CAPITOLO XI
La mattina successiva mi alzai dal letto solo per vedere se Jackson avesse cambiato atteggiamento nei miei confronti, speravo vivamente fosse così, ma invece lo vidi ancora particolarmente turbato.
– Come stai? –
– Sdraiato. –
Il suo modo di rispondere faceva intendere perfettamente che non era ancora in vena di parlare, e io, ero lì a cercare di capire cosa mai avessi fatto.
– Senti, io vado a fare colazione e poi vado via per andare a scuola; spero vivamente di trovarti più felice quando tornerò, ci vediamo dopo. –
Jackson rimase in silenzio, ma non mi feci troppe domande, infondo, avevo la coscienza apposto.
Dopo una serena colazione uscii di casa, come da protocollo, Alan, era fuori che mi aspettava.
– Ecco la principessa Brown, ma come siamo belle – disse Alan ridacchiando.
– Smettila di fare lo scemo e andiamo – risposi sorridendo.
Arrivammo a scuola e subito ci venne incontro Courtney con il suo solito sorriso luccicante e piena di energie; mi chiedevo sempre più spesso come potesse avere tutta quella vitalità già di mattina presto.
– Allyson! Andiamo! Ti devi iscrivere al club delle cheerleader! –
– Courtney, come vedi ci sono anch'io, il tuo migliore amico, quindi, se prima mi saluti...– disse Alan.
– Stai zitto sto parlando con Allyson, andiamo! –
Courtney mi prese per un braccio e mi trascinò dentro la scuola.
– Courtney, aspetta non correre! – urlai.
Arrivammo nel posto dell'iscrizione, ovvero, una classe vuota.
– Quindi c'è un'apposita classe per le iscrizioni ai club? –
– Esatto, siamo ben organizzati cosa credi? –
In effetti sembrava una scuola ben organizzata.
– Una firma qui e sei nel gruppo delle cheerleader. –
– D'accordo. –
Firmai senza pensare troppo, e fu in quel momento che capì di aver fatto la scelta giusta non appena la professoressa di scienze mi disse:
– Ci diamo già da fare con le attività extra scolastiche? Ottimo, così facendo può assicurarsi dei crediti, sa? –
– Professoressa Carragher non l'avevo vista! – esclamai presa alla sprovvista.
La professoressa non rispose, si limitò ad un sorriso leggermente accennato, era risaputo tra i corridoi del suo modo di fare, reputato da tutti misterioso e macabro, poteva tranquillamente passare da un sorriso ad un'espressione autoritaria.
Mentre ci incamminavamo verso la classe di storia, ne approfittai per chiedere maggiori informazioni sulla professoressa.
– Courtney, ma la professoressa Carragher è sempre stata così? –
– Allyson, mia giovane e spaesata amica... devi capire che in questa scuola sono tutti un po' fuori di testa. –
– Sarà, però devo dire che il suo atteggiamento misterioso affascina. –
– Dici sul serio? A me mette i brividi! –
– D'accordo... forse le guance scavate e gli occhi che sembrano che stiano per uscire dalle orbite le danno un tocco di paura, ma tutto sommato, sembra simpatica. –
– Allyson, io non so che problemi tu abbia, ma ti starò comunque accanto... come fai a trovarla simpatica! –
– Sono solo qui da qualche giorno, non conosco bene le persone di questo istituto, mi baso a prima vista. –
– Allora ti farei fare una bella visita oculistica, secondo me sei miope... come fai ad avere questa impressione?! Io, il primo giorno che la vidi, ricordo che mi salirono fin da subito i brividi! –
Dopo il veloce scambio di opinioni riguardante la professoressa Carragher, entrammo in classe.
– Adesso? Che ne pensi del professor Taylor? – chiese Courtney.
Il professor Taylor era un insegnante giovane, poteva avere un'età compresa tra i ventisette e i trenta; era davvero un bell'uomo.
Era la classica persona che quando entrava in classe, tutte le studentesse iniziavano a sbavare, mentre gli studenti, avrebbero voluto essere in lui.
Con i suoi capelli scuri e gli occhi castani conquistava tutte, comprese anche le insegnanti e a quanto si dice, la professoressa di matematica era cotta di lui.
– Benvenuti ragazzi, sono felice di passare questo secondo anno con voi, spero che lo stesso valga per voi – disse il professor Taylor.
– Quindi anche lui è da poco in questo istituto? – chiesi a Courtney.
– Questo è il suo secondo anno. –
Il nostro piccolo dialogo fu subito interrotto.
