Chapter 19: "Talkin' like I'm taller than the trees"
Le tremavano le gambe.
Anche se era la seconda volta che saliva su quel palco, le ginocchia minacciavano concretamente di cedere da un momento all'altro, come se all'improvviso non fossero più abituate a sostenere il suo corpo, come se i tacchi a spillo che indossava non fossero già abbastanza intimidatori per l'equilibrio. A ogni nuovo passo verso la colonnina che indicava la propria posizione, l'ottava, ben due numeri avanti rispetto a quella del suo già fortunato anno da rookie, il cuore defibrillava come sotto il diretto intervento di pungolanti scariche elettriche. Fu necessaria una discreta dose di attenzione aggiuntiva per salirci sopra senza intoppi, e se non fosse stato per l'aiuto di Dominic, al suo fianco, sarebbe di certo incespicata nel vestito.
Yulis sprimacciò il tessuto sui fianchi facendo scivolare le dita su di esso, chiedendosi se lo spacco che mostrava la gamba sinistra per quasi tutta la sua interezza non fosse troppo profondo. Deglutì e puntò i denti nel labbro inferiore, realizzando che se anche così fosse stato, a quel punto non avrebbe potuto farci nulla: si preparò quindi a ricevere e metabolizzare la notizia di un eventuale close-up della sua coscia nuda e ingioiellata su una delle tante pagine di Spicy Weekly.
< ...sono talmente agitata da preoccuparmi davvero di una cosa così stupida come questa? >
Scrollò le spalle e lanciò uno sguardo alla propria destra, quasi a volersi distrarre. Gareth, a due posizioni di distanza, sembrò intercettare i suoi stessi pensieri, e non appena gli occhi si incrociarono si esibì in un sorriso sornione con tanto di buffo ammiccamento in allegato. Yulis si lasciò sfuggire un risolino e poi tornò a scorrere i volti conosciuti degli altri eroi in HTT: nel mucchio, quello di Marcus spiccava per impassibilità, mentre quello di Leo appariva senza ombra di dubbio come il più rilassato.
Per la premiazione dei dieci erano state disposte a semicerchio sul palco un egual numero di postazioni di base larga e rotonda, alte una ventina di centimetri e distanziate di un paio di metri, la cui struttura ricordava per forma e caratteristiche quella di antiche colonne doriche. Su ognuna di esse era apposta una targa dorata e, se viste dagli occhi del pubblico, quella su cui svettava il carattere "I" era all'estrema sinistra, mentre l'ultima, quella con su scritto "X", era all'estrema destra.
In quei rapidi istanti di assestamento, James continuava a intrattenere il pubblico nell'attesa che tutti prendessero il proprio posto. Al suo fianco, sorridenti, c'erano Ayako e Jelani stretti in un tenero abbraccio, impegnati ad elargire qualche dettaglio in più sulla loro esibizione. La mano di lei, minuscola se rapportata all'imponente stazza di lui, era adagiata sulla sua schiena, mentre il braccio dell'uomo le avvolgeva le spalle con fare protettivo. Il netto contrasto di colore della loro pelle era affascinante, e le dita fini e affusolate della giovane musicista sembravano delicati segni di gessetto bianco su una lucida lavagna di ardesia.
Qualcuno dello staff, a lato del palco, fece segno di procedere con il programma della serata. James ringraziò e congedò i due musicisti, poi diede il cambio allo speaker che aveva precedentemente introdotto l'evento.
Fu in quel momento che Magnus Steiner fece la sua comparsa.
L'uomo attraversò lo spazio con andatura fiera e altezzosa, e gli innumerevoli emblemi dorati che gli decoravano il pettorale sinistro scintillarono di lustro sotto le luci dei faretti. Non era solo, infatti giungeva accompagnato da due splendide fanciulle dai tratti mediterranei e dai volti noti, Gloria e Vittoria, le stesse donne che avevano presenziato alla premiazione anche l'anno precedente. Gli abiti eleganti delle gemelle differivano solo per il colore, uno turchese e l'altro verde, e le loro vaporose gonne di tulle erano talmente lunghe e pesanti da arrivare a spazzare il parquet ad ogni falcata. Una delle due portava sul braccio un piccolo cesto di vimini contenente le dieci corone d'alloro, mentre l'altra custodiva le medaglie al valore per i primi tre classificati.
