Chapter 15: "Truth catches up with us eventually"


Akita, qualche giorno prima.

Gareth continuava ad allungare le proprie falcate per tentare di stare al passo del biondo, ma quest'ultimo sembrava avere tutte le intenzioni di seminarlo.

- Puoi rallentare un secondo? -

Ovviamente non ottenne alcuna risposta.

Leo era veloce, e nonostante quella decina scarsa di centimetri di altezza che li differenziavano, riusciva comunque a mantenere una buona distanza da lui. Stavano attraversando quel lungo corridoio da una manciata di minuti e ancora le loro camere sembravano ben distanti dall'essere raggiunte. Ma perché diavolo non avevano preso l'ascensore più vicino alle loro stanze? La suola degli anfibi di entrambi veniva attutita dalla moquette morbida e dorata che copriva il pavimento, rendendo gli sbuffi e i fallimentari tentativi di conversazione dell'irlandese gli unici suoni distinguibili di quella notte fonda.

- Andiamo, Hartman... - Gareth azzardò una corsetta per raggiungerlo e gli appoggiò una mano sulla spalla. Ma, come prevedibile, quella fu presto scrollata via. - Sono due giorni che non mi parli, e prima... combattere contro quei cosi schifosi è stata una vera merda. Anche se l'abbiamo portata a casa, la nostra coordinazione è stata ridicola. E se non fosse stato per Dominic, a quest'ora mi sarei ritrovato con delle dita in meno. -

Non ricevendo alcun segno, accelerò di colpo fino a superarlo, poi gli si piazzò davanti per costringerlo a fermarsi. Il leader dei Rising Five era caparbio, ma anche Gareth, se voleva, era in grado di metterci del suo; vide l'espressione di Leo incupirsi ancora di più, mentre le labbra venivano tirate in una linea dura e tesa. Lo sguardo nero pece in cui si specchiò era tutto fuorché amichevole o rassicurante.

Ma non gli importava, sarebbe stato irremovibile, questa volta.

Leo si spostò verso destra, ma Gareth copiò quell'esatto movimento, parandoglisi davanti alla faccia come uno specchio.

- Levati dal cazzo, Hamilton. -

La voce era bassa e traballante, simile al ringhio che riaffiora da un bacino di rabbia e fastidio. Quella frase suonò più come un ordine perentorio che come un invito, ma Gareth, di contro alle aspettative, si ritrovò a sollevare l'angolo della bocca in un mezzo sorriso soddisfatto.

- Se questo è l'unico modo per farti parlare, non ci penso nemmeno. -

Vide il biondo irrigidire la mascella e chiudere la mano destra in un pugno, sfiorando il fianco in una carezza falsamente docile.

- Ho detto che devi levarti dai coglioni. - fece un passo in avanti, verso di lui, alzando il mento e puntando gli occhi dritti nei suoi. La differenza di altezza tra loro era nulla, in quel momento, perché Leo, in confronto, aveva l'incredibile quanto snervante capacità di far sentire chiunque una briciola di pane. Gareth, però, era più che abituato ai suoi modi di fare.

- Altrimenti? - lo sfidò con un sopracciglio alzato, per nulla intimorito e senza mai scollare lo sguardo dal suo. Fece per aggiungere altro, ma le parole morirono sul nascere: Leo, senza troppe cerimonie e con grande velocità, gli aveva appena rifilato un montante allo stomaco, lasciandolo a boccheggiare.

- Coglione. - sibilò, passandogli di fianco e senza nemmeno degnarlo di attenzioni.

Gareth era rimasto con il busto proteso in avanti e il viso stravolto da una smorfia di dolore. Non che non avesse messo in conto uno scenario simile, ma si aspettava quantomeno di riuscire a terminare la propria provocazione: Leo doveva essere davvero incazzato per aver reagito subito in quel modo, senza dargli alternative, senza nemmeno permettergli il tempo di tirare l'addome per incassare il colpo.

Aveva intuito quale potesse essere la causa di quel malumore così persistente, ma voleva che fosse lui a parlargli. E, proprio perché lo conosceva paurosamente bene, sapeva che avrebbe dovuto insistere, per avere una risposta. Perché, nonostante la forte personalità impavida e coraggiosa, quando in ballo c'erano i sentimenti, Leonard Hartman finiva per diventare un ermetico del cazzo con scarsissime capacità di comunicazione.

Si voltò di centottanta gradi, giusto in tempo per vedere il compagno sbloccare la serratura della propria camera con una piccola tessera elettronica. A Gareth bastarono una dozzina di falcate in corsa per raggiungerlo: infilò poi il piede tra lo stipite e la porta, impedendogli così di chiuderla.

- Cristo, Gareth, quanto cazzo puoi essere ottuso?! - sbraitò lui, scoccandogli un'occhiata irosa.

- Mai quanto te e il tuo stupido mutismo infantile! - lo rimbeccò, arpionando la porta con una mano e spingendosi verso l'interno con l'altra appoggiata al muro.

Leo, dopo qualche istante di lotta passato a tentare di chiudergli le dita nell'uscio, cedette in uno sbuffo sonoro, condito da una buona dose di imprecazioni rivolte all'intero popolo irlandese. Alzò gli occhi al cielo e gli voltò le spalle, lasciandolo piombare con impeto nella stanza mentre si dirigeva a passo svelto verso il centro della junior suite.

- Riesci a fermarti e a guardarmi negli occhi, per cortesia? -

- Per cortesia, fottiti! - e si sistemò a sedere sul bordo del letto, concentrandosi sui lacci dei propri anfibi da dover sbrogliare. Gareth lo raggiunse e gli si parò a un metro di distanza.

- Mi dici perché sei così incazzato? -

- Grande, grosso e pure stupido. - decretò, a un tono di voce sufficientemente alto da poter essere compreso con chiarezza.

