Chapter 26: "At my best when I'm naked"
Sapeva che quella non era la cosa giusta da fare.
Avrebbe dovuto agire in modo differente e seguire il protocollo, informando prima la sua squadra e poi anche la polizia, visto che era stata coinvolta. Ma il tempo era poco, no? E quelle armi andavano recuperate il prima possibile, dato che parevano far gola a qualcuno di ben poco raccomandabile, stando alle parole di Phoenix - no, di Touya. Non poteva rischiare che quel qualcuno arrivasse prima di lei e si servisse di un pacchetto regalo già infiocchettato, e di certo non poteva nemmeno farsi sfuggire dettagli sulla sua nuova collaborazione.
Nella pratica non serviva nemmeno che Leo lo venisse a sapere. Sarebbe stato sufficiente recuperare la merce di contrabbando, aggiungere ad essa il piccolo presente che il suo informatore le aveva premurosamente donato e far recapitare la sacca alla Centrale di Shibuya.
Certo, prima avrebbe dovuto cancellare ogni traccia delle sue impronte dalla Rayline calibro 6, alterando di fatto parte delle prove... ma poco male.
Con quei pensieri a turbinare in testa, Yulis si acquattò contro il muro dell'edificio, scivolando nella carezza dell'ombra della notte. Una mano contro la parete, le ginocchia piegate e nascoste dal parka, il busto proteso in avanti per mantenere il profilo basso. Movimenti misurati, attenti e discreti. Proprio come quelli di una ladra.
- Una ladra con le chiavi. - mormorò a fior di labbra, mentre faceva scattare la serratura. - E con un outfit improbabile. -
Touya gliel'aveva resa quasi fin troppo facile. O forse era stato quel dannato Ultra Violet così beverino e gustoso a semplificare la risposta al quesito, come non aveva perso occasione di farle notare lui.
"Sei davvero un tipo impaziente."
- Ho le mie priorità. - borbottò in differita, maledicendosi per non aver avuto la stessa prontezza di spirito, quasi un'ora prima.
Si ritrovò al centro della sala principale, e gli stivali affondarono nella moquette percorrendo uno slalom tra i tavolini e le sedie ancora ribaltate a terra, poi imboccò il corridoio: il Maple Syrup non le era mai sembrato così freddo e privo di personalità.
Seguì per filo e per segno le istruzioni che aveva ricevuto, lasciandosi alle spalle i camerini e giungendo a quello che era l'ufficio privato di Twizzler.
"Twizzler è uno eccentrico, e come tutti i tipi strani che si rispettino non si è fatto mancare una stanza delle meraviglie."
"Una specie di stanza... segreta?"
Touya a quel punto le aveva sorriso. "Non hai idea della roba che ci tiene, lì dentro."
Non le aveva rivelato molto altro, ma qualcosa le suggeriva che l'effetto sorpresa non sarebbe mancato.
Yulis si avvicinò a una piccola porta in legno, impreziosita da un pomello di vetro zigrinato; dovette curvarsi per poter passare sotto l'arco della volta, lei, che già era di bassa statura.
< Così altezzoso da costringere chiunque a inchinarsi davanti alla scrivania, prima di entrare. >
Scosse la testa e si spostò verso gli scaffali che coprivano una porzione della parete di fondo. Con la torcia del telefono illuminò i volumi di un'enciclopedia dell'arte e accostò le dita sul primo di questi. Si spostò fino al quinto libro della collana e lo tirò verso di sé, facendolo scorrere sulla mensola; quando questo arrivò a fine corsa, un leggero click vibrò nell'aria.
Yulis incespicò indietro di un passo, osservando con meraviglia la libreria scorrere verso destra lungo un binario di acciaio. Un passaggio un po' polveroso, grande abbastanza da essere attraversato da un paio di persone, fece la sua comparsa su quella porzione di muro ora completamente esposta.
La ragazza ciondolò la testa di lato, dipingendo il viso di una smorfia.
- Forse dovrei smettere di stupirmi. -
Senza porsi ulteriori domande, proseguì per il piccolo corridoio e si ritrovò di fronte a una nuova porta di ferro. A giudicare dall'enorme maniglia circolare posta al centro della scocca, così simile a quella di una cassaforte, quello dall'altra parte poteva essere un caveau; fu necessaria una discreta dose di forza per aprirla e oltrepassarla.
Touya l'aveva informata della presenza di un generatore d'emergenza, con l'interruttore posto subito in prossimità dell'ingresso: non faticò a raggiungerlo e a metterlo in azione, così, in una manciata di secondi, i lampadari si accesero in sequenza, illuminando di toni caldi l'ambiente.
Yulis sfarfallò le ciglia e schiuse le labbra: quella che aveva davanti era una sala di medie dimensioni gremita di ninnoli preziosi, gioielli, orologi, vasi e altri pezzi di antiquariato, talmente piena di oggetti da risultare quasi inattraversabile. Alle pareti erano appesi quadri raffiguranti i soggetti più svariati, dalle scene rurali e meticolosamente dettagliate alle tele più astratte, colorate e incomprensibili; a terra, arrotolati, dovevano esserci almeno una dozzina di altri dipinti, e assieme ad essi anche qualche cornice appoggiata al muro. Due mezzi busti di marmo erano appollaiati sopra un vecchio mobile poco distante e sembravano rivolgerle un'occhiata torva e giudicante.
< Collezione personale? >
In fondo alla sala troneggiava un divano molto largo con penisola, la cui trama elaborata richiamava la stessa rifinitura presente sul corpo dell'armadio e dell'orologio a pendolo posti all'angolo.
Yulis puntò lo sguardo in direzione della seduta e si lasciò sfuggire un sorriso.
< Esattamente dove ha detto che l'avrei trovato. >
Schivò scatoloni e teche di vetro per raggiungere il suo obiettivo: un enorme e scolorito borsone da ginnastica con la scritta "Virtus" sul fianco. Afferrò il tiretto della zip e lo fece scorrere lungo tutti i denti del nastro, spalancando così i due lembi di tessuto, poi, con un paio di rapide mosse, si liberò di tutta la plastica da imballaggio che ricopriva il vero contenuto.
- "CZ-75"... - mormorò, sfiorando il profilo dell'arma. - Questa deve essere la mitragliatrice portatile, invece la TEC-9 è la pistola leggera... mentre qui abbiamo lo Spalleggiato 35, il lanciafiamme. Manca solo la Rayline. -
< Che è ancora nascosta nel mio armadio. >
Yulis si mordicchiò il labbro inferiore e molleggiò la gamba, puntando il piede a terra. Continuare a nascondere la semiautomatica sarebbe stato fuori discussione, e anche se l'idea di manipolare le prove di un caso non la entusiasmava, recuperare il tutto per consegnarlo alla polizia continuava a rimanere l'opzione migliore tra le poche che aveva.
