Parte 2

I vestiti cadono come la memoria va a ritroso, i giacconi spariscono negli armadi, le maniche si accorciano ed i pantaloni arrivano al ginocchio in un attimo, il tempo si riavvolge così, come per magia, riportando al presente ricordi più distanti e pungenti che mai il cuore vorrebbe rimembrare.

E mentre i due innamorati respiravano il freddo, stretti l'uno all'altro, lo sguardo del più giovane si fece languido ed addolorato nelle immagini del triste giorno che gli aveva cambiato l'esistenza. Il ragazzo non sapeva ancora come comportarsi nei confronti di quel ricordo, se essere depresso, per l'orrore dell'Incubo, perché era ancora così che lo definiva, o grato, visto che era stato l'accaduto ad averlo portato fra le braccia dell'uomo che l'aveva, prima salvato e poi reso così felice. Quell'estate si faceva oramai lontana nel passato, se non nel pensiero di Giovanni, il quale sapeva rendere, con maestria ed abilità, tutto più chiaro e vivido, quasi lo stesse subendo nuovamente attraverso le cicatrici che gli erano state lasciate.

*

Il Sole picchiava ed ustionava la pelle chiara delle sue spalle scoperte, leggermente arrossate dal caldo, mentre un semplice frontino racchiudeva in sé le sue ciocche morbide, arricciolate sulle punte, di color ebano, proteggendole dalle leggere folate ristoratrici del vento. Un paio di lenti scure da sole, su montatura verde fluorescente, erano appoggiate dolcemente sulla cima del suo naso piccolo, leggermente arrotondato, come uno scudo potente a difesa dei suoi occhi, le pupille strette a fessura incoronate da iridi di un blu profondo.

*

Il ripensare a com'era gaio e spensierato, con lo sguardo luminoso e pieno di felicità, lo rattristò ancora di più spingendolo nella stretta di Riccardo, in un silenzio che apparteneva solo a loro ed al terrazzo della scuola.

*

I suoi piedi, piccoli come tuttora, si inseguivano, un passo dopo l'altro, fra le crepe del marciapiede e lo spazio fra le mattonelle, portandolo così dalla sua abitazione, una semplice casa unifamiliare,  fino all'istituto scolastico. Ogni movimento plantare, nonostante la stanchezza, appariva posato, rapido e leggero, bastava alzare anche di poco lo sguardo per scorgere le caviglie nude, sottili e fragili che, salendo, crescevano, come steli, in gambe più forti e robuste, costituzione ottenuta grazie a tanti anni di nuoto, oramai parte di un'infanzia distante, utile maestra scultrice nel modellare il fisico, leggiadro e grazioso sotto la t-shirt bianca e pezzata che, dopo quel giorno, non avrebbe mai più voluto indossare. Giovanni lasciava le braccia ondeggiare ai lati del torso, lisce e chiare contro il primo pomeriggio, mentre le dita, stalattiti di morbida carne, stavano chiuse a pugno, in esse si poteva leggere tutta la determinazione che il suo viso pacato non lasciava trasparire con le sue gote piene, rosate, e le tenere fossette ad incorniciare labbra pure, ancora inviolate. E mentre la meta si faceva più vicina, le finestre della scuola, con le loro serrande metalliche abbassate, erano già in vista e, qualche metro più avanti, risate di compagni e calore di gruppi erano già più forti.

*

Se solo il passato non fosse stato così chiuso ed audioleso, se solo la sua bocca, grande quanto il canto malinconico che sparge, avesse taciuto un momento per lasciarlo ascoltare la supplica del ragazzo, tremante ed in lacrime, gli avrebbe di certo permesso di poter avvisare quel sé stesso di un tempo.

" Cambiare strada ... perché non ho cambiato strada e non sono ritornato a casa quel giorno ? Se solo potessi tornare indietro lo farei, tutto pur di impedirlo ... "

*

Fin dalla più tenera età, Giovanni nutriva sé stesso di un'insaziabile voglia di fare e delle grandi speranze sulle giornate che vi erano ad attenderlo dietro ogni alba chiara, sempre avvolte con cura nelle imperscrutabili bende dell'imprevedibile destino, ma un semplice errore, forse una scelta sbagliata, gli cambiò la vita per sempre, cancellando quel candore che lo aveva accompagnato fino a quel giorno.

