Chapter 17.5: "Gossip, gossip, I think I've lost it"
Marcus osservava le innumerevoli e abbondanti pietanze predisposte sulla lunga tavola imbandita. Passava in rassegna l'una e l'altra con ritmo cadenzato, ma nemmeno una piccola ruga d'espressione riusciva a scalfirgli il volto. Si sporse con il busto in avanti e sbatté le palpebre un paio di volte, con fare lento e misurato.
- Posso esserle d'aiuto, signor Steiner? -
Il ragazzo, senza modificare la propria posizione, portò iridi e pupille a fissare il suo interlocutore, in silenzio.
- Magari della pasta, o del risotto? Abbiamo degli eccellenti tortellacci di erbette e burro profumato al limone, oppure un pregiato Carnaroli italiano mantecato agli agrumi con tartare di gamberi rossi di Sicilia marinati al lime. -
- Il signor Steiner è mio padre. - decretò atono, non appena l'altro ebbe finito di parlare.
Marcus capì che qualcosa, nelle proprie parole, doveva aver confuso l'uomo canuto che se ne stava dall'altro lato del tavolo. Non poteva averne la conferma diretta, ma aveva imparato a riconoscere che una bocca socchiusa, unita a una fronte aggrottata e a un irrigidimento della parte superiore del corpo, poteva indicare nelle persone una mancata chiarezza del contesto.
Si tirò su col busto e tentò di rielaborare il discorso. Forse, il cameriere si aspettava che dicesse qualcosa in merito al cibo. Afferrò uno dei grandi piatti messi a disposizione su una pila del buffet e sentì la mano scaldarsi per via della ceramica.
- Quale dei due dovrei prendere? -
- Sono entrambi degli ottimi primi piatti, dipende da cosa le piace di più, o di cosa ha voglia. -
Marcus sbatté di nuovo le palpebre. - Non è per me. Non so cosa le piaccia o di cosa possa avere voglia. -
Il cameriere abbassò per un attimo la testa, in un gesto che non riuscì a interpretare. - È per una donna? Se posso permettermi di esprimere un'opinione personale, penso che per fare colpo il risotto sia più indicato: ha un sapore ricercato e particolare, ma molto morbido e voluttuoso. -
Marcus guardò il piatto vuoto tra le proprie mani, poi lo passò all'uomo. - Non penso di voler fare colpo, mi dia una porzione di entrambi. - asserì, ricordandosi in ritardo di dover parlare in modo più cortese, perché altrimenti sarebbe suonato antipatico e spocchioso; così aggiunse un "per favore" all'ultimo secondo.
Mentre il cameriere disponeva con cura le pietanze, il ragazzo vagò con lo sguardo sulla sfilza di micro piattini e monoporzioni di antipasti che coloravano di vivacità il tovagliato in canneté.
- Posso chiederle cosa sono? - questa volta, Marcus ebbe la premura di formulare la domanda con un tono che sapeva essere educato. - Sembrano buoni. Anche più del risotto. - e ancora prima di indicare quelli che assomigliavano a piccoli cestini di formaggio, sentì l'acquolina abbondare ai lati della lingua, ingolosendosi al solo percepire una zaffata del loro profumo.
- Quelli sono canestrini di pasta brisèe e parmigiano con verdurine croccanti. Leggeri e saporiti. - il cameriere sorrise, forse entusiasta di poter illustrare i piatti. - Tra gli altri antipasti di carne abbiamo delle succulente quiche di sfoglia croccante con cipolla brasata e bacon su una crema di groviera, oppure un più delicato carpaccio di fassona al profumo di tartufo d'Alba, o ancora del fenomenale Culatello di Zibello con composta di fichi freschi. Tra gli antipasti di pesce, invece... -
- Fichi freschi? - Marcus smorzò la presentazione, interrompendolo con una nuova domanda. - Qual è quello con i fichi? -
L'uomo ampliò il sorriso, e i suoi baffi arricciati tremarono oltre le labbra. - Ne è rimasto solo uno. Il vassoio è proprio quello alla sua destra. -
Marcus puntò gli occhi sulla plancia indicatagli e catalizzò la sua intera attenzione sull'ultimo bocconcino di salume e fichi rimasto: ai suoi occhi, il fatto che le altre porzioni fossero già state spazzolate via non faceva altro che confermarne l'ipotetica bontà.
Allungò la mano per agguantare l'angolo del piattino in ceramica, ma qualcuno lo batté sul tempo. Aggrottò la fronte e continuò a fissare quelle dita lunghe che con zelo gli stavano sottraendo il suo agognato stuzzichino da sotto al naso. In un automatismo, lo sguardo seguì il polso adornato da una manica elegante con gemelli d'acciaio e salì per tutto il braccio, oltre la spalla, fino a stallarsi sul volto. Volto, però, che per qualche ragione non riusciva bene a mettere a fuoco.
- Oh, domando scusa. - esordì l'uomo con voce graffiata. - Lo voleva lei, l'antipasto con i fichi? -
L'eroe inasprì l'espressione e affilò il taglio degli occhi, senza nemmeno accorgersene. Il fatto che nell'aria aleggiasse un intenso odore di fumo di sigaretta non aiutava il suo umore.
- Sì, è mio. - niente buone maniere, non ora che c'erano in ballo le sorti di quel piattino. - Mi piacciono molto, i fichi. -
L'altro ridacchiò, e Marcus si chiese se si stesse prendendo gioco di lui.
Dopo aver inclinato la testa nella sua direzione, l'uomo riappoggiò l'antipasto sul vassoio. - L'ultima porzione spetta sempre al più piccolo. -
Marcus tentennò.
Cos'era che gli infastidiva la bocca dello stomaco e che gli faceva salire un brivido di freddo per la nuca?
- Non preoccupatevi, signori. - con garbo, il cameriere si intrufolò nel discorso. - Stanno per rifornire la partita, è solo questione di qualche minuto e ce ne sarà in abbondanza per tutti. -
- I fichi in questa stagione sono... insoliti. - commentò l'altro, ormai completamente concentrato sul resto del buffet.
- La nostra cucina si avvale della collaborazione di un'azienda agricola che è proprietà di una coppia di fratelli italiani. Grazie alla loro ottima affinità con le colture e alla loro esperienza, sono in grado di gestire la produzione di merce di qualità anche in una terra come la nostra, in qualunque periodo dell'anno. -
- Entrambi Manipolatori elementali, suppongo. - l'uomo si allungò a prendere una monoporzione di quiche, ignorando il polpo con patate che aveva davanti. - Che fatto curioso. -
Marcus afferrò il suo antipasto rimanendo in silenzio, con quella strana e persistente sensazione di familiarità ancora a intirizzirgli la nuca.
