2. Perseguitato da fantasmi.

Finn's POV
Fisso Clarke nei suoi profondi occhi acqua marina e mi godo la sua espressione beata, quando, all'improvviso, il suo sorriso si trasforma in una smorfia, per poi diventare un urlo, mentre i suoi occhi si sbarrano.
- Scappa, Finn - mi urla - Corri, scappa!!
Un gruppo di terrestri si avvicina alle sue spalle. Giro la testa e vedo che arrivano da destra, da sinistra, sono anche dietro di me... Ci stanno circondando.
Inizio a sudare freddo mentre il cuore mi batte a mille, ma i piedi non si decidono a muoversi: sembrano incollati al terreno. Una sensazione di panico mi pervade.
- Siamo qui per te, Finn - grida uno.
- Tu devi morire. Tu devi morire. Tu devi... morire! - ripetono all'unisono tutti quanti.
- Finn - urla Clarke - Finn, ti prego, ti prego...

- Ti prego, devi svegliarti Finn, devi svegliarti, ti prego!
Apro di scatto gli occhi e ritrovo Clarke che scuote convulsamente il mio corpo, mentre le lacrime le rigano il volto. Le parole improvvisamente le muoiono sulle labbra.
Era solo un sogno.
- E...ehy - tento di dirle.
In risposta ottengo un abbraccio.
- Hai avuto la febbre alta, deliravi - mi informa Abby, entrando nella stanza.
Sento sotto di me un materasso duro e scomodo. Dove sono? Cerco di alzarmi, ma Clarke è veloce a posarmi una mano sulla spalla. Dal suo sguardo capisco che alzarmi è fuori discussione. Decido allora di guardarmi intorno. Noto, nella luce soffusa, dei bagliori che provengono dai tavoli. Impegno ogni mia forza per mettere a fuoco. Siringhe. Bisturi. Altri oggetti che non riconosco. Sono nella stanza dell'Arca adibita a ospedale. Intorno a me ci sono letti vuoti che emanano odore di malattia e disinfettante.
Abby si sporge su di me con fare curioso e, al tempo stesso, rigido, e il suo camice azzurro svolazza un po'. Il cambiamento che l'atterraggio sulla Terra ha portato si riconosce subito: nella tasca del camice, dove di solito teneva penne o matite, ora spunta un coltellino svizzero. Per ogni evenienza.
La sua voce interrompe i miei pensieri.
- Le ultime vicessitudini devono averti sconvolto. Continuavi a ripetere "Non voglio morire" e, a tratti, chiamavi Clar...
- Mamma, è ovvio che sia sconvolto e, soprattutto, sfinito dalle ultime cose - la interrompe Clarke, che si stacca da me e le si avvicina. Sottovoce aggiunge: - È quasi morto!
- Lo so bene, e voi due lo sapete più di tutti, ma ora bisogna lasciarlo riposare.
- Io... io non voglio lasciarlo - sbotta Clarke. E vedendo l'espressione interrogativa della madre aggiunge: - Solo. Non voglio lasciarlo solo.
- Va tutto bene, principessa - le bisbiglio - Sopravvivrò.
Si gira a guardarmi e finalmente riesco a vederla nella sua interezza. È scossa, ma è bella anche nella sua fragilità. I capelli le ricadono sulle spalle come una cascata d'oro appesantita dalle troppe cadute.
Apro la bocca per comunicarle i miei pensieri, quando uno strillo mi interrompe:
- FINN!
Raven entra nella stanza e si fionda a quello che sembra essere diventato il mio capezzale. Vedo immediatamente Clarke irrigidirsi. No, no... Non voglio che faccia così. Deve sapere che ho occhi solo per lei.
- È bello vederti, Raven - mi affretto a dire - Ma ora... Ora vorrei rimanere un attimo da solo, con Clarke.
Stavolta a irrigidirsi è la bruna accanto a me. Le getto un'occhiata e percepisco la delusione dai suoi occhi, prima luccicanti, ora ridotti a una landa ghiacciata.
- Oh - esclama - Oh, okay, d'accordo.
Abby le si avvicina e le passa un braccio intorno alle spalle per convincerla a muoversi senza protestare, e le due si avviano all'uscita. Clarke scocca alla madre uno sguardo riconoscente.
Rimasti soli, tra me e Clarke scende il silenzio. Vorrei ribadirle per l'ennesima volta che la amo, ma dalla mia bocca non escono suoni, così mi limito a fissarla. Ha il viso scavato dalla stanchezza e le ombre scure sotto i suoi occhi sembrano più intense del solito: forse ha passato al mio fianco tutta la notte, e vorrei solo ringraziarla.
A rapirmi sono ancora una volta i suoi occhi, belli nonostante il rossore del pianto.
A rompere il silenzio, divenuto ormai insopportabile, è proprio lei.
- E ora... Ora che facciamo?
- E ora... - mi passo una mano tra i capelli - Parliamo.

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