L'estate era quasi al termine oramai, luglio era passato fra belle giornate e grandi acquazzoni, purtroppo il castano non era riuscito ad andare in vacanza come avrebbe voluto, a godersi una meritata pausa dopo lo studio intensivo che aveva svolto durante tutto l'anno e le attività dei vari club dei quali era membro, ma, proprio per questo suo impegno e, con la promessa di ulteriori crediti scolastici, vari insegnanti e perfino il preside in persona, gli avevano domandato di poter supportare i suoi compagni più in difficoltà durante i corsi estivi e lui aveva scioccamente accettato. Non si reputava un genio, ma non disdegnava i complimenti che riceveva, quindi bastava poco per convincerlo a fare qualcosa, inoltre, adorava aiutare gli altri, lo rendeva in grado di mettere la sua istruzione e l'interesse che aveva per la conoscenza a sostegno di coloro che non riuscivano a rimettersi in pari con le materie e che, quindi, erano convinti, e spesso costretti, a seguire quelle lezioni in più invece che andare al mare o a trastullarsi in incontri senza finalità nei parchi pubblici. Anche quella mattina, ad attenderlo davanti al cancello, vi erano solo sguardi seri e occhiate al cielo, ma al moro non interessava, non era importante se adesso i suoi sforzi non erano apprezzati come avrebbe voluto, e nemmeno se non aveva amici ai quali appoggiarsi e con i quali scherzare o passare del tempo insieme, perché alla fine, quando ognuna di quelle teste dure avrebbe superato anche quell'anno per merito suo, lo avrebbero ringraziato e visto sotto una luce diversa. Nonostante gli sguardi truci che ricevette all'ingresso, il ragazzo salutò tutti e poi entrò, dietro di lui si era formato un vociare sussurrato che non riuscì a comprendere, ma non ci diede peso ed entrò nell'istituto, e poi in classe, con un bel sorriso smagliante. Non appena raggiunse il suo posto il giovane cominciò a prepararsi all'inizio della lezione, togliendosi occhiali da sole e berretto per poi appoggiarli sul suo banco, ovviamente in prima fila, davanti al professore e poi decise di passare i minuti che gli restavano preparando tutto il materiale in attesa del suono della campanella. Se non errava quel giorno era il turno della professoressa Callegari di fisica, non era raro che tardasse, come in quel caso, infatti aveva già una decina di minuti di ritardo, ma che, come lei, anche tutto il resto della classe non fosse ancora entrato, rendeva tutto più bizzarro, ma Giovanni decise di non darci peso ed attese pazientemente, in fondo, se la lezione fosse stata annullata, lo avrebbero sicuramente avvisato, quindi non c'era nessun problema. Erano già passati venti minuti quando, finalmente, la maniglia della porta si abbassò piano spingendolo ad alzarsi in piedi per salutare l'insegnante anche se il ragazzo rimase deluso nel rendersi conto che si trattava solo di alcuni studenti, li riconobbe pressocché immediatamente, si sedevano sempre nelle ultime file della classe e, se le trovavano occupate, facevano sloggiare chiunque vi fosse con brutalità, l'esatta riproposizione moderna dei trogloditi, con una mentalità ancora più ristretta. Il loro capo, Kevin, in particolare, riusciva a mandare il giovane fuori dai gangheri, i primi giorni Giovanni era stato affidato all'altro per fargli da tutor e, nonostante il suo impegno nel volergli dare una mano, il maggiore aveva passato tutto il tempo con i piedi sul banco a sgrondargli fango sui quaderni, masticando chewingum alla menta o soffiandogli in faccia tiri su tiri della sua sigaretta elettronica alla liquirizia fino a quando il castano non era andato di persona a parlare con il preside per convincerlo che, alla fine, non c'era nulla da fare.