- Fratellino! -
La voce squillante di Agnes lo fece sobbalzare; quando si voltò verso di lei, con la coda dell'occhio si accorse che l'uomo si era ormai allontanato.
- Oh, sei tu. Ciao, Nes. -
- "Oh, sei tu." - scimmiottò la ragazza in tono molto più greve. Tergiversò un istante, poi gli afferrò il mento tra le mani e si avvicinò a lui, con un cipiglio perplesso. - Stai bene, Mark? Mi sembri un po' pallido, insomma, più del solito... hai l'aria di qualcuno che ha appena visto un fantasma. -
- Agnes. - nonostante i denti stretti per il fastidio, riuscì comunque a scandire ogni lettera. Si liberò della sua presa con una scrollata del capo. - Sto bene. -
- Allora potresti impegnarti un po' di più e abbracciare la tua sorellona, dato che sono mesi che non la vedi. -
- Non posso ora, ho le mani impegnate. -
Agnes si lasciò sfuggire uno sbuffo, e con esso parte della pazienza. Si risistemò gli occhiali sul naso, spingendoli dal ponte centrale, poi si gettò su di lui per stritolarlo in un abbraccio.
- Visto che tu hai le mani impegnate, lo faccio io. -
Marcus avvertì un leggero pizzicore alle guance e spostò la testa di lato non appena la sorella gli stampò un bacio sullo zigomo. Barcollò indietro di un passo, ma si assicurò che tutte le pietanze rimanessero al loro posto sulla ceramica.
- Come mai sei già qui? Tu odi questa cerimonia, pensavo partecipassi solo all'After Party. -
- No, io odio nostro padre, è diverso. - precisò lei, accigliandosi. - Ma non sarà di certo il più stronzo degli Steiner a impedirmi di assistere ai tuoi successi. Sei l'unica nota positiva che si può ancora associare al suo stupido nome. -
Marcus abbassò gli occhi, fissando i tortellacci fumanti. - Non dovresti parlare così di lui. - bofonchiò.
- Lo so bene che è il tuo eroe. - convenne Agnes in un sussurro. - Ma non puoi pretendere che anche io lo veda con i tuoi stessi occhi. -
Il ragazzo acuì il solco tra le sopracciglia.
Perché Agnes lo odiava così tanto?
Loro erano i figli, avrebbero dovuto provare rispetto nei suoi confronti!
- Càmila non è con te? - gli chiese, cambiando discorso.
- È seduta al nostro tavolo. Le sto prendendo qualcosa da mangiare. -
- Non sei costretto a farlo, lo sai. -
Marcus alzò lentamente la testa. - Anche lei deve mangiare. -
Con gli occhi chiusi, la giovane riempì d'aria i polmoni e li svuotò in un respiro secco. - Hai capito cosa intendo. Non sei costretto a sposarla, se non vuoi. -
- Non sono costretto. Lo fa... - all'improvviso le parole gli si bloccarono in fondo alla gola: l'aria mancò del tutto e la frase fu castrata a metà. Marcus si schiarì la voce e annuì con veemenza. - Lo farò e basta. -
- Perché? -
- Perché è la cosa giusta da fare. -
Marcus non era mai stato bravo a provare empatia, a riconoscere le emozioni nei volti delle altre persone. Grazie a sua sorella, però, era migliorato molto nel corso degli anni, riuscendo a interpretare il linguaggio del corpo fino ad associarlo alle reazioni più comuni legate a un determinato stato d'animo.
Proprio in virtù di questo singolare allenamento, le emozioni di Agnes erano le più facili da leggere.
E, in quel preciso momento, i suoi occhi annegavano nel più puro sconforto.
- Dio, Marcus... - Agnes affondò il volto fra le mani, poi scostò le dita quasi con rabbia. - Prima hai posticipato le nozze che erano state programmate per la tua maggiore età, poi hai detto che preferivi aspettare di finire gli studi e ottenere la licenza, infine ti sei unito a una squadra di eroi che, da contratto, ti terrà impegnato per almeno altri tre anni di attività. È palese che stai prendendo tempo perché non vuoi sposare Càmila. - inspirò e chiuse gli occhi, forse in un tentativo di riprendere il controllo della voce. - Non fraintendermi: io sono dalla tua parte e lo sarò sempre, qualunque cosa accada. So bene cosa vuol dire avere le pressioni di Magnus Steiner sul collo, perché anche io ci sono passata. Lui vuole farti credere di avere la verità in tasca, ma, Cristo di Dio, non è così. Quindi non concedergli il lusso di plasmare in anticipo il tuo futuro, perché non appena si accorgerà di avere dell'ascendente concreto su di te prenderà il controllo della tua vita come uno schifoso parassita manipolatore. -
- Ed è per questo che lo odi tanto? - domandò Marcus, alzando la voce e caricando la frase con molta più enfasi di quanto si aspettasse. - Te ne sei andata via solo perché non volevi sposare Friedrich? Solo perché nostro padre voleva assicurarsi che tu fossi felice? -
Agnes spalancò le palpebre e fece un piccolo passo indietro.
Sembrava... ferita?
- Non sai molte cose, Mark, e mi dispiace così tanto di essere rimasta sola a proteggerti. Ma se ti fa comodo crederlo, allora sì: è anche per questo che lo odio. -
Erano lacrime, quelle che stava trattenendo?
- Ciao, Marcus. -
L'eroe sobbalzò sul posto, facendo tremare i piatti sulle mani e distogliendo l'attenzione da Agnes.
Quel saluto, anche se espresso solo in un sussurro, gli aveva innescato un turbinio di reazioni contrastanti in corrispondenza del petto.
Marcus ruotò sui talloni in un movimento così rapido da sembrare quasi innaturale.
- Ciao, Dominic. -
Gli sembrò di essere stato spinto e rinchiuso in un ascensore, così, di punto in bianco.
Gli sembrò di continuare a salire e scendere dal primo all'ultimo piano di un palazzo ad una velocità snaturata, senza alcuna possibilità di sosta.
Deglutì e tentò di riprendere il controllo del proprio respiro. Allungò le labbra per rivolgergli un sorriso, inevitabile, nonostante riconoscesse un'ombra sul suo sguardo che confermava quanto il buon umore di Dominic fosse solo di facciata.
Anche Agnes lo salutò, e Dominic le fece i complimenti per lo splendido vestito. La verità era che quello mozzafiato era lui, avvolto in un completo verde scuro che gli cadeva addosso come se fosse stato cucito sul suo corpo.
