per rinchiudervi i propri pianti. Il corvino si sollevò in piedi e poi si diede una rapida pulita, piccole particelle di polvere si sollevarono dalle sue ginocchia volando nell'oscurità fino ad appoggiarsi altrove mentre il trentacinquenne si toglieva rapidamente le scarpe appoggiandole alla base del proprio giaciglio in modo ordinato per poi sfilarsi anche i calzini infilandoveli all'interno. Riccardo amava sentire le dita libere da qualsiasi costrizione, ragione per la quale odiava addirittura mettersi i guanti, quel pensiero lo riportò indietro nei ricordi, a quando era solo un bambino ed il suo più grande sogno era quello di rendere il mondo un luogo così bello e sicuro che tutti avrebbero potuto andare in giro scalzi senza ferirsi, fantasie irrealizzabili di una mente semplice, ma, nonostante questo, incredibilmente piacevoli da ricordare. In breve tempo anche il resto dei suoi indumenti scivolò via dalle sue carni per poi essere accuratamente ripiegato ed appoggiato in un angolo fino a quando l'uomo non restò solamente con una leggera canottiera nera a maniche corte ed un paio di boxer comodi, erano i suoi indumenti preferiti, nonostante qualche buchetto, non aveva alcuna intenzione di gettarli, inoltre gli piaceva quando Giovanni si prendeva gioco di lui scherzando sul fatto che, forse, la sua tuta da lavoro, non solo fosse dello stesso colore della pelliccia di un vecchio sorcio, ma ne possedesse anche i denti e che, quindi, avesse la brutta abitudine di masticargli l'intimo. La verità era che Riccardo, con la morte, aveva cominciato a sentire un forte legame verso tutto ciò che aveva usato in vita e la sola idea di abbandonare i propri effetti personali danneggiati in un cestino e cambiarli con qualcosa di nuovo, gli faceva temere che, non molto tempo dopo, anche la sua anima avrebbe fatto la stessa fine, quindi teneva tutto con riguardo senza separarsene, tanto non produceva più fluidi corporei né rilasciava odori particolari, o almeno così gli sembrava, quindi non aveva nemmeno bisogno di lavare nulla, neanche dopo averlo indossato per giorni e giorni. Lato positivo della questione, non solo non doveva più fare lavatrici, ma gli unici profumi che restavano sui suoi abiti erano quelli del suo amato moro, in quel modo, in qualsiasi momento della notte o quando stavano separati, poteva comunque averlo con sé. Riflettendo su questo, gli occhi scuri del bidello non poterono evitare di scorrere sulla lana del cappello di Giovanni, il prezioso oggetto era rimasto tutto il tempo sopra l'amaca dell'uomo che ora lo fissava intensamente ripensando alla giornata appena passata. Nonostante la sua pelle fosse ormai insensibile ai mutamenti climatici o al dolore stesso, c'erano comunque richiami fisici che il trentacinquenne non poteva evitare e, fra quelli, vi erano sicuramente le immagini di quel pomeriggio e le coccole che si era scambiato con lo studente. Libero da ogni inibizione Riccardo si stese sull'amaca ed afferrò nella mano sinistra il berretto portandoselo sul viso ed aspirandone l'essenza, istantaneamente la destra penetrò dentro i boxer dell'uomo ed, accompagnato da immagini poco caste sul ragazzo dagli occhi blu, l'uomo cominciò a darsi piacere con dolcezza.

<< Se avessi saputo che al mondo esisteva tale perfezione ... non mi sarei mai suicidato >>

Ecco il capitolo cinque della storia per il concorso di shinigami_micchan
Spero ti piaccia !

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