Chapter 11: "Hands up, we can go a little longer"

Yulis sgranò gli occhi per la sorpresa e poi, nell'esatto istante in cui lui le spinse le braccia contro il pavimento, arricciò le labbra in una smorfia di dolore. A destabilizzarla, non erano tanto la forza o la facilità con cui era riuscito a inchiodarla a terra ribaltando le posizioni, ma il fatto che quella morsa fosse più simile ad un maledetto tizzone ardente piuttosto che a una semplice presa: le dita erano l'equivalente di un ferro arroventato che si avviluppava attorno ai polsi, pronto a consumare il tessuto dei guanti per marchiarla a fuoco e lasciare una bruciatura irregolare in corrispondenza dei polpastrelli. La temperatura della pelle di quell'uomo non poteva essere definita normale, così come, allo stesso tempo, non poteva essere imputata alle fiamme che si sviluppavano e si attorcigliavano su loro stesse a ben poca distanza: il calore scaturito da quelle mani era incredibilmente concentrato e decisamente più elevato rispetto a quello di un qualsiasi altro essere umano per poter essere considerato una semplice stranezza, o magari una sorta di bizzarra particolarità.

La ragazza mosse freneticamente la testa da una parte all'altra, ritrovandosi a premere le guance contro i capelli biondi sparpagliati sul pavimento. Gli occhi saettarono rapidi per la stanza e Yulis deglutì a vuoto quando si accorse di essere completamente circondata dal fuoco. Contrariamente a quanto capitato con Enrique un attimo prima, però, le fiamme parvero essere interessate a danzare solo sul posto, ben attente a non avvicinarsi e a non avanzare nemmeno di un centimetro. Il calore, il fumo, il crepitare delle scintille sui mobili... tutto era reale; eppure, in quel preciso momento, le lingue incandescenti che tremolavano al loro fianco rappresentavano solo un monito pacato. Lunghi distesi a terra, su quel gres ormai tiepido, erano intoccabili e distanti, come imprigionati in una bolla di vetro piazzata nel bel mezzo di un qualche girone dell'Inferno. Yulis riportò lo sguardo a incrociare quello del suo avversario, bellamente impegnato a troneggiare su di lei con un'espressione che incrociava divertimento e presunzione.

- Dalle a me, eroina. -

Il tono con cui sottolineò quell'ultima parola riempì di scherno quell'ordine mascherato ad invito cortese. Yulis, per tutta risposta, strinse il sacchettino di sfere nel palmo della mano.

- Pensavo che il detto sconsigliasse di accettare caramelle dagli sconosciuti. -

< La lingua, Yulis. Tieni a freno quella maledetta lingua! >

Lo vide alzare un sopracciglio e distendere le labbra in un sorriso appena accennato.

- Al terzo incontro possiamo ancora definirci degli sconosciuti? - abbassò gli occhi da quelli di Yulis per farli scorrere velocemente sul suo costume. Sollevò maggiormente un angolo della bocca, piegandola in un'espressione quasi compiaciuta. - Buffo che ogni volta che ci vediamo tu sia più vestita rispetto a quella precedente. Solitamente capita il contrario. -

Lei irrigidì i muscoli e serrò le labbra, facendo scorrere le arcate dei denti l'una sull'altra. Fece scattare i polsi verso l'alto in un tentativo di svincolarsi dalla presa, ma lui lo impedì senza il minimo sforzo, tenendoli a bada contro terra.

- Sta' ferma. - roteò gli occhi al cielo prima di tornare a fissarla con un'espressione vagamente scocciata: qualsiasi accenno al sorriso di poco prima era sparito. - O rischierai di farti male. -