Marcus li sentiva chiacchierare, in sottofondo, ma la sua concentrazione si era fatta latente all'improvviso.
- Prendi qualcosa dal buffet? Mio fratello stava giusto dando un'occhiata. - con un gesto del mento, la ragazza indicò i piatti ormai intiepiditi ancora nelle sue mani.
- Non penso di riuscire a buttare giù nemmeno un tocchetto di pane. - confessò il ragazzo accennando una piccola smorfia.
- Ansia e nervosismo all'opera? Lo stomaco è il primo a chiudersi, in situazioni simili. -
- Mai stato bravo a gestire queste emozioni. - ammise in una risata leggera mentre passava una mano a sfiorare la nuca.
- Con me lo sei stato, quando ho avuto l'attacco di panico. - fece notare Marcus con un filo di voce, cercando di stabilire un contatto con quegli occhi sfuggenti che parevano intenzionati a fare di tutto pur di evitarlo. In compenso, si guadagnò un'occhiata interrogativa da parte della sorella.
- Hai avuto un attacco di panico? Quando? -
- Quando Yulis era ancora ricoverata alla Clinica. Ma è passato in fretta, grazie a Nick. - sbirciò ancora nella sua direzione, ma senza alcun successo: l'ascensore ora non faceva altro che scendere in picchiata per piombare a terra, rischiando di sfracellarsi al suolo.
- N-non è stato nulla di che, davvero. - Dominic si voltò verso il buffet, arraffando un piatto e delle posate. Quando tornò a rivolgersi ai due, sbeccò il volto in un sorriso. - Ci vediamo in giro, penso. -
Perché sentiva il groppone alla gola farsi sempre più opprimente al solo vederlo voltargli le spalle?
- Aspetta, Nick. - aveva fatto un passo nella sua direzione e nemmeno se n'era reso conto.
Dominic era forse arrabbiato con lui?
Ferito e sconfortato, come Agnes, a causa sua?
- Quel risotto... ha dentro i gamberi. - si limitò a commentare in un mormorio di sillabe.
Il compagno aggrottò la fronte, poi si strinse nelle spalle.
- Oh, lo so, ho letto il menù all'ingresso. Ma questo non è per me, voglio farlo assaggiare alla mia accompagnatrice. -
Se prima il cuore di Marcus faticava a rallentare, ora aveva ricevuto una completa e inaspettata battuta d'arresto.
- Mia madre. - aggiunse Dominic, in un unico respiro, mentre le guance si imporporavano. - Magari passerò qui a prendere qualche verdurina per me, più tardi. -
"Sua madre", si ripeté mentalmente.
La circolazione di Marcus tornò pian piano alla normalità.
- Mi piacerebbe conoscerla. Devo ancora ringraziarla. -
- Non sei tenuto a farlo. - si affrettò a rispondere Dominic, muovendo una mano nella sua direzione e decidendosi finalmente a guardarlo negli occhi.
- Io voglio farlo. -
- Contrariamente a tante altre cose... - commentò Agnes mentre afferrava un calice di rosso.
Dominic si passò una mano tra i riccioli mori, tentando di ravvivarli indietro. Schiuse le labbra, come in procinto di aggiungere qualcosa, poi scosse la testa. - A più tardi, ragazzi. -
E, con il tempismo peggiore, fece dietro front per tornare al proprio tavolo.
- Fa' attenzione! - tuonò Magnus Steiner dall'alto dei suoi due metri d'altezza, mentre Dominic, finitogli addosso, farfugliava delle scuse sconnesse. - La tua abilità da indovino non ti permette nemmeno di evitare questo genere di inconvenienti? -
A quelle parole, Dominic congelò sul posto, incapace di muoversi.
A quelle parole, Marcus non poté fare altro che chinare il capo e fissare il pavimento.
Fu Agnes a farsi avanti, schioccando la lingua contro il palato e incanalando tutta la propria acidità in una singola parola.
- Padre. -
Il capofamiglia degli Steiner, allora, si concentrò su di lei, incrociando le braccia al petto; tirò le labbra in una linea spigolosa, lasciando scoperti i canini superiori.
- Disgrazia. -
La maggiore ruotò la testa di scatto, piegando la bocca in una smorfia prima di sbottare in una risata sprezzante. - E, anche oggi, la famiglia viene messa al primo posto. -
- Sei qui per ubriacarti e renderti ridicola? Per coprire di vergogna questo posto? -
- Oh, non potrei mai: il mio unico scopo nella vita è infangare il nome degli Steiner. Come puoi averlo dimenticato? Eppure è quello che mi ripeti da quando tuo figlio ha cercato di... -
- Falla finita, Agnes! - sibilò Magnus strattonandola per un braccio. - Hai già dato abbastanza spettacolo, datti una regolata se non vuoi che ti faccia sbattere fuori! E se proprio non vuoi farlo per me, fallo per rispetto di tuo fratello. -
Gli occhi di Agnes si ridussero a due fessure. - È proprio per lui se mi comporto così. - e con uno scatto iroso si liberò della presa.
Marcus deglutì, sentendosi chiamato in causa, ma non accennò a muoversi. Aveva capito che Dominic si era allontanato da un po', ma in quella situazione non sarebbe mai riuscito a corrergli dietro, o tantomeno a scusarsi.
Era con i piedi sprofondati nel pavimento, intrappolato in una discussione in cui riusciva ad essere solo un semplice spettatore.
- Ti prego, pensa a quello che ti ho detto. -
Agnes gli aveva appoggiato una mano sulla spalla e sussurrato quelle parole all'orecchio, prima di lasciargli un bacio sulla guancia e andarsene.
- Marcus. -
Il proprio nome, detto con quel tono autoritario e burbero, lo fece tremare sul posto.
No, non poteva tremare davvero. Perché lui non aveva paura di suo padre.
...Giusto?
- Non devi ascoltare una sola parola di quello che ti dice tua sorella. -
Perché stava annuendo, come se fosse d'accordo con lui?
- Lei non ha mai capito il ruolo della nostra famiglia. Non ha mai capito quanto gli Steiner sono potenti, quanto sono essenziali per il mantenimento di questa società. -
Magnus gli appoggiò una mano sulla spalla, proprio nello stesso punto in cui l'aveva fatto Agnes un istante prima. Affondò le dita nei suoi muscoli, avvolgendo l'articolazione come il traliccio di un rampicante, e lo tirò il figlio verso di sé, in qualcosa di simile ad un abbraccio.
