16. L'esito finale.
Lexa's POV
Studio il bastardo che ha ucciso Vynt ripetendomi "sangue chiama sangue". A sua volta il mietitore mi fissa con sguardo truce e all'improvviso attacca con ferocia, ma io sono più veloce di lui ed evito il colpo, per poi contrattaccare andandolo a colpire a una gamba. Lui leva un urlo e suoi occhi si iniettano di sangue.
Ma è lento, goffo.
Non ho paura di te, penso.
Sferra un altro attacco, ma io prontamente lo scanso.
Ok, basta così.
Con un urlo di guerra gli salto addosso e gli conficco la spada nel cranio. Quello rotea gli occhi e con l'ascia ancora impugnata cade a terra, facendo rimbombare il terreno. Via uno.
Ma posso cantar vittoria solo per poco. Subito un altro corre verso di me, con fare ancora più furioso di quello prima.
Mi fissa in maniera tale che sembra volermi fidare.
Tu non sai chi sono io.
Mi fiondo contro di lui con la spada sguainata, blocco un colpo d'ascia e subito dopo un pugno.
Lo ferisco ripetute volte, facendolo indietreggiare fino a farlo rimanere con le spalle addossate a un albero. Gli premo la spada alla gola.
Non ha vie di fuga.
E ora, gli chiedo mentalmente, che fai?
Pur nella consapevolezza dello star per morire, il mietitore appare tutt'altro che preoccupato, anzi i suoi occhi scintillano: sta fissando qualcosa, qualcosa che gli piace.
Ma non faccio in tempo a girarmi che una lama mi si conficca nella spalla e penetra a fondo.
Lancio un urlo di dolore e la spada mi cade a terra. Qualcuno la scalcia lontano.
Mi guardo intorno per cercare aiuto, ma Indra è già alle prese con troppi nemici, Lincoln è alle strette e Octavia combatte anche lei. Tutti gli altri, morti.
Intanto il mietitore che mi ha colpito non fa cenno di voler levare l'arma infernale dalla mia spalla.
Non può finire così, dannazione.
No, non può.
Tiro un calcio al mietitore di fronte a me, che aveva preso sghignazzare non appena la spada mi era scivolata dalle mani, mi stacco il pugnale dalla spalla e mi volto verso l'altro.
- E ora, a noi due - gli sussurro.
Priva di una spada, ricorro all'uso di mani e gambe. Calcio, calcio, pugno. Lui li blocca tutti.
Cosí non lo fermeró mai.
Guardo la spada: è finita pochi metri più avanti.
Mi lancio verso di lei e con una capriola atterro esattamente nel punto in cui si trova.
Una volta recuperata, inizia a menar fendenti ai due mietitori, che non accennano a indietreggiare.
Il dolore alla spalla è lancinante e il sangue che cola lascia strisciate nere sulla mia armatura.
Non posso continuare così ancora a lungo.
Inizio a picchiare più duro, senza curarmi del dolore, e sto quasi per avere la meglio. I mietitori indietreggiano e io sono pronta a dargli il colpo fatale...
Quando la punta di un pugnale mi penetra la schiena.
Bellamy's POV
Vedo Lexa bloccarsi e in quell'attimo decido di agire.
Non ragiono sulle conseguenze.
Corro al centro della radura, impugno il fucile e sparo al mietitore che l'ha colpita alle spalle. Ma il colpo non parte: il fucile non è caricato.
Merda.
Non posso fermarmi, non ora. Raggiungo la terrestre, ormai in ginocchio, e senza pensarci due volte conficco la canna del fucile tra le scapole del mietitore con tutta la forza possibile.
La batosta improvvisa lo stende e la lama, che era andata tanto così dall'uccidere Lexa, cade a terra con lui.
Anche Lexa è lì li per crollare, con un buco nella schiena e altre ferite sparse da cui esce a fiotti un sangue color pece.
Mi guardo intorno e cerco velocemente con gli occhi Octavia: la trovo subito, tra le braccia di Lincoln.
É salva.
Torno a concentrarmi su Lexa nel momento stesso in cui il suo corpo cede e lei sta per ritrovarsi a terra. Non indulgio: la afferro e prendo tra le braccia.
Lei apre un attimo gli occhi e mi guarda, al contempo stupita e ammirata.
Ma nel suo sguardo c'è qualcosa di più, che in un primo momento non riesco a decifrare.
Poi capisco.
Riconoscenza.
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