Le fiamme strinsero il giogo, riducendo lo spazio incolume attorno a loro. Yulis strattonò con più forza le braccia e inarcò la schiena, ignorando le fitte di dolore e il calore quasi insostenibile che attraversava il tessuto e le cuoceva la pelle dei polsi. Scattò di lato con la testa e una goccia di sudore le scivolò lungo la tempia, imbevendo una ciocca di capelli: lei stava grondando, mentre lui continuava a essere fresco come una rosa, per niente disturbato dai livelli esorbitanti raggiunti dalla temperatura. Riportò l'attenzione sul volto del suo avversario e scoprì un leggero velo di fastidio appesantirgli lo sguardo, quasi come se essere lì costasse molto più a lui che a lei. Ridicolo. Percepì il calore sui polsi aumentare e puntò i denti contro il labbro inferiore pur di continuare a sopportare e contrapporsi a quella forza: la situazione, già al limite della sostenibilità, sembrava peggiorare ad ogni suo vano tentativo di rimediare a quella condizione di svantaggio. Lui sfruttò il proprio peso per mantenere gli arti della ragazza ben ancorati a terra, poi spostò il viso vicino al suo orecchio sinistro, quasi solleticandolo con il respiro. Yulis si immobilizzò all'istante e il fiato le morì in gola.

- Penso di essere stato abbastanza esplicativo, poco fa, sul come risolvo i miei problemi. Puoi decidere di esserne uno anche tu, oppure puoi semplicemente collaborare. - tornò con il volto all'altezza del suo e puntò gli occhi seri e impassibili in quelli innegabilmente allarmati di Yulis. - A te la scelta, Ultra Violet. -

Lei continuò ad avere il respiro mozzato e le dita intorpidite. Era ormai lampante che il Lupo fosse in grado di modificare l'andamento capriccioso delle fiamme ed era altrettanto chiaro che, in un modo o nell'altro, avrebbe potuto decidere di incenerirla in qualsiasi momento, proprio come aveva fatto con Enrique. Iniziò mentalmente ad analizzare quella situazione, cercando di tenere a bada lo stress e di mettere in fila quel groviglio di pensieri che le ronzava tra le orecchie.

< Concentrati. >

Primo fra tutti, era inchiodata a terra da almeno un metro e novanta per ottanta chili di fisico allenato, con uno spazio di manovra decisamente ridotto.
Secondo, l'attenzione che quel tizio aveva prestato nell'afferrarle i polsi senza mai entrare in contatto con i palmi delle mani era stata troppa per essere definita casuale: aveva evitato con cura di toccarli, così come aveva prontamente impedito anche solo di farsi sfiorare il volto da lei. Se si aggiungeva il fatto che quella era già la seconda volta che la chiamava con il nome da eroe, le probabilità che fosse a conoscenza dei suoi poteri si avvicinavano alla percentuale piena e completa.

- Sei un Manipolatore. -

Non che avesse voglia di intavolare una conversazione.
Quello era un semplice quanto disperato tentativo di guadagnare tempo.
Doveva distrarlo, doveva sfruttare quei pochi istanti per pensare a una via di fuga.

Lui le spostò le braccia più lontano, costringendola ad allungarsi e a disturbare così le articolazioni delle spalle, ormai obbligate ad adattarsi a quella posizione scomoda. Il tessuto del body scivolò di conseguenza verso l'alto e scoprì una porzione più abbondante dei fianchi, lasciando intravedere le costole. Yulis osservò il Lupo ciondolare lievemente la testa e avvicinare il mento allo sterno per lanciare una nuova occhiata verso il basso, ma dato che alcuni ciuffi mori finirono per nascondergli completamente la fronte non riuscì ad intercettarne lo sguardo. Quando tornò ad allacciare gli occhi ai suoi, un angolo della bocca aveva ripreso a puntare verso l'alto, piegandogli le labbra in un'espressione sbieca, difficile da decifrare.

- E tu sei una bugiarda. -

Con uno scatto, le avvicinò i polsi tra loro e li posizionò uno sull'altro, in modo da poterli agguantare con una mano sola. Spostò la sinistra in corrispondenza della gola di Yulis, abbassando del tutto il colletto che la copriva. Con il pollice cancellò la piccola macchia di sangue stazionata sul profilo della ferita che le aveva provocato Enrique, poi strinse le dita attorno al collo sottile, avvolgendolo con estrema facilità.

