Chapter 5: "Carry the weight"

- Dominic, ti prego, puoi fermarti un secondo? -

Il ragazzo dai capelli rossi mantenne gli occhi puntati nella sua direzione, ma il diretto interessato, perso in ragionamenti troppo sfuggenti per sentirlo, continuò imperterrito a passeggiare da una parte all'altra della stanza mantenendo la fronte corrucciata e le braccia strette al petto.

- Lo sai che tanto è inutile. - intervenne Marcus. - Quando parte con le sue valutazioni, si estranea completamente dal mondo. -

- Peccato che così facendo riesca a mandare fuori di testa anche me. - sbottò Leo di rimando.

Gareth si sistemò a sedere vicino al biondo, arrivandogli di proposito una leggera gomitata sul braccio. - È solo in pensiero per lei. -

- Come tutti, del resto. - replicò appoggiando una mano stretta a pugno sul ginocchio. Si passò poi l'altra sul viso, quasi a voler spazzare via il velo di angoscia che lo avvolgeva. - Penso che oggi pomeriggio il mio cuore si sia davvero fermato per un secondo. -

- Non ne dubito. Al tuo posto sarei sicuramente morto per lo spavento. Non voglio nemmeno immaginare come dev'essere stato... tornare a casa e ritrovare Yulis svenuta a terra, con la faccia coperta di sangue... - rabbrividì e scosse la testa con forza, quasi a voler allontanare fisicamente il pensiero. - E io che credevo di vederla sul piede di guerra perché ieri a colazione ho finito i suoi cereali preferiti. -

Gareth cercò di riderci un po' su per smorzare la tensione di entrambi, ma ben presto si accorse di non essere riuscito nel suo intento, nemmeno alla lontana. Iniziò a molleggiare una gamba sulla punta del piede con fare intermittente e Leo si voltò di scatto verso di lui per afferrargli la coscia ed immobilizzarla, stringendola e spingendola con forza verso il pavimento.

- Hamilton, adesso non ti ci mettere anche tu. -

- S-scusami, Leo. -

Il rosso si bloccò immediatamente e abbozzò un sorriso un po' imbarazzato. Spostò gli occhi sulle dita del ragazzo ancora ben arpionate su di sé e si chiese per quanto tempo avrebbe continuato a stritolargli la gamba in quel modo.

- Dominic? -

Dall'altra parte della stanza, il ragazzo pensieroso fu costretto ad interrompere la propria passeggiata a causa di un ostacolo improvviso. Aggrottò la fronte, confuso, e alzò il naso finché non si ritrovò l'espressione impassibile di Marcus puntata addosso.

- C-cosa c'è? -

- Un solco per terra. -

Marcus inclinò la testa di lato e la ciocca di capelli che era solita nascondere l'occhio destro penzolò per aria, lasciando intravedere l'iride azzurra. Di riflesso, Dominic abbassò lo sguardo facendo ricadere il ciuffo riccio sulla fronte.

- Sto solo... -

- "Riflettendo su tutti gli scenari possibili". Lo so. - si raddrizzò e fece un piccolo passo indietro. - Ma potresti farlo da seduto? A quanto pare, non siamo troppo bravi a gestire questo genere di ansia. - lanciò un'occhiata rapida agli altri due ragazzi dietro di sé e Dominic fece lo stesso.

- È che... nella mia testa i pensieri sono talmente tanto veloci che a volte mi sembra di doverli rincorrere. E camminare mi aiuta in questo, a... a riordinare le idee. - sospirò e si sistemò su una sedia poco distante, seguendo con la punta del dito le venature del legno disegnate sul bracciolo. - Più il tempo passa, più le realtà mutano di forma e più rischiano di intrecciarsi tra di loro. Nella fretta di venire qui ho dimenticato il mio quaderno, quindi non posso nemmeno scarabocchiare e mettere su carta i miei ragionamenti. Finirò per perdermi qualche percorso, qualche variabile... e se poi dovesse succedere qualcosa che non ho previsto...?! -

- Dominic. - Marcus lo richiamò per l'ennesima volta, cercando di porre fine a quel flusso incessante di parole. - Non farti sopraffare. Yulis è in buone mani, aspetta di sapere qualcosa di più concreto prima di addentrarti in quel vortice incasinato che si crea dentro la tua testa. -

Il ragazzo riccio sciolse la maschera di apprensione che indossava e ridacchiò.

- "Vortice incasinato" penso sia il modo più azzeccato per definire Momentum. -

- Hey, voi due. - Leo alzò un sopracciglio e li indicò con un gesto del mento. - Cercate di flirtare a bassa voce. Siete incredibilmente fastidiosi. -

Dominic, se possibile, arrossì fino alla punta dei capelli, rendendo le lentiggini sul naso quasi indistinguibili. - M-ma di quale flirt stai...?! -

- Stiamo solo chiacchierando, come sempre. - intervenne Marcus con il suo solito tono calmo e tranquillo, poi si voltò in direzione del ragazzo al suo fianco. - Giusto, Nick? -

A quella scena, il biondo decise di ignorarli con una scrollata di spalle e finì per buttare la testa indietro, puntando gli occhi sul soffitto. Lui e gli altri si trovavano in una delle tante salette d'aspetto della Clinica Specializzata per Eroi già da parecchio tempo, ma ancora non avevano ricevuto notizie sulla situazione di Yulis. Nessuno di loro aveva la più pallida idea di quello che stesse succedendo. Sapevano solo che Shogo Nishikawa, il tutore legale della ragazza, l'aveva affidata ai medici per permetterle di sottoporsi ad una serie infinita di esami, e che l'unica cosa che potevano fare era rimanere lì e aspettare.