Svuotò i polmoni in un lungo sospiro: avrebbe richiuso tutto, messo il borsone in spalla e sarebbe volata a casa.
Sarebbe andato tutto bene.
Nessuno si sarebbe accorto d-
- Per di qua. -
Yulis sbiancò.
La mano ancora protesa verso la tracolla del borsone, congelata in una posa innaturale, il respiro mozzato e le orecchie tese.
Era chiaramente una voce.
E quelli che si sentivano in sottofondo erano, senza ombra di dubbio, dei passi in avvicinamento.
Con il cuore a mille e l'ombra del panico a scorrere nelle vene, Yulis si fiondò a spegnere il generatore. Raggiunse l'armadio al buio, facendo affidamento perlopiù alla memoria. Vi si nascose dentro, mentre l'eco di tacchi e suole dettava anche il ritmo dei suoi battiti.
Che qualcuno l'avesse vista entrare? Che avesse temporeggiato troppo? Che fosse un'imboscata?
No.
Scosse la testa e si costrinse a mantenere la calma.
Era stata attenta, e Touya non avrebbe avuto alcuna ragione per ingannarla.
...Giusto?
< Devo smetterla. >
Quello non era il momento di porsi inutili domande.
Doveva limitarsi a rimanere in silenzio, immobile e invisibile tra quelle pompose pellicce soffocanti.
Un ronzio e un fiotto di luce proveniente dalla serratura dell'anta palesarono l'attivazione del generatore: anche a voler rischiare e sforzarsi, da quel minuscolo forellino ci avrebbe visto ben poco.
- È una follia. -
Ma, almeno, aveva la facoltà di ascoltare.
- Non ti ho chiesto io di venire. -
Due persone, un uomo e una donna.
La voce femminile era graffiante, dal tono scocciato, mentre quella maschile era molto più allarmata e... dal timbro vagamente familiare?
- Bubblegum ci farà ammazzare, se lo scopre. Non si ruba a casa dei ladri. -
- Le armi non sono sue, quindi non stiamo rubando un bel niente. -
- Lo sono diventate non appena ha messo le mani sul Maple. Dio, cosa c'è di interessante in questo posto che trasuda fetido, marciume e sudore? -
Yulis trattenne il fiato e tese l'orecchio.
Quelle dovevano essere le persone per cui Touya l'aveva messa in guardia.
Coincidenza che fossero già lì?
- Cristo, rilassati un po'. -
- Non hai ricevuto nessun ordine da Sweet-T, ci scommetto. Stai agendo di testa tua per l'ennesima volta. -
- Quanto la fai lunga. Sweet-T si affida a me e al mio buon senso. Certe cose non ha nemmeno bisogno di chiederle. -
Lui sbuffò ad alta voce.
- È stato quel tipo a farti la soffiata sulle armi? -
- È stato il mio ragazzo a dirmi dove le aveva nascoste. -
Yulis aggrottò la fronte.
Stavano parlando di Touya?
Seguì una risata sprezzante, secca.
- Sai benissimo per chi lavora, e se ti scopa è solo perché gli fa comodo. Non venire a frignare da me quando si sarà stancato. -
- Che cazzo ne sai, tu?! -
- So che mi sono rotto dei tuoi continui piagnistei. -
- Ma voi due riuscite a chiudere il becco per un istante? Siete così ridicoli e rumorosi. -
Yulis assottigliò lo sguardo.
Erano in tre, non in due.
Come aveva fatto a non accorgersi del terzo individuo?
- Chiudi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca. -
- Ha parlato quella con la voce da gallina. Scommetto che è proprio come dice lui, che sei buona solo per qualche botta ogni tanto. -
Ci fu uno schiocco sordo, presumibilmente il rumore di uno schiaffo.
Con cautela, Yulis si fece spazio tra i cappotti. Molleggiò sulle ginocchia per abbassarsi e portare lo sguardo all'altezza della serratura: un brivido le corse lungo la spina dorsale quando constatò la pericolosa vicinanza del trio. Uno dei due ragazzi, quello voltato di spalle e che occupava gran parte del suo campo visivo, di colpo azzardò una falcata in avanti, rabbiosa, forse verso il fautore dello schiaffo, ma in un attimo fu costretto a bloccarsi, rimbalzando contro qualcosa.
- Cosa credi di fare, mh? È una fortuna che tu sia qui con noi, eppure la prima cosa che ti viene in mente è quella di mandare a puttane l'occasione? Davvero? -
La ragazza rise di gusto. - Lascia che si faccia avanti, Scent. Il novellino ha un'unica carta da giocarsi e ha deciso bene di bruciarla. -
I due si scambiarono di posto e Yulis si appiattì al legno nel tentativo di mettere più a fuoco la scena.
Se la voce era riuscita a instillare in lei qualche dubbio, la zazzera arancione non fece altro che confermare il sospetto.
Certo che lo aveva già visto.
Anche lui era al Gala per la proclamazione della HTT.
Non un invitato, e di certo non un eroe: era il cameriere che aveva servito da bere, lo stesso che si era dilungato in un'inutile e minuziosa descrizione dell'aroma del bourbon.
< "Scent". >
I tasselli del puzzle avevano appena iniziato a comporsi.
"Mi è parso che ti stesse annusando."
Yulis fece un minuscolo passo indietro e si accucciò contro uno dei cappotti, nella speranza che l'odore di vecchia pelle coprisse le tracce del suo profumo. Quello che la sera della proclamazione era sembrato solo un commento bislacco pronunciato da un James leggermente brillo si era appena tramutato in un campanello d'allarme.
"Uno dei camerieri è andato fuori di testa".
Anche le parole di Touya avevano ormai assunto un sapore del tutto diverso, acuendo il principio di ansia che con facilità crescente stava mettendo a dura prova la velocità del suo respiro.
Le persone nel caveau lavoravano per Sweet-T ed erano le stesse che si erano intrufolate al Grand Hotel la sera del gala. In qualche modo, erano riuscite a mescolarsi al personale di sala, senza destare sospetti, senza che nessuno si accorgesse di niente. Eppure, da quel che sapeva, non si erano verificati incidenti.
< Perché scomodarsi tanto per arrivare fin lì e non agire? >
- Siete due coglioni. - ringhiò il terzo. - Così coglioni che non vi accorgete nemmeno di essere pedine invisibili nelle mani di Sweet-T. -
- Invisibili? - ripeté lei, in un trillo indispettito.
- Che cosa credi di fare? -
Scent afferrò l'altro per un polso, ma questi lo scrollò via.