- Avevi detto di non avere paura. - le labbra erano una linea netta e affilata, mentre gli occhi due pozze d'acqua profonda e scura. - Eppure... sento il tuo cuore battere all'impazzata, proprio qui. - intensificò leggermente la pressione sulla giugulare fino a che non la sentì pulsare, poi ciondolò appena la testa di lato. - Più che un'eroina, sembri una preda terrorizzata. -

Yulis riusciva a percepire il proprio battito rimbombare nelle orecchie così forte da pensare che potesse essere udito anche dall'esterno. Era vero: la sua calma era solo apparente, ma di certo non poteva permettersi nulla di diverso.

- Se avessi avuto intenzione di uccidermi, lo avresti già fatto. -

Si sorprese di essere riuscita a pronunciare quelle parole con un tono dignitoso e con tanta spavalderia, nonostante le dita arpionate attorno alla gola e il muro di fiamme a colorarle lo sfondo. Non si era lasciata intimidire e non aveva abbassato gli occhi nemmeno per un istante; ogni volta che ne aveva avuto la possibilità, aveva allacciato le iridi alle sue, sostenendo lo sguardo. Il fatto che ogni fibra del suo cuore si stesse contraendo in una chiara ed evidente serie di spasmi concitati pur di farla sloggiare da lì era un altro paio di maniche.

- Se pensassi davvero quello che hai detto, non saresti così spaventata. -

Per quanto possibile, i battiti accelerarono ulteriormente, scontrandosi contro i palmi del suo avversario e confermando così le sue teorie. Lo vide accennare un sorriso dall'ombra vittoriosa, come se anche lui fosse giunto alla stessa identica conclusione. Deglutì con un po' di fatica e mosse appena le braccia, scoprendo la zona dei polsi ormai quasi del tutto insensibile.

< Il dubbio è il male più grande: una volta che si è instillato dentro di te, attecchisce con grande facilità, lasciandoti in balia dei tuoi pensieri peggiori. >

Nemmeno ricordava da chi o in quale occasione avesse sentito quella frase, eppure in quel momento riusciva ad assumere un significato estremamente valido e di immediata comprensione, specie se accostato allo sguardo privo di remore del suo avversario.

La mente iniziò a vacillare, rivelandosi così un nemico altrettanto pericoloso.

Il motivo per cui si era ritrovata in una situazione del genere valeva davvero un rischio così alto?

Era andata lì per aiutare, invece non aveva potuto fare niente per Enrique... anzi. In un certo senso, l'aveva quasi condannato all'essere divorato dalle fiamme. Nel giro di pochi istanti, a lei sarebbe potuto toccare lo stesso tremendo destino e le urla che aveva sentito poco prima sarebbero potute essere l'esatto eco delle sue.

Ma per cosa, esattamente?

Per poter dare ascolto al suo lato più caparbio e riuscire a consegnare alla polizia scientifica delle sfere che, molto probabilmente, altro non erano che la nuova forma di sballo di alcuni ricchi annoiati.

La sua vita valeva davvero solo quello?

Una parte del suo cervello le urlò di scacciare quei pensieri e le ordinò di trovare una scappatoia, una soluzione o un'alternativa, perché quello non era un comportamento accettabile da parte di un'eroina del suo calibro. La morsa allo stomaco, al contrario, la implorava di ignorare quello stupido senso del dovere, la pregava di cedere e di dargli esattamente ciò che voleva.
Il risultato di quell'accozzaglia di sentimenti e pensieri era un mix di due correnti d'aria contrapposte, due tempeste che scatenavano in lei delle onde d'urto in grado di scuoterle anche l'anima.

< Ragiona, Yulis. Per quanto possibile, respira. >

Per la prima volta in tutto lo scontro, interruppe il contatto visivo e abbassò le palpebre, pregando di zittire così anche le due voci in antitesi che non accennavano a lasciarle tregua. Se avesse potuto, si sarebbe massaggiata le tempie con la punta delle dita per tentare di distendere parte di quella tensione.