- Io potrò anche essere stupido, ma tu hai tutte le carte in regola per essere un moccioso di prima categoria. -

Leo scattò di colpo alzando la testa, lasciando cadere a terra gli stivali che con un tonfo mezzo attutito rotolarono sulla sofficità della moquette. - Un moccioso? Io? - si alzò in piedi e gli andò incontro, con un lampo minaccioso a illuminare le pupille. - Prova a ripetere. -

- È da quando ci hanno assegnato la missione qui ad Akita che non mi parli. Anzi, a stento riesci a guardarmi in faccia. - spiegò il rosso, lapidario. - Hai intenzione di dirmi cosa ti passa per quella testolina ossigenata, oppure devo tirare a indovinare? -

- Non c'è niente da tirare a indovinare. - quasi ringhiò. - Semplicemente, sei l'ultima persona con cui ho intenzione di passare il mio tempo libero. Fine della cazzo di storia. -

- Sei proprio uno stronzo, Leo. - incrociò le braccia al petto, aggrottando la fronte. - Prima però ammetti che ce l'hai a morte con me per via di quello che è successo con Yulis, così poi posso "levarmi dai coglioni". -

Il biondo sbottò una risata, poi alzò un sopracciglio. - Sei fuori strada, amico. -

- "Fuori strada", certo. Allora dimmi che la tua non è un'inutile scenata di gelosia, amico. -

- Non c'entra un cazzo di niente la gelosia, davvero non capisci? - Leo gli si fece vicino, sfiorandogli il viso con la punta del naso. - Ce l'ho con te perché hai infranto una regola basilare molto semplice, mandando a puttane uno dei pochi equilibri che avremmo dovuto mantenere! -

- Entrambi sapevamo fin dall'inizio che quella sarebbe stata una regola del cazzo. "Niente relazioni sentimentali all'interno della squadra"... - scimmiottò scocciato, rievocando una vecchia discussione. - Ma cosa accidenti dovrebbe voler dire? Passiamo almeno metà del tempo insieme, perché nell'altra metà, se non siamo già in missione, siamo da qualche parte ad allenarci! E ci conosciamo da quando abbiamo iniziato l'accademia, quindi almeno da... otto anni, mese più, mese meno. È impossibile credere che non si vengano a creare legami di un certo tipo di importanza. -

- Certo che vengono a crearsi quegli stupidi legami, ma i sentimenti si mettono da parte! Per il bene della squadra, per... -

- E l'ho fatto, Leo, l'ho fatto! Per il bene della squadra e per tutto questo tempo, ho messo da parte quello che provo per lei, quello che provo per te, perché qualche frustrato ai piani alti del Consiglio ha deciso di introdurre una postilla del cazzo nel codice di condotta che poi abbiamo dovuto seguire come un mantra! -

Leo voltò lo sguardo verso la parete, facendo di tutto pur di evitare di incrociare il suo. Nulla però impedì a Gareth di accorgersi di quel lieve rossore che gli colorava le guance. - Non dire stronzate. -

Il rosso alzò un sopracciglio, scettico. - E quale sarebbe la stronzata, in tutto questo? -

Ma Leo lo ignorò. - Se una regola esiste, è sempre accompagnata da una ragione. -

- D'accordo, ma nessuno può costringermi a pensare che questa ragione sia valida, nemmeno tu. - incrociò le braccia al petto, aprendo le spalle. - E la sai una cosa? Sono davvero sollevato di aver parlato con Yulis, di averle detto quanto mi piace e di essermi tolto questo peso. Perché la vera cosa stupida, in tutta l'intera faccenda, è doversi comportare come dei cazzo di attori su un palco. E ci scommetto quello che vuoi che tu, al posto mio, non l'avresti mai fatto. -

Leo tornò a concentrarsi su di lui, affilando lo sguardo. - Attento a quello che insinui, Hamilton. -

- Hai ragione, non c'è bisogno di insinuare, molto meglio essere diretti: tu non hai proprio avuto il coraggio di dirle niente, la volta della doccia. E di sicuro non è per via di quella stupida regola. -

- Oh, e allora quale sarebbe la motivazione? Illuminami, ti prego. -

- Tu hai una paura fottuta di non essere ricambiato. Hai paura di ricevere un bel due di picche e hai paura di non essere tu, per una volta, il numero uno. -

Il biondo strinse le dita a pugno. - Ti sbagli. -

- Oh no, no no no. Non mi sbaglio affatto. Ti conosco molto meglio di quello che credi e, notizia del giorno, non sei poi così bravo a nascondere quello che provi. Sei tante cose, Leo, ma non si può dire che tu sia onesto con te stesso il cento per cento del tempo. -

Leo gli assestò una spinta al petto, facendolo indietreggiare di un passo scarso. - Sta' zitto, Gareth. -

- Vedi? Ti senti già così alle strette che hai bisogno di creare fisicamente dello spazio tra noi. -

Sapeva che continuare a punzecchiarlo non avrebbe fatto altro che peggiorare il suo umore. Ma Gareth sapeva anche che Leo necessitava di essere portato all'estremo, prima di potersi sbloccare.

- Pensi che sia lo spazio, il problema? - Leo gli strinse il colletto della maglietta a mezze maniche tra le dita. Poi lo strattonò verso di sé, riaccorciando la distanza. - Pensi che io tema il confronto con te? -

L'occhiata che gli rivolse avrebbe intimorito chiunque.
Chiunque, ma non Gareth.

- Se ho torto... - si passò la lingua sul labbro inferiore, inumidendolo. - Allora dimmi perché non hai tentato di baciarla. -

- Perché io non mi lascio comandare dal cazzo, come invece non hai problemi a fare tu. - sibilò, attirandolo ancora più vicino, fino ad appoggiare la fronte alla sua. - Io sono padrone dei miei impulsi, a differenza tua. -

Gareth allora distese la bocca in un sorriso compiaciuto. - Se io non fossi padrone dei miei impulsi, cosa di cui a quanto pare sei convinto, a quest'ora non saremmo ancora qui a parlare. -

- Riesci ad essere serio, per una volta nella vita, Gareth? -

Il rosso alzò gli occhi al cielo, seccato, e con una manata si liberò della presa sul colletto. - Sai, a volte non riesco a capire se sei davvero così cieco oppure semplicemente stronzo. E dato che è già la seconda volta in un tempo record che ti do dello stronzo, possiamo intuire entrambi quale sia la vera risposta al mio dilemma. -

Inevitabile.
Quel gancio al volto fu prevedibile quanto una tempesta il giorno in cui aleggiano nubi cupe e cariche in cielo, già sceneggiato ad arte dal momento in cui aveva iniziato a dare fiato ai propri pensieri.