- Leo? -

- Che vuoi adesso, pel di carota? -

- Mi stai bloccando la circolazione. - Gareth sollevò un sopracciglio e tirò l'angolo della bocca in un mezzo sorriso. - Di questo passo, saranno costretti ad amputarmi la gamba. -

- Allora guarda il lato positivo. - alzò gli occhi al cielo in risposta. - Almeno così smetteresti di muoverla come un dannato nevrotico. -

- Beh, il problema sarebbe risolto solo in parte, visto che rimarrebbe comunque l'altra gamba. O stai pensando di stritolare anche quella? -

- Che ne dici di chiudere il becco per almeno, non so, i prossimi cinque anni? -

- Cinque anni mi sembrano parecchio tempo... suggerimenti su come poter tenere la mia lingua occupata così a lungo? -

- Hey. - da lontano, Marcus attirò la loro attenzione interrompendo quel battibecco. - Avevo capito che flirtare fosse fastidioso. -

Il biondo mollò la presa di colpo e fissò il suo interlocutore con un guizzo omicida negli occhi, mentre Gareth si limitò ad una risata sommessa.

- Senti, Leo... - il rosso abbassò il tono di voce e guardò l'altro di sottecchi. - Se tra te e Yulis fosse successo qualcosa... me lo avresti detto, non è vero? -

Leo si limitò ad aggrottare la fronte e a voltarsi verso di lui, appoggiando gli avambracci alle ginocchia.

- Vi ho già raccontato com'è andata e mi pare che nella storia non ci sia nulla di rilevante. -

- "Nulla di rilevante"? Andiamo Leo, eravate entrambi mezzi nudi sotto la doccia di casa. Vorresti farmi credere che per tutto il tempo in cui sei stato con lei non hai pensato di...? -

- "Di...?" - lo incalzò l'altro, nonostante avesse inteso perfettamente il senso di quelle parole.

- Non lo so, Leo, di giocare a morra cinese. -

Ignorò la provocazione. - Le ho sorretto la testa mentre vomitava anche l'anima nella tazza del cesso. Non so quali strani e perversi feticismi tu abbia, ma ti assicuro che al momento non mi interessano, quindi puoi tenerteli per te. -

- Idiota. - sbottò, sinceramente infastidito. - Hai capito benissimo cosa intendo dire. -

- Sai, Gareth, non tutti ragionano necessariamente con il cazzo. Forse scoprirlo ti sorprenderà, ma esiste un'enorme differenza tra pensare e agire. E poi lei mi vedrà sempre e solo come lo stronzo che si diverte a rompere le palle per qualsiasi cosa, quindi puoi dormire sonni tranquilli. -

- Beh, sul fatto che ti sei sempre comportato da stronzo non ci sono dubbi. Effettivamente mi chiedo come facciamo a sopportarti. - ridacchiò leggermente ignorando il suo sguardo truce. - Però fidati di me se ti dico che non le sei così indifferente come credi: magari semplicemente non te ne accorgi. -

Leo affilò lo sguardo. - Sappiamo bene entrambi per chi dei due ha avuto una cotta, quindi perché parli ancora? -

Gareth evitò di incrociare i suoi occhi e sospirò. - Per te è tutto bianco o nero, dico bene? Niente compromessi, niente mezze misure... -

- Sì, e niente mezze stagioni. - concluse lui alzando gli occhi al cielo per l'ennesima volta. - Finiscila qui, adesso. -

La porta si aprì con un leggero cigolio che destò l'interesse di tutti: quando il viso di Shogo Nishikawa fece capolino all'interno della saletta, i ragazzi scattarono sull'attenti.

- Professore! -

L'uomo aveva un'aria terribilmente stanca e contrita: gli occhi erano cerchiati di scuro, come se non dormisse bene da giorni, mentre i capelli neri erano raccolti in maniera disordinata sulla nuca. Non appena mise piede lì dentro, una pioggia di domande si abbatté violentemente su di lui, proprio come un acquazzone estivo. Chiuse la porta dietro di sé senza proferire parola e dopo aver preso un lungo respiro si preparò ad affrontare l'interrogatorio condotto dall'intera controparte maschile dei Rising Five.

- Adesso calmatevi e sedetevi. -

Si spostò verso un divanetto e ci sprofondò dentro, mentre i ragazzi si sistemarono attorno a lui. Rimase in silenzio per un po', con gli indici premuti contro le labbra, cercando di capire come strutturare l'intero discorso nel modo più semplice possibile.

- Allora?! Professore?! - sbottò Leo, incapace di trattenere la propria agitazione.

L'uomo sciolse l'emblema del silenzio che aveva inavvertitamente composto con le dita e sbatté le palpebre un paio di volte.

- Detta in parole povere: la situazione di Yulis, ora, non è completamente stabile. - si stropicciò gli occhi con indice e pollice. - Ha avuto una crisi nel bel mezzo della TAC, quindi abbiamo dovuto interrompere tutto e rimandare l'esame a più tardi. -

- "Crisi"...? - chiese Gareth con un filo di voce. - Come quella che ha avuto oggi mentre era con Leo? -

Shogo annuì. - Fortunatamente ora è "passata" e sta "relativamente bene".