Per un secondo, si concentrò ad ascoltare il crepitio delle fiamme che si mescolava perfettamente al respiro regolare del Lupo. Avvicinò le scapole tra loro e inarcò appena la schiena, spingendo l'aria nel diaframma. Infine, con riluttanza, allentò la presa sul sacchettino che aveva stretto nella mano per tutto il tempo. Mollò le dita dalla stoffa e le distese completamente: immaginò le nocche che riprendevano colore pian piano, abbandonando così la tensione e il pallore a cui erano state costrette fino a quel momento. Ben presto, percepì le braccia strisciare sul pavimento, verso la testa, in una manovra di recupero non voluta e destinata a farle accorciare la distanza con le mani. Si concesse allora di schiudere appena appena le palpebre: da sotto le lunghe ciglia scure, in netto contrasto con la capigliatura, intravide il sorriso compiaciuto e beffardo che si era installato sulle labbra del suo avversario e che gli apriva il volto in un'espressione tronfia e soddisfatta.

Fu allora che Yulis sorrise a sua volta e scattò.

Nel momento esatto in cui il Lupo abbandonò la presa sulla sua gola per allungarsi e afferrare le sfere, lei dispiegò le ali con tutta la forza che aveva in corpo.

Ci fu un rumore sordo e inquietante, un rumore di ossa che cozzavano contro una superficie troppo dura da poter essere vinta e scalfita.

Per Yulis fu doloroso, maledettamente doloroso, a tal punto da rinfrescare senza troppe cerimonie gli attimi immediatamente precedenti alla manifestazione. Da una parte, il pavimento aveva smorzato una buona fetta della potenza esplosiva di quell'atto, ma dall'altra aveva riversato quella stessa forza contro il suo avversario, spingendola verso l'alto e quindi verso di lui, fino a che non riuscì a sollevarlo. Nonostante la differenza di corporatura e di altezza, sotto il suo completo sguardo sbigottito era riuscita a farlo scivolare di lato e poi a farlo rotolare a terra, come una grossa ma inerme bambola di pezza. La soddisfazione che le procurò quell'espressione sbalordita fu talmente intensa da permetterle di lenire e mitigare le scosse di dolore che si irroravano sulla sua schiena lacerata.

< Prova a dirmi un'altra volta che ti sembro un animaletto impaurito. >

Yulis percepì una scarica di adrenalina saettare dalla testa ai piedi e i suoi occhi parvero riflettere di una luce invidiabile a quella delle fiamme stesse. Era ancora a labbra dischiuse, ansante e con un ginocchio poggiato a terra, ma con il busto già proteso in avanti, pronta a scattare all'occorrenza. Se da un lato aveva tutta l'intenzione di mantenere lo sguardo di sfida con cui lo stava tenendo d'occhio, dall'altro pregava di non farsi impressionare dagli scricchiolii sinistri prodotti dalle proprie ali che, in malo modo, tornavano ad acquietarsi al di sotto dell'epidermide. A quello, ci avrebbe pensato più tardi.

Contrariamente alle aspettative, lo vide prima mettersi seduto e poi socchiudere gli occhi, rilassato; un nuovo sorriso compiaciuto comparì sulle sue labbra, facendole distendere. Le fiamme che riempivano lo sfondo gli illuminavano palpebre e zigomi per mezzo di una luce calda e avvolgente, mentre le ciglia contrastavano quei toni chiari stagliandosi come piccole ombre graffianti sulla pelle.

- Questo non me lo aspettavo. -

Tramite un movimento lento della mano, il Lupo armeggiò nuovamente con la giacca per recuperare sigarette e accendino; con tutta la nonchalance del mondo, ne accese una proprio sotto allo sguardo cauto e attento di Yulis. Inspirò dalle narici e trattenne il fumo nella bocca per una manciata di istanti prima di lasciarlo disperdere fuori dalle labbra.

- Non farlo. - la ammonì nell'esatto istante in cui l'eroina allungò una mano per recuperare il sacchettino, rimasto pigramente abbandonato a terra dal momento in cui era avvenuta la colluttazione. - Non essere stupida. -

Quel tono lapidario e pungente le trapassò il cranio da un orecchio all'altro, come un proiettile. Yulis irrigidì il braccio proteso verso il basso e congelò le labbra in un'espressione a metà tra prudenza e timore.