- Recupero quelle cazzo di armi, nel frattempo che voi poveri idioti vomitate altre stronzate. -
- Non toccare niente. - sibilò la ragazza. - Non siamo qui per questo. -
- Pensi di farmi paura? Pensi di avere una qualunque forma di influenza su di me? - schioccò la lingua contro il palato, poi si voltò ad afferrare una piccola scatola appoggiata su una mensola. - Questo è per il disturbo. -
- Per il disturbo! - rise lei. - Quindi avevamo ragione... ti sei confermato per il patetico, piccolo e prevedibile mocciosetto che appari. -
La scatoletta rotolò a terra.
E, assieme a quella, anche la mano che la sorreggeva.
Un urlo agghiacciante squarciò l'aria, così disperato e gutturale da svuotare i polmoni. Sangue, tantissimo sangue, in zampilli e gittate copiose macchiò le tele, l'orologio caduto a terra, le superfici dell'antiquariato.
Tutto era ricoperto di uno scarlatto acceso.
- La mia mano! - il ragazzo si sfiorò il polso destro, accarezzando il vuoto attorno al moncherino grondante. - Che cazzo hai fatto?! -
- Non è abbastanza ovvio? -
Gli occhi di tutti erano ormai incollati sulla ragazza.
- Sei una psicopatica! - tra singulti e singhiozzi, il ragazzo tentennò dei passi indietro. - Ti ammazzo! Giuro che ti ammazzo! -
- Tu. Parli. Troppo. -
Nel giro di un attimo, fu di nuovo silenzio.
Il corpo del ragazzo sobbalzò e si irrigidì, le spalle si alzarono fino a incassare la testa tra esse.
Nuovo sangue cominciò a sgorgare dalla gola.
Versi strozzati e incomprensibili.
Poi un tonfo, un accasciarsi scomposto a terra.
Silenzio.
- L'hai... -
Scent si bloccò per una pausa breve, forse per prendere fiato.
- L'hai ammazzato, Cheryl! -
Il volto di Yulis era pallido.
I suoi occhi sgranati erano incollati alla serratura, la mano destra era vittima di forti tremori. Il desiderio di spalancare l'anta dell'armadio e precipitarsi fuori lottava con lo shock che la teneva in ostaggio.
- Ho fatto un favore a tutti. -
- Di certo non a lui. - lamentò in uno sbuffo. - Gli hai tagliato la gola. -
- E la lingua. - precisò, con uno squittio. - Sweet-T non si fidava di lui, così mi ha chiesto di tenerlo d'occhio. Quell'idiota di Frizzy sperava davvero di portare avanti il suo doppio gioco. Avrebbe raccontato tutto alla polizia. -
Un sospiro lungo, arricchito dal ticchettio di calzature a punta.
- Sei incredibile. -
- Lo so. -
- Non è una cosa positiva, Cheryl. -
- Invece lo è. Non meravigliarti se Sweet-T assegna a me questi incarichi, mentre tu sei costretto a seguirmi. -
- Pensi davvero di essere la preferita di Sweet-T? -
- Sweet-T mi adora. - Cheryl si esibì in un risolino breve, ruffiano. - Come tutti voi, del resto. -
Scent si allontanò da lei con passi pesanti e affrettati.
- È tardi. Recuperiamo quella roba e filiamocela. -
- Ho detto qualcosa che ti ha infastidito, Scent? -
Passi più leggeri, sbarazzini nonostante i tacchi, seguirono quelli del ragazzo.
- Io mi accorgo di ogni cosa... Dei sorrisi viscidi che quegli idioti mi rivolgono, e di quell'inutile e vana speranza che assilla i tuoi occhi ogni volta che ti rivolgo la parola. Ti secca, il modo in cui tutti mi guardano? Lo stesso modo penoso in cui sei costretto a guardarmi anche tu, ovviamente. Ti brucia, sapere che l'ultimo arrivato ti ha scavalcato senza problemi, sotto qualunque punto di vista? Ti uccide, sapere che non potrai mai avermi e che dovremo continuare a lavorare insieme, come se niente fosse? -
Nessuna risposta.
Solo un flebile rumore di zip, quello del borsone che veniva richiuso.
- I tuoi capelli sono ancora sporchi di sangue, Cheryl. Perché non vai a farti una doccia? Il loro fetore mi fa venire il voltastomaco. -
La voce poteva anche sembrare perentoria, ma non era abbastanza controllata da celare del tutto il risentimento che Scent doveva covare da chissà quanto tempo.
Una risata cristallina smorzò l'atmosfera, ma paradossalmente inasprì la tensione.
- Sei tu, quello incredibile, tesoro. La gelosia è un mostro verde dagli occhi gialli. E tu gli assomigli in maniera imbarazzante. -
*
Era a pezzi.
Scossa, provata, colpevole di non aver fatto nulla.
Non aveva salvato il ragazzo.
Non aveva fermato quei due.
Non aveva recuperato le armi.
Un fiasco totale.
Yulis si sfilò la parrucca in un movimento lento, lasciandola poi cadere ai piedi del letto; si strofinò le dita sugli occhi, cercando di scacciare la stanchezza e il peso dell'omicidio a sangue freddo a cui aveva assistito. Scent e Cheryl se ne erano andati, lasciando il giovane Frizzy ricurvo in una pozza di sangue, e lei, dopo essere uscita dal nascondiglio, era rimasta per almeno una decina di minuti a fissare quello scempio di carne lacerata. Non era riuscita a trovare un senso né al gesto, né ai modi, né alla fredda indifferenza di quelle persone. L'unica cosa che aveva fatto era stata limitarsi a guardare, come una codarda.
Strizzò la federa del cuscino tra le dita e soffocò un piagnucolio.
Una volta rientrata a casa aveva tentato di dormire un po', buttandosi di peso sul letto, ma senza grandi risultati. Non si era nemmeno spogliata, forse per stanchezza, o forse perché si vergognava a tornare a essere Yulis, dopo tutta quella negligenza.
Sprofondò il volto nel cuscino, contenendo la rabbia e la frustrazione che ne alteravano i lineamenti. L'eyeliner e parte del rossetto macchiarono il tessuto, ma lei parve non accorgersene; si voltò sulla schiena, fissando il soffitto immerso nel buio, quindi alzò il braccio per tenderlo verso l'alto, con il palmo aperto rivolto alle assi di legno.
< Avrei dovuto fare qualcosa. >
Strinse le dita a pugno, sbattendole con forza contro il materasso.
- Con quale coraggio posso definirmi parte del Corpo degli Eroi... - mormorò, volgendo lo sguardo alla sveglia.
Erano quasi le sei del mattino.