- "Non completamente", "fortunatamente", "relativamente"... questi avverbi del cazzo non promettono niente di buono. -

- Leo! - Marcus lo ammonì, ma il diretto interessato non ci fece nemmeno caso.

- Mentre noi parliamo... - riprese Shogo. - Gli infermieri le stanno preparando una stanza. Con tutta probabilità, dovrà passare qui qualche giorno. -

- Se è in una camera allora possiamo vederla. - sentenziò il rosso.

- Meglio di no, per ora. È importante che ne approfitti per riposare e recuperare un po' di energie. Sono qui solo perché volevo aggiornarvi sulle sue condizioni, immagino che siate tutti in pensiero per lei. A proposito, Hartman... - si voltò verso il biondo con un sorriso appena accennato. - Grazie per esserle stato accanto e per averla accompagnata subito qui. -

Leo fece un cenno con la testa, senza troppe cerimonie. - Come sta? -

- La febbre va e viene, le epistassi sono frequenti ma sotto controllo... è la sua schiena il vero problema. Completamente ricoperta da quello che sembra una specie di rash cutaneo. Però non si tratta di una reazione allergica, il prick-test infatti non ha rilevato nulla di sospetto e ha eliminato questa ipotesi. È qualcosa di diverso, è come se in alcuni punti la sua pelle... diventasse così sottile e fragile da consumarsi. -

Gareth e Dominic fecero una smorfia, mentre Marcus serrò le labbra.

- A casa diceva di sentire la schiena in fiamme, e un attimo dopo il dolore era così forte che a malapena riusciva a reggersi in piedi. L'acqua congelata della doccia però ha migliorato la situazione. - commentò Leo lentamente e gli altri ragazzi continuarono a scambiarsi una serie di occhiate preoccupate.

- Non possono darle della morfina...? - chiese Dominic con un filo di voce e uno sguardo incredibilmente triste. - Insomma, qualsiasi cosa che sia in grado di affievolire il dolore. -

- Potrebbero farlo, certo. - rispose Shogo con calma. - Il problema è che sarebbe del tutto inutile. -

Alle espressioni confuse dei ragazzi, seguì un lungo e profondo sospiro del professore.

- Il corpo di Yulis ora è in stato di allarme, come se stesse seguendo le regole di un protocollo speciale attivabile solo in caso di estrema necessità: sta facendo di tutto per tentare di combattere, o perlomeno rallentare, il cambiamento a cui sta venendo sottoposto. Tutte le difese sono in massima allerta e reagiscono anche al più piccolo stimolo esterno, inibendo qualsiasi sostanza che tenti di assopire o alterare le sue funzioni. A livello pratico, questo è anche il motivo per cui non riesce ad avere il controllo delle sue abilità. -

- In poche parole, se ho capito bene... il suo corpo si sta difendendo da qualsiasi tipo di minaccia, compreso se stesso? - chiese Marcus con la fronte appena corrucciata e lui annuì di rimando.

- Professore, lei sa perché sta succedendo una cosa simile? - intervenne Gareth guardandolo dritto negli occhi.

- Credo di averlo intuito, sì. -

Il rosso alzò le sopracciglia, in attesa, ma l'uomo sembrò riflettere a lungo su quanti e quali particolari lasciarsi sfuggire. Leo puntò allora lo sguardo su Gareth ed interruppe quel silenzio, snocciolando le sue informazioni.

- Yulis oggi ha citato tre possibili scenari che potrebbero spiegare la situazione. - ignorò lo sguardo indagatore e diffidente del professore. - Il primo, e a detta sua quello meno probabile, è la manifestazione di una nuova abilità. -

- Una nuova abilità!? Ma sarebbe la terza, e lei è adulta! -

Dominic fremette sulla sedia per via di quell'eventualità e Marcus fu costretto ad appoggiargli una mano sulla spalla per farlo stare tranquillo, senza però accorgersi di sortire esattamente l'effetto opposto. Leo fece segno di non interromperlo e di fare silenzio.

- Il secondo è quello più ottimistico dei tre: una specie di "potenziamento" per Empathy o per Open Eye, o una cosa del genere. -

- E il terzo...? - lo incalzò il ragazzo con i capelli rossi e Leo gli rivolse uno sguardo impassibile.

- Il terzo è quello più catastrofico: la perdita di una delle due abilità. -

- Perdita di una...?! - Gareth strabuzzò gli occhi e rimase letteralmente con la bocca aperta per una manciata di istanti. - No. Questa cosa non può accadere, questa è... fantascienza! -

Dominic sbarrò le palpebre. - Mi sembra di ricordare che qualcosa di simile fu effettivamente accennato a lezione quando ancora eravamo all'inizio del nostro percorso per diventare eroi... - una parte della sua mente tentò di andare a recuperare quelle vecchie informazioni in un qualche cassetto della memoria, mentre parallelamente i pensieri ripresero a viaggiare rapidi per la testa, aprendo le porte ad una serie numericamente vasta e finita di scenari ed eventualità. - ...può davvero essere possibile? -

Il professore lanciò a Leo un'occhiata difficile da interpretare. - Perché mai ti avrebbe detto tutto questo? -

- Quindi finalmente si è deciso a parlare? - rispose lui con fare arrogante incrociando le braccia al petto. Marcus lo ammonì per il tono, di nuovo.

