CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO UNDICI
La stanza era grande il doppio di quella che Manuel aveva occupato fino al giorno prima. Adesso aveva ben tre librerie nuove, vuote, pronte ad accogliere i suoi libri. Quelle vecchie erano state portate, e qualcuno aveva sistemato alcuni libri che lui aveva messo in seconda fila, in una nuova libreria. C'era spazio per tutti, adesso.
Il letto era a tre piazze, spazioso, accogliente, con coperte nuove, che sembravano appena lavate. Due grossi mobili accoglievano i suoi vestiti, mobili al momento quasi vuoti.
«Sai che non ho così tanti... »
«Abbiamo un sarto. Ne avrai» disse Elias.
«Non credo di meritarmi... »
«Non te lo meriti infatti. Meriteresti solo di essere picchiato fino a quando non perdi i sensi, e poi di essere rinchiuso in una cella al buio, a meditare su quello che hai fatto e sulla portata del tuo tradimento» Manuel deglutì e abbassò la testa, spaventato «Ma non accadrà. Quella porta» indicò una piccola porta, alta appena un metro e mezzo «Comunica con la mia stanza. Potrò entrare esattamente tutte le volte che voglio.»
Manuel si avvicinò alla porta, esaminandola.
«Ma non ha la maniglia!» constatò.
«Infatti non ti serve. Io potrò entrare. Tu no.»
«Non lo farai spesso, vero?»
«Solo per assicurarmi che tu stia leggendo» gli indicò la scrivania. Sul computer era posato guerra e pace. Manuel gemette appena «Siediti e leggi, adesso.»
«Sono stanco.»
«So benissimo che stai rileggendo Harry Potter» rise Elias. «Leggi quello che ti ho portato. Ne arriveranno altri, belli o brutti. Devi leggerli tutti. Marcus ti controllerà. Ora siediti» Manuel ubbidì, trovando sollievo nella morbidezza dei cuscini. Elias ne spostò i capelli dalle orecchie e gli infilò un paio di cuffie. «Leggi e ascolta. Marcus sta per entrare, e non voglio che tu veda o senta. Serve a qualcosa dirti quale sarà la mia reazione, se scoprirò che hai spento la musica, spostato le cuffie o ti sei girato?» Elias, improvvisamente irrigidito, scosse violentemente la testa. Si muoveva a scatti.
«N...no» sussurrò «Per...per favore. Posso almeno scegliere io il libro e la musica?» Elias annuì.
«Solo per questa volta. Basta che ti tenga impegnato. Non voglio che tu veda. O senta.»
«Sarebbe molto più comodo spedirmi nella tua stanza» propose Manuel prendendo il terzo libro di Harry Potter. Scelse una musica leggera, rilassante, ma abbastanza forte da coprire qualsiasi cosa. «No aspetta. È una prova, vero?» Elias non rispose «Sono sicuro sia una prova. Beh, non mi girerò. Dovesse tremare la terra.»
Le note del ventiquattresimo capriccio sembravano quasi assordare Manuel, che dovette abbassare un po' il volume.
Elias lo sentiva. Riusciva a captare quelle note col suo sensibilissimo udito.
Manuel entrò. Stranamente quel giorno indossava una camicia bianca, non i soliti colori sgarcianti che Elias gli aveva visto addosso fin dal loro primo incontro.
«Questa è una novità» disse guardandolo da capo a piedi.
«Una delle nuove ragazze. Mi ha detto qualcosa che suonava come "ho più paura dei colori che indossi che di te". O era uno dei ragazzi? Ah sì, il sarto» rise.
«E tu hai appena deciso di mettere alla prova la sua affermazione.»
«E voglio anche stupire Amelia. A questo proposito, ho mandato alcuni dei nostri al negozio. Raina dice che secondo lei in quegli zombi era presente il sangue di un vampiro. Non hanno attaccato, hanno solo difeso. Ha sentito anche il fratello di Amelia, che lo conferma. Erano praticamente burattini. Ed erano tutti morti da molto poco. Infatti Alexander sospetta di te. Dice che sei l'unico che usa questo trucco.»
«E tu?»
«Gli ho detto che se tu avessi voluto tenere Amelia un po' con te, saresti semplicemente andato a prenderla, e che lei ti avrebbe seguito senza dire nulla. Si è offeso, non so perché» risero entrambi di quell'affermazione. Elias gli prese il viso con le mani, tenendogli le guance e carezzandolo per qualche secondo.
«Alexander odia che sua sorella sia così legata a me. Non provocarlo troppo. Ci serve. Ha qualche idea in merito?»
«Gli ho detto di cercare un vampiro. Ma perché qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere ad Amelia sapendo cosa avrebbe provocato?»
«Infatti non credo sia una provocazione. Amelia è già arrivata?»