< Ho bisogno di lavare via questo... peso. >
Balzò in piedi e si liberò al volo degli anfibi. Sganciò fibbie, slacciò stringhe, e finalmente si spogliò delle vesti di Regina. Accese la luce e si avvicinò all'armadio, recuperando della biancheria pulita che adagiò sullo schienale della sedia. Si spostò poi verso il bagno e con flemma aprì il rubinetto della vasca.
Rimase lì per un po', seduta a terra e appollaiata con una spalla sul bordo di ceramica, una mano a giocherellare con l'acqua che pian piano aumentava di livello.
Quel rumore continuo e uniforme era rilassante, riusciva ad appianare il groviglio di pensieri che le affollavano la testa; lo scroscio controllato le ovattava le orecchie, mentre gli occhi erano fissi sulla superficie trasparente.
Situazione paradossale, se si soffermava a riesumare il passato.
- Almeno così non fa paura. -
Liberò un sospiro e fece leva sul bordo per issarsi in piedi.
- Che cosa non fa paura? -
Yulis sobbalzò e si voltò di scatto, sbattendo i talloni contro la vasca e rischiando così di perdere l'equilibrio. Con gli occhi sbarrati e il respiro mozzato, fissò incredula davanti a sé.
- Cosa ci fai qui!? -
Touya alzò un sopracciglio. - Un uccellino mi ha detto che hai toppato alla grande. -
La ragazza irrigidì i muscoli del volto: la sorpresa era evaporata in meno di un secondo. Non erano passate nemmeno un paio d'ore e lui sapeva già cos'era successo.
- Vuoi farmi credere di essere sorpreso? - Yulis cacciò indietro l'amaro, barattandolo con qualche nota acuta di rancore. - Che non sei stato tu a mandare quei tizi al Maple? -
Touya affilò lo sguardo, inclinando leggermente il viso di lato. - Credi che ti abbia teso una trappola? -
- Quella ragazza, Cheryl... ha fatto il tuo nome. - decretò, tenendo gli occhi fissi nei suoi anche quando lui si stagliò a un soffio di distanza. - Ha detto che sei stato tu a dirle dov'erano nascoste le armi. -
L'occhiata che guadagnò fu intensa, molto irritata... ma non sufficiente a intimorirla.
- Non mentire a un bugiardo, ragazzina. -
Era vero: aveva appena manipolato parte della storia solo per provocarlo. Ma il dubbio era lì, fastidioso quanto un tarlo intento a rosicchiarle il cervello... e lei aveva bisogno di una risposta.
- Pensavo fossimo d'accordo almeno sul discorso della "ragazzina". -
Lui drizzò il busto e tirò indietro le spalle, con un'espressione di vetro modellata sulla pelle. La squadrò in silenzio, poi si incurvò, lento, e troneggiò su di lei, forte della differenza di altezza.
- Hai ragione, Yulis. - fiatò, le labbra accostate al suo orecchio. - Anche se quello che vedo potrebbe tradire questa verità, lo so che non sei una ragazzina. -
Yulis trasalì.
Con estrema vergogna, in quell'istante realizzò di essere vestita esclusivamente dell'intimo.
- Sei venuto qui solo per farmi la ramanzina sul mio scarso tempismo? - mormorò, stringendosi le braccia attorno al corpo in un tentativo blando e goffo di coprirsi.
Lui azzardò una risatina sommessa, la bocca ancora a un respiro dal suo profilo. - Sono venuto qui per farmi un bel bagno caldo. -
Yulis voltò la testa di lato, per recuperare il suo sguardo.
- Come hai trovato casa mia? -
- La tua faccia è sui cartelloni pubblicitari di tutta la città e ti stupisci se il tuo indirizzo è reperibile online? -
Fu il turno di Yulis di assottigliare lo sguardo, e Touya allungò la mano per abbassare la leva del rubinetto.
- Vivi qui con il tuo patrigno? -
- No. -
- Mmh. - Touya si sporse verso la vasca per immergere l'indice. - Avevi detto che è lui il vero fan di Demidevil, eppure ho notato parecchi dischi sulla mensola, subito sotto ai libri di astronomia. -
- Posso sapere quanto tempo hai passato qui dentro? -
- Molto meno di quello che temi. -
- Ma abbastanza da farti gli affari miei. -
Lui la ignorò, e dopo aver ritirato la mano dall'acqua fece un passo indietro. Estrasse dalla tasca della giacca di pelle un minuscolo pacchetto blu, poi lasciò scivolare a terra l'indumento.
- Cos'è quello? -
- Un pensiero, per il disturbo. -
- Cioccolatini... comprati al konbini in fondo alla strada. - constatò Yulis dopo aver ricevuto la scatola tra le mani e aver riconosciuto la marca del supermercato. - Online c'era scritto anche quali sono i miei dolci preferiti? -
- No, ma ho capito che hai un problema con gli zuccheri dalla velocità con cui hai fatto sparire i marshmallow che accompagnavano l'Ultra Violet. Senza contare la tua mancanza di ritegno davanti al buffet dei dolci, la sera del Gala. -
Yulis si sentì avvampare. Fece per ribattere, ma la sua attenzione presto gravitò sul torso nudo di Touya: la ragnatela di cicatrici ricopriva l'intero braccio destro, la spalla e la gola fino al pomo di Adamo, poi scendeva per estendersi sul petto, fermandosi a una spanna dall'ombelico, mentre il braccio sinistro era coinvolto solo fino a metà bicipite.
- Cosa diavolo stai facendo. -
Farfugliò, anche se l'intonazione non era quella di una vera domanda.
- Di solito fai il bagno vestita? -
- Tu non puoi...! -
Jeans e boxer finirono a terra sulle piastrelle, e Yulis, consapevole delle proprie gote arrossate, abbandonò la contemplazione delle cicatrici per concentrarsi sulla tinta color corallo delle pareti.
Sfarfallò le ciglia e arricciò le labbra, puntando la lingua dietro i denti.
- Non ti facevo così pudica. - la voce si mescolò al rumore della massa d'acqua che veniva spostata. - Perché ti sconvolgi tanto? È solo un corpo, Yulis. -
La ragazza chiuse gli occhi e riempì i polmoni. Li svuotò poi in un unico respiro, riallacciando lo sguardo a quello del suo inaspettato ospite.
- Te ne devi andare. -
- E ho tutta l'intenzione di farlo. - confermò, sprofondando più avanti con il corpo per mettersi comodo. - Dopo la ramanzina sul tuo scarso tempismo. -
Yulis affilò un'occhiataccia.