- Leonard. - Shogo si sporse verso di lui e lo fissò con uno sguardo così serio da rasentare il minaccioso. - Cosa ti ha raccontato Yulis, esattamente? -

Centro.
Da quella reazione, il biondo capì che sotto alla questione doveva esserci anche dell'altro. Si sistemò meglio sulla sedia e ricambiò l'occhiata, facendo trasparire una finta sicurezza che andava ben oltre la sua conoscenza dell'argomento.

- Yulis mi ha parlato di ciò che è successo quando Open Eye si è manifestata per la prima volta. Sapeva che lei avrebbe potuto aiutarla, è per questo che l'abbiamo chiamata. -

- Di cosa state parlando? - chiese Gareth in evidente apprensione e l'uomo vacillò un secondo, indeciso sul da farsi.

- Ce lo spieghi lei, professore. - continuò ad incalzare il ragazzo. - Racconti a tutti quello che è successo a Yulis tanti anni fa. -

Shogo si alzò di colpo dal divanetto e cominciò a passeggiare per la stanza, fermandosi solo quando raggiunse il distributore dell'acqua. Prese un bicchiere dal dispenser e dopo averlo riempito bevve a piccoli sorsi, riflettendo e corrucciando la fronte più e più volte. Si mordicchiò l'angolo delle labbra ed accartocciò la plastica tra le dita, giocherellandoci in maniera distratta.

- Quando la sua seconda abilità si manifestò, Yulis aveva solo sette anni. - fece qualche altro passo e gettò il bicchiere nel cestino della spazzatura. - Era con me in affido solo da pochi mesi ed era ancora terribilmente scossa per tutto ciò che le era capitato. Non riusciva a fidarsi completamente di me e il suo comportamento era più che comprensibile. -

Gareth fece per introdurre una domanda, ma Leo lo bloccò con una mano sulla spalla per evitare che potesse interromperlo. Mimò con le labbra un "dopo" e l'altro annuì.

- Capii che qualcosa non andava quando Yulis iniziò a soffrire sempre più frequentemente di emicranie: erano talmente forti da obbligarla a rimanere a letto per giornate intere, senza nemmeno poter accendere la luce sul comodino o spostare di uno spiraglio le tende alla finestra. Poco tempo dopo, a quelle si aggiunse il sangue dal naso, seguito a ruota da continui brividi di freddo e febbre alta. Riconobbi i segnali e intuii che la manifestazione di una nuova abilità potesse essere la causa di tutto, ma per una serie di ragioni delicate fui costretto a scartare l'opzione di farla seguire da un medico. Mi convinsi che sarei riuscito a gestire la situazione da solo, senza l'aiuto di nessuno. Sfruttai al massimo la mia abilità eroica: lessi e memorizzai qualsiasi articolo, trafiletto o saggio presente in letteratura per prepararmi a dovere, ma nessuno di essi accennava o giustificava sintomi tanto dolorosi e sfiancanti. Quando poi mi resi conto che non era nemmeno più in grado di mantenere il controllo di Empathy mi ritrovai completamente spiazzato, perché quello significava non poter nemmeno rimboccarle le coperte o controllarle la temperatura semplicemente appoggiandole una mano sulla fronte. Mi sentii così inutile e impotente... eppure ancora ignoravo il fatto che il peggio dovesse arrivare. - fece una piccola pausa. - Ricevetti il vero e proprio colpo di grazia solo un paio di giorni dopo, quando una mattina si risvegliò nel suo letto completamente cieca. -

Dominic e Marcus si fissarono increduli, Leo si immobilizzò e Gareth deglutì rumorosamente.
Tutti loro erano al corrente degli inconvenienti e dei possibili effetti collaterali della manifestazione di un'abilità eroica secondaria, ma nessuno si ricordava di aver sperimentato qualcosa di così orribilmente intenso e straziante. Nella maggior parte dei casi si trattava di sintomi simili a quelli di un'influenza più o meno pesante, mentre per i più fortunati si risolveva con un semplice e banale raffreddore.

- Non me ne ha mai... parlato prima. - commentò Gareth tra sé, talmente piano che probabilmente nessuno lo sentì fiatare.

- Per una bambina di quell'età, con un trascorso così doloroso e così dannatamente recente, fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto. Gridava e piangeva disperata, dicendo che chiunque le avesse donato la lettura del pensiero poteva anche riprendersela se il prezzo da pagare era la sua vista sul mondo. - tornò a sprofondare nel divanetto e si coprì il volto con entrambe le mani. - Non sapevo come comportarmi, qualsiasi parola era insignificante di fronte ad una situazione simile. Ricordo che in un momento di completa disperazione l'abbracciai, ignorando consapevolmente la possibilità di subire gli effetti di Empathy. La strinsi forte per farle capire che ero lì per lei, che non doveva affrontare tutto da sola, che nonostante tutto eravamo insieme. Ricordo che poi, sfinito ed esausto, iniziai a singhiozzare peggio di un bambino... mi ci volle più di qualche minuto per riprendermi ed accorgermi che entrambi avevamo ormai smesso di piangere e che incredibilmente mi sentivo molto più... sereno. Quando abbassai lo sguardo e la vidi accennare un timido sorriso, capii che i ruoli si erano invertiti e che alla fine era stata lei a dover consolare me. -

Shogo fece una risatina e scosse la testa, mantenendo sempre il volto tra le mani.