Erano, per l'ennesima volta, in bilico; in equilibrio precario, in un continuo tira e molla tra fare e non fare, sopportare e reagire, difendere e attaccare. Un interminabile tiro alla fune in cui nessuno dei due sembrava davvero riuscire a prevalere sull'altro.

Quanto ancora avrebbero potuto resistere, così?

Quasi a voler dissipare quel dubbio silenzioso, le fiamme avanzarono rapide davanti a Yulis, divorando quel poco ossigeno rarefatto nell'aria e costringendola a recuperare la mano per mezzo di uno scatto brusco e repentino. Il fuoco, avendo ormai eretto un piccolo muro incandescente, l'aveva completamente distanziata dall'oggetto di interesse della loro disputa.

L'eroina si torturò pesantemente il labbro inferiore, infilzandolo con canino e incisivi. Alzò gli occhi verso l'alto e scoprì quelli del Lupo già puntati in direzione dei suoi; quell'entusiasmo a dir poco malcelato andava a mescolarsi all'accenno di oro dato dalle fiamme che gli guizzava sulle iridi, impreziosendolo con boria.

"Ho vinto io."

Ecco la frase che si poteva leggere su quel volto, dipinta in un graffito a caratteri cubitali.
Non c'era nemmeno bisogno di leggergli i pensieri per capirlo.

Il Lupo agguantò il contenitore di stoffa, curandosi di non abbandonare mai la propria espressione compiaciuta e soddisfatta; si sistemò pigramente in piedi e non appena si accorse della posizione di guardia assunta da Yulis si lasciò sfuggire un risolino divertito. Trattenne la sigaretta accesa tra le labbra, incastrandola nella piega rivolta verso l'alto. Spostò quindi la propria attenzione sul sacchetto e finalmente poté ispezionarne l'interno; per una buona manciata di istanti, il taglio degli occhi e la fronte si arrotolarono in un'espressione contrita, ma alla fine riuscirono a distendersi: di primo acchito, qualcosa doveva averlo sorpreso. Una volta esaminato a fondo il contenuto, posizionò una delle sfere tra indice e pollice: la osservò e la rigirò tra i polpastrelli, facendo brillare quel grigiore metallico alla rifrazione delle fiamme. Con un sorriso sghembo a tagliargli il volto, tornò ad allacciare lo sguardo a quello di Yulis.

- Un penny per i tuoi pensieri. -

Le fiamme poste come divisorio si dissiparono in un battito di ciglia e Yulis sgranò gli occhi nel momento in cui capì che avrebbe dovuto afferrare al volo quella specie di caramella. In maniera molto impacciata, riuscì a stringerla tra le mani, ma non senza aver rischiato di farla scivolare a terra almeno una volta: ora era lei quella a ritrovarsi completamente spiazzata.

- O un premio di consolazione per la seconda arrivata, come preferisci. -

Yulis, disorientata e interdetta, non riuscì a formulare alcuna motivazione che potesse spiegare quel gesto vagamente altruista e a dir poco inaspettato. Fino a un attimo prima si sarebbero fatti la pelle a vicenda, com'era possibile che ad un tratto quel tizio avesse cambiato idea? Che si fosse preso gioco di lei per tutto il tempo?

Fece per rispondergli e chiedere spiegazioni, quando uno dei mobili dall'altra parte della stanza crollò rovinosamente a terra. Il boato che produsse riecheggiò tra le pareti, infastidendo così le lingue di fuoco che traballarono indispettite su loro stesse. Ma non erano state le fiamme la causa di quel trambusto: il legno, seppur intrappolato nel fuoco, ancora non si era consumato a tal punto da riuscire a collassare su se stesso. A farlo finire squarciato a terra fu un taglio netto e diagonale, piantato in pancia a quella piccola libreria posta come divisorio per gli ambienti dell'open space. Yulis sgranò gli occhi quando individuò una sagoma antropomorfa scavalcarne i resti, apparentemente ben poco curante delle fiamme voraci che gli lambivano il corpo. Ancora prima che potesse fiatare, l'eroina fu afferrata per la vita e trascinata indietro, con le labbra sigillate dalla stessa mano bollente che pochi istanti prima le aveva agguantato la gola.

