Hard to breathe but that's alright
Stringeva tra pollice e indice la piccola anima in metallo proprio poco al di sopra della conca, lasciando che la punta del manico rimanesse appoggiata contro la tovaglia. Con la mano sinistra afferrava un biscotto dall'ampolla in vetro, scegliendo quello che nel mucchio appariva come il più integro, quello con più gocce di cioccolata, quello con meno briciole sulla superficie. Poi lo sistemava assieme agli altri davanti alla sua tazza bianca di fine porcellana, ordinandoli in una fila di cui solo lui conosceva la priorità. Passava al biscotto successivo e andava avanti così, fino ad averne reclutati tanti quanti ne richiedeva il giorno della settimana; era giovedì, quindi giorno di allenamenti di scherma, quindi sette biscotti invece dei soliti cinque.
Osservò il risultato, dondolando le gambette sotto al tavolo, e percepì le labbra arcuarsi in un sorriso leggero.
Afferrò il tovagliolo di stoffa per ripulirsi dai residui della scrematura appena conclusa: quella sensazione polverosa sulle dita necessitava di essere interrotta quanto prima. Pian piano stava imparando a riconoscerne il fastidio e a definirla sgradevole, stava capendo che le briciole sui polpastrelli lo indispettivano a tal punto da influire direttamente sul suo comportamento... quindi, impegnarsi nella ricerca dell'esemplare perfetto gli permetteva proprio di limitare i danni.
- Secondo me questo è molto meglio del tuo "Signor numero tre". -
Marcus si voltò in direzione della sorella. - Ha un buco al centro. E i bordi irregolari. E la glassa. -
- La glassa di questi biscotti è un punto a loro favore. Ma vogliamo valutare le cose davvero importanti? Il buco al centro è studiato per permetterti di indossarli come anelli. -
Gli angoli della bocca si sollevarono con più insistenza e le labbra si schiusero per lasciar affiorare una breve risata.
- Agnes! -
Qualunque suono fu smorzato di colpo: il timbro della voce di suo padre aveva scosso persino l'argenteria sulla tavola.
- Finiscila con queste sciocchezze infantili e comportati come si addice a una ragazza del tuo rango sociale e della tua età. -
Agnes incurvò le spalle e strinse gli occhi, e qualche piccola ruga le si formò sulla fronte. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi diede un colpetto al centro degli occhiali per alzarli sul naso. Raddrizzò la schiena, quindi voltò lo sguardo all'esterno, lontano dal resto della famiglia.
- Ròza, potrei avere gentilmente una tazza di latte e caffè? -
Magnus si intromise, rispondendo al posto della domestica. - Bevi il tuo tè e piantala con queste ridicole richieste. -
- Ho solo chiesto del caffè, non un calice Bordeaux. -
- Credi di essere nelle condizioni di poter bere del caffè? -
Agnes si esibì in un lungo sbuffo. - Ròza, cara, potresti gentilmente spiegare al signor Steiner che sua figlia ha solo una leggerissima aritmia e che un misero sorso di caffè purtroppo non la porterà nella bara? -
Il tonfo secco del pugno sbattuto sulla tovaglia fece sobbalzare tutti i presenti.
Tutti, a esclusione di Agnes.
- La tua insolenza è seconda solo alla tua morbosa necessità di attirare l'attenzione di tuo padre. -
Agnes scoppiò in una fragorosa risata, e gli occhi di Marcus finirono per incollarsi sulla figura del padre.
- Posso portarle un caffè d'orzo. O un decaffeinato! - intervenne Ròza, stropicciando il grembiule nei palmi.
- Agnes berrà il suo tè. Non ammetto ulteriori obiezioni. -
Per tutto lo scambio, Marcus non aveva aperto bocca, come di consueto. Si era limitato a presenziare alla scena, ma senza esserne davvero partecipe. Il cucchiaino era ancora stretto tra indice e pollice, premuto in verticale contro la tovaglia, mentre lo sguardo si era spostato sulla superficie del suo tè al limone che non smetteva di traballare lungo il profilo della ceramica. Quel movimento ondeggiante gli aveva fatto venire male allo stomaco, ma non poteva fare a meno di continuare a fissarlo; non riuscì a distogliere l'attenzione nemmeno quando lo stridio graffiante della sedia di Agnes gli riempì le orecchie.
- Altrimenti cosa, papà? Farai sparire anche me? -
Il malessere di Marcus occupò tutto lo stomaco, risalendo per la gola fino a spingere via tutto l'ossigeno. Gli occhi erano ancora fissi sulla tazza di tè, ma non la vedevano più davvero; le palpebre non rispondevano, le pupille non si restringevano e né si dilatavano.