- Jonathan Winchester, sul campo "Hyperion". -
La voce vibrante del presentatore riecheggiò nell'aria, e il trio si spostò al fianco dell'eroe da premiare.
Jonathan, riuscendo a stento a tenere a bada l'emozione, come da protocollo fece un piccolo inchino di rispetto e riconoscimento. Magnus si posizionò davanti a lui, mentre Gloria e Vittoria gli si fecero una a destra e l'altra a sinistra. Con un sorriso stampato sul volto, le due giovani accostarono le labbra alle guance dell'eroe, lasciando ciascuna un bacio leggero sulle sue gote arrossate.
- Congratulazioni, numero dieci! - esclamarono in coro. - Che il nostro augurio sia di buon auspicio! -
L'altro balbettò un "sempre lo sarà" e raddrizzò la schiena. Inspirò a pieni polmoni in un tentativo di riprendere il controllo della voce, poi tese una mano davanti a sé e guardò Magnus dritto negli occhi.
Il membro del Consiglio, dal canto suo, non si lasciò minimamente trasportare dal momento. Con serietà e fermezza chiuse le dita della destra in una stretta vigorosa, mentre quelle della sinistra andarono ad afferrare saldamente il gomito dell'eroe, seguendo la canonica procedura.
- Congratulazioni, Hyperion. - Magnus si voltò quindi verso Vittoria per afferrare una delle ghirlande, poi tornò a concentrarsi sul giovane. - Che questa corona sia di incoraggiamento e favore a gesta ancora più grandi. -
- Sempre lo sarà! - confermò Jonathan con ritrovato ardore. Sporse il busto in avanti, in un nuovo inchino, e il capo gli fu cinto d'alloro.
Partì un fragoroso applauso del pubblico, a cui si unirono schiamazzi e fischi di incoraggiamento, questi ultimi provenienti per lo più dagli amici e dai colleghi più stretti. Sul megaschermo, le immagini in diretta del volto pieno di soddisfazione e gratitudine di Jonathan Winchester erano affiancate dalla scritta "Hyperion, X" e da una carrellata di clip video che lo ritraevano in azione.
- Non deludere chi ti sostiene e chi crede nelle tue capacità. Manipolatori di talento come te sono risorse di estremo valore per il nostro Paese. - aggiunse Magnus con voce perentoria.
- Non lo farò, signore! E grazie! - rispose, e il sorriso ampio che dedicò gli fece formicolare gli angoli della bocca.
L'uomo si limitò ad un rapido cenno del capo, poi lanciò un'occhiata a sinistra. Ad attenderlo, in nona posizione, c'era Dominic.
Seppur tentasse di non darlo a vedere, il corpo del ragazzo era governato dal nervosismo, quindi Yulis cercò di attirare la sua attenzione: non appena instaurò un contatto visivo lo invitò a rilassarsi, ma quello che ottenne in risposta fu una smorfia di dubbia interpretazione.
- Dominic Leventis, sul campo "Venturum". -
Dominic, sentendo chiamato il proprio nome, irrigidì di colpo la schiena. Fissò dritto davanti a sé, verso il pubblico, ma non appena Magnus Steiner gli si piantò davanti, il gelo negli occhi azzurri dell'uomo lo sconvolse a tal punto da distogliere lo sguardo, che grazie alla scusa dell'inchino reverenziale fu incollato ai propri piedi.
- Di più. -
Il ragazzo trasalì.
Con la coda dell'occhio sbirciò verso l'alto, ma l'espressione severa del veterano lo obbligò a desistere dall'intento.
- Inchinati di più. - ribadì in un sibilo, arricchendo di rimprovero le pause tra una parola e l'altra.
Dominic non poté fare altro che ubbidire.
La presenza autoritaria che gli alitava sul collo era soffocante, così si ritrovò ad inclinare il busto oltre i quarantacinque gradi pur di riuscire a soddisfare quanto richiesto.
- Congratulazioni, numero nove! - esclamarono in coro Gloria e Vittoria dopo avergli baciato le guance. - Che il nostro augurio sia di buon auspicio! -
- Come se fosse sufficiente, per uno come te. -
Dominic sbiancò.
Traballò sul posto, incapace di reagire; gli occhi si spalancarono e le ginocchia si rivelarono improvvisamente più deboli.
Poteva aver capito male? L'agitazione gioca spesso brutti scherzi.
Poteva essersi immaginato tutto? La sua paranoia era cosa risaputa.