Se solo avesse voluto, Gareth avrebbe potuto ricorrere a Hardening per rafforzare i muscoli e i tessuti del volto. Ma, così facendo, la mano di Leo si sarebbe sbriciolata contro la sua mascella, proprio come un esile gessetto su una lavagna di ardesia. Per niente utile allo scopo.

Quindi si era limitato a subire e a indietreggiare di un paio di passi, in un mezzo barcollio, portando il palmo in corrispondenza della parte lesa e stringendo i denti.

Sapeva di avere ragione.
E anche Leo ne era consapevole, suo malgrado. Glielo aveva letto negli occhi subito dopo che il biondo aveva realizzato di essere andato a segno con quel pugno.

- Potresti almeno tentare di difenderti. - gli sibilò in un ghigno beffardo, facendo svanire in un soffio quell'accenno di rammarico. - Così non è nemmeno divertente. -

- Sei proprio il re degli stronzi, Leo. - sbottò, sottolineando l'epiteto e ignorando il dolore che si irradiava lungo guancia e mento.

- Se sono il re, allora inchinati alla mia fottutissima corona. -

- Solo se prima ti sei abbassato i pantaloni, amico. -

Questa volta, però, Gareth non fu troppo incline a farsi colpire di nuovo. Frenò e bloccò l'avanzata di Leo, finendo con lui disteso a terra mentre ancora si azzuffavano. Si beccò una gomitata allo stomaco, ma si preoccupò in fretta di restituirgliela indietro, con tanto di salati interessi.

Forse, stava cominciando a perdere un pizzico della propria compostezza.

Approfittò subito dell'istante in cui Leo si era fermato per riprendere fiato: con un colpo di reni, era riuscito a fargli perdere l'equilibrio e a incastrarlo sotto di sé, bloccandogli il collo tra gomito e mano ed esercitando una leggera pressione sulla trachea con il muscolo dell'avambraccio.

- Adesso possiamo smettere di fare i bambini, così possiamo tornare a parlare come due persone civili? -

Leo affilò il taglio degli occhi, riducendo le pupille ad un paio di spilli. Lo colpì al fianco e con una pedata gli fece scivolare il ginocchio opposto sulla moquette, sbilanciandolo e riuscendo così a liberarsi. Lo spinse per le spalle e invertì le posizioni, sedendosi a cavalcioni su di lui. Rifilandogli un'occhiata a metà tra rabbia e superbia, lo guardò dall'alto in basso. - Tu che ne pensi? -

Dopo essersi stupidamente beato di quella visione, Gareth abbandonò la testa indietro e chiuse gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro. - Meglio se non te lo dico, quello che penso davvero in questo momento. -

- Guardami. -

E quando non gli rispose, si sentì strattonato per il colletto. Scollò le palpebre con uno sbuffo, mettendo a fuoco il volto del suo migliore amico che ora stava ad un palmo preciso dal suo. Volto perfetto e iroso, ma comunque magnifico e avvolto dall'incredibile attrattiva del voler essere preso a schiaffi in tempi brevi.

- Io non sono inferiore a nessuno. - decretò lui, sfrontato e sicuro. - Prova a insinuare ancora il contrario, e... -

- Non ho mai detto che sei inferiore a me. - puntualizzò Gareth, interrompendolo. - Ho detto che hai paura di scoprire di non essere ricambiato, perché sai che Yulis ha una cotta palese per me da sempre. -

Leo serrò le labbra e non si mosse.
Si limitò a fissarlo, per una volta in silenzio, per una volta in totale attesa.

Gareth, intravedendo uno spiraglio di possibilità, prese un respiro e continuò. - Ma non è solo questione di gelosia nei miei confronti, dico bene? - fece una pausa per dargli il tempo di intervenire, per permettergli di dire qualcosa di onesto, se solo avesse voluto. - Perché, allo stesso tempo... temi di perdere anche me. E non intendo nel senso di migliore amico, o di allegro compagnetto di merende. -

- Non... - Leo si riscosse e la voce gli traballò per un attimo, gli occhi scuri fissi nei suoi e la bocca dischiusa, con il resto delle parole ferme sulla punta della lingua. Aggrottò la fronte e agitò il capo. - Non so di cosa stai parlando. -

- Non sai di cosa sto parlando? - fece eco, con un cipiglio ironico alzato. - Lascia che ti rinfreschi la memoria a proposito del caso più recente portato in aula dall'accusa: qualche giorno fa, la notte stessa degli eventi al Maple Syrup, eravamo nell'appartamento di una delle due ballerine. Te lo ricordi, no? Tu, io, e quelle due. Stessa camera da letto. -

A quel punto, Leo distolse lo sguardo e mollò la presa su di lui. Fece per alzarsi, ma Gareth lo afferrò per la maglia, trattenendolo e costringendolo a rimanere lì, seduto sui propri fianchi. - Leo. -

- No. Non è come pensi. -

- Cazzo, Leo. Mi prendi davvero per il culo? - lo strattonò verso di sé mentre cercava di sostenersi sull'avambraccio libero. - Quella ragazza era inginocchiata davanti a te, e tu non la stavi degnando di uno sguardo. - per un attimo, si crogiolò nello scorgere le sue guance imporporate mentre il petto gli si alzava e abbassava con un leggero affanno. Continuò a rincarare la dose, marciando sulla propria linea. - Quella ti stava succhiando l'uccello, e tu-guardavi-me. -

Era evidente che Leo non sapesse come replicare.
Continuava a schiudere le labbra, ma senza trovare alcun pensiero sensato da rendere concreto.
E Leonard Hartman senza parole era uno spettacolo più unico che raro.