- Ma tu sei diverso. Tu hai un potenziale inimmaginabile, quasi più grande di quello che avevo io alla tua età, perché non solo sei in grado di controllare la terra, il tuo elemento, ma puoi addirittura crearla dal nulla. Il tuo futuro è dietro una porta placcata d'oro ed è lastricato di fama e trionfi: sarai l'eroe migliore della tua generazione, e al tuo fianco avrai una donna che risplenderà del tuo valore e che potrà renderti un padre fiero tanto quanto lo sono io. Devi solo fare le scelte giuste, liberandoti di tutte le zavorre che ti circondano e che vivono delle tue briciole. Mi hai capito, figliolo? -
In tutto il discorso, Marcus era rimasto in apnea.
Senza fiato, senza respiro, senza aria da incamerare nei polmoni.
Occhi spalancati e immobili, concentrati sul nulla.
Orecchie piene di troppe parole scomode.
Spalle gravose di un giogo costituito di aspettative che non potevano essere disattese.
Marcus dondolò la testa, inerme.
Perché annuire era l'unica azione che il proprio corpo gli avrebbe mai permesso di compiere.
*
Gareth si accostò all'orecchio di Leo, sporgendosi verso di lui quel tanto che bastava da non dare troppo nell'occhio.
- Questo completo mi soffoca. -
Il biondo alzò un sopracciglio e inclinò il mento nella sua direzione. - E io che cazzo ci posso fare? -
- Che ne so! - sbuffò, spingendo la spalla contro la sua. - Hai sempre una soluzione per tutto, magari riuscivi ad aiutarmi anche questa volta. -
- Dovevi prendere una taglia più grande, quella sarebbe stata la soluzione. - decretò, tagliente. - Se ti sta tanto stretto, allora togliti qualcosa. -
Gareth affilò lo sguardo. - Fosse stato un momento un po' più privato, non avrei avuto problemi a far sparire i pantaloni. -
L'altro alzò gli occhi al cielo e si portò il bicchiere alle labbra.
- Ti ho visto che stai sorridendo! - ghignò l'irlandese, rifilandogli una nuova spallata giocosa, poi si ritrovò a sospirare. - Avrei dovuto mettermi dei jeans. -
- Indossare dei jeans nel giorno più importante della tua carriera è proprio da te, Hamilton. -
- Però devi ammettere che sarebbe stato molto divertente veder sbroccare Dominic in mezzo alla sala, per questa cosa. -
- Gareth, io c'ero quando Dominic ha effettivamente sbroccato in mezzo al salotto di Yulis, per questa cosa. -
- E non ti fa ridere che si sia arrabbiato così tanto per un'idea che io non avevo ancora pensato di proporgli? -
Il biondo scosse la testa, leggero. - È una delle conseguenze delle analisi accurate di Momentum. -
- Che avete da confabulare, voi due? -
La voce di Candace, leggermente più alta e acuta rispetto al solito, finì per interromperli.
- Al tuo ragazzo sta stretto il cavallo dei pantaloni, così mi ha chiesto di dargli una mano. - Leo, cercando di celare il proprio sorriso dietro al vetro, si gustò ogni singolo sorso di champagne accompagnandolo ad ogni più piccolo cambiamento di espressione sul volto della donna. Si passò la lingua sulle labbra e appoggiò il flûte ormai vuoto sul vassoio di una cameriera che passava di lì. - Purtroppo per lui, la sartoria non è il mio forte. -
A seguito di quel breve scambio, il viso di Gareth era rimasto incastrato in un'espressione ambigua, un misto tra il voler cedere all'imbarazzo e la necessità di sfiatare una sonora e profonda risata.
- In effetti, la spallina della giacca che indossi è più corta rispetto a dove finisce il muscolo. - Selenae si piazzò davanti a lui, inondandolo di un profumo stucchevole; con un movimento armonioso della mano appoggiò l'indice in corrispondenza della cucitura. - Vedi? Qui manca almeno un centimetro e mezzo di stoffa, sarebbe stata sufficiente una taglia più grande a farla cadere meglio. -
- Sei una stilista, cara? - domandò Candace in un tono falsamente interessato, passando un braccio dietro alla vita di un Gareth sempre più a disagio e poggiando la mano opposta sul suo bicipite.
- Modella. - la corresse la giovane, smuovendo la chioma scura e piastrata con un movimento del capo. Ritirò la mano e sorrise. - Quando sei di questo campo, certe cose le noti a colpo d'occhio. Ad esempio, è semplice accorgersi che il tuo vestito, pur essendo molto provocante in taglio e colore per questo genere di eventi, è di alta sartoria. -
- Che talento. - commentò Candace con un sorriso affilato, che però l'altra non sembrò cogliere. - Invece i vostri completi sono abbinati, non è vero? Riconosco la stessa texture elegante, la stessa palette di colori e gli stessi accessori... sembrate proprio due sposi usciti da una rivista del settore! -
"Che culo..." pensò Leo, rimpiangendo di aver seccato il suo bicchiere in così poco tempo. Gli occhi gravitarono in quelli di Gareth e, sorprendentemente, vi lessero un leggero velo di fastidio.
Lui era davvero quello che appariva infastidito, tra i due?
Selenae era solo una partner commerciale. Candace, da come orbitava intorno a Gareth, di certo non si considerava uno sponsor.
- Quello è proprio il mood che volevamo trasmettere! - ridacchiò la giovane modella, con aria entusiasta. - La scelta del bianco per entrambi gli sposi è sempre un azzardo, ma sono convinta che basti l'attitudine giusta a far svanire qualunque dubbio sulla sua portabilità. -
- Beh, di certo a Leo quella non manca. - aggiunse Gareth in una ventata di spiccia ironia.
- Potrei quasi pensare che sei geloso, Hamilton. -
- Non ho niente per cui essere geloso: io ho dalla mia un incredibile senso dell'umorismo. -
Candace si sporse verso l'irlandese per strofinare le labbra sulla sua guancia, macchiandolo così di rossetto. - Quella è solo una delle tue grandi qualità, tesoro. -
Leo si guardò attorno, in cerca di qualcosa da bere.
Qualunque cosa pur di riuscire a sopportare quella piattola isterica arpionata alle spalle e ai coglioni di Gareth.
Adocchiò una ragazza in divisa bianca che tra le mani stringeva un cabaret di flûte di champagne.
Curioso: la cameriera, distante solo qualche metro, sembrava in difficoltà a mantenere tutti quei bicchieri in equilibrio. Dopo un rapido sospiro, l'eroe scartò l'idea di farle un cenno e decise di avvicinarsi a lei.
- Posso prenderne uno? - domandò, cortese.