Deglutì e bloccò l'aria nei polmoni. Evitò con cura di guardare in direzione di Yulis, in modo da scongiurare una qualunque confutazione involontaria ai propri sospetti.
Si fece coraggio e ignorò il resto.
Raddrizzò il busto e, come da manuale, tese la mano davanti a sé.
Magnus Steiner rimase impassibile e imperturbabile.
Si limitava a fissarlo, come a voler ridicolizzare l'ingenuità del suo gesto.
L'aria, già tesa e pesante, si faceva irrespirabile ad ogni secondo che passava; Dominic, bloccato in quella posa plastica, attendeva con labbra tremanti un riconoscimento che sapeva non sarebbe più giunto.
Fu a quel punto che il pubblico iniziò a mormorare.
- D-devo...? - azzardò il ragazzo, sentendo tutti gli occhi puntati su di sé. - Ora c'è la stretta di mano, giusto? -
Ma dall'uomo non giunse alcuna risposta. Continuava a scrutarlo, a prendersi gioco di lui, con quell'intensità rabbiosa nelle iridi che valicava i limiti del disprezzo.
- Sì. - confermò Gloria, lanciando occhiate nervose alla sorella, confusa e spaesata quanto lei. - C'è la stretta di mano. -
Magnus non si curò della ragazza. Senza abbassare il mento di un centimetro, osservò prima quella mano pallida e traballante rimasta tesa nella sua direzione, poi il viso scarno di Dominic. Si voltò con calma verso Vittoria per afferrare una delle corone d'alloro contenute nel cesto e se la rigirò tra le dita, ispezionandola senza un reale interesse.
Dominic riusciva a percepire il proprio cuore rimbombare nel petto con una tale irruenza da fare fisicamente male, palpitare nelle orecchie con una frenesia così elevata da farlo quasi impazzire. Umiliato da quel rifiuto plateale, portò entrambe le braccia lungo i fianchi, premendole contro il proprio corpo mentre tornava ad abbassare la testa.
Attese, incapace di fronteggiarlo.
Ma, di nuovo, Magnus Steiner non fece nulla se non giudicarlo in silenzio.
Tutto ormai era diventato opprimente, asfissiante, ingestibile.
Rimanere su quel palco, ignorare gli sguardi del pubblico, sopportare la crudele indifferenza di un membro di spicco del Consiglio.
Gli occhi gli bruciavano, la vista si faceva annebbiata.
Quello sarebbe dovuto essere il suo giorno, il suo momento per brillare.
Eppure, tutto stava andando a rotoli.
Possibile che quell'uomo lo odiasse a tal punto?
Possibile che i Virtuosi dovessero subire ancora quelle denigrazioni?
Possibile che meritasse quel trattamento?
Lui non valeva meno dei suoi colleghi.
...O forse sì?
Il peso di quel dubbio gli fece scattare una molla nel cervello e gli instillò nelle vene una paura inimmaginabile.
Dominic sbatteva freneticamente le palpebre pur di cancellare le lacrime incombenti, implorando se stesso di non mollare, di non cedere, di non regalargli anche quella soddisfazione. Perso in un tiro alla fune con la propria volontà, con la coda dell'occhio notò la corona d'alloro cadere a terra: giaceva immobile, ai piedi della postazione, privata della brillantezza del suo caratteristico verde a causa dell'ombra di Magnus Steiner che, dall'alto, ne ammorbava tutto il colore.
Tentò di farsi forte, di nuovo.
Anche se si sentiva sempre più scoraggiato, sempre più pallido, sempre più mortificato, ingoiò il magone e scacciò il pizzicore alle ciglia.
Scese dal piedistallo.
Si chinò a raccogliere la corona.
Non appena sfiorò la punta aguzza delle foglie, il ricordo della visione gli occupò di prepotenza i pensieri.
Nel giro di un respiro, si sentì ancora più debilitato.
Sapeva perfettamente ciò che stava per accadere, e poiché ormai non poteva fare nulla per impedirlo, poiché non riteneva nemmeno sensato tentare di manipolare il corso degli eventi, accettò l'idea di non essere abbastanza forte per opporvisi.
Alzò lo sguardo verso l'alto: Magnus Steiner, questa volta, sorrideva.
Quello che l'uomo gli dedicò fu un vero e proprio ghigno crudele, scaturito da una profonda e boriosa superiorità, in grado di scarnificargli il petto e azzannargli il cuore con i suoi denti affilati.