- Calda al punto giusto, persino per me. - si beò lui. - Cazzo, manca solo una sigaretta per renderlo perfetto. -
- Dimmi chiaramente cosa vuoi, così poi puoi levarti di torno. -
- Voglio la Rayline, Yulis. - Touya appoggiò la nuca al bordo in ceramica e socchiuse gli occhi, avvolto dal vapore che ovattava parte della sua figura. - Di solito non sono il tipo che chiede indietro un regalo, ma questa volta credo di dover fare un'eccezione. -
- La Rayline? - fece eco, sorpresa. Piegò l'indice e lo portò a sfiorare la bocca, e mantenendo la fronte aggrottata picchiettò la nocca contro il centro delle labbra. - Se hai bisogno di riprendere la Rayline significa che si aspettavano di ottenere in un colpo solo tutte le armi all'asta. Devi avergli detto dove e come trovarle, e il fatto che la pistola ora manca all'appello... costituisce per te un vero problema, perché di certo è poco credibile che la polizia ne abbia recuperata soltanto una su quattro. -
Touya sollevò una palpebra, sbirciandola dal basso.
- Tu hai un accordo anche con Sweet-T. - concluse lei, accigliata.
Il moro si spostò sul fianco destro, appoggiando le braccia conserte sul bordo della vasca.
- I miei complimenti, Holmes. Quale grande talento sottratto alla polizia di questa città. -
Yulis alzò gli occhi al cielo, infilzando i denti nel labbro inferiore per evitare che la lingua finisse a briglia sciolta. Girò i tacchi, scavalcò i vestiti di Touya, gli stessi con cui l'aveva visto qualche ora prima al Bullet Hell, e si avviò verso la camera.
- È inutile andare a scavare in fondo all'armadio. L'ho già presa. -
La ragazza si bloccò, rimanendo voltata di spalle e continuando a guardare fisso davanti a sé.
Non c'era molto altro che potesse fare.
Sospirò di nuovo e si umettò le labbra, poi a passi lenti si avvicinò alla porta della sua stanza per chiuderla dall'interno.
- Meglio assicurarsi che nessuno possa disturbarci. - chiosò Touya, visibilmente divertito.
- Meglio limitare le tue vie di fuga. - rimbeccò lei, una volta essersi avvicinata. - Se ti aspetti che ora mi metta a lavarti la schiena, sei fuori strada. -
Lui alzò un sopracciglio e allargò il sorriso. - Non mi aspetto proprio nulla. -
Yulis incrociò le braccia al petto, lasciandosi sfuggire uno spazientito "non ti capisco".
- Questa vasca è enorme, quasi quanto quella del Riviera. - osservò lui, tornando a immergere le braccia. - Forse è proprio come dicono: la doccia è sopravvalutata. -
- Quindi... lavori con Bubblegum, con me, con Sweet-T... - sbottò la ragazza, gesticolando per sottolineare con cura gli attori coinvolti. - Certo che non dev'essere facile gestire tutti questi doppi giochi. -
- Se vuoi conoscere i dettagli della mia collaborazione con Sweet-T... ti basta saltare qui dentro e chiedere. -
Touya indicò l'acqua con un gesto del mento, e Yulis lo fulminò all'istante.
- Sei serio? -
Lui fece spallucce, aumentando ancora di più la sua stizza. - È il prezzo di questa informazione. -
- Mettermi in ridicolo è il prezzo di questa informazione? Bene. - sibilò in risposta, arpionando la ceramica con una mano mentre scavalcava il bordo della vasca, della decenza, della vergogna. - Fammi spazio. -
Touya le rivolse un'occhiata a metà tra il compiaciuto e il sorpreso, poi piegò le gambe fino a che le ginocchia non emersero a pelo d'acqua.
- Rigorosamente mezza vestita. - le fece notare.
- Cambierebbe qualcosa se non lo fossi, o se indossassi il costume di Ultra Violet? -
Touya inclinò la testa di lato, soppesando le sue parole. - Probabilmente no. -
Yulis molleggiò per immergersi nell'acqua bollente, rannicchiando le ginocchia al petto non appena riuscì a sedersi. Un brivido risalì per tutta la schiena e la pelle si arrossò nel giro di pochi secondi, mentre slip e reggiseno, già completamente zuppi, le si appiccicarono addosso, aggiungendo un'ulteriore sensazione di scomodità alla lista.
< Come fa a resistere a una tale temperatura? >
- Parlami del tuo... -
- Cazzo, i cioccolatini. -
Touya poggiò i palmi contro la ceramica e si issò in piedi, facendo strabordare in un solo colpo sia la massa d'acqua, sia la pazienza di Yulis.
La ragazza, dal canto suo, serrò le palpebre e incamerò aria nei polmoni, tentando in qualunque maniera di deviare i pensieri da ciò che aveva davanti e dalla situazione incresciosa in cui si era cacciata. Rimase immobile, ignorando l'imbarazzo che prepotente si aggrappava alle sue guance, affidandosi perlopiù all'udito per indovinare i movimenti del suo ospite, dato che la vista era da considerarsi temporaneamente fuorigioco.
- Pudica. - confermò lui, condendo quella parola con un'abbondante dose di scherno. - Non penso di essere il primo uomo nudo che ti ritrovi davanti. -
Evitò di controbattere e inspirò ancora con calma, cercando di sciogliere la tensione che costringeva la sua schiena a rimanere rigida come un fusto.
< No, pessima immagine. >
Percepì il livello dell'acqua alzarsi di qualche centimetro e d'istinto si strinse le ginocchia al petto.
- Apri la bocca. -
Yulis spalancò gli occhi e puntò il mento verso l'alto.
Touya, di riflesso, non poté fare altro che ridersela di gusto.
- Mi sembri un po' prevenuta. -
La ragazza non si azzardò mai a spostare l'attenzione dal volto del moro, di nuovo chino su di lei, ma anche senza mettere a fuoco il resto della scena riuscì a comprendere che quella mano tesa verso il proprio viso le stava offrendo qualcosa, probabilmente uno dei famosi cioccolatini che si era tanto prodigato a recuperare.
- Passo. - decretò, tornando a socchiudere gli occhi per via dell'acqua che con tedio le gocciolava sulle guance.
- Come vuoi. -
Touya portò le dita alla bocca, lasciando scivolare la pralina al suo interno. Con la punta della lingua ripulì i polpastrelli, poi si accucciò con poca grazia in acqua, stendendo le gambe fintanto che lo spazio lo permetteva, strisciando caviglie e polpacci ardenti contro i suoi fianchi. Yulis allora si agitò sul posto e immerse le braccia nel tentativo di riconquistare un minimo di spazio.
- Ah-ah-ah. - la fermò. - Mani ben in vista sul bordo della vasca, Ultra Violet. -
Yulis gli scoccò l'ennesima occhiataccia, ma questa non arrivò nemmeno a destinazione: Touya aveva già distolto l'attenzione e buttato la testa indietro, lasciando il collo completamente esposto; l'artiglio di una delle cicatrici spiccava per differenza cromatica rispetto al resto della pelle, tagliandogli il pomo d'Adamo in due metà perfette.