- Quante altre volte ci siamo ritrovati a scopare in contemporanea sullo stesso letto? Eppure, è stata la prima in cui non hai avuto alcun tipo di problema a guardarmi in quel modo. Zero inibizioni, zero imbarazzo. E, accidenti, quei tuoi maledetti occhi mi hanno impedito di concentrarmi su qualunque altra cosa. Non puoi nemmeno immaginare quanto intensamente ho desiderato essere al posto di quella povera e ingenua ballerina. -

Il volto di Leo, nonostante l'arringa dell'irlandese, a poco a poco tornava a nascondersi dietro la sua ben rodata maschera di indifferenza. Le labbra si rilassavano, pur mantenendo una linea netta e austera, le sopracciglia si ammorbidivano, spezzando l'arco che avevano disegnato, mentre il mento puntava verso l'alto.

Ma Gareth lo conosceva troppo bene per farsi ingannare, non avrebbe creduto a quell'improvviso e finto distacco.

Così prese un nuovo respiro per aggiungere altro, a sostegno della propria tesi. Ma fu costretto a desistere in fretta, con la frase smorzata sul nascere, perché Leo lo sorprese incollando la bocca alla sua.

Gareth strabuzzò gli occhi, incredulo.

Inaspettato?
Inaspettato.

Date le premesse, quello non era di certo il risultato più quotato alla conclusione del confronto. Ma poco gli importava. Era sempre stato una persona prettamente fisica e incline a sciogliersi in fretta, così, nel giro di poco, aveva già trovato il modo di mettersi a proprio agio: una mano salda sulla nuca del compagno, l'altra piazzata sulla fibbia dei suoi pantaloni.

- Dici che è tardi per concederti questo privilegio? - mormorò Leo con voce concitata ad un centimetro scarso dalle sue labbra.

- Tardi? Se mi assicuri di essere serio, posso sorvolare sulla storia del "privilegio". -

Fu insolito e divertente al tempo stesso sentire la sua risata sprezzante trasformarsi in un ansimo lungo e appagato nel momento esatto in cui le dita scivolarono oltre gli indumenti e gli sfiorarono la pelle, fino a stringersi attorno a lui.

Gareth si fece prendere presto dalla foga: si mise a sedere e lo spinse indietro, facendogli appoggiare la schiena sulla moquette.

Ruoli invertiti, per l'ennesima volta.

Troneggiare su di lui era già più che soddisfacente, ma evitò con cura di farglielo notare o anche solo di farselo sfuggire. Lo baciò trepidante, fendendo la lingua nella sua bocca sempre più a fondo, incoraggiato da Leo stesso che lo guidava a farsi strada, lasciandogli completa carta bianca. Sfilò insieme pantaloni e boxer, abbassandoli fino alle caviglie. Quindi gravitò con la testa verso il basso, ma prima di iniziare a dedicargli qualunque tipo di attenzione alzò lo sguardo verso il suo: Leo lo osservava con la stessa intensità di quella volta, con gli occhi illuminati da una scintilla di malizia forse ancora più accentuata e le labbra piegate in un sorrisetto divertito.

Gareth si sentì accendere e travolgere dal desiderio.
Dalla frenesia, dalla voglia di cancellare quella sua espressione sprezzante per sostituirla con una molto più indecente e soddisfatta. Voleva sentirlo, voleva che gemesse per via del proprio tocco, voleva che ansimasse senza sosta. Voleva essere lui la causa sfacciata di quel rossore sulle guance.

- Devo essere più esplicito? -

La sua voce sfrontata arrivò chiara e precisa, pronta a squarciargli i pensieri e porre fine a quell'improvvisata contemplazione. Senza nemmeno rendersene conto, Gareth arricciò le labbra in una smorfia compiaciuta: Leo avrebbe dovuto fare molta più attenzione a esternare i propri desideri. Ma a giudicare dall'accenno di pentimento che gli aveva appena scombussolato l'espressione, intuì di essere stato talmente convincente da non avere bisogno di esprimersi in modo più diretto.

Il suo caro leader avrebbe anche potuto tentare in tutti i modi di mascherare quel nuovo guizzo di imbarazzo che con impertinenza gli opprimeva le guance, ma quell'immagine sarebbe rimasta stampata a fuoco nella sua mente per l'eternità.

Leonard Hartman senza parole.
Leonard Hartman con il viso in fiamme.
Leonard Hartman che lo pregava di continuare, affondandogli le dita tra i capelli.

Poteva sperare in meglio?

Gareth interruppe il contatto visivo, ma solo per iniziare a divorarlo.

La lingua scivolò su di lui con fame e ingordigia, mentre i polpastrelli gli sfioravano il ventre definito, solleticandolo tra la peluria chiara. Riusciva a percepire il respiro di Leo farsi sempre più affannato man mano che accoglieva l'asta in bocca, e più centimetri scomparivano, più la propria voglia febbrile di averlo aumentava. Portò indice e pollice a stringersi attorno alla base, per poi toccare entrambe le dita con le labbra. Le orecchie si riempirono di un gemito lungo e basso, di un verso gutturale e appagato che lo invogliava a ripetere, ripetere e ripetere quel movimento cadenzato.

Non si erano mai sfiorati prima, eppure lo conosceva talmente bene da riuscire a eseguire tutte le manovre preferite di Leo, senza bisogno della sua guida.

Questo perché anche Gareth si era perso a guardarlo, un'incalcolabile serie di volte.
Lo aveva sentito gemere in quel modo in innumerevoli occasioni.
Ma solo ora aveva il privilegio di assaporare l'eccitazione che tanto gli aveva fatto gola, di tastare con mano la superficie liscia della pelle e delle piccole cicatrici che gli adornavano il corpo, come quella sul petto, all'altezza del polmone sinistro.

Si sentì strattonare per i capelli, così rallentò il ritmo per osservarlo da sotto le ciglia, ma con la punta ancora ben stretta tra le labbra.

Che maledetto spettacolo che era, il suo caro migliore amico.
Labbra dischiuse e ansanti, zigomi accesi, occhi umidi e pupille dilatate quasi fino a toccare i bordi delle iridi.