Dominic si sentì sprofondare nel baratro dell'umiliazione.
Veniva trascinato verso il basso dalle dita scheletriche e riprovevoli della vergogna che con zelo si conficcavano nella carne, aggrappandosi a lui con ingordigia, come a volersi nutrire delle sue membra.
Risucchiato dalla paura,
inghiottito dal disonore,
smascherato da una verità che si era rifiutato di ammettere.
Stava deludendo tutti.
I suoi compagni di squadra, sua madre, i suoi vecchi professori, la sua città.
Era solo un impostore.
Non meritava nemmeno di essere su quel palco.
Come aveva fatto a non capirlo prima?
Come era riuscito a tenerlo nascosto?
Come sperava di andare avanti, con quel segreto?
Sentì mancare l'equilibrio.
La nausea lo implorava di fuggire, mentre i continui giramenti di testa minacciavano di farlo crollare a terra se solo avesse tentato di muovere un passo. Le guance pizzicavano, la fronte era madida di sudore, le pupille dilatate all'inverosimile. I polmoni reclamavano aria, ma bocca e naso non riuscivano ad incamerarne di nuova: nonostante la paura si mescolasse all'istinto di sopravvivenza, il corpo si rifiutava di rispondere a qualunque istruzione.
- Ai topi come te spettano solo le briciole. -
Quelle parole Dominic non le avrebbe mai più dimenticate. Unite al sorriso di scherno e all'ondata di mortificazione subita, gli trafissero il cervello da parte a parte, stampandosi a caratteri ardenti nella sua memoria. In sottofondo, il vociare del pubblico aumentò in modo considerevole, e così fece anche il suo battito cardiaco.
- Dominic...! -
Yulis, ancora in piedi sulla propria postazione, richiamò il compagno a più riprese.
Aveva assistito a tutta la scena, così come l'aveva fatto anche l'intero Paese, ma a differenza della stragrande maggioranza degli spettatori era stata tra quelle poche persone a sentire anche tutta la perfidia trasudata dal loro breve confronto.
- Nick. - tentò una nuova supplica a voce più alta, desiderando con tutta se stessa che l'amico volgesse lo sguardo verso di lei invece di rimanere con gli occhi sgranati e persi nel punto in cui solo un istante prima c'era Magnus Steiner. - Dominic, ti prego, alzati. -
- C-congratulazioni, numero otto! - esclamarono le gemelle in tono stridente, dopo un primo tentennamento. - Che il nostro augurio sia di buon auspicio! -
Yulis quasi non si accorse del bacio sulle guance appena ricevuto, tanto meno dello speaker che poco prima aveva chiamato il suo nome. Sfarfallò le ciglia, interdetta, tentando di metabolizzare quello che era appena successo, dimenticandosi addirittura di rispondere a tono. Puntò l'attenzione dirimpetto a sé, raddrizzandosi non appena concretizzò di essersi inavvertitamente sporta in avanti con il busto per cercare di raggiungere Dominic, ancora immobile e accucciato a terra. Aggrottò la fronte e schiuse le labbra, e gli occhi color miele si posarono sulla mano di Magnus Steiner tesa davanti a lei.
In attesa.
Yulis alzò di scatto la testa e si concentrò sul volto dell'uomo: la somiglianza con Marcus, nei lineamenti marcati e nelle caratteristiche fisiche, era spaventosa. Ma nei modi di fare, di parlare e di porsi, quei due erano agli antipodi.
Abbassò di nuovo lo sguardo, rimettendo a fuoco la mano che aspettava solo di essere afferrata in quel semplice quanto privilegiato gesto di riconoscimento.
- No. -
Nemmeno si accorse di averlo detto ad alta voce.
Quel sussurro era rotolato fuori dalle labbra in autonomia, come se il filtro bocca-pensieri si fosse dissolto del tutto, un'altra volta. Ma, per quanto flebile, non sfuggì alle orecchie indignate di Magnus.
- Non essere stupida, ragazzina. -
Non appena il palmo dell'eroe si fece avanti per agguantarle le dita, Yulis portò indietro il collo e scosse la testa, allontanando il braccio di scatto.
Il mormorio degli invitati si trasformò presto in un chiacchiericcio animato.