- Meglio non farsi notare. - lanciò in un mezzo sussurro, piegandosi su di lei e spostando il volto a lato della sua guancia, mentre ancora la costringeva ad indietreggiare con sé verso la parete.

Il cuore di Yulis tornò a battere all'impazzata e il primo istinto fu quello di piantargli una gomitata nello stomaco per creare spazio e sfuggire alla presa. Eppure, non osò tanto: contrariamente a ciò che lo stomaco implorava, si limitò a eseguire quanto richiesto, docile e sorprendentemente collaborativa. Dato che questa volta non si era preoccupato di bloccarle i polsi, con buone probabilità l'ipotesi di un nuovo attacco poteva essere scartata. Ma questo, comunque, non impedì alla sua mente di produrre l'immagine di un animaletto indifeso messo alle strette da una belva feroce, e si ritrovò a dover fare i conti con un brivido freddo lungo la colonna vertebrale.

Una coltre di fiamme li oltrepassò e si stanziò a mo' di scudo davanti a loro, nascondendoli agli occhi indiscreti della creatura che passeggiava indisturbata dall'altra parte della stanza. Yulis fece inavvertitamente un passo indietro, presa alla sprovvista da quel movimento innaturale, e finì con il premere la propria schiena martoriata contro i bottoni di metallo della giacca del Lupo. Nonostante i lunghi capelli biondi di mezzo, quei piccoli dischetti incandescenti riuscirono comunque ad aderire alla sua pelle, tormentandola come spilli proprio dove le ali avevano già arrecato danno. Un gemito lamentoso le salì per la gola minacciando di uscire e lui, pur di soffocarlo, spinse con più forza la mano sulla sua bocca. Yulis percepì il filtro della sigaretta, ancora stretta tra le dita, premere contro le proprie labbra e un forte sentore di tabacco le stuzzicò la punta della lingua. Avvicinò le scapole tra loro e spinse in avanti il petto pur di allontanare la schiena dal tessuto e per cercare di staccare i capelli impiastricciati da quello che probabilmente doveva essere un miscuglio di sangue e sudore. Lui allontanò appena il busto e rafforzò la presa sulla sua vita, arpionandole il fianco sinistro.

- Non fare cazzate. -

Aspettò un cenno di assenso da parte di Yulis e, quando questo si palesò, scostò lentamente la mano dalla sua bocca. Continuando a tenerla sott'occhio, diede un ultimo, rapido tiro alla sigaretta e poi gettò il mozzicone in pasto alle fiamme. Con un movimento lento e misurato, afferrò i capelli di Yulis in corrispondenza della nuca e li strinse in una coda, in modo da poterli allontanare dalla sua schiena; li portò in avanti, oltre la sua spalla. Yulis fece di tutto pur di rimanere immobile, pur di non scattare in avanti e schizzare via alla velocità della luce: solo quando il fruscio delle ciocche si arrestò smise di mordicchiarsi l'interno della guancia.

L'ennesimo gesto insolito e incomprensibile, nel bel mezzo di quell'assurda situazione problematica.

Di tanto in tanto, le giravolte giocose delle fiamme lasciavano qualche spiraglio libero, permettendo ai due di controllare i movimenti di quella creatura apparsa nell'appartamento come dal nulla.
Che fosse un amico di Enrique? Che fosse rimasto nascosto oltre le fiamme del corridoio?

Fortunatamente, il nuovo arrivato non sembrava essersi accorto di loro. Non appena ebbe girato l'angolo, Yulis riuscì a osservarlo meglio: la forma massiccia ricordava in tutto e per tutto quella di un enorme uomo dalle spalle larghe e ben piazzate, con una testa molto più piccola infossata tra di esse... peccato solo che, al posto del braccio destro, possedesse una lunga lama ricurva, simile a quella di un rasoio da barbiere, culminante in una punta acuminata.