Gareth fece appena in tempo a comprendere e scartare quello che Leo stava malamente balbettando, che con un ghigno soddisfatto lo accolse ancora in bocca, vanificando tutti i suoi tentativi di spiegarsi.

Continuò a far scorrere la lingua su di lui, lambendolo con carezze umide e sfrontate a cui si univano movimenti della mano più decisi. A ogni accelerazione del ritmo seguiva il nome di Gareth pronunciato in un sussurro, oppure un ansimo affrettato, oppure un gemito mezzo trattenuto.

L'irlandese realizzò con soddisfazione la resa volontaria di Leo solo quando sentì la sua mano tornare a premere sulla propria nuca, quindi ne approfittò per rubare un nuovo scatto da aggiungere alla propria collezione immaginaria. Lo scorse con le spalle ben piantate contro la moquette e la schiena sollevata di qualche centimetro, mentre il pomo d'adamo e la base del mento erano gli ultimi tratti distinguibili, poiché il resto del viso era completamente nascosto nell'incavo del suo braccio.

Se Leo, solo poco prima, gli aveva chiesto di fermarsi, ormai lo stava silenziosamente pregando di non rallentare nemmeno sotto tortura.

Gareth era ebbro di quella sensazione di potenza, ed era estasiato dalla consapevolezza di averlo fatto capitolare. Con la mano libera vagava sul ventre e sul petto, sfiorandogli i capezzoli con la punta dei polpastrelli, mentre con zelo lo spingeva sempre più a fondo nella gola. E quando Leo si lasciò andare, liberandosi nella sua bocca e svuotando i polmoni in una serie di gemiti prolungati, si sentì pervaso da un senso di appagamento talmente intenso da fargli quasi credere di essere stato lui, quello travolto dall'onda del piacere. Ma la propria erezione ancora stretta nei boxer gli ricordava fastidiosamente il contrario.

Si sporse sul viso del compagno per sbirciarne l'espressione, ma questo era ancora ben nascosto dal braccio che ne occultava tutti i connotati, ad eccezione delle labbra dischiuse. Gareth si trattenne dal posarci sopra le proprie, ma ancora prima di finire di seguire il filo dei pensieri si ritrovò seduto, con la lingua di Leo in bocca e le sue mani a comprimergli le guance.

A quanto pareva, si stava arrovellando il cervello per niente, dato che quel bacio ancora pregno di tutto il suo sapore non lo stava turbando affatto.

- Idiota. - sibilò il biondo tra un boccone di labbra e l'altro. - Perché cazzo non mi ascolti mai? -

Gareth, dapprima un po' sorpreso, allungò un sorriso sornione. - Io ti ascolto sempre, quando hai ragione. - giocò con la sua lingua, mentre le mani gli esploravano la schiena fino a stanziarsi sulle sue natiche. - E devo filtrare via quello che dici quando menti. Come un attimo fa, quando mi hai chiesto di fermarmi solo perché stavi per venire... -

Ancora una volta, si crogiolò nell'imbarazzo genuino di Leo. Era così insolito vederlo reagire in quel modo, così dissonante dalla persona sicura e sprezzante che dimostrava di essere.

- E scommetto che se mi fossi fermato davvero, tu mi... -

- Aah, falla finita, Hamilton! - Leo lo smorzò con un nuovo bacio. Affondò una mano tra i capelli ramati per mantenerlo incollato a sé, mentre l'altra cadeva verso il basso in direzione del bordo della maglietta.

Gareth chiuse gli occhi e si beò di quel contatto, rabbrividendo non appena le dita percorsero il profilo degli addominali per poi tornare a insistere sulla linea degli obliqui. Nel giro di poco, il bacio si fece più controllato e morbido, più dolce, come se Leo avesse finalmente iniziato a rilassarsi. Quando le sue labbra si spostarono sul proprio collo, si lasciò sfuggire un respiro lungo e profondo.

- Grande, grosso e facile da ammansire. -

Aggrottò le sopracciglia e schiuse le palpebre con l'idea di fulminarlo, ma quando scorse il suo sorriso dolce e caldo lasciò che ogni intento sfumasse nell'aria. Maledettissimo biondo con la finta faccia da angelo.

Una mano risalì lungo la sua schiena per posarsi tra le scapole, mentre l'altra si divertì a massaggiare quel gluteo sodo e compatto. Nell'istante successivo, però, Gareth fu costretto ad abbandonare quelle carezze per alzare le braccia e permettergli di farsi sfilare la maglietta.

Quasi nello stesso istante, Leo si issò sulle ginocchia, a cavalcioni su di lui. Riprese a torturargli il profilo del collo e della spalla, sfiorandolo con le labbra in una lusinga delicata. - È vero che ti guardavo. - mormorò contro la sua pelle. - E se ti fossi avvicinato, non avrei saputo dirti di no. - la mano scivolò più in basso. - Non so dirti cosa ha reso l'altra notte così diversa da quelle precedenti. -

- Potremmo pensarci più tardi? - Gareth, impaziente e sulle spine, si ritrovò a spingere il bacino verso l'alto, contro la sua mano. Sentì Leo ridacchiare, ancora sulla propria clavicola, per poi passare a baciargli la trachea, il mento e le labbra.

- Guardami, Gareth. -

Non poté e non volle opporsi. Agganciò gli occhi ai suoi, così scuri e magnetici, incapace di concentrare la propria attenzione su altro: Leo era davvero bello come pochi.

- Non sono né geloso, né un codardo. - Leo incollò le labbra alle sue, gustando un bacio lento mentre iniziava ad avvolgere le dita attorno a quell'erezione così scomoda e ingombrante. - Ho solo rispettato il contratto che tutti e cinque abbiamo accettato e siglato. Almeno, l'ho fatto fino ad ora... - fece collidere le fronti, e il respiro affannato di Gareth si infranse contro il suo viso a ogni nuova carezza. - Sono ancora convinto che questa sia una grandissima stronzata, ma voglio anche che sia chiaro che se la mia mano è nei tuoi pantaloni è solo perché ho una tremenda voglia di scoparti e mandare a puttane quella stupida regola. -

Non aspettò altro.