- Per nostra immensa fortuna, quella cecità durò un paio di giorni e fu solo uno dei tanti effetti collaterali di Open Eye. Fu tremendo da sopportare, ma dopo una buona dose di riposo, tutto tornò alla normalità. -

I ragazzi rimasero in silenzio senza sapere come poter commentare una storia del genere.
Erano sconvolti. Sia dall'esperienza in sé, sia dal fatto che Yulis non ne avesse mai fatto parola con nessuno di loro. Shogo li lasciò alle loro considerazioni e si alzò per prendere un altro bicchiere d'acqua.

- Yulis è la mia bambina, indipendentemente dal fatto che nelle nostre vene non scorra lo stesso sangue. - ringraziò mentalmente di essere voltato verso il piccolo distributore per non dare a vedere il rossore sulle guance. - La conosco molto bene e so per certo quanto tutto ciò che riguarda il suo passato la ferisca ancora oggi, quindi, Leonard Hartman, dubito fortemente che possa averti raccontato questa storia così per filo e per segno come invece ho fatto io. O forse mi sbaglio? -

Shogo mantenne un tono pacato e bevve la sua acqua rimanendo di spalle.
Il silenzio che seguì rispose alla sua domanda in maniera più eloquente di qualsiasi parola.

- Hai davvero bluffato su un argomento così delicato? - sussurrò Dominic a Leo e il biondo si limitò ad un'alzata di spalle.

- Beh... è vero che Yulis ha accennato alla cosa. Volevo solo conoscere la versione completa. -

L'uomo sorrise velocemente e rilassò un po' le spalle. - Quella ragazza pensa sempre di poter affrontare tutto da sola, capisco che siate preoccupati. E quando scoprirà che vi ho raccontato questo episodio se la prenderà anche con me. -

- Professore, lei crede che oggi possa esserci in ballo una nuova abilità, nonostante Yulis abbia già affrontato la manifestazione di quella di supporto? - domandò di getto Marcus e Shogo si portò una mano sul mento, pizzicandosi nervosamente la barba.

- È l'opzione che vorrei si verificasse. -

- "Ma..."? - lo incalzò Dominic, intuendo il tono e leggendo tra le righe.

- Ma come avete detto voi... lei è adulta. Non ho mai sentito parlare di manifestazioni "tardive", tantomeno conosco eroi che possiedono più di due abilità. E sapete bene che io ricordo ogni cosa. -

- Allora controlli meglio in letteratura, in biblioteca, su Google o dove diavolo preferisce! - saltò su Leo, completamente fuori di sé. - Mi rifiuto anche solo di considerare l'idea che possa perdere uno dei suoi poteri, è fuori da ogni concezione. Dev'esserci qualcosa di più approfondito in merito, o qualcuno a cui è già capitato! -

- Leo... -

- No, Dominic: "Leo" un cazzo! - si voltò furioso verso il ragazzo moro e lo fulminò con lo sguardo. - Ti rendi conto di quello che significherebbe per lei, per noi? -

- Sono d'accordo con Leo. - si intromise Gareth puntando gli occhi in quelli dell'uomo. - Non voglio credere che questa sia... l'unica opzione valida che ci rimane da considerare. E poi è una cosa più unica che rara, no? Quante possono essere le probabilità che... proprio lei... sia... -

Il suo entusiasmo e forza d'animo cominciarono a scemare nel momento esatto in cui si accorse che l'espressione di Shogo passava dal velo di tristezza a quello della rassegnazione.

- Ma se la perdita di abilità è un fatto noto, pur essendo molto raro, ci saranno degli studi a riguardo e probabilmente anche qualcuno con cui confrontarsi per capire se è possibile impedire che accada, dico bene...? - chiese Dominic, speranzoso.

L'uomo prese un respiro profondo cercando di riempire i polmoni il più possibile.

- Sì, degli studi su questo argomento effettivamente esistono. Sono solo un po' datati perché risalgono a quasi una ventina di anni fa e... li conosco piuttosto bene, dato che sono i miei. -

Silenzio.

Quattro paia di occhi increduli lo fissarono come se avesse appena dichiarato di voler dare fuoco all'intero edificio.

- È uno scherzo, vero? - Leo si avvicinò al professore a grandi falcate e questo si passò una mano sugli occhi. - Un grandissimo, orribile, fottuto scherzo. -

- Nessuno scherzo, Leo. - con un sospiro, Shogo oltrepassò il ragazzo per tornare a sedersi e lo invitò a fare lo stesso. - Anni fa, subito dopo la fine del dottorato, fui contattato da un gruppo di ricercatori russi interessati alla mia tesi sulle possibili origini di quelle che oggi definiamo "Abilità Eroiche". Dato che i loro studi erano sullo stesso argomento, mi chiesero di raggiungerli per collaborare al progetto. Ero curioso, giovane e soprattutto non avevo nulla da perdere, così decisi di accettare. A distanza di nemmeno un mese mi ritrovai ad un centinaio di chilometri da Mosca, in un paesino minuscolo, freddo e dimenticato da qualsiasi dio, inglobato dal circolo di questo gruppo di giovani folli ma allo stesso tempo incredibilmente appassionati e brillanti. Con grande stupore, mi trovai subito a mio agio fra di loro. Ben presto poi incontrai il loro... coordinatore, e compresi il motivo per cui tutti sembravano pendere dalle sue labbra: era un uomo gentile, estremamente carismatico, affascinante nelle parole e nei modi di fare, intelligente ed astuto. Mi confidò che era stato lui a volermi lì per contribuire allo studio, e che parallelamente sperava che io potessi aiutarlo ad individuare le cause del suo "problema". -

- Il problema in questione era la perdita della sua abilità? - azzardò Dominic e il professore annuì.