Magnus allora si fece avanti di un passo, aprendo il petto e allargando le narici, ostentando una calma che era ben lontano dal possedere. Per redarguirla le rivolse un'occhiata gelida, di quel genere di freddo in grado di insinuarsi nelle ossa fino a far intorpidire i movimenti. Ma Yulis conosceva fin troppo bene quel modo di fare: quello sguardo le era così familiare, così indigesto e così stridente da farle ribollire il sangue nelle vene. Le ricordava in tutto e per tutto il grigio degli occhi di Dorian, suo padre, di una tonalità così amena e siderale da non poter essere dimenticata.
E lei aveva smesso da tempo di rimanere indifferente a quel tipo di persone.
L'astio e la rabbia ormai erano alle stelle, si confondevano con l'ossigeno nel sangue e le facevano pizzicare la punta delle dita. Davvero Magnus Steiner pretendeva che lei, amica oltre che compagna di squadra di Dominic, rimanesse impassibile a seguito di un affronto di tale portata? Davvero si aspettava che facesse buon viso a cattivo gioco, dopo averlo umiliato e deriso davanti a tutte quelle persone?
Yulis afferrò la corona d'alloro custodita nel piccolo cesto, poi guardò Magnus dritto negli occhi, in una provocazione ben chiara ed esplicita.
- Pensi di poter fare quello che vuoi? Pensi di essere così importante da permetterti di offendere me e porti al di sopra del volere del Consiglio? - Magnus si ritrovò a digrignare i denti, e per la prima volta l'indignazione gli fece tremare le mani. - Vedi di stare al tuo posto, ragazzina: tu-non-sei-nessuno. -
Yulis strinse le mani a pugno, e la punta delle foglie le si conficcò nel palmo. - Posso anche essere nessuno, ma di certo non è a lei che devo il mio posto qui, stasera. -
Non gli dedicò ulteriori attenzioni.
Raccolse la gonna del vestito e scese dalla postazione. Si spostò in avanti di qualche passo, attraversando il palco mentre il ringhio di Magnus Steiner faceva da eco ai suoi tacchi. Quando si bloccò sul parquet, un paio di faretti la illuminarono.
- Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me e che mi hanno permesso di raggiungere questo traguardo! -
Il cuore le galoppava nel petto mentre gridava quelle parole alla platea, stringendo le braccia lungo i fianchi ed esibendosi in un inchino profondo. Aveva agito d'istinto, voleva mostrare tutta la sua riconoscenza a chi davvero spettava. Sapeva che qualcuno non avrebbe compreso la sua scelta, ma poco importava.
Di primo acchito, le reazioni degli invitati furono contrastanti, ma il vociare confuso e stupito della sala si tramutò presto in una serie di applausi. Yulis si raddrizzò e si voltò di tre quarti, verso il semicerchio formato dalla nuova Hero Top Ten.
- E grazie anche ai miei compagni di squadra, senza i quali non sarei la persona che sono oggi! - aggiunse, inchinandosi ancora in segno di rispetto, e quando gli applausi incrementarono si lasciò sfuggire un breve sorriso soddisfatto.
Tornò indietro, azzardando una rapida quanto buffa corsetta sulla punta delle scarpe, e si posizionò di fronte a Dominic: di certo, non era la ridicola benedizione di Magnus Steiner a determinare il suo valore o quello di chiunque altro. Con ritrovata energia a infiammarle lo spirito, allungò una mano verso il compagno. - Congratulazioni, Venturum! -
Dominic indugiò per un istante.
La osservò dal basso, con gli occhi ancora lucidi che tergiversavano tra lei e il pubblico. Si passò le dita a stropicciare le palpebre, come a volerle alleggerire di un peso, poi abbozzò un sorriso, respirando finalmente una nuova boccata d'aria.
- Grazie, Yulis. - strinse la mano nella sua, e con la corona d'alloro nell'altra si sistemò sulla propria postazione. - Grazie, davvero. -
C'era così tanta gratitudine in quelle poche parole, così tanta necessità di ricevere aiuto da farle stringere il cuore.
Yulis si rimise al proprio posto, soddisfatta, con l'adrenalina che ancora pompava a mille. Lanciò un'occhiata di sottecchi al capostipite degli Steiner, ma questi ormai l'aveva completamente esclusa dal proprio campo visivo, avvicinandosi con zelo all'eroina che aveva guadagnato la settima posizione.
- Congratulazioni, Frydaas. - esclamò l'uomo, come se non fosse successo assolutamente nulla. Le strinse a lungo la mano e si preoccupò di lodare ad alta voce le sue gesta, puntualizzandone la serietà e il rispetto nei confronti del Consiglio e dell'intera Divisione Giapponese.