" A volte, ci sono persone che non vogliono proprio imparare nulla. È inutile insistere "

Nonostante fosse rimasto senza guida il bulletto aveva continuato a seguire le lezioni di recupero, probabilmente per stare insieme al suo gruppo di amici senza cervello come lui e, di settimana in settimana, tornava ad importunare Giovanni, sempre più fastidioso nei suoi confronti. Se inizialmente si trattava di eventi di poco conto come l'offenderlo verbalmente o gettargli per terra il materiale di studio, nell'ultimo mese il suo aguzzino aveva cominciato a spingerlo contro i muri, a farlo cadere con uno sgambetto un passo ogni due e, in particolare, a toccarlo in alcuni punti piuttosto privati e sensibili del corpo facendogli spesso male. Il moro non era sicuro del perché l'altro lo facesse, forse Kevin era geloso per l'amore che lui metteva nello studio a differenza sua, o magari perché erano semplicemente molto diversi e spesso questo può confondere o spaventare le menti ridotte, oltre a questo il ragazzo era convinto non potesse esserci dell'altro, magari il troglodita si sentiva intimorito anche dalla loro differenza d'età visto che si trovavano in classe insieme nonostante Kevin avesse due anni in più di lui, ma se la scuola non gli piaceva non poteva semplicemente andarsene visto che era ormai maggiorenne e, in questo modo, lasciarlo in pace ?

<< Per quanto tempo intendi stare ancora in piedi a fissarmi frocetto ? >>
<< Magari si è innamorato di te Kevin ! >>

Le risate della banda riempirono l'aria rapidamente, ma Giovanni cercò di non darci troppo peso, si abbassò e recuperò dallo zaino il proprio libro di fisica sfogliandolo, se solo fosse rimasto concentrato sul gruppetto si sarebbe accorto di come uno di loro, approfittando della sua distrazione, si fosse avvicinato alla porta bloccandola con la chiave rubata dalla segreteria poco prima, ma così non fu ed, in questo modo, anche se inconsapevolmente, il giovane finì nella loro trappola. Fu un tonfo a distrarlo da pagina 58 ed a fargli sollevare lo sguardo, improvvisamente era circondato da ogni lato e, davanti a lui, Kevin lo osservava con un sorriso aguzzo e gli occhi verdi resi quasi neri da quanto le sue pupille erano dilatate, la cosa sorprese e confuse il castano ancora più di quanto potesse ammettere a sé stesso. Giovanni aprì le labbra per domandare che cosa stesse succedendo quando, due ragazzi alle sue spalle, lo sollevarono di peso trasciandolo sopra il banco e gettando le sue cose a terra mentre altri due ne sistemavano un altro a fianco in modo da riuscire a farlo stendere completamente. Il panico colse il giovane come un fulmine e così cominciò a realizzare ciò che stava accadendo, a scalciare, sempre più forte, lottando con foga e disperazione per cercare di divincolarsi, ma altri si fecero avanti sfilandogli in un unico strappo i pantaloni e la maglietta che portava, in modo che restasse solo in intimo, indifeso fra le loro mani. Kevin, per il momento, sembrava limitarsi ad osservarlo divertito, gli girava attorno come un feroce carnivoro davanti alla sua preda e la cosa lo disgustò terribilmente spingendolo a serrare gli occhi ed urlare, con tutto il fiato che aveva in gola, sperando che qualcuno, che chiunque là fuori, lo sentisse ed aiutasse, ma sembrava uno sforzo del tutto inutile senza contare che, a causa di questo suo tentativo, pochi secondi dopo, si ritrovò imbavagliato e senza più forze per impedire l'inevitabile. In un momento era come se vi fossero migliaia di mani tutte intorno a lui che lo tastavano, tiravano, stringevano, viscide e sporche, sudate e violente, Giovanni si ritrovò al buio, legato ai bordi dei banchi sui quali stava steso, incapace di capire ciò che succedeva nell'aula. Sentiva sospiri caldi sulla pelle nuda che lo facevano rabbrividire, morsi dolorosamente marcati sulla vita ed i capezzoli mentre anche il suo intimo veniva scoperto ed i boxer gli venivano fatti scendere dalle caviglie, le gambe aperte al massimo. Mugolò nel bavaglio, non voleva finisse così, lui non aveva mai conosciuto l'amore, avrebbe voluto che la sua prima volta fosse con la persona giusta, non c'era motivo per fargli quelle cose, non aveva mai arrecato del male a nessuno, anzi, era sempre pronto a dare una mano se occorreva, se davvero il Dio che sua madre tanto amava predicargli esisteva, come poteva permettere che gli accadesse una cosa tanto orribile e ripugnante ?