- A soli ventotto anni, Dorian Volkov perse quella che lui chiamava "Whisper", ovvero la capacità di convincere una persona a fare qualsiasi cosa lui desiderasse: erano sufficienti un sussurro e il contatto con il palmo della sua mano affinché l'individuo seguisse il suo volere alla lettera, come se fosse un dogma, senza porsi domande e senza la necessità di avere una qualche spiegazione logica. -

Dominic e Marcus cominciarono subito a parlottare tra loro, mentre Leo spalancò gli occhi nel momento esatto in cui collegò quel nome a ciò che la ragazza gli aveva raccontato.

- Era il padre di Yulis, non è vero? - Gareth rivolse a Shogo uno sguardo sconsolato. - Quell'abilità, "Whisper"... è incredibilmente simile alle sue. -

L'uomo tentò di mantenere un tono controllato della voce, espirando lentamente e scandendo la frase parola per parola.

- Sì. Il padre biologico di Yulis era Dorian Volkov, mentre la madre era... -

- Elyza Parker. - il biondo si passò una mano tra i capelli sospirando.

Il professore lo fissò con un'espressione stupita e contrita allo stesso tempo. - Ti ha parlato di lei? -

- No. Non esattamente. - Leo emise un verso di stizza e scosse la testa. - Ieri un tizio al Maple Syrup l'ha chiamata "Elyza" e lei si è letteralmente pietrificata nel bel mezzo della missione. So che questa mattina è andata alla centrale di polizia per interrogarlo e scoprire qualcosa di più su di lui, ma poi con la storia della crisi non mi ha raccontato molto su quel tizio russo. -

- Tizio russo!? - Shogo si immobilizzò, tirando tutti i muscoli del viso. - Chi era il tizio russo che l'ha scambiata per Elyza? Te lo ricordi? -

Leo assottigliò lo sguardo - Un certo "Smirnov", credo. Ma Yulis ha detto il nome una volta sola, potrei sbagliarmi. -

- Smirnov. -

Il professore serrò le palpebre e cercò di ricomporsi. Recuperò il bicchiere di plastica e si spostò nuovamente verso il distributore d'acqua.

- Tornando a Yulis e al discorso della perdita di un'abilità... - avanzò Dominic, estremamente interessato e desideroso di conoscere quanti più particolari possibili.

- Certo, sì. - Shogo annuì un paio di volte in maniera quasi meccanica. - Non si sa di preciso in che misura l'ereditarietà e la genetica possano incidere sul verificarsi di questo fenomeno, ma sono a tutti gli effetti un fattore da dover tenere in considerazione. In più, molto di ciò che Volkov mi raccontò in merito al suo cambiamento purtroppo è in linea con quello che sta succedendo ora a Yulis. -

- Quindi dobbiamo per forza accettare l'idea che a lei stia capitando la stessa cosa? Non esiste! - Gareth sbottò una breve risata nervosa. - Dominic, come la vedete tu e Momentum? -

Il ragazzo riccio si portò indice e pollice a coprire la bocca e balzò in piedi per tornare a passeggiare avanti e indietro per la stanza.

- Il fatto che ci sia in gioco un elemento genetico alza drasticamente le probabilità a favore del nostro caso peggiore, e questo è un dato oggettivo. - fece un giro attorno al tavolino e tornò alla posizione di partenza, riprendendo la sua pista invisibile. - Ma dobbiamo tenere in conto anche che dire "non conosco nessuno con più di due abilità" o "non ho mai sentito parlare di manifestazioni tardive" di certo non si traduce in una verità assoluta, quindi, da qualche parte nel mondo, potrebbero esistere individui con queste caratteristiche. Magari, per una serie di ragioni, questi ipotetici soggetti non si sono preoccupati di rivelarlo, o se anche l'hanno fatto, la voce potrebbe essere rimasta circoscritta alla loro zona. -

- Traduco per i comuni mortali: stai dicendo che, nonostante tutto, una speranza può esistere? - domandò Gareth, con ritrovato entusiasmo.

- Senza gli studi del professore sottomano e con i pochi dati che abbiamo a disposizione non mi è possibile fare una previsione accurata e precisa. Ma ti direi di sì e che la probabilità attuale... - Dominic puntò lo sguardo verso il muro e i suoi occhi si scurirono per qualche istante, apparendo quasi spenti e opachi. - Si aggira attorno all'1,8%. -

- "1,8%"?! - il rosso sfoderò un sorriso abbagliante in risposta. - Oooh, mi basta eccome questo 1,8%. Ero pronto ad accettare qualsiasi numero che iniziasse con "zero virgola", direi che è andata molto meglio di quanto mi aspettassi. -

- Hamilton. - Leo scosse la testa è gli accennò un sorriso rapido ma sincero. - Tu e il tuo dannato ottimismo irlandese... -

Gareth continuò a sorridere per un bel pezzo, genuinamente contento di aver alleggerito la situazione e di aver strappato a tutti un sorriso. Spostò poi la propria attenzione sul professore e tornò serio.

- Adesso avrei un'altra domanda per lei. -

Shogo sospirò a lungo e replicò con tono secco. - Immagino bene quale sia la tua domanda. La risposta è "No." -

- Ma non sa nemmeno cosa...! -

- Gareth. Sei praticamente cresciuto in casa mia, sempre intorno a Yulis da quando avevate tu nove e lei dieci anni. Dopo tutto questo tempo, potrei affermare che anche io so leggerti nel pensiero. -

Lo sguardo che gli rivolse sembrò voler far intendere qualcosa in più rispetto al senso letterale della frase e il ragazzo fu quasi tentato di desistere.
Quasi.