Yulis si obbligò a non alzare gli occhi al cielo, ma quando Frydaas, tronfia di presunzione, sputò una frecciatina velenosa indirizzata a lei non poté fare a meno di fulminarla.
- "Primadonna, ingrata ed egocentrica." - ripeté Yulis a denti stretti tra sé e sé, masticando l'insulto appena ricevuto come a volerlo consumare.
Lo speaker chiamò il nome di Gareth, distraendola dalla spirale dell'acidità.
Il ragazzo si illuminò, su di giri e solare come sempre, elargendo al pubblico forse uno dei suoi sorrisi più belli. Era la prima volta che finiva in HTT, l'anno precedente l'aveva mancata per un soffio, e in quell'istante la sua euforia era quasi contagiosa. Ricevette il bacio di Gloria e Vittoria, o meglio, i baci, dato che le gemelle gli avevano afferrato il viso una seconda volta con la scusa di un augurio migliore, puntando pericolosamente agli angoli delle labbra.
Yulis si mordicchiò l'interno della guancia tentando di non far trapelare nemmeno una goccia del proprio fastidio, ma la prontezza di Gareth nello smorzare con garbo l'irruenza delle due giovani la stupì in positivo.
- Congratulazioni, Ace. -
La voce profonda di Magnus sovrastò gli applausi.
Peccato che l'uomo non riuscì nemmeno a perpetuare la formula di rito e a tendergli la mano: Gareth aveva già afferrato la corona dal cesto ed era sceso dal piedistallo, lasciandolo interdetto per un istante. Esattamente come Yulis, si era spostato al centro del palco per ringraziare il pubblico e gli altri Riser, mettendo particolare enfasi sul nome di Dominic e sulle sue gesta.
Il membro del Consiglio parve non scomporsi: ignorò l'insolenza di Gareth, considerandola al pari del capriccio di un bambino viziato, e proseguì con le premiazioni. Elogiò il quinto classificato e tutto filò liscio secondo gli standard, poi passò al quarto.
- Marcus Steiner, sul campo "Quake". -
Magnus si stagliò davanti al figlio, osservandolo con espressione severa.
- Congratulazioni, numero quattro! - esclamarono Gloria e Vittoria baciando le guance dell'eroe. - Che il nostro augurio sia di buon auspicio! -
Marcus non si mosse.
Sotto l'occhiata intransigente del padre pronunciò la formula di ringraziamento, senza sbavature, senza tentennamenti. Poco importava che in quel momento i suoi polmoni andassero a fuoco, che la circolazione faticasse a raggiungere le estremità del corpo e che le spalle fossero tormentate da microscopici sussulti. Afferrò la mano che suo padre gli aveva teso e non osò compiere nemmeno un solo movimento che non fosse contemplato dalla cerimonia.
Dopo avergli fatto le congratulazioni, Magnus si sporse in avanti con il busto e mentre gli cingeva il capo di alloro si accostò al suo orecchio.
- Un'altra volta dietro a Hartman. -
Quell'unica frase fu sufficiente a spezzargli il cuore.
Marcus, da sempre vittima della propria alessitimia, si sentì devastato. La bocca impastata non gli permetteva di deglutire, le guance erano in fiamme e lo stomaco attorcigliato su se stesso. In tutta quell'accozzaglia di sensazioni, si era accorto dell'occhiata sbigottita di Leo, e sapeva che avrebbe trovato sostegno in lui, se solo glielo avesse permesso.
Ma Marcus non poteva farlo.
Non dopo aver mancato la terza posizione per una manciata di punti.
Non dopo essere finito un'altra volta dietro a Hartman.
Non si era impegnato abbastanza da meritare il rispetto di suo padre.
Nessuna vera e sentita congratulazione per il traguardo raggiunto, nessuna gioia, nessun vanto, perché lui era di nuovo una posizione indietro rispetto a Leonard Hartman.
Non c'era da essere entusiasti o tanto meno orgogliosi per un piazzamento così vergognoso.
Marcus guardò dritto davanti a sé, mentre gli applausi scroscianti del pubblico gli allagavano la testa senza riuscire a far scivolare via quei pensieri che gli avvelenavano la mente.