- Certo! - gli sorrise lei di rimando, facendo ondeggiare le minuscole treccine che teneva accrocchiate in una coda bassa. - Anche due, se vuole: non c'è limite stasera. -
- Magari il secondo più tardi, dopo la proclamazione. -
- Dopo la proclamazione, il secondo potremmo anche berlo insieme... che ne dici, Zero? - domandò, civettuola, tramutando il sorriso in una smorfia ben più maliziosa. - O meglio, potremmo farlo... se solo io non preferissi il ragazzo cattivo rispetto all'eroe della storia. -
Leo alzò un sopracciglio e si trattenne dallo scoppiare a riderle in faccia: stava solo prendendo da bere.
Cosa voleva essere quello, un flirt tanto creativo quanto bizzarro da parte di una ragazzina viziata e falsamente preziosa? Oppure un modo del tutto gratuito e inopportuno di deriderlo?
Afferrò due dei bicchieri e la guardò dritto negli occhi; si voltò poi per tornare da Gareth, lasciandola alla sua esilarante risata, senza nemmeno degnarla di una risposta.
- Tieni. -
Il rosso, per fortuna, fu abbastanza rapido e svelto da afferrare il flûte proprio un istante prima che cadesse nel vuoto.
- G-grazie, eh! - balbettò, impegnato in quella manovra di salvataggio mentre tentava di non versare a terra lo champagne.
- La piovra se n'è andata? -
Gareth alzò gli occhi al cielo, ma evitò con cura di lasciarsi sfuggire un sospiro seccato. - Ha visto uno dei suoi vecchi colleghi ed è andata a salutarlo. -
Tirando le labbra in un accenno di sorriso, Leo rullò lo stelo del calice tra pollice e indice, poi lo offrì a Selenae. - Allora questo non mi serve più. -
- Uh-uh. - la ragazza scosse la testa da una parte all'altra. - Calorie inutili: fanno solo ingrassare. -
Il biondo si sprimacciò gli occhi con calma e si impegnò a non controbattere in alcuna maniera, espirando in maniera controllata.
- Ma quella è Emma La Fleur, di Les Fleures du Mal? - domandò Selenae, in evidente stato di trepidazione. - Leo, ti dispiace se vado a parlarle? È da quando ho iniziato questa carriera che spero di essere vestita da lei, un giorno! -
- È tutta tua. - replicò lui, bevendo un piccolo sorso.
Nel giro di un attimo, Gareth gli si fece vicino, ma azzardò a parlare solo quando la modella fu abbastanza distante. - Quella Emma di cui parla... non è la stessa dell'atelier che da sempre veste Yulis? -
Leo annuì.
- E non pensi che potrebbe essere stata una cattiva idea, spingerla tra le sue braccia? Insomma, Selena-copia-incolla non rientra di certo tra le grazie della nostra amichetta di merende, visto che al momento esce con te, e fregarle anche la stilista da sotto il naso non credo possa agevolare... -
- Per prima cosa, non è affare mio se Selenae cerca agganci lavorativi con qualcuno che non è e non sarà mai interessato a lei. E per seconda cosa, non usciamo insieme. Il rapporto che abbiamo è puramente lavorativo e la nostra è una partnership commerciale che funziona perché i nostri colori stanno bene insieme, o per qualche altra stronzata simile di cui non me ne frega un cazzo. Il lavoro è lavoro, fine della storia. -
- Quindi vuoi farmi credere che tu e Selena non avete mai...? -
- Gareth, Selenae-è-lesbica. Ha passato tutto il tempo della conversazione a guardare le tette di Candace, come hai fatto a non accorgertene? -
Per qualche istante, la bocca di Gareth rimase inceppata su una smorfia basita, come se stesse cercando di connettere tutti gli spinotti di un marchingegno articolato. Ci mise un po' a rilassarsi, ma pian piano arrivò al punto di sciogliersi in una risata liberatoria. - Hai ragione, colpa mia: ero troppo impegnato a guardarti il culo per essere abbastanza lucido da accorgermene. -
Leo gli rivolse un'occhiata sbieca e incrociò le braccia al petto. - Fortuna che il senso dell'umorismo è il tuo pezzo forte. -
- Direi che anche il motivo per cui mi sta così stretto il cavallo dei pantaloni concorre alla causa, ma non mi sembrava educato farlo sapere a Selena-copia-incolla. - ammiccò Gareth, facendo tintinnare il proprio flûte con quello di Leo.
- Oh, beh, Candace poco fa si è fatta ben pochi problemi a esprimersi a riguardo. E comunque, il nome corretto è Selenae, con la "e" finale. - gli restituì il brindisi, condendolo con un sorriso complice e altamente divertito. - Coglione. -
- Leonard Hans Hartman! -
Una voce squillante, proveniente da una vicinanza drammatica, smorzò il buonumore del leader dei Rising Five, facendolo ammutolire di tutto punto.
- Leonard-Hans-Hartman. - ripeté questa, scandendo ciascuna sillaba mentre srotolava il nome completo sulla lingua. - Anche detto Zero, dagli amici e dai fan. Ma io direi che oltre a "Zero bersagli mancati", il suo nome potrebbe benissimo significare "Zero chiamate a casa"! -
- M-mamma...? - Leo si inumidì le labbra, poi sbatté la palpebre un paio di volte, incredulo. Ignorò l'occhiata divertita e sorpresa di Gareth per avanzare dritto verso sua madre. - Cosa ci fai qui!? -
- Nemmeno mi saluta, che figlio degenere. - la donna si accigliò e lo fulminò con lo sguardo, poi però gli si fece vicino per posargli un buffetto affettuoso sulla fronte. - Sei tanto bello quanto sconsiderato, lo sai, vero? -
- Mamma, puoi spiegarmi come mai sei qui, per favore? -
- Rilassati, tesoro mio. Tuo padre sta bene, se è questo che ti sta facendo ammattire. - sorrise, pizzicandogli amorevolmente la guancia, rincorrendola poi con la punta delle dita non appena Leo si scostò per evitarle. - E visto che ci tieni così tanto a saperlo, sono stata invitata ufficialmente alla cerimonia perché a occuparsi della realizzazione del prossimo HTT Calendar sarà il mio studio di fotografia. Sorpresa! -
Il cervello di Leo si espresse in una sequela silenziosa di imprecazioni molto colorite.
Forse, la prospettiva di finire tra i primi dieci anche quest'anno non era più tanto allettante.