Gareth a stento gli fece finire il discorso, perché con uno scatto frenetico gli aveva stretto la vita per attirarlo a sé, bacino contro bacino, spingendosi con insistenza tra le sue natiche. - Mi sa che ce la giochiamo sul chi ha più voglia di scopare l'altro, ma in questo preciso istante temo proprio di essere in vantaggio. -

E non gli diede nemmeno tempo per rispondere.

Mentre era ancora impegnato a baciarlo con una smania ardente, si lasciò cadere di schiena sulla moquette. Con gli occhi velati dal desiderio, gli appoggiò le mani sulle spalle ed esercitò una pressione leggera affinché intuisse di doversi spostare verso il basso. All'occhiata un po' perplessa e sorpresa che Leo gli rivolse, Gareth alzò un sopracciglio. - Meglio fare le cose con calma. Non credo che riuscirei a essere delicato con te, ora. -

Il biondo rimase a labbra dischiuse per un istante, e un breve cenno di imbarazzo gli transitò sulle guance. Inclinò poi la testa verso l'esterno e sciorinò un sorriso furbesco. - Troppo eccitato? -

- Decisamente troppo. -

Gareth sentì Leo ridacchiare. Lo vide abbassarsi sul suo petto per iniziare a lasciargli dei baci lungo tutto l'addome, in una scia umida e maledettamente lenta che puntava verso i pantaloni sbottonati.

"Che stronzo..." si ritrovò a pensare, mordicchiandosi il labbro inferiore con insistenza, un po' per contenere la voglia, un po' per evitare di sorridergli come un idiota.

- Devo essere più esplicito? -

Leo alzò testa e labbra dall'ombelico, rifilandogli un'occhiata eloquente ma al contempo piuttosto divertita. - Ora mi copi le battute? -

- Se fosse davvero così, avrei parlato di "privilegio". -

Gareth condì la frecciatina con un sorriso provocatorio dei suoi. Sorriso che si tramutò in un ansimo non appena Leo lo avvolse interamente con il calore della propria bocca.


*


Tokyo, oggi

Leo si passò le dita tra i capelli, poi tornò ad appoggiare gli avambracci sulle cosce. - Per tutte queste ragioni, l'attacco di Akita è stato più gestibile rispetto a quello al Gemini Center, nonostante il numero più elevato di Yōkai. -

Yulis, con la fronte appena aggrottata, annuì in maniera quasi impercettibile, assimilando pian piano le informazioni del resoconto della missione. - Quindi ad Akita erano tanti, ma lo scontro è stato più semplice grazie al luogo chiuso in cui li avete radunati e alle loro caratteristiche fisiche più... basilari. -

- Esatto. - confermò Gareth. - Fastidiosi, certo, ma niente di paragonabile al ciccione con la lama che abbiamo affrontato sulla terrazza: lui e il suo amichetto insettoide valevano almeno una dozzina dei piccoletti in quel capannone. -

- Erano più umani, quelli di Akita. - aggiunse Dominic, continuando a passeggiare per la stanzetta della clinica in cui si erano riuniti, quella designata a Marcus, ancora ricoverato. - Poco più forti, magari, ma estremamente lenti e poco coordinati. Prevedibili, pieni di aperture e facili da distrarre. -

- E nonostante questo, qualcuno si è quasi fatto tranciare di netto una mano. - sottolineò il biondo con una punta di acidità.

- Da quando sarebbe colpa mia? - bofonchiò l'irlandese, piccato. - Qualcuno avrebbe dovuto coprirmi le spalle. -

- E qualcun altro non avrebbe dovuto allontanarsi dalla zona di copertura! -

- Ragazzi... - Yulis arcuò le sopracciglia e si abbarbicò sulla poltrona, portando le ginocchia al petto. Leo sbuffò e alzò gli occhi al cielo, scrollando le spalle in un gesto stizzito.

- Dopo aver accettato la missione, abbiamo partecipato a un briefing aggiuntivo, assieme ad alcuni tizi delle Forze Speciali e qualche medico. - continuò il leader dei Rising Five. - Ci hanno fatto intuire che non avremmo affrontato i classici criminali con cui siamo abituati ad avere a che fare, tantomeno degli Uber come noi. -

- Questo significa che erano già a conoscenza dell'esistenza di quei... cosi? - domandò Yulis.

- Al cento per cento. - Dominic inclinò la testa di qualche grado verso il basso, afferrando il mento tra indice e pollice. - All'inizio non volevano condividere con noi tutte le informazioni, ma abbiamo fatto molta pressione e siamo riusciti a farci raccontare di più. Sono state le FS stesse a definirli "Yōkai", anche se, ovviamente, il nome che hanno deciso di affibbiare a questi esseri non ha alcun riscontro in campo biologico, dato che non sono una vera e propria specie. Ci hanno parlato più apertamente anche delle Jolly Pops, il vero e proprio obiettivo della missione, e ci hanno concesso di consultare i loro rapporti e le analisi di laboratorio, a patto di riuscire a recuperare almeno l'ottanta percento del carico. -

- Cosa che, per la cronaca, abbiamo fatto. - completò Gareth con un sorriso.

Yulis si mordicchiò con insistenza il labbro inferiore, percependo un fastidioso formicolio all'altezza del petto. - Non sono riuscita a ottenere le Jolly Pops di Enrique... - mormorò, tenendo lo sguardo basso, concentrata sui ricami del tessuto della poltrona. - Avrei potuto fare molto meglio di così. -

- Smetti di commiserarti. -

La ragazza scattò con la testa e rifilò al biondo un'occhiataccia. - Non mi sto commiserando, sto solo... -

- Smetti anche di giustificarti. - incrociò le braccia al petto, rivolgendole uno sguardo di fuoco. - Ormai è andata così. Se davvero vuoi chiedere scusa, fallo per aver scelto di agire di testa tua, da sola, senza autorizzazione e senza un piano. -

- Cos'altro avrei dovuto fare? Starmene seduta a guardare quella torre che si accendeva come un cerino? -

- Esatto, Yulis, avresti dovuto fare proprio questo! Hai affrontato ben due di quegli esseri senza nemmeno sapere cosa fossero, per non parlare poi del tête-à-tête con l'allegro scagnozzo di Bubblegum che avrebbe potuto ridurti in brace da camino nel giro di uno schiocco di dita. Cosa ti è saltato per la testa?! -

- Ha capito, Leo. Non c'è bisogno di infierire così. - intervenne Gareth, posizionandosi fisicamente tra i due compagni.