- Ed eccoci ora alla premiazione dei Top Three! Come da tradizione, i più intrepidi riceveranno anche una medaglia al valore, simbolo delle loro incredibili gesta. - la voce del presentatore fischiò nel microfono proprio all'ultima parola pronunciata. - Leonard Hartman, sul campo "Zero"! -
Leo distolse l'attenzione da Marcus solo quando il capostipite degli Steiner gli si parò davanti. Non disse nulla, e con ponderata indifferenza spostò lo sguardo su di lui. Le due gemelle scalpitarono per adempiere alla loro parte, ma si offesero non appena realizzarono che l'eroe non sembrava minimamente coinvolto.
C'era solo una domanda che infestava la mente di Leo: Magnus Steiner si sarebbe abbassato a tendere la mano verso un infimo Virtuoso, o anche questa volta si sarebbe rifiutato? Continuando a sostenere lo sguardo del veterano, rimase in attesa: mento alto, spalle abbassate, placido e finto distacco a galleggiare sulle iridi: non avrebbe mai fatto la prima mossa.
- Congratulazioni, Zero, questo riconoscimento è tuo. - Magnus gli porse la corona e stese le labbra in una linea netta, mettendo in fila quelle parole con un'enorme fatica. - A quanto pare, anche quelli come te sanno combinare qualcosa di buono. -
Niente stretta di mano.
Solo un ringraziamento artificioso, rovinato quasi all'istante.
Leo alzò un sopracciglio, davvero poco sorpreso, e subito dopo sbottò un'unica, secca risata. - Che... puttanata. -
Senza curarsi dell'espressione infastidita che lo condannava, di malagrazia gli strappò l'alloro dalle mani. Con un sogghigno di sfida sulle labbra e un pizzico di boria negli occhi, posò il copricapo sulla propria testa.
Da sé.
A quel punto, i nuovi mormorii del pubblico furono difficili da ignorare, e le parole raffazzonate dallo speaker non riuscirono a sedarli.
Se l'intervento di Yulis era stato dettato dall'impulsività, quello di Leo rappresentava la chiusura di un cerchio, di un susseguirsi di elementi troppo scomodi da poter essere ignorati ancora.
- Voi non avete rispetto. - sibilò Magnus, facendosi pericolosamente vicino al viso di Leo e puntandogli il dito contro il petto. - Pensate di avere il mondo tra le mani, che tutto vi sia dovuto, ma dovreste solo ringraziare quegli idioti chi vi hanno permesso di mettere piede qui dentro. -
- Proprio lei parla di rispetto? Se non altro, non sono io quello che sta facendo la figura del retrogrado, lasciandosi manovrare come un burattino da una stupida ideologia. -
Nonostante il fuoco nelle vene, Leo si impegnò ad evitare di aggiungere un più che sentito "del cazzo" alla fine di quel commento, limitandosi a dispensare un ulteriore sorrisetto di sfida.
Quanto si stava divertendo a mandarlo a fanculo.
Sotto l'occhiata furente di Magnus passò indice e pollice a sfregare una foglia della corona, poi guardò verso Gloria, senza riuscire a smettere di sorridere. - Una di quelle è mia, giusto? -
La giovane sobbalzò e cercò un riscontro immediato negli occhi di Magnus.
- Può indossare da sé anche quella. - replicò lui, acido e tracotante di rabbia. - La prima e l'ultima che riceverà mai in vita sua. -
Leo non poté fare altro che scoppiare a ridergli in faccia. Si fece consegnare la medaglia dalla ragazza e con fare sprezzante se la appuntò al petto. Anche lui, come Yulis e Gareth, scese dal piedistallo per dirigersi al centro del palco, e dall'alto i faretti seguirono rapidi il suo movimento, illuminando ogni falcata.
- Il mio ringraziamento più grande va a tutti quelli come me: a quanto pare, sappiamo anche combinare qualcosa di buono. -
Senza riuscire ad abbandonare il ghigno ironico che gli teneva in ostaggio le labbra, richiamò le braccia al busto e si esibì in un inchino.
La sala si era divisa in due parti inique: quelli che comprendevano le motivazioni del suo gesto e quelli che lo consideravano una mera manifestazione di stupidità ed egocentrismo. A prescindere dai numeri delle fazioni, gli applausi che ricevette furono i più sentiti di tutta la serata, e non cessarono nemmeno quando l'eroe si ricompose.
Ma Leo non tornò al proprio posto.