Dei passi veloci e pesanti furono seguiti da uno schiocco sordo. Marcus fece appena in tempo a vedere la mano destra di Agnes ancorarsi al bordo del tavolo, poi il polso vacillò proprio come il suo tè al limone.
Marcus faceva sempre più fatica a respirare.
- Ringrazia di essere sangue del mio sangue. - sibilò Magnus. - Una tale impudenza, una così grande mancanza di rispetto... meriterebbe ben di più di uno schiaffo. -
Calò il silenzio.
Le dita di Agnes abbandonarono la presa sulla superficie per farsi cadere nel vuoto.
Poi di nuovo il rumore della sedia che scivolava contro il pavimento.
- Tu non riuscirai mai a capire quanto ci hai tolto... - Agnes tirò su col naso. - Ma mi auguro davvero che tu riesca perlomeno a capire perché continuo a rimanere in questa casa, perché mi sforzo di sopportare questa vostra recita rivoltante. E spero con tutto il cuore che tu riesca finalmente a capire che non lo faccio per difendere il nome degli Steiner. -
Un ulteriore passo dal riverbero violento.
- Fila. In. Camera. -
Agnes lasciò la stanza in silenzio, seguita a ruota da Ròza.
Un nuovo piagnucolio di sottofondo andò ad alimentare il peso che Marcus percepiva sul petto. Il cucchiaino gli sfuggì dalle mani, ma nessuno se ne accorse.
- Mi dispiace, Sophia. Mi dispiace che lei abbia dovuto farti questo. -
La voce di suo padre era sempre diversa quando si rivolgeva a sua madre, eppure manteneva la capacità di fargli congelare mani e piedi.
- Ma sai bene quanto è forte la nostra famiglia, quanto è importante che rimaniamo uniti, tutti e quattro. Agnes ha da sempre un animo ribelle, ma crescendo riconoscerà i nostri valori e capirà che ogni mossa compiuta è improntata a modellare il loro futuro. È una diretta conseguenza dell'amore che proviamo per lei e per Marcus. -
Un colpo di tosse lo scosse dall'interno, così Marcus avvicinò il tovagliolo alla bocca per smorzarlo.
- S-scusatemi. -
Le ginocchia tremavano, nascoste dalla tovaglia. Non riusciva a farle smettere.
- Non sei tu a doverti scusare, figliolo. - Magnus tornò a sedersi a capotavola. - Ora bevi il tuo tè e preparati per le lezioni con il signor Huber: sarà qui tra meno di mezz'ora. -
Marcus annuì.
Afferrò la sua tazza di fine porcellana bianca e la portò alle labbra, a discapito della nausea che continuava a spingere nel senso contrario. Chiuse gli occhi e ingoiò un piccolo sorso, poi prese una breve pausa per respirare. Sorso, respiro. Sorso, respiro. Sbirciò in direzione dei biscotti, ma un nuovo conato lo costrinse a nascondere persino le ciglia all'interno della coppa.
Strizzò le palpebre più forte che poteva.
Sorso, respiro.
Sorso, respiro.
Così, fino a che la tazza di tè non fu del tutto vuota.
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Ben ritrovati, fiorellini ed eroi! ~
Piccola One Shot nata in occasione del Writober 2024, dalla parola "tè".
Assolutamente canon, assolutamente pre UV.
Non ve lo aspettavate, eh?
Nemmeno io.
Con il lavoro full time e quelli part time è complesso poter essere costanti nelle cose, quindi anche il Writober è un po' alla come capita. Ho la mia bella lista di parole/prompt già pronta, ma scordiamoci proprio che tutti i testi possano vedere la luce in un mese, anzi. Qualcosa di pronto, oltre a questa, c'è già e verrà postato prossimamente. Il resto, invece, verrà scritto con calma e nei ritagli di tempo.
Ma veniamo a noi, a questo sprazzo di vita quotidiana di un piccolo Marcus, ancora ad Amburgo e molto lontano dalla sua carriera da Eroe. È difficile capire il senso dietro a questo testo, se non si conoscono gli spoiler o se non si è letto UV fino al capitolo sul Gala, me ne rendo conto... ma quanto scritto qui è successo e ha inciso pesantemente sulla backstory di alcuni personaggi.
Quindi sono aperta all'ascolto delle vostre teorie del complotto (?).
PS: Il titolo della OS è tratto da "Cradles" di Sub Urban.
Juliet
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