- Sempre a difenderla, tu. - Leo lanciò la sua frecciatina, ma Gareth la ignorò, sostenendo lo sguardo. - Se fossi arrivato su quel tetto qualche minuto più tardi, probabilmente avresti potuto trascinare via il suo cadavere. -

Yulis percepì le guance accendersi in un mare di fiamme, mentre l'agitazione le faceva tremare le mani. Sapeva che Leo aveva tutte le ragioni del mondo per essere così alterato: era stata avventata e superba a correre un rischio del genere, specie essendo ancora sotto osservazione medica. Aveva colto l'occasione perfetta per mettere in pratica gli insegnamenti di James, ma non solo aveva ignorato il resto, non si era nemmeno resa conto di aver spostato l'asticella molto più in là dei suoi limiti, fisici e non.

Stupida, altezzosa e incosciente.

Davanti ai propri errori e pervasa da un forte senso di vergogna, si morse la lingua per non replicare. Chiuse le mani a pugno e ingoiò il rospo, cercando di concentrarsi sul proprio respiro per evitare di esplodere.

- Comunque sia, Yulis... - Dominic si schiarì la gola e le sorrise cortese. - La polizia ha recuperato una manciata di sfere sospette tra gli effetti personali della compagna di Enrique, quindi abbiamo avuto la possibilità di farle analizzare. In realtà, quella che attendiamo è solo una conferma formale, perché, proprio grazie alle informazioni che hai fornito tu, la probabilità che quelle siano delle vere JP sfiora le tre cifre piene. Se non fossi intervenuta in maniera così tempestiva, non avremmo mai scoperto il collegamento tra Maura, Enrique e l'asta di Twizzler. -

La ragazza piegò le labbra in un accenno di sorriso, grata per quella rassicurazione non dovuta. Ma Dominic era così: sensibile, empatico e attento all'equilibrio della squadra.

- Nick? -

Yulis vide il moro trasalire e cambiare espressione non appena Marcus lo chiamò per soprannome.

- S-sì? -

- Quanti punti ci ha portato la missione al Gemini? -

- B-beh... - Dominic ravvivò il ciuffo riccio indietro e fece qualche passo verso il muro, stringendo la lingua tra le labbra per un istante. Si toccò la punta del pollice con quella delle altre dita, poi fece lo stesso anche con l'altra mano. - Considerando la situazione, azzarderei qualcosa come duecentotrenta punti a testa, più tutti gli extra del caso. La tua colonna di roccia, ad esempio, è stata incredibile: non solo ha permesso di attutire l'esplosione ed evitare un numero incalcolabile di feriti, ma tutti i civili lì attorno l'hanno vista per bene. Non mi stupirei se ti assegnassero addirittura un terzo in più per Audience, sei stato davvero fantastico. -

Alla parola "fantastico", le guance di Dominic avevano ormai assunto un colorito così intenso da far scomparire quasi del tutto la spruzzata di lentiggini.

- È merito tuo che mi hai detto cosa fare. - Marcus, avvolto da una rinnovata e insolita euforia, si ritrovò a sorridere, soddisfatto della risposta, e penzolò le gambe oltre la sua brandina. - Vi state agitando troppo per una missione che ci ha avvicinato ancora di più alla HTT, a poche settimane dal Reveal. -

Leo, evidentemente esasperato, borbottò un "lasciamo perdere" e alzò le mani per aria. Dominic, ancora troppo imbarazzato per via del complimento, non riuscì a concludere la propria analisi.

- A proposito della Hero Top Ten... - Yulis si strinse nelle spalle, avvolgendosi tra le sue stesse braccia. Si mordicchiò le labbra per un po' prima di puntare lo sguardo su Leo. - Come ci... presenteremo? Viste le ultime... novità... a-andremo lì come squadra, oppure... - lasciò intendere il resto del discorso, dato che le parole continuavano a rifiutarsi di uscire e a incepparsi sulla lingua.

Si sentiva infantile a reagire in quel modo, ma non riusciva ancora a evitarlo.

- Ognuno di noi parteciperà con un accompagnatore. -

Come presumibile, quella conferma da parte di Leo non fece altro che consolidare i suoi sospetti, smorzando del tutto l'entusiasmo che avrebbe potuto animarla.

Dopo una manciata di istanti, Leo decise di riempire quel silenzio. - È più semplice, così. -

- "Più semplice". - fece eco la ragazza, distogliendo lo sguardo. - In pratica, dobbiamo fare finta di niente. -

Yulis intravide Gareth passarsi una mano sulla nuca tra i capelli rasati, mentre rimpallava lo sguardo da lei al biondo.