"Non è una domanda da primo appuntamento", ricordò.
- Stavi dicendo, su Sweet-T? - provò a esortarlo, scandendo piano ogni parola per mantenere la calma e per sopire quella curiosità rimasta insoluta.
- A Sweet-T ho fornito l'informazione per cui mi ha pagato, ovvero il luogo in cui avevo nascosto le armi che aveva fatto recapitare a Twizzler. Fine della storia. -
Yulis sfarfallò le ciglia a rilento.
- "Fine della storia"? - domandò, con un pizzico di disappunto. - Non ti ha detto dove le avrebbe nascoste, o cosa ne avrebbe fatto? -
- E perché avrebbe dovuto? Sa bene che il mio cliente più fedele è anche il suo più grande rivale in affari. -
- Perché più che un sottoposto, dai l'idea di essere un mercenario che può essere comprato. -
Touya affilò un sorriso compiaciuto.
- Lo prendo per un complimento. - allungò una mano per recuperare un flacone alla sua sinistra. Svitò il tappo e lo accostò al naso per scoprirne l'odore, poi si rigirò la boccetta tra le mani. - "Iris, ibisco e perle del deserto. Piacere delicato e soave". - lesse ad alta voce. - Ignoro cosa potrebbero essere le "perle del deserto", ma questa roba delicata e soave ha un profumo... lussuoso. -
- Si chiama bagnoschiuma. Pensavo che Bubblegum ti ricoprisse di soldi... non dirmi che in realtà la sua è una misera paghetta da apprendista che non ti permette nemmeno di sopperire ai beni di prima necessità. -
- Mi hai proprio scoperto, Yulis Parker: ho chiesto un anticipo solo per cercare di impressionarti, questa sera. - dopo essersi versato parte del contenuto sulla mano, iniziò a strofinarlo sul petto e sulle spalle, facendo scivolare le dita in carezze veloci. - Quindi vivi da sola... in questo appartamento gigantesco a due piani. Un po' uno spreco, se mi permetti l'espressione. -
- Spesso lo usiamo come quartier generale. Non è raro che qualcuno degli altri Riser si fermi qui, la notte. -
- Allora anche stasera qualcuno è rimasto a dormire. - constatò lui, rivolgendole un'occhiata fugace. - È l'unico motivo valido per cui avresti voluto chiudere la porta. -
Yulis si irrigidì per un attimo, ma poi elargì un mezzo sorriso. - Complimenti anche a te, Watson. Sicuro di non voler valutare un cambio di carriera? So che i vigili del fuoco stanno reclutando nuovi volontari. -
Touya a quel punto si concesse una risata genuina. - Come hai trovato i soldi per pagarlo, un posto così? O i tuoi genitori-morti ti hanno lasciato un bel gruzzoletto in eredità, oppure il tuo adorato patrigno dai condivisibili gusti musicali ti ha dato una mano. -
- L'ho comprata con i soldi che ho guadagnato. -
- Non sapevo che anche tu trafficassi armi. -
- Perché ti importa tanto sapere da dove ho preso i soldi? - Yulis alzò un sopracciglio. - Ho svolto un incarico all'estero, per qualche mese. Fine della storia. -
- Estero? Di certo fuori dall'Asia, e di certo roba di un peso considerevole. -
- Sono stata in Arabia Saudita. Contento? -
- In Arabia, quindi... - fischiò. - Ora si spiega la preferenza per le perle del deserto. Hai tenuto al sicuro il culo di qualche sceicco? -
- Sì, se proprio vogliamo ridurla ai minimi termini. - sospirò, esausta.
Touya recuperò le gambe al petto e tornò a ergersi in piedi. Il movimento brusco e improvviso costrinse Yulis ad afferrare il bordo della vasca per evitare di venire sballottata da una parte all'altra.
- Devi per forza insaponarti davanti a me? - domandò Yulis, fissando con insistenza il pavimento ormai allagato.
- Non capisco perché le mie cicatrici ti mettono così a disagio. -
- Non sono le tue cicatrici a mettermi...! - Yulis alzò di colpo lo sguardo, incappando prima in una copiosa ma irregolare porzione di schiuma a coprire parte dei fianchi di Touya, e poi nel suo ghigno strafottente e soddisfatto. - Piantala. -
- Di fare cosa? Riesci benissimo a renderti ridicola per conto tuo. -
- Senti... - Yulis si sprimacciò gli occhi e si massaggiò le tempie in piccoli movimenti circolari. - È stata una nottata particolarmente complessa, con tanto di morto ammazzato. Potresti essere meno... -
- Un morto-ammazzato? Ma che peccato. - Touya modulò la voce in un finto tono dispiaciuto. - Quello alle tue spalle è shampoo? Passamelo. -
La ragazza graffiò le unghie contro la vasca. - Prenditelo da solo. -
Touya a quel punto si abbassò.
Le si fece vicino, pareggiando l'altezza degli sguardi.
- Da brilla sei più piacevole e meno scontrosa di così. Sii più gentile, o potrei casualmente dimenticare il posto che Sweet-T ha scelto come magazzino per custodire le sue prossime partite di armi. -
- Le sue prossime...? - ripeté Yulis in un mormorio, masticando quelle parole per afferrarne meglio il senso. - Due minuti fa hai detto di non sapere nulla su quelle armi! -
- No, Yulis, ho solo confermato i tuoi sospetti. Le informazioni su tutto ciò che è di contorno arrivano da altre fonti, e non è quello che mi hai chiesto tu. -
Yulis strinse il taglio degli occhi, osservandolo con un filo di astio. - Mudak... -
- Scommetto che quello era un insulto in una lingua che solo tu conosci. -
- Le tue fonti portano i capelli in lunghe treccine? -
- Le mie fonti portano i capelli in tanti modi diversi. - ghignò.
- La tua ragazza ha dato prova di essere una psicopatica, stasera. Fossi in te starei attento. -
- Non so se mi fa più ridere il fatto che vuoi mettermi in guardia o se credi che io abbia davvero qualcosa a che vedere con questa psicopatica con le treccine. - affilò un sorriso. - E ora, a proposito di capelli... -
Touya recuperò lo shampoo, prendendone una piccola quantità e aggiungendo ad essa una parte d'acqua. Rimanendo rigorosamente in piedi, stallato di fronte a una Yulis infastidita all'ennesima potenza, si passò i polpastrelli sulla cute per massaggiarla con energia, formando una schiuma più cremosa di quella che, ormai, stava scivolando via dal suo corpo. Quando si ritenne soddisfatto, si inginocchiò al centro della vasca, obbligando la ragazza a indietreggiare fino a schiacciare la schiena contro la parete.