Contrariamente alle aspettative, virò verso Dominic. Diede una rapida occhiata a Gareth per invitarlo a raggiungerlo, e questi gli fu subito accanto; pur sapendo di avere ben poche speranze provò a fare lo stesso con Marcus, ma non riuscendo nemmeno a intercettare il suo sguardo dovette rinunciare presto alla sua collaborazione.
- Yulis? -
Non c'era nemmeno bisogno di chiedere: Yulis si fidava di lui.
Gli sorrise, complice al cento per cento, e in un attimo li affiancò.
Leo si inumidì le labbra e si sistemò meglio la corona sul capo, accertandosi di non schiacciare troppo i capelli tirati indietro con il gel. Poi guardò Dominic dritto negli occhi, l'unico dei quattro a essere ancora alla propria postazione, e con gentilezza gli sfilò la corona dalle mani.
Prima che il moro potesse far scivolare fuori una domanda, Gareth e Yulis gli baciarono le guance a tradimento.
- "Congratulazioni, numero nove! Che il nostro augurio sia di buon auspicio!" -
Dominic, completamente spiazzato, per un primo momento rimase impassibile, poi si lasciò sfuggire una risatina nervosa. Si coprì le gote incandescenti con i palmi delle mani e farfugliò qualcosa di così incomprensibile da generare l'ilarità dei due amici, a tal punto che Gareth riprese addirittura a sbaciucchiarlo con più insistenza, solo per incrementare il suo imbarazzo.
- Congratulazioni, Venturum. - sotto l'incredulità di molti, Leo poggiò l'alloro sul capo di Dominic con un gesto molto teatrale. - Che questa corona sia solo la prima di tante altre. -
In automatico, lo sguardo pieno di riconoscenza di Dominic si inumidì di lacrime. - R-ragazzi, voi... voi... -
Ma Leo lo zittì, facendosi di colpo serio; gli afferrò la mano destra e la strinse con vigore. - Virtuosi di talento come te sono un cazzo di dono per questa società. Non lasciare mai che qualcuno possa farti credere il contrario, non permettere a nessuno di dirti che non vali abbastanza. Guardami, Dominic: se oggi sei qui è perché te lo meriti, perché hai fatto del bene e perché migliaia di persone hanno capito quanto il tuo intervento sia di valore. -
Dominic stava vivendo un tripudio di emozioni contrastanti.
Sentiva il cuore esplodere nel petto, la testa di colpo leggera, le gambe instabili.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo e con un brusco movimento del dorso della mano spazzò via le lacrime rimaste impiastricciate tra le ciglia. Gli applausi e le grida in sottofondo gli rendevano quasi difficoltoso rimanere concentrato su Leo, ma era comunque riuscito a comprendere le sue parole forte e chiaro. Annuì più e più volte, resistendo all'impulso di cedere al pianto, tirando su con il naso mentre il petto veniva scosso dai singulti.
Guardò i suoi amici con ammirazione, e senza riuscire ad attendere oltre li inglobò in un abbraccio, nascondendo il volto sulla spalla di Leo. Realizzò quanto fosse fortunato ad avere dei compagni di squadra così preziosi da credere in lui anche quando da solo non era in grado di farlo, così folli da sfidare le consuetudini e le autorità pur di rimanere al suo fianco.
Si crogiolò in quel momento, dimenticando solo per un brevissimo istante che il ragazzo di cui era innamorato aveva deciso di non farne parte.
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Eccoci qua, eroi, Uber e fiorellini!
Speravo di metterci meno tempo a scrivere questo capitolo. Le varie scene erano già molto chiare nella mia testa, ma per qualche motivo - ancora adesso - non riesco ad essere convinta al 100% di questa resa. Sarà un problema della me del futuro (?), dato che è più importante andare avanti con la stesura.
Dominic non si merita tanta cattiveria. E Magnus Steiner è davvero uno stronzo manipolatore di prima categoria. Che ne pensate della reazione dei nostri Riser? Yulis parte in quarta as usual, Gareth si lascia ispirare, Leo reagisce perché ne ha le palle piene, Marcus è completamente bloccato.
Mi auguro comunque di essere riuscita a trasmettere le emozioni di Nick, facendo passare le sue insicurezze e la sindrome dell'impostore che vive da quando ha messo piede in questo mondo di eroi.
Come sempre, se avete voglia di lasciare qualche commentino e la stellina al capitolo, io ve ne sono grata ♡
PS: Il titolo del capitolo è tratto da "That bitch" di Bea Miller
Juliet
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