- Non possiamo mostrare nessun comportamento che suggerisca quel tipo di intesa tra noi, ve l'ho già spiegato. - ribadì Leo, impassibile. - Privato e pubblico sono due mondi completamente diversi, specie se in giro ci sono giornalisti. Rischiare uno scandalo metterebbe a rischio l'esistenza della squadra stessa. -

- Però tu l'hai baciata. - sottolineò Gareth, provocando un nuovo moto di imbarazzo in lei e un'occhiata sbieca su Leo. - Due volte, all'aperto. -

- So quando posso o non posso fare qualcosa, Gareth. Mi sembra di avertelo già dimostrato. - e se anche quell'insinuazione lo aveva fatto tentennare, non lo diede a vedere. - Da fuori, nessuno deve sospettare nulla. Questo è quanto. -

- Non sarebbe comunque la prima volta che qualche giornalista specula su di noi. - fece notare Dominic, ridacchiando. - Per almeno un paio di settimane hanno sospettato che Yulis ed io avessimo una storia! -

- Davvero? -

Yulis percepì su di sé lo sguardo interrogativo di Marcus, così si affrettò ad aggiungere una spiegazione. - In quel periodo passavamo davvero parecchio tempo assieme per via degli allenamenti... avevamo quasi ogni giorno gli stessi orari. -

- Finché è qualcuno di Spicy Weekly a millantare una cosa del genere, non c'è da preoccuparsi. - assicurò Leo. - Il problema è se la notizia finisce su testate più serie, lette anche dai membri del Consiglio. -

- Però dovete ammettere che sarebbe esilarante sapere che Magnus Steiner passa la domenica mattina a sfogliare le pagine patinate di quella roba, mentre beve il suo caffè. - commentò Gareth con un sorrisetto divertito. - Senza offesa per tuo padre, Marcus. -

- Ma mio padre non beve caffè la domenica mattina. -

Senza riuscire a farsi influenzare da quella leggerezza, Yulis sprofondò ancora di più nella piccola poltrona. Appoggiò il mento alle ginocchia e sporse il labbro inferiore.

Tra lei, Gareth e Leo era cambiato qualcosa, e anche se i ragazzi continuavano a sostenere il contrario, non riusciva ad essere della loro stessa opinione. Di certo non si aspettava di camminare per il Golden Hallway mano nella mano, ma sperava di non doversi preoccupare della distanza a cui avrebbe potuto passeggiare in loro compagnia. Continuava poi a trovare assurda la regola per cui gli eroi di squadre con tre o più componenti non potessero intrattenere relazioni amorose tra loro per "questioni di integrità, sicurezza e conflitto di interessi", eppure sul codice etico c'era anche la sua firma.

- Io porterò Selenae. - annunciò Leo, facendo breccia tra i suoi pensieri.

- Selena cognome-copia-incolla? - chiese di getto Gareth, condendo la domanda con una dose abbondante di disappunto.

- Selenae Drašković, già. Siamo i testimonial di un noto brand di orologi e gioielli, dobbiamo farci vedere insieme per questioni di marketing e business. - tagliò corto. - Tu verrai con Candace per lo stesso motivo, no? Non le fai già da cartellone pubblicitario per quella merda in pasticche? -

Dall'espressione afflitta di Gareth, Yulis comprese al volo quale sarebbe stata la risposta alla domanda.

- Sono solo vitamine e integratori... -

Una stretta al petto la fece sussultare.
Aveva senso sentirsi così delusa e amareggiata?

Sarebbe comunque stata con tutti loro, con tutta la sua amata squadra, sperando di condividere la stessa gioia dell'anno precedente. In più, con un accompagnatore, avrebbe potuto estendere l'invito a Shogo.

- Voi tre... - con un rapido gesto del mento, Leo indicò lei e gli altri due Riser. - Fatemi sapere al più presto chi avete intenzione di portare: devo comunicare i nominativi per Gala e After Party. -

Dominic annuì, mentre Marcus saltò giù dal letto su cui era rimasto per tutto il tempo della conversazione per pararsi davanti a Leo.

- Con me ci sarà Càmila Weiss. - asserì, atono.

E in seguito a quell'affermazione, Yulis notò Dominic incupirsi.

- Càmila Weiss? Non è la stessa ragazza che è stata appiccicata a te anche l'anno scorso e con cui a stento hai scambiato mezza frase? - chiese il rosso, aggrottando la fronte.

- Sì, è lei. -

- Oh. Non sapevo usciste insieme. -

- Infatti non usciamo insieme. Ma non potrei farmi accompagnare da nessuno di diverso. - virò il volto in direzione di Dominic, ma questi sembrò del tutto intenzionato a non incrociare il suo sguardo.

Gareth, confuso, alzò un indice a mezz'aria e aggrottò la fronte. - Non credo di aver afferrato. Cioè, vi ho sempre visti insieme nelle occasioni formali, ma al di fuori... -

Marcus schiuse le labbra in procinto di replicare, ma poi le richiuse, soppesando. Come se stesse cercando il modo giusto di formulare la frase. - Lei è l'unica persona a cui è concesso stare al mio fianco. - giocherellò con la ciocca di capelli posta a nascondere l'occhio destro, in un tic dal sapore nervoso. - Perché è la mia promessa sposa. -

Tutti si bloccarono per fissare Marcus con occhi sgomenti, mentre il colorito di Dominic si fece terribilmente più pallido.




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Eccoci, fiorellini ed eroi! ~

Dopo EONI E UNA MINI LONG DI MEZZO *coff coff* andate a leggere Hold Me Down *coff coff* ho finalmente aggiornato! :3

Partiamo subito con lo Spice-o-metro:

🌶️🌶️🌶️🌶️/5

Circa 4 peperoncini su 5 possono andare per tutta la prima parte di Smutt-arello (?!?!) ?

Una spiegazione dei fatti intercorsi tra Leo e Gareth era d'obbligo, su.
So che c'è gente che preferisce l'action, quindi mi scuso per questa luuunga digressione con flashback, BUT- storia mia, decisioni mie, eheh ~
Spero, però, che non sia risultata troppo pesante... esplicita sì (fidatevi, avrei potuto esserlo di più) ma credo/mi auguro non volgare.
Se avete voglia di dirmi che ne pensate, io sono sempre felice di ascoltarvi!

Ci si avvicina alla HTT e si scopre che Marcus deve sposarsi.
Bene ma non benissimo!
Il povero Dominic ha avuto un colpo al cuore ç_ç

Vi anticipo che pubblicherò su Instagram una conversazione scema tra Leo e Gareth... se siete curiosi, ci vediamo lì! ♡


Fun Fact del capitolo:

1) Il titolo è tratto da Irresistible dei Fall Out Boy

2) AVREI VOLUTO METTERCI PIU' TRAMA

3) "Selena cognome-copia-incolla" deriva da una conversazione realmente accaduta, ma con soggetto differente.



A presto! ~

Juliet




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