- Cosa diavolo sta succedendo... - rimuginò lei in un sussurro a fior di labbra, guadagnandosi così un'occhiata interrogativa e ben poco convinta da parte del Lupo.

- E allora tu quelle ali da dove le hai prese? -

Yulis voltò la testa verso di lui, alzando il mento per poter piantare gli occhi nei suoi. Sbatté le palpebre più volte, confusa.

- Sono... mie. Da poco. - si limitò a replicare, in un semplicistico e spiccio tentativo di tagliare la questione. E, comunque, non era tenuta a dare spiegazioni.

- Vorresti farmi credere che non è opera di una delle caramelline magiche dei nostri amichetti? - alzò un sopracciglio e inasprì lo sguardo. - Non ingannare un bugiardo, ragazzina. -

- "Ragazzina"?! -

Dimenticandosi totalmente di dover mantenere un profilo basso, il tono indignato di Yulis salì di almeno un paio di ottave, trillando nelle orecchie in modo quasi snervante. Si guadagnò così una nuova sessione di mutismo forzatamente indotto, con la mano del Lupo a sigillarle le labbra e quindi qualsiasi altro suono.

- Tutto quel teatrino per recuperarle e non sai nemmeno cosa stringevi tra le mani... sei incredibilmente più stupida e incosciente di quanto pensassi. -

Yulis, questa volta, una gomitata in pieno stomaco la lasciò partire. Il Lupo però non mollò la presa e incassò il colpo, mugolando a bassa voce una qualche imprecazione. In risposta, le piantò due dita tra le costole, sotto al body, incrementando di parecchi gradi la temperatura della mano che continuava a trattenerla per la vita.

- Non farmi pentire di essere stato indulgente con te, eroina. - sibilò ad un soffio dal suo orecchio e Yulis non riuscì a trattenersi dal rifilargli un'occhiataccia di traverso. C'era così tanto astio in quel termine da farle sentire la stizza montare, come se avesse usato quella parola più per insultarla che definirla.

Quando lui ritirò la mano, il calore cocente delle dita le lasciò una scia arroventata sulla pelle e i due tornarono a concentrarsi sulla figura oltre il muro di fiamme, in un silenzioso e tacito accordo. Yulis approfittò di quel momento di libertà e si alzò il colletto fin sopra al naso, in modo da ripararsi dal fumo che pian piano continuava a guadagnare spazio nell'appartamento. Allo stesso modo, con la coda dell'occhio notò che anche lui stava proteggendo la bocca con la manica della giacca.

All'improvviso, l'essere bloccò la propria avanzata e si voltò indietro di scatto, come se qualcuno l'avesse chiamato. Un frinire acuto riempì l'aria e dissipò parte del fumo denso e pesante che stava ovattando la stanza. In un attimo, una nuova creatura fu sulla prima, urtandola e spingendola violentemente in avanti, catapultando entrambe a terra in un groviglio abominevole e confuso. Sembravano lottare tra loro: una proteggeva, l'altra cercava.

< "Caramelle"... come no. Quella roba ti fa andare via di testa! >

Yulis azzardò un passo in avanti, ma il Lupo le afferrò una spalla, lanciandole un'occhiata sbieca.

- Devo fare qualcosa. - asserì con tono basso e perentorio, ignorando deliberatamente il fatto che avesse le sue mani addosso, per l'ennesima volta.

- Vuoi farti ammazzare. - corresse lui con calma, poi mollò la presa e alzò un sopracciglio. - Ma se ci tieni tanto, la decisione è solo tua. -

L'eroina non volle dargli credito. Tornò con lo sguardo sui due uomini, se così effettivamente potevano ancora essere definiti, e deglutì a gola secca. Si ricordò della forza sovrumana che aveva esercitato Enrique su di lei e d'istinto serrò la mano in un pugno: in quel momento, le sue abilità non avevano avuto il minimo effetto su di lui. Se non fosse intervenuto il suo nuovo amico, a quest'ora il proprio corpo sarebbe stato trasformato nel contenuto perfetto per un'urna funebre. Scacciò il brivido che accompagnò quel pensiero e scosse forte la testa.