- Gareth! Da quanto tempo! - a quel punto, la madre di Leo si concentrò sull'irlandese, spingendosi in punta dei piedi per riuscire ad abbracciarlo. - È una mia impressione o le tue spalle si fanno più larghe ogni volta che ci incontriamo? -
Il rosso ridacchiò, ricambiando il saluto con una stretta leggera e gentile. - Sarah Lee, è lei quella sempre più bella. Mi dica la verità: ha nascosto in soffitta un quadro che la raffigura, non è così? -
Sarah Lee gli assestò una serie di pacche bonarie sul petto, ridendo con trasporto. - Se fosse davvero così, sarei decisamente più giovane e decisamente impegnata a farti una corte spietatissima. -
- Mamma! -
Leo alzò la voce e sentì le guance scaldarsi, ma l'occhiata torva che destinò fu in realtà per Gareth, il quale, del tutto impreparato, lo fissò a occhi sgranati.
- Me ne vado, prima che mio figlio decida di rinfacciarmi di averlo messo al mondo con l'esclusivo obiettivo di farlo imbarazzare. -
Con complicità, la donna fece l'occhiolino al rosso, poi sbaciucchiò il figlio e si dileguò in direzione delle tavolate imbandite.
- Allora... -
- No. - lo zittì Leo, portando un indice alle labbra. - Non ci provare. Non dire una parola. -
- ...Hans. -
E non appena quel nome gli rotolò fuori dalle labbra, Gareth sbottò in una risata incontrollata.
- Sei proprio un coglione, Hamilton... - biascicò Leo, stringendo a pugno le dita formicolanti. - E smetti di assecondare i ridicoli flirt di mia madre. -
- Ma davvero "Hans" è il tuo secondo nome? E, soprattutto, perché io lo scopro solo ora? -
- Non ho nemmeno intenzione di risponderti. -
Leo fece dietrofront e cominciò a camminare verso una direzione qualunque, possibilmente molto lontano da Gareth e dalla sua risata del cazzo.
- Oh, andiamo, Hans, non fare così. -
- Ci tieni davvero tanto a morire, Gareth? - con una luce sinistra negli occhi, il biondo si voltò per incenerirlo con lo sguardo. - Dillo che non ti interessa vivere abbastanza a lungo da scoprire se quest'anno ti sei piazzato nella Hero Top Ten. -
- Giuro che mi interessa vivere abbastanza a lungo da conoscere il nostro risultato! - ridacchiò, parando a difesa le mani davanti a sé. - Ma mi interessa molto di più il dopo, quindi la parte del tornare a casa per festeggiare con voi. -
Oh, no.
Non di nuovo quello sguardo.
Leo voltò la testa di scatto e deglutì, scoprendo la gola molto secca.
Avrebbe dovuto bere di più, almeno avrebbe risolto il problema e dato all'alcool la colpa del rossore sulle guance.
- Guarda che la festa di cui parli è riservata a pochi. - commentò, in un basso filo di voce.
Gareth gli sorrise, puntando la lingua all'angolo della bocca. - Credo di ricordare piuttosto bene la lista degli invitati. Due sono già qui presenti, mentre la terza... -
Il rosso si girò in un centottanta, con le labbra ancora piegate in un sorrisetto divertito.
Prima che Yulis potesse comprendere il fine ultimo di quella manovra, si ritrovò afferrata per la vita.
Nel giro di un battito di ciglia, i suoi piedi non toccarono più terra e la stanza iniziò a vorticarle intorno.
- Eccola qui! -
- Gareth, che accidenti fai?! - Yulis affondò le dita nel tessuto morbido della sua giacca, arpionando le unghie alle sue spalle come un gattino terrorizzato dall'altezza. - G-Gareth! Ci stanno guardando tutti, ti prego, mettimi giù! -
Ma il suo migliore amico continuava a ridere.
A ridere e girare, ridere e girare.
- Mettila giù, prima che vomiti pure il pranzo di ieri. -
Il consiglio di Leo era apprezzabile.
Peccato che anche lui stesse ridendo proprio come un idiota.
- Gar, mettimi giù, o giuro su qualunque dio che adesso... - seppur a fatica, spostò il palmo in corrispondenza della base del suo collo, pelle contro pelle.
- No! - facendosi travolgere ancora di più dalla propria risata, le permise di riappoggiare i piedi a terra stando però ben attento a non farle perdere l'equilibrio sui tacchi. - Tutto, ma non i crampi da ciclo! -
Yulis fece scivolare le mani sul suo petto, tentando di sostenersi e di non cedere ai capogiri. - Volevo solo... salutarvi. Approfittare di un momento di... - ansimò, rivolgendo ad entrambi uno sguardo truce. - Calma. -
Ignorando l'occhiataccia e dedicandole uno dei suoi soliti sorrisi caldi e luminosi, Gareth la inglobò in un abbraccio, cullandola con dolcezza. - Sei davvero stupenda, Yuls. -
La ragazza sfarfallò le ciglia, colta alla sprovvista. - G-grazie, ma non sperare di cavartela così! -
Gareth ridacchiò, rilassato, poi carezzò il vestito all'altezza della parte superiore della coscia, nel punto in cui la stoffa si apriva in due lembi. - E, tra parentesi... molto sexy, questo spacco. -
La testa di Yulis tornò a galleggiare, ma per una motivazione diversa, questa volta. Gareth le aveva soffiato quelle parole all'orecchio, in un sussurro talmente basso che solo lei avrebbe potuto sentire.
Percepì le proprie guance andare a fuoco, e quando lui la liberò dalla presa la sensazione di imbarazzo si fece ancora più intensa.
Leo si schiarì la gola.
Il mento era sollevato, nella sua canonica posa plastica, ma la linea delle labbra era morbida.
Non sembrava realmente infastidito.
- La gente guarda tutti e tre, adesso. -
Quella frase confermò il monito accennato dalla sua postura.
< Devo smettere di arrossire così, o le persone inizieranno a pensare male. Cioè, a pensare bene... il che sarebbe davvero un male, per noi. >
Yulis prese un respiro profondo e aggrottò la fronte, chiudendo gli occhi e cercando di rimettere in fila i pensieri per domare l'agitazione. Quando li riaprì, si ritrovò Leo ad un palmo scarso dal naso, impegnato a fissarla con un sopracciglio alzato, piacevolmente divertito.
- Calmati, Yulis. Puoi salutare anche me, sai? Non è cambiato niente, e per chi ci vede dall'esterno restiamo a tutti gli effetti degli affiatati compagni di squadra. - si sporse su di lei, posando la mano sul suo fianco. - O devo pensare che lui è il tuo preferito? -
Inevitabilmente, Yulis ridusse gli occhi a un paio di fessure.