- Allarga le gambe. -
Yulis lo fissò con livore. - Sei tu a mettermi a disagio. -
- Sei tu che spesso interpreti le mie parole nel modo sbagliato. -
A causa della mancata collaborazione, Touya fu costretto a nascondere le ginocchia di Yulis nei propri palmi, affondando le dita brucianti nella sua pelle. Poi, con una spinta decisa, la obbligò a divaricare entrambe le gambe, appiattendole alla ceramica.
- Alcune delle partite di armi sono qui, in città, nascoste in qualche container nella baia di Toyosu. Ma fossi in te, mi preoccuperei di più di quello che sta accumulando ad Akita, lungo la costa. -
Touya la liberò dalla presa, prima ancora che Yulis potesse chiedergli altro. Quindi ficcò la testa in acqua, sommergendo completamente i capelli, e in apnea si passò le dita tra le ciocche per lavare via la schiuma, solleticando la nuca.
- Manipolatore... in tutto e per tutto. - sibilò, affondando i denti nel labbro inferiore mentre i dorsi delle mani le urtavano le cosce e le sue spalle premevano contro i polpacci.
Touya riemerse poco dopo, con un forte colpo di reni che lo fece tornare in ginocchio.
- Guarda che ti ho sentita. Zicke. -
Yulis si sentì afferrare per il retro delle ginocchia.
Bastò un secondo.
Uno strattone improvviso e scivolò sul fondo della vasca.
Buio.
Caldo. No, freddo.
Sarebbe dovuto essere caldo, qualcosa glielo suggeriva.
E invece il gelo le irrigidiva le ossa.
Un peso sul petto.
Nessuno intorno.
Era sola.
Bocca spalancata, ma suoni non ne uscivano.
Acqua, acqua ghiacciata.
Solo acqua a immobilizzarle il palato, a conficcarle la lingua, a intorpidirle le braccia.
Prigioniera?
Gli occhi erano spalancati.
C'era luce, ma lei non vedeva nulla.
Buio.
Freddo.
Paura di morire.
Non doveva andare sul ghiaccio, non doveva allontanarsi.
Era sola e aveva paura di morire.
Ma era il giorno del suo compleanno, e lei voleva pattinare.
Le piaceva così tanto pattinare con mamma e papà.
Dov'erano, mamma e papà?
Lei aveva bisogno di essere salvata.
I polmoni erano pesanti, proprio come i suoi piedi.
E cadeva.
Cadeva
giù,
giù,
giù.
Sempre più giù.
Per colpa dei pattini.
Per colpa dei suoi capricci.
"Yulis..."
Leggera e terrorizzata.
"Yulis."
< Perché non ci sei? >
"Yulis!"
Piangeva.
Altra acqua che si mescolava all'acqua.
Aveva paura.
< Perché non ci sei!? >
Aveva paura ed era sola.
- Yulis! -
L'aria che tornava a riempire i polmoni bruciava come un tizzone ardente.
Le vene erano in fiamme e le narici pizzicavano; il peso sullo sterno era di colpo sparito.
- Che cazzo ti è preso? -
Sfarfallò le ciglia e strizzò le palpebre per mettere a fuoco quello che aveva intorno. Allarmati, fuggitivi, gli occhi saltarono da una parte all'altra della stanza: corallo, bianco... e del blu elettrico a fissarla con apprensione.
< Questa è casa mia... a Tokyo. >
La schiena fu sconquassata da una violenta serie di colpi di tosse. Si girò verso sinistra, ma le dita ancorate alle proprie spalle le impedirono di raggiungere il bordo della vasca.
- Hey! -
Guardò davanti a sé, in direzione della voce ovattata.
Aggrottò la fronte.
< Lui non è papà. >
Eppure non era più in acqua.
Un attimo prima stava scivolando.
Un attimo prima stava...
Scosse la testa.
La consapevolezza cominciò a spianarsi la strada.
Spostò lo sguardo verso il basso, verso l'acqua.
Quello non era il fiume Nara.
Quello che aveva davanti non era...
La mano di lui si spostò dalla spalla alla nuca, risalendo per i capelli bagnati.
- Non stai sanguinando. -
Yulis tornò a fissare davanti a sé.
E, di nuovo, un mix di emozioni prese il controllo del suo corpo, del suo cervello, del suo cuore.
- Te ne devi andare. -
Le labbra tremarono, forse per paura, o forse più per il valicare della rabbia.
- Non sei risalita. - Touya assottigliò lo sguardo. - Sei rimasta immobile e non hai fatto niente per cercare di uscire dall'acqua. -
Yulis gli assestò una spinta contro il petto.
- Ho detto che te ne devi andare! -
Si issò in piedi, ma per via di un capogiro dovette reggersi al bordo della vasca. I polmoni bramavano aria, ma ogni boccata era una lingua di fuoco a incenerire vene ed arterie.
Touya non fece nulla.
Rimase in silenzio a osservarla.
Poi, dopo una manciata di istanti, fece quanto richiesto.
Con la coda dell'occhio, Yulis lo intravide recuperare i vestiti e allontanarsi dal bagno. Aspettò qualche minuto, o forse anche di più; quando non percepì più alcun rumore provenire dall'altra stanza, si lasciò scivolare contro il pavimento per scoppiare i profondi singhiozzi.
*
Marcus teneva gli occhi puntati verso l'ingresso della palestra.
Nonostante le mani fossero rigorosamente strette nelle tasche della giacca, non riusciva a smettere di giocherellare con la monetina che aveva trovato in fondo a una di esse, strofinandone le facce con i polpastrelli o facendola scivolare tra le dita.
"Sembri nervoso".
Agnes glielo avrebbe detto di certo, vedendolo in quello stato. Riusciva quasi a coglierne l'inflessione melodiosa della voce, riusciva addirittura a immaginarsela al fianco, appoggiata con grazia al muretto e con la sigaretta stretta tra le dita.
Chissà se era davvero così, se era nervoso, come la finta immagine della sorella suggeriva.
Forse poteva intuirlo: le esperienze del passato gli avevano insegnato a leggere le periodicità, i pattern, di quei comportamenti. Ma saperlo non era come sentirlo. E proprio per questo, spesso aveva l'impressione di provare a indovinare, o ancora peggio di barare.
Il cigolio della porta spalancata catturò la sua attenzione.
Ravvivò il ciuffo sull'occhio e spostò qualche ciocca di capelli dietro l'orecchio. Raddrizzò il busto e cominciò a scrutare i volti di tutte le persone che uscivano dalla palestra. La moneta, nel frattempo, continuava a viaggiare per tutto il palmo.
- Ci vediamo dopodomani, ragazzi! -
Era così semplice riconoscere la voce di Dominic, tra le altre. Perché tante cose non potevano succedere con la stessa facilità?