– Vediamo... Brown Allyson? Chi è la signorina Allyson? –
– Sono io professore – risposi alzando la mano.
– Scusami, forse sono un po' sbadato, ma non mi ricordo il tuo volto... sei una nuova arrivata? –
– Esatto, sono qui solo da ieri. –
– Capisco. –
Improvvisamente si avvicinò al mio banco, mi accorsi che era davvero altissimo.
– Benvenuta, spero di poterti essere d'aiuto, o almeno, per quanto riguarda la mia materia – disse sorridendo.
Aveva dei denti bianchissimi, iniziai brevemente a capire il perché tutte le ragazze gli sbavassero dietro.
– Grazie professore – risposi stringendogli la mano.
Tutti gli studenti nella sua materia andavano benissimo, il suo modo di spiegare era un po' buffo, ma riusciva ad attirare l'attenzione: il suo motto era "Stai attento in classe e a casa dovrai solo leggere una volta."
Iniziava a piacermi questo liceo, c'ero da soli due giorni e già mi sentivo come a casa.
Quel giorno, durante la pausa pranzo, io e Courtney eravamo sedute da sole al tavolo della mensa e fummo subite raggiunte da Alan.
– Ciao ragazze, scusate se non sono venuto subito a pranzo con voi, ma dovevo parlare con il coach per il campionato di quest'anno. –
– Tranquillo. –
– Eh no, Ally, adesso Alan per penitenza non potrà mangiare al nostro tavolo per due settimane. –
– Courtney, puoi anche stare zitta per una volta, sai? Non nuoce a nessuno il tuo silenzio. –
Courtney rispose con un dito medio con tanto di sorrisetto.
– Allora? Quando usciamo tutti insieme? – chiese Alan.
– Come scusa? – risposi.
– Perché non facciamo qualcosa per questo sabato? –
– Io ci sto! Che vuoi fare? – rispose Courtney in maniera esuberante.
– Non saprei... Pizza? –
– Pizza a casa mia più un film d'amore! Ci sto! –
– Vada per tutto, ma tranne per il film... risparmiacelo...piuttosto, Allyson, tu ci saresti questo sabato? –
– Ehm... non saprei, non credo di farcela, sicuramente sarò con la mia famiglia per via...– non finì la frase che Alan mi parlò sopra.
– Per via del tuo compleanno, lo so, ed è per questo motivo che voglio fare questa uscita, per festeggiare i tuoi sedici anni! –
– Cosa?! Il 12 settembre è il tuo compleanno?! Ma allora dobbiamo fare una festa con più persone! – disse Courtney.
– No aspettate fermi...–
– A questo punto la facciamo a casa di Allyson, infondo, ha anche la piscina! –
– Ehi! – cercai di intervenire.
– Tranquilla Allyson, io e Courtney inviteremo pochissime persone! –
Rimasi interdetta: non mi avevano nemmeno chiesto se mi stesse bene, espressi subito il mio disappunto.
– Non si fa così, dovete prima chiedermi se mi sta bene! –
– Ok, hai tre giorni di tempo per riuscire a preparare la festa, pensi di riuscirci? –
– Alan, ma mi stai ascoltando?! –
– Su, non preoccuparti, ci saremo io e Alan ad aiutarti coi preparativi! – disse Courtney.
– Sentite, non organizzo la festa! Mi state mancando di rispetto! Mi dovete prima chiedere se mi sta bene! –
– Ma ci vuoi bene, siamo i tuoi più cari amici, quindi, era sottointeso che ti stesse bene! –
– E questo chi te l'ha detto! E comunque no! La festa a casa mia non si fa, Alan! –
Dopo qualche istante di silenzio, Courtney, pose fine al dibattito con un semplice:
– Arriviamo da te per le sei di sera, così ti aiutiamo a fare compere per il compleanno. –
Appoggiai e poi picchiettai la mia testa sul tavolo, rassegnata.
Come da copione, tornai a casa in macchina con Alan, ovviamente, dopo aver accompagnato a Courtney.
– Quindi, ricapitolando, ci vediamo alle sei a casa di Allyson! – disse Alan a Courtney.
Davanti al mio portone di casa, cercavo di trovare un modo per far passare la notte fuori ai miei genitori, ma non riuscivo proprio a trovare una briciola di idea.
Il problema erano solo i miei, mia sorella ormai era già tornata al college da una settimana; optai dunque per una frase classica.
Aprii la porta di casa e dopo averli salutati dissi:
– Mamma, papà! Come mai per sabato non andate a dormire fuori? Magari passate un po' di tempo insieme! –
– Allyson, io e la mamma non siamo nati ieri... ti serve la casa per organizzare una festa di compleanno con i tuoi amici. –
Affondata e colpita.