- Però concorda sul fatto che sarebbe giusto saperlo. -

- Ha ragione Gareth. - Leo finalmente afferrò il senso del discorso e cercò di ignorare la frustrazione che quella conversazione gli stava provocando. - Se dobbiamo proteggerla, abbiamo tutto il diritto di conoscere il passato di Yulis. -

Shogo li fissò uno ad uno, impassibile. - No. -

- Professor Nishikawa! - anche Dominic si unì per tentare di farlo ragionare. - Quella che lei ha lanciato è stata una vera e propria bomba a mano. Ora non può di certo aspettarsi di vederci qui, tranquilli e sereni, in attesa che esploda! Non chiediamo una spiegazione esaustiva, solo un sunto dei fatti. -

Gareth annuì con convinzione. - Come dice lui: un sunto dei fatti. -

Con la coda dell'occhio, Dominic notò che Marcus se ne stava in disparte, più silenzioso del solito. Aggrottò la fronte chiedendosi cosa avesse, ma quando fece per parlargli, la voce del professore lo distolse dal suo intento.

- Sentite ragazzi, so che volete solo aiutarla... - l'uomo cercò di mantenere la calma. - Ma dovete anche capire ed accettare la sua scelta: se non ve ne ha mai parlato è perché non è pronta a farlo, non è questione di fiducia. E lo dico prima che possiate tirare in ballo la questione. -

Leo si sentì indirettamente chiamato in causa e, ricordandosi di un certo discorso affrontato con Yulis proprio qualche ora prima, strinse la mano in un pugno.

- Lo sa che non ce ne andremo da qui senza aver avuto una risposta, non è vero? -

- E va bene! - il professore sospirò per l'ennesima volta e fissò il soffitto per una manciata di istanti, maledicendo tutta quella tenacia giovanile. - Ciò che posso dirvi è che Volkov, oltre ad aver perso Whisper, era diventato completamente incapace di provare qualsiasi tipo di sensazione fisica. Era come se i recettori della pelle fossero stati completamente addormentati o inibiti: niente più caldo o freddo, niente più piacere o dolore... solo una profonda e sconfinata apatia. Un giorno, però, si accorse che Yulis, tramite Empathy, era in grado di trasmettergli tutto lo spettro di emozioni. Ipotizzando quindi che il problema risiedesse davvero solo a livello dell'epidermide, cominciò a sottoporre lei e se stesso ad una serie di test, in segreto: dopo svariati tentativi ed esperimenti, arrivò alla conclusione che il dolore, seppur solo simulato a livello mentale grazie all'abilità della figlia, era l'unica emozione abbastanza forte da riaccendere temporaneamente i suoi ricettori, facendolo tornare "normale" per un breve periodo. Credo che voi tutti sappiate che Empathy funziona solo con esperienze che Yulis ha vissuto in prima persona, perciò potete immaginare quali potessero essere questi "test". Non mi perdonerò mai per... -

Il professore dovette interrompersi per cercare di non perdere la calma. Quando fu pronto per tornare a parlare, si scostò nervosamente un ciuffo dal viso e si inumidì le labbra.

- Una sera ci fu un... incidente. Per ridurla ai minimi termini, Yulis vide la madre morire davanti ai propri occhi. E Volkov, completamente distrutto dal dolore per la perdita di Elyza, si suicidò subito dopo. Vi prego, non fatemi ulteriori domande perché non ho alcuna intenzione di scendere nei dettagli di questa storia. -

I ragazzi, per l'ennesima volta, si trovarono completamente spiazzati.
Erano increduli, dispiaciuti e contemporaneamente anche tanto arrabbiati. Possibile che Yulis si fosse tenuta dentro tutto quel dolore per così tanto tempo, senza volerne fare parola con nessuno di loro? Gareth era il suo migliore amico da quando erano piccoli, eppure non aveva la più pallida idea di quanto raccontato.

In maniera inaspettata, Marcus spezzò quel silenzio. Si alzò rapidamente per dirigersi a grandi passi verso la porta e tutti i presenti lo fissarono con occhi confusi.

- Io... devo uscire, scusate. -

- Marcus! -

Senza nemmeno rifletterci, Dominic si fiondò fuori dalla porta per seguirlo.
Fu letteralmente costretto a correre per il corridoio della clinica per potergli stare dietro, e quando Marcus finalmente si fermò e si voltò di scatto, quasi gli finì addosso.

- Non capisco cosa mi succede, ma di sicuro non posso rimanere lì dentro. - iniziò a respirare in maniera molto rapida ed affannata: più avvertiva il battito del proprio cuore accelerare e più la sua agitazione aumentava. - Non mi sono mai sentito così... così male. -

Il ragazzo riccio gli afferrò con premura le mani tremanti e lo spinse delicatamente verso l'esterno dell'edificio, in modo da fargli prendere un po' d'aria fresca.
Nemmeno lui ricordava di averlo mai visto così spaventato e umano.
Da quando Dominic l'aveva conosciuto, Marcus era sempre stato incredibilmente composto, serio, con un volto serafico quasi al limite dell'impassibilità, bellissimo e perfetto come quello di una statua scolpita da Michelangelo. Non che pensasse che fosse apatico, ovvio, ma che gli risultasse davvero difficile esternare le proprie emozioni... quello sì.