- Quanto sei scorretto, Leo. - si lamentò Gareth, appoggiandosi alla sua spalla con un lieve ghigno a turbare l'espressione placida del viso. - Da quando la conosco, Yulis non ha mai avuto nulla di preferito. -
La ragazza si esibì in un piccolo broncio.
Sapeva che Leo stava scherzando, ma quell'insinuazione l'aveva comunque un po' irritata.
Passò le braccia dietro alla nuca di Leo e si lasciò stringere, sussultando sul posto quando lui le sfiorò il collo con le labbra. Sciolse la presa, troppo presto, e si concentrò sui propri battiti per tentare di rallentarne la corsa. Fece qualche passetto indietro e il vestito le svolazzò attorno in un turbinio leggero, mostrando in quasi tutta la sua interezza la gamba impreziosita dal piccolo gioiello incastonato sulla giarrettiera.
- Potete piantarla di giocare con il mio imbarazzo e darmi un po' di tregua, per favore? -
In un moto di nervosismo, Yulis iniziò ad arrotolare una ciocca di capelli sull'indice, quindi gonfiò appena appena le guance e portò il braccio libero ad afferrare il tricipite opposto, schiacciandolo contro il petto.
Leo scambiò un'occhiata d'intesa al compagno. - Capisci perché prima ho detto che Selenae non riuscirebbe mai a ottenere quell'aggancio? -
- Penso di averlo afferrato, sì. -
Yulis aggrottò la fronte, confusa da quel repentino cambio di argomento. - Non... non credo di riuscire più a seguirvi. -
Gareth alzò le spalle, senza abbandonare il sorriso, mentre Leo la incoraggiò a ignorare la cosa.
- Oltre metà dei Rising Five impegnati in una tenera riunione di squadra? Che fortuna. -
Ancora prima di girarsi, Yulis scorse il viso di Leo completamente stravolto: mento alto, mascella contratta, bocca rigida e occhi fissi su un punto oltre la sua spalla, in una posa tutt'altro che amichevole. L'espressione rilassata di un attimo prima era stata cancellata e sostituita con una del tutto contraria.
- Che ci fai qui, Bennett? I francesi ti hanno già rispedito indietro con un calcio in culo? - domandò a denti stretti.
A sentir pronunciare quel cognome, la ragazza sobbalzò.
Possibile che, tra tutte le persone invitate all'evento, dovessero scontrarsi proprio con lui?
Pregò con tutta se stessa di aver frainteso, o di dover avere a che fare solo con un omonimo. Ma c'erano un po' troppe scomode coincidenze per poter dare credito a una di quelle due ipotesi.
- Qual è il problema, Hartman? Paura di un po' di concorrenza? -
Yulis si voltò in un movimento lento, pigro abbastanza da dargli il tempo di scomparire in una nuvola di fumo.
Del tutto inutile.
Ashton Bennett, uno degli eroi migliori della loro annata e operante nella Divisione Europea, se ne stava in piedi davanti a loro, intento a sorseggiare il proprio bicchiere di vino. I capelli castani, leggermente scarmigliati, gli incorniciavano il viso e gli donavano ancora quella finta aria di superficialità e sventatezza che un tempo la incuriosiva a tal punto da costringerla a cercare il suo sguardo anche durante le lezioni, pur di tentare di capirlo. Gli occhi erano di una strana tonalità di verde, che per via delle luci non troppo forti della sala perdevano d'intensità fino a ridursi ad un grigio antracite. I lineamenti duri, spigolosi e marcati della mascella rafforzavano la sensazione di strafottenza che da sempre lo caratterizzava, come se ce ne fosse mai stato un reale bisogno.
- Concorrenza? Guarda che sei tu quello che è scappato in Europa con la coda tra le gambe. -
Ashton rise, buttando giù l'ultimo sorso di vino. Ignorò l'allusione di Leo e si rivolse direttamente agli altri due eroi. - Non vi siete ancora stancati di avere tra i piedi uno stronzo come lui? Mi meraviglio di te, Gareth, che ti accontenti di rimanere nell'ombra di un Virtuoso del cazzo, quando potresti essere un leader migliore. -
- Hey. - Leo fece un passo avanti, attirando la sua attenzione, ma Gareth gli appoggiò una mano sulla spalla per dirgli di lasciar perdere.
- Perdonatemi, non volevo infastidirvi, tantomeno fare anch'io la figura dello stronzo. Ma qualcuno riesce sempre a farmi perdere le staffe, anche quando parto con le migliori intenzioni. - Ashton si passò la lingua sulle labbra per eliminare le ultime gocce di Bordeaux, poi si esibì in un sorriso. - Volevo complimentarmi con voi, in realtà: la vostra ultima impresa è arrivata anche oltre oceano e avete meravigliato chiunque con la vostra sinergia di squadra. Ne hanno parlato tv, stampa, giornali locali piccoli e grandi... ma sei soprattutto tu, Yulis, a continuare a sorprendermi. Anche a distanza di anni e chilometri, la cosa non è minimamente cambiata. -
Yulis si sentì a disagio.
Non tanto per l'occhiata intensa che Ashton le rivolse, ma per lo sguardo di fuoco che Leo aveva deciso di dedicarle.
- Com'è stato? Subire gli effetti di una nuova manifestazione, intendo. - domandò, sfacciato e genuinamente incuriosito, mentre Yulis continuava a sentire la soffocante attenzione di tutti i presenti su di sé.
- Molto poco piacevole. - ammise, con un sorriso tirato. - Non pensavo che potesse essere ancora più... debilitante delle altre. Ma avevo i miei compagni a sostenermi, quindi in un certo senso è stato affrontabile, anche se maledettamente spaventoso. -
La fronte di Leo distese qualche ruga di espressione, allentando la morsa della tensione, ma gli occhi scuri brillavano ancora di fastidio e diffidenza.
- Yulis Parker che accetta di farsi aiutare? Anche questa è una novità. - Ashton si lasciò andare a una breve risata. - Sembra proprio che tu sia cresciuta, miss prima volta. -
La ragazza si bloccò e si torturò l'interno della guancia, mordicchiandola tra i denti: non sentiva quel soprannome da davvero tanto tempo.
Non che avesse qualcosa da rimpiangere.
- Ecco dov'eri, Ash! -
Un ragazzo smilzo e agile, con una cascata di boccoli rossicci e la erre arrotolata, si avvicinò di buon passo; dietro di lui ne seguiva un altro, dall'aria familiare, più massiccio e con la pelle dorata.
Yulis era certa di conoscere il secondo arrivato, ma in quel momento il nome continuava a sfuggirle.