Lo vide avvicinarsi, lo vide accorciare la linea delle labbra non appena gli sguardi si incrociarono.
Una fitta al petto gli fece smuovere le spalle, lo stomaco sembrò lamentarsi di qualcosa.
- Ciao. -
Marcus notò le sue labbra stendersi appena appena, mentre recitavano il saluto.
- Ciao, Nick. -
- È strano vederti qui, Marcus... cioè, il lunedì è il giorno degli allenamenti delle cinture nere. -
- Sono qui per te. -
- Per... me? -
Dominic era in attesa, ma lui non riuscì ad aggiungere altro.
Aveva provato quel discorso più e più volte, eppure la lingua non voleva saperne di mettersi all'opera!
Scorse un cambiamento di colore sulle guance del ragazzo; lo vide spostare il peso da un piede all'altro e lo sentì schiarirsi la voce.
Forse anche lui era nervoso.
Forse era nervoso proprio a causa sua.
Agnes lo avrebbe esortato a dire qualcosa.
- L'allenamento è andato bene? -
Dire qualcosa di... un po' più rilevante, magari.
Non che non fosse interessato a conoscere la risposta, ma non era ciò che voleva sapere in quel momento esatto.
- Mmh... poteva andare meglio. Forse sono stato un po' più fiacco del solito. -
- "Un po' più fiacco del solito". - ripeté Marcus. - Perché? -
Dominic lo guardò, sbattendo le palpebre un paio di volte, poi si passò le dita sulla nuca. - Troppi pensieri, immagino. -
- Pensieri, capisco. - fissò a terra, stringendo la moneta nella mano.
- Io, mh... - farfugliò l'altro, tornando a catalizzare la sua attenzione. - Devo rientrare. Ho un po' di cose da... da fare. -
Di nuovo quella stupida fitta al petto.
Stava per allontanarsi, non poteva lasciarlo andare via.
- Io non sono arrabbiato con te, Dominic. -
L'occhiata che ricevette gli instillò il dubbio di aver pronunciato parole molto sbagliate.
- Tu arrabbiato con me? - spalancò le palpebre a dismisura, sollevando le sopracciglia. - Ascolta, Marcus... io non credo che tu... - si passò una mano sugli occhi e si schiarì di nuovo la gola, poi scosse forte la testa. - No. No, Marcus, io dovrei essere arrabbiato con te, semmai. -
Marcus dischiuse le labbra, senza però riuscire a replicare.
- Tuo padre mi ha umiliato. - mormorò, gli occhi leggermente umidi. - Tuo padre ha tentato di portarmi via ciò che di più bello ho ottenuto quest'anno. -
Ecco il problema, ecco il motivo della sua presenza.
Quindi... Agnes aveva ragione.
Quindi... anche Leo aveva ragione?
"Mi dispiace."
Era riuscito a pronunciarlo, o era solo una frase rimasta a fluttuare nella sua testa?
- Mi dispiace per l'altra sera. - ripeté, con gli occhi stretti a due fessure e la fronte aggrottata. - E mi dispiace davvero sapere che ti ha causato tutto questo dolore. -
Lo sentì sospirare, ma non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia.
Era... vergogna, ciò che gli impediva di sollevare il mento verso di lui, anche solo di un centimetro?
- Lo so che non sei come lui, Marcus. - decretò Dominic, in un nuovo mormorio. - Ti ha cresciuto per essere il suo pupillo, il grande erede di casa Steiner... però non è riuscito a plasmarti a sua esatta immagine e somiglianza, per fortuna. -
Anche quelle parole gli bruciarono nel petto, ma non sapeva decifrarne la motivazione.
- Ma fino all'ultimo ho sperato che facessi qualcosa. Io sono stato un codardo, lo so, mi sono paralizzato come... come un armadillo davanti ai fanali di un'auto. Però tu... tu potevi fare qualcosa. Tra tutti, tu eri quello con più ascendente, ne avevi addirittura più di Leo. -
Sempre peggio.
E Leo, un'altra volta, appariva come il salvatore della situazione.
A ogni sillaba pronunciata, il nodo allo stomaco sembrava stringersi e il calore alle guance pareva aumentare.
- E invece non hai fatto niente. Ed è per questo che sono io quello arrabbiato, sono io quello deluso. Lo capisci? -
Ricevere un pugno avrebbe fatto meno male.
Forse avrebbe voluto che fosse Dominic a sferrarglielo dritto in faccia, quel pugno.
Probabilmente non sarebbe bastato per considerarsi alla pari, ma almeno avrebbe smorzato in fretta quella tortura.
- Pensavo di piacerti, Marcus. -
Alzò di colpo la testa: Dominic aveva pronunciato quelle parole in un tono talmente flebile da potersi perdere nel vento, ma lui non se le sarebbe mai fatte sfuggire.
Davvero aveva messo in dubbio il suo sentimento?
- Mi piaci molto più di quello che riesco ad esprimere. - si affrettò ad ammettere, con le budella fuori posto. - Ti prego, io... mi dispiace, Nick. Faccio schifo in queste cose, per questo mi ero preparato un discorso... - sospirò. - Ma non riesco a dire altro. So solo che mi dispiace, che quello che è successo è sbagliato, e che tu sei l'unica persona di cui mi importa davvero, oltre alla mia famiglia. E io ho bisogno del tuo perdono. -
Dovette coprirsi il volto con le mani.
Gli occhi verdi di Dominic sembravano volerlo mettere a nudo, era impossibile sostenerli.
- Mark... non hai bisogno del mio perdono. -
Percepì una pressione leggera contro il dorso delle mani, ma non si azzardò a spostarle di un millimetro.
- Ma ti ringrazio per essere qui, ora. So quanto è difficile per te. -
Doveva essere vicino, sentiva il suo respiro infrangersi contro le dita.
- Quello che hai detto è molto importante... e forse sono io che avevo bisogno di sentirmelo dire. -
Una nuova pressione, più delicata, morbida.
Erano le sue labbra...?
Poteva togliere le mani, adesso.
Voleva togliere le mani, adesso.
Ma l'indecisione gli fece perdere l'attimo, e riuscì a liberare la vista solo quando Dominic si era già allontanato di qualche spanna.
- Ti va di andare a pranzo? -
Marcus sentì le labbra distendersi in un sorriso. - Era una delle cose che avrei voluto chiederti... ha aperto un nuovo ristorante specializzato in cucina vegetariana, a un quarto d'ora a piedi da qui. Ti andrebbe di... -
- Provarlo insieme e condividere qualche piatto? - Dominic gli sorrise in risposta, questa volta con il volto sereno, nonostante le gote più accese. - Fammi strada. -
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