< No. Me la sarei cavata. Avrei usato Lilith e mi sarei tolta da quella situazione. >

Si passò i denti sul labbro inferiore, piantandoli nella carne, poi portò la mano destra ad afferrare il gomito. Un modo lo trovava, sempre.

- Se ne stanno andando. - mormorò il Lupo, molleggiando leggermente sulle gambe e abbassandosi di più su di lei in un tentativo di scansare la nube grigia che aleggiava sulle loro teste. - Giusto in tempo per sloggiare da qui. -

Yulis osservò le due creature sparire in direzione dell'ingresso, sempre impegnate nel loro inseguimento. Spostò lo sguardo sulle fiamme ancora adibite alla funzione di schermatura e, in maniera meccanica, su di lui.

- Oh, vuoi davvero correre dietro a quei due? - domandò il Lupo con un chiaro intento canzonatorio, immaginando la volontà di Yulis. - Voi eroi siete proprio incorreggibili. -

Con un sorriso sghembo e accennato, avvicinò il volto a una delle lingue di fuoco e piegò le labbra a formare un piccolo cerchio; senza mai abbandonare lo sguardo di Yulis, soffiò verso le fiamme, esattamente come se stesse per spegnere la candelina su una torta di compleanno. In un istante, l'arancione e l'oro che li separavano dalla principale via d'accesso all'appartamento si dissiparono. La ragazza non riuscì a trattenersi dallo spalancare gli occhi davanti a una tale manifestazione di potere e questo non fece altro che alimentare l'euforia spavalda dell'uomo al suo fianco. Lui schioccò poi la lingua contro il palato e fece un plateale gesto con la mano, indicando l'ingresso.

- La strada è libera. -

Yulis gli concesse una rapida occhiata di analisi e arricciò appena la punta del naso. Spostò l'attenzione sulla sua mano e per un attimo valutò l'idea di afferrarla per poter usare Empathy su di lui. Per quanto desiderasse immobilizzarlo e magari farsi un giro tra i suoi pensieri grazie ad Open Eye, decretò che sarebbe stato meglio non rischiare e non tirare troppo la corda.

- Non hai intenzione di ucciderli, come hai fatto con Enrique? - si limitò a chiedere.

- Loro non sono una questione personale. - replicò lui in tono divertito. - E poi, ci sei già tu a risolvere la situazione, dico bene? Gli eroi si occupano di proteggere i bravi ed onesti cittadini dai pericoli... sicura di volermi là fuori? -

Quella era, chiaramente, l'ennesima provocazione.
Di certo, non sarebbe stato lui quello a correre dei rischi.
Yulis percepì le mani pizzicare e le strinse in un pugno, conficcando le unghie nei palmi.

- Potresti almeno estinguere il resto dell'incendio. - azzardò lei con ben poche speranze, scandendo le parole una dopo l'altra. - Potresti fare finta di giocare per la squadra vincente. -

- Io gioco solo per me, Yulis Parker. -

Lei si bloccò a labbra dischiuse, e per un attimo smise di respirare.

Aveva già intuito che conoscesse la sua identità, glielo aveva dimostrato in più di un'occasione, ma sentire il proprio nome pronunciato in quel frangente le fece uno strano effetto: Yulis e Ultra Violet coesistevano in un equilibrio perfetto, ma non erano mai state intercambiabili. C'erano momenti ben specifici in cui servivano l'una o l'altra, situazioni in cui le caratteristiche del suo lato eroico erano di vitale importanza. Ma Yulis Parker era solo una giovane ragazza venticinquenne con la passione per la fantascienza, la musica metal e qualsiasi alimento costituito per almeno il cinquanta percento da zuccheri.

Ancora prima che potesse pensare a come formulare una risposta, lo vide indietreggiare e sparire tra le fiamme, inglobato e protetto da un muro di fuoco per lei invalicabile. Yulis si ritrovò con una mano protesa in avanti, a fendere inutilmente l'aria.

< Non... non ho tempo per questo. >

Fece dietrofront e marciò verso l'uscita per precipitarsi all'inseguimento, divorando i metri che la separavano dalla porta con lunghe falcate.

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