- Te l'avevo detto che bastava cercarlo vicino a una bella ragazza. - fece quest'ultimo, dandogli una gomitata. Ma quando lanciò un'occhiata in direzione di Yulis, il sorriso gli sparì dalle labbra. - Anche se stavolta è finito davvero in basso: in compagnia di un fenomeno da baraccone. -
Yulis sgranò gli occhi, del tutto incredula.
Come l'aveva appena definita?
- Che cazzo hai detto? - Leo avanzò di un paio di passi, molto più che irritato, così Gareth fu costretto a trattenerlo per una spalla. - Prova a ripetere! -
- La tua amica è un cazzo di fenomeno da baraccone. - ripeté l'altro, con una smorfia di disgusto sulle labbra. - Non si è mai visto qualcuno mutare in quel modo. È contro natura avere le ali da demone. -
- Ma che cazzo dici, coglione?! -
- Leo, lascia stare. - sibilò Yulis, afferrandolo per una manica del completo e guadagnandosi così un'occhiata sconvolta da parte del biondo. - Lascia che dica quello che vuole. -
- Ecco, bravo cagnolino, dai ascolto a quella puttanella della tua padrona. - rincarò l'altro, tramutando il disgusto in un ghigno divertito.
- Sasha! - Ashton si voltò verso di lui, ammonendolo con lo sguardo mentre l'amico cercava di tirarlo indietro. - Dacci un taglio! -
Sasha.
Sasha Brahimi.
Ecco che il nome completo le era tornato in mente, ecco che i ricordi si facevano vivi. Era un amico di Ashton, più grande di un paio di anni, e Yulis li aveva visti insieme svariate volte, in passato.
Più Sasha rideva, più le mani di Leo tremavano e più Gareth faticava a mantenere la calma per entrambi. Ma al contrario degli altri due, Yulis riusciva ancora a rimanere composta e controllata.
Poteva farcela.
Poteva ignorare il fastidio, ignorare le parole, ignorare gli sguardi di tutti quelli come lui.
Perché, nel concreto, non significavano niente.
Lei sapeva ciò che era, e l'immagine di Lilith era solo un artefatto del proprio cervello volto a processare lo stress che il corpo aveva subito durante la manifestazione. Ne aveva parlato con Shogo, e Shogo le aveva illustrato quella spiegazione.
- Spero solo che tu te la sia scopata quando ancora era normale, Ash. Non vorrei che anche tu ti riducessi così! -
Leo si bloccò sul posto e chiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni.
Gareth digrignò i denti, ma continuò a concentrarsi per tenere a bada l'amico.
- Chiudi quella bocca, Sasha! - ordinò Ashton, spingendolo sul petto per farlo indietreggiare. - Timothée, portalo via! -
Timothée annuì con veemenza, sibilando qualcosa all'orecchio del compagno.
- Non ho bisogno di essere allontanato. - fece l'altro, scrollandolo via. Si sistemò meglio la giacca sulle spalle e si passò una mano fra i capelli. - Ho un'intervista in programma, quindi non ho molto tempo da perdere. - e detto ciò guardò Yulis dritto negli occhi, passandosi la lingua sui denti. - La Hernandez è amica tua, vero? Scommetto che scopa ancora con chiunque, come la troia che era all'epoca: la cagna perde il pelo ma non il vizio. -
La risata senza freno di Sasha, scatenata dal suo stesso intervento, fu coperta dai mormorii degli altri invitati, sorpresi ed eccitati per l'annuncio agli speakers dell'imminente proclamazione. Le luci vennero abbassate e subito ci fu del movimento: gente che si allontanava per spostarsi verso il proprio tavolo e prendere posto, camerieri che ritiravano tutto ciò che doveva essere sistemato.
In tutto l'improvviso trambusto, il resto del gruppetto era rimasto immobile, con la componente maschile dei Riser completamente ammutolita.
- Gareth, reggimelo un momento. - mormorò Yulis, affidandogli il braccialetto tintinnante che portava al polso destro, nel mentre che continuava a fissare Sasha allontanarsi nella penombra.
Non diede peso alla reazione del compagno e nemmeno si preoccupò di fornirgli una motivazione. Fece qualche passo, ma ben presto accelerò l'andatura per recuperare la distanza.
- Hey! - gridò, stringendo nella mano un lembo del vestito per evitare di calpestarlo inavvertitamente. - Brahimi! -
Il diretto interessato si voltò, con quel suo sorriso di scherno ancora sulle labbra.
Sorriso che però svanì in fretta nel momento in cui si accorse che la ragazza si era fatta davvero troppo vicina.
Nel giro di un battito di ciglia e sotto gli sguardi sbigottiti degli altri quattro eroi, Yulis aveva raccolto e disteso il braccio verso Sasha, assestandogli un gancio veloce e preciso sullo zigomo.
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*rullo di tamburi*
Ho aggiornato in tempi record! +w+
Non odiatemi se il capitolo è lungo, odiate Sasha che è un coglione totale.
Bene, come vi dicevo nella puntata precedente, nella mia testa il 17 è un capitolo unico e che si sviluppa in poche scene, dato che i personaggi si alternano facilmente tra i vari dialoghi.
Abbiamo un elettrocardiogramma (?) di emozioni diverse, fatto di picchi e bassi che aumentano o rallentano il pace della narrazione. Abbiamo imparato un po' di cosine sulla famiglia Steiner, su Leo che è un po' troppo sassy bitch (ma chi l'avrebbe detto mai), su Gareth che va amato perché fa schiattare e su un bel po' di altri personaggi.
100 punti in HTT a chi indovina il rimando della parte finale del capitolo! :3
Vi lascio qualche fun fact del capitolo e l'incredibile fanart che ha disegnato Mari_Blackstar (che salutiamo e ringraziamo dalla regia per sorbirsi sempre le mie paturnie).
Fun Facts:
1) Il cibo descritto fa effettivamente parte di un menù reale per una cena di gala e fa a tutti gli effetti venire tanta fame.
2) Dominic è vegetariano. L'ho scoperto solo quando ho scritto la scena e Marcus l'ha fermato mentre prendeva il risotto. Giuro che prima non ne avevo idea.
3) Ashton è incredibilmente simile a qualcuno *fischietta*. Chissà se Yulis ci ha mai riflettuto *coff coff* complesso di Elettra * coff coff*
3.5) Ashton e Shiiro inizialmente dovevano essere lo stesso personaggio - GAAAAASP!
E ora la magnifica fanart di Yulis, per opera di una magnifica artista:
Ma quanto è bella la mia pupattola? ♡
Juliet
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