<< Vediamo quanti di noi riesce a reggere il nostro primo della classe alla volta >>

L'inizio dell'Incubo fu la prima scossa elettrica che gli attraversò la spina dorsale, un urlo di indicibile forza sparato con tutta l'aria che aveva nei polmoni, ma che il blocco sulle sue labbra aveva perfettamente attutito, li sentiva, come mostruosi tentacoli, duri come ferro, caldi di braci, carnosi, pulsanti e gocciolanti, spingevano prima uno e poi l'altro, poi insieme, erano in due dentro di lui e finalmente capiva cos'era l'Inferno. Giovanni aveva sempre sognato il rapporto sessuale come un tiepido massaggio, come qualcosa di naturale che gli avrebbe fatto palpitare il cuore allo stesso ritmo della persona che lo avrebbe guidato in quella magnifica esperienza, ma in quell'amplesso i battiti erano così forti nel suo petto che sembravano pronti a sfondargli la cassa toracica ad ogni botta che riceveva, il suo corpo era percorso da fremiti ed avrebbe voluto solo morire, vomitare così tanto da restare soffocato e spegnersi. Come poteva quello essere considerato meraviglioso o coinvolgente ? Che differenza c'era fra lui ed il buco di un barattolo ? Se l'amore di cui poeti e scrittori narravano si trattava di un nero, profondo, abisso di dolore, allora lui non l'avrebbe provato mai, mai più in vita propria, lo giurò con quanto fiato avesse in gola. Il bassoventre gli bruciava e si sentiva sporco e bagnato, aveva già avuto due erezioni di fila sotto le risate di quei mostri che ancora non sembravano decidersi a fare lo stesso ed anzi, spesso, fingevano di uscire facendogli credere che fosse finita per poi rientrare con più brutalità, come per assicurarsi che fosse ancora cosciente, ed eccome se lo era, lo shock lo rendeva lucido, gli faceva percepire ogni minuscola goccia di sudore che abbandonava la sua pelle infrangendosi sul freddo tavolo. Quando anch'essi si liberarono Giovanni lo aveva già fatto altre due volte e non aveva neppure più le lacrime per piangere o pregarli di smetterla quando gli arrivò, dritta in faccia, un'ondata d'acqua gelida, gli finì nel naso e, per quanto ci provasse, non riusciva neanche a tossire, voleva solo tornare a casa, che lo lasciassero andare, non lo avrebbe detto a nessuno, sarebbe stato zitto purché tutto potesse finire in quell'istante, ma i suoi aguzzini non erano in vena di patteggiare alcun accordo.

<< Non pensare che sia finita qui >>
<< Già, ne hai altri tre da soddisfare quindi cerca di fare il bravo e sta fermo ! >>
<< Ma soprattutto sveglio, vogliamo che ti resti ben impresso il ricordo di questa fantastica esperienza >>
<< Così non potrai più dimenticarti di noi >>

E mantennero ciò che avevano detto, se lo passarono così a lungo e, per così tante volte, che il moro perse addirittura il conto di quanti fossero, se prima erano in cinque, divennero dieci e l'Incubo continuò senza pause per lui, le ore furono interminabili ed il dolore incommensurabile, svenne anche, più e più volte, ma non appena gli altri se ne rendevano conto lo risvegliavano subito. Ci fu un punto in cui Giovanni dimenticò addirittura come fosse arrivato lì, dove si trovasse, i volti dei suoi assalitori, tranne uno, quello di Kevin, tutti e cinque presero i suoi tratti facciali torturandolo come demoni fino a quando, un suono diverso dagli altri, non sopraggiunse superando le risate. Strano come, anche se così flebile, fosse arrivato alle sue orecche, il giovane se ne sorprese anche in seguito quando tornò lucido, era chiaramente lo scattare di una serratura ed il rumore di una porta che si apriva, poi una voce.

<< Che cazzo state facendo voi ? >>

E quelle furono le prime parole che sentì pronunciare dalle splendide corde vocali di Riccardo.

Ecco il secondo capitolo della storia per il concorso di shinigami_micchan

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