– Papà ha ragione, siamo stati giovani anche noi tempo fa. Ti diamo il permesso. –
– Grazie! –
– Ma ad una condizione! –
– Ovvero? –
– Niente alcolici, nessuna persona deve dormire a casa, nessuna persona deve entrare in camera mia e di tuo padre, nessuno mi deve chiamare per il troppo baccano, ma soprattutto, non devo trovare la casa sottosopra, siamo stati chiari? –
– Sì... mamma. –
Mancava solo una persona da avvisare, Jackson,
Salii in camera e mi stesi sul letto, ero davvero a pezzi.
Mandai un messaggio ad Alan per confermare la festa e poi avvisai Jackson.
– Ehi Jackson, per sabato puoi anche fare un giro per la città, darò una festa e non vorrei che magari ti disturbasse il chiasso. –
– Nemmeno un "ciao Jackson" che già mi dici di farmi un giro per sabato? –
– Non ho detto che devi per forza andartene, se vuoi stare a casa con noi va bene, ma siccome puoi solo interagire con me e non con altre persone... magari trovi la festa noiosa, anche perché, non posso più di tanto parlarti, sei un fantasma e le persone mi prenderebbero per pazza. –
– Ti ricordo che posso utilizzare l'energia per tornare più o meno umano, e quindi, posso tranquillamente parlare con le persone. –
– L' hai detto tu stesso, più o meno umano e non completamente umano, ma soprattutto, anche se ti scambiassero per una persona viva, che penserebbero le persone di me? Non posso certamente dire che con me e la mia famiglia convive un ragazzo. –
– Potresti sempre dire che sono un tuo parente. –
– Ma se nemmeno ci assomigliamo ahahah. Fidati di me, il giorno della festa esci per conto tuo, anzi, esci con altri fantasmi, no? –
– Non conosco nessun fantasma...–
– Capisco, beh comunque qui non puoi stare, rischi magari di combinare guai, non saprei come giustificare la tua presenza. –
– Beh, sono un ragazzo come gli altri, cosa c'è da spiegare! Basta dire che sono un amico! –
– Non sei come gli altri, sei morto, non puoi fare le cose che possono fare le persone vive, se non ti fossi suicidato a quest'ora potevi essere un invitato alla festa. –
Jackson rimase in silenzio e così provai nuovamente a convincerlo ad uscire per quel giorno.
– Jackson, cerca di capirmi, alla festa verranno delle persone importanti! Ci sarà gran parte della squadra di football compreso Alan e tutta la squadra delle cheerleader, insomma, sono persone importanti nell'istituto e non posso certamente mostrarli una persona morta! Che figura ci faccio!? –
– Si... capisco...– disse abbassando la testa e poi sorridendo.
– Grazie, comunque ti faccio sapere stanotte per l'orario in cui devi sparire; tra qualche ora devo uscire con Alan e Courtney per comprare qualcosa per la festa, sicuramente mi diranno anche per che ora verranno sabato. –
– Va bene...–
– Ah Jackson, magari ci puoi essere per la festa che faremo ad Halloween, sai, in quell' occasione avrei la scusa di dire che sei vestito da fantasma! Non sospetteranno mai e poi mai che sei un morto per davvero, sarebbe divertente, no? –
– Già...– rispose sorridendo, ma aveva gli occhi un po' strani, come se fossero tristi: mi chiesi il perché.
– Esco. – disse Jackson.
– Dove vai? Guarda che oggi non vengono Alan e Courtney a casa, puoi anche rimanere qui oggi. –
– No, no... esco per i fatti miei. – disse questa frase con la voce che sembrava tremasse.
– Jackson? Tutto bene? Stai per caso piangendo?! –
– No...no... è solo stress, sicuramente reagisco così per via del trasloco, sicuramente non mi sono abituato...–
– Capisco, è dura anche per me cosa credi? Ma ti ricordo quello che mi hai detto tu, ossia, che infondo...–
– Sì, sì, mi ricordo quella frase... esco comunque un attimo...–
Uscì di casa con ancora le lacrime, ma non mi feci tanti problemi dato che Princeton mancava anche a me, anzi, iniziai a preoccuparmi dell'uscita; essendo tornata a casa alle quattro di pomeriggio, l'orologio già segnava le cinque, avevo poco meno di un'ora per lavarmi e prepararmi.
Non vedevo l'ora che arrivasse sabato, ero così entusiasta che non stavo più nella pelle, corsi verso il bagno per iniziare a prepararmi.
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