- Marcus, prova a descrivermi che cosa senti. -

- Caldo. - le palpitazioni e l'iperventilazione gli facevano alzare e abbassare il petto in maniera innaturale. - Mi gira la testa, e ho la nausea. -

- È tutto okay. Sono qui, ti aiuto io. - gli sorrise dolcemente. - È un attacco di panico. Passerà tra poco. -

Il ragazzo spostò gli occhi sgranati verso il basso.

- Ho le dita intorpidite, non riesco nemmeno a sentire le tue mani sulle mie! - scattò rapidamente con la testa verso l'alto e gli rivolse un'occhiata completamente terrorizzata. - Non so cosa... io non mi sento mai...! -

- Lo so, non ti è mai capitato e ora sei spaventato. Ma va tutto bene, ci sono io, continua a guardarmi. Respiriamo insieme. -

Per fargli da esempio, Dominic esagerò il gesto gonfiando di molto il petto ed alzando le spalle.

- Bravo, così. Inspiriamo dal naso ed espiriamo dalla bocca. Ancora una volta. Ancora. -

Continuò a svolgere insieme a lui quella specie di esercizio più e più volte, senza mollare mai la presa sulle sue mani. Dopo qualche minuto, notò con sollievo che il petto del ragazzo cominciava a rallentare la sua corsa. Continuò a sorridergli e ad incitarlo a non fermarsi, invitandolo a contare ad alta voce ogni volta che le spalle si alzavano e si abbassavano. Marcus seguì tutte le indicazioni e tornò a puntare gli occhi verso il basso, stringendo le dita attorno alle sue.

- Adesso riesco a sentirti. -

- Visto? Sta passando. - Dominic non smise di sorridere nemmeno quando percepì le proprie guance andare a fuoco. Iniziò a parlare a ruota libera pur di distrarsi. - Sai, mia madre iniziò a soffrirne molto spesso quando mio padre se ne andò di casa. Aveva paura di non riuscire a crescere un figlio completamente da sola e si faceva divorare dall'ansia. Sai com'è, no? Con tutti gli imprevisti, le bollette da pagare, la spesa da fare, la scuola... e visto che all'inizio non potevo fare granché, pian piano ho imparato a capire come renderle la vita almeno un po' più semplice. Sapere come supportarla durante i suoi "momenti no" era davvero il minimo che potessi fare. -

- Una volta hai detto che tuo padre se n'è andato quando eri ancora piccolo. -

Marcus inclinò la testa di lato, fissandolo intensamente come se stesse cercando di trovare la soluzione ad un problema complesso. Dominic ridacchiò in maniera nervosa e distolse in fretta lo sguardo, stupito che se ne ricordasse.

- Sì, beh, a otto anni giustamente non sapevo nemmeno cosa fossero le tasse, così in quel periodo il mio contributo si limitava ad apparecchiare la tavola e a tenere in ordine la mia stanza. -

Marcus tornò ad osservare le loro dita ancora intrecciate. - Quindi tua madre aveva questi attacchi di panico quando si sentiva sopraffatta dagli eventi? -

- Sì, quando aveva paura di non riuscire a gestire tutto, oppure quando per qualche strana ragione le tornava in mente il momento in cui papà se ne andò. -

Il ragazzo aggrottò la fronte di colpo. - Secondo te qual è la causa del mio attacco di panico? -

Dominic si mordicchiò appena le labbra. - Non è sempre immediato riuscire a capirlo. Forse... il racconto sul passato di Yulis ti ha colpito molto più di quello che credi e ha fatto scattare qualcosa. Magari lo hai associato ad un evento spiacevole, a un brutto ricordo o a una specie di trauma che poi deve aver fatto tornare a galla una vecchia paura. -

Il ragazzo gli strinse più forte le mani e fece una mezza smorfia, poi puntò gli occhi nei suoi senza nemmeno sbattere le palpebre. - Sei completamente rosso. -

- I-io...! - Dominic avvertì le dita scivolose per via del sudore e fece saettare lo sguardo lontano dal suo. Deglutì a fatica e tentò di individuare una scappatoia a quella situazione, ma alla fine si arrese e sospirò a lungo, imbarazzato. - Sì, lo so. -

- È per via delle mani? - inclinò la testa di lato, in quel suo strano modo di fare. - È perché stiamo flirtando? -

- N-no, no! - Dominic lo lasciò andare di colpo, distogliendo lo sguardo per l'ennesima volta. - N-noi stiamo solo... i-io non...! -

Marcus si lasciò sfuggire una risatina. - Nick... ti prendo in giro. -

Il ragazzo moro schiuse le labbra per dire qualcosa, ma per un po' rimase con le parole sulla punta della lingua, spiazzato, senza sapere bene come replicare.
Marcus Steiner che scherzava e cercava di fare battute era un evento più unico che raro.

- Grazie per avermi aiutato durante il mio... "momento no". Tua madre è stata molto fortunata ad avere accanto un figlio così premuroso per tutti questi anni. E sai, a pensarci bene... ora sono io quello fortunato. - si sporse in avanti e si accostò al suo orecchio. - E sono sempre io quello che adesso sta flirtando con te, per davvero. -

Ancora prima che potesse reagire, si allontanò velocemente e si incamminò per tornare dagli altri, lasciando un Dominic molto confuso e soprattutto molto imbarazzato ad osservarlo da lontano.

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