«Tra qualche ora, ha preteso di salutare tutta la famiglia e passare in negozio a controllare. Ha messo un bel cartello in cui informa che starà via per un po' di tempo, ma che al ritorno avrà parecchi libri nuovi da portare. E mi ha scritto che vuole rimettersi a trascrivere.»
«Dai ordine di preparare i migliori. Abbiamo un paio di artisti. Puoi metterli all'opera per le copertine per fare qualcosa di carino. Sono sicuro che ad Amelia piaceranno.»
«Ne dubito, dovrebbe venderli a prezzo maggiore. E a lei piace che tutti possano comprare i suoi libri. Non è come te. Non le piace ciò che è troppo bello. Lei per prima non lo è. Manuel in confronto a lei è un fiore» e guardò il ragazzo, in quel momento totalmente impegnato a leggere. Elias continuò a tenergli il viso.
«Perché lo provochi allora?» Marcus sobbalzò «Mi metti in condizione di rispondere a domande cui non voglio rispondere. Lo agiti. Lo disturbi. E voglio che sia agitato e disturbato solo quando voglio io. Non deve fare troppe domande.»
«Mi ha fatto arrabbiare. So di aver sbagliato, ma... »
«No, tu non lo sai. Sei felice di averlo ferito. Se gli leggessi dentro ora... »
«È umano. Stare male è il loro lavoro. Non ho fatto altro che... »
«È mio. Il fatto che te lo conceda qualche volta, non vuol dire che ti sia permesso di turbarlo così. Ne hai altri da poter torturare. Perché scegli proprio lui?»
«Per quello che ha fatto con Milena» tentò di districarsi dalla presa di Elias sul viso, ma Elias strinse ancora di più. Strinse così forte da ferirgli la pelle e comprimergli la mascella, tanto che Manuel provava enorme difficoltà a parlare. Sobbalzò violentemente nel sentire un dolore pungente che sembrava una coltellata alla schiena. Chiuse gli occhi. Sapeva cosa sarebbe successo «Ti prego...non...non fare questo, ti prego.»
«Perché? Perché non dovrei?» e una seconda coltellata gli trafisse le costole. Gli parve perfino di sentire il cotello infilarsi nella pelle, attraversare la carne e scheggiare le ossa. Era così vivido da sembrare reale. Gemette e si ritrovò il sapore di sangue tra le labbra. Doveva essersi morso la lingua, ne era sicuro, ma in quel momento non era abbastanza lucido da ragionare bene.
«Elias... » sussurrò. Alzare le braccia per portare le mani alla testa dell'altro, afferrarla e cercare di posare la fronte contro la sua, fu il movimento più difficile che Manuel avesse mai fatto «Ti prego. Sai che quel ragazzo lo ha fatto solo per mettermi nei guai. Non farti condizionare» sussurrò, la voce roca. Urlò nel sentire una seconda coltellata esattamente tra le scapole, e cadde in ginocchio. Elias lo sorresse e lo aiutò a non farsi male. Lo accompagnò a terra e gli posò una mano sul petto. Chiuse gli occhi nel sentirlo sobbalzare e gemere di nuovo, ascoltando il dolore, quasi facendolo suo. Posò la fronte contro quella di Marcus, e l'altro sobbalzò nuovamente, ringhiando e urlando.
Manuel alzò il volume, ma per quanto lo alzasse, sentiva comunque le urla di Marcus. Gli pareva di vederlo a terra, sanguinante. Chiuse gli occhi, ma quell'immagine non ne volle sapere di andare via.
«Non assordarti» gli ordinò Elias. Manuel abbassò il volume.
«Scusami. Lo sento comunque. E lo vedo.»
«Quello che vedi è sbagliato. Non sta perdendo sangue. Non l'ho veramente toccato. Lo senti dentro di te. Voltati.»
«No.»
«Voltati, ho detto, o gli farai compagnia a terra.»
Lentamente, Manuel si voltò. Elias era a terra, e tra le sue braccia c'era Marcus. L'unico sangue che c'era su di lui, proveniva dalle sue labbra.
«Si è morso la lingua» spiegò Elias. «A volte accade.»
«Non voglio vederlo» sussurrò Manuel, gli occhi lucidi. Li chiuse, ma quell'immagine era fin troppo vivida per poterla scordare.
«Beh, è quello che avrei dovuto fare a te per Milena. Forse potrei» Manuel fu certo di aver visto Marcus sorridere. Arretrò qualche passo, fino a urtare contro la scrivania «Potrei evocare per te, e solo per te, deliziose torture medioevali. Ma non lo farò» il ragazzo riprese a respirare. Non si era neanche accorto di aver momentaneamente smesso. Si ritrovò senza fiato, spaventato, e cercò Elias con lo sguardo. «Dov'è andata Milena?»
«Credo sia tornata a casa» sussurrò il ragazzo «Con la mia famiglia. A salutarli. L'ultima volta non ha fatto in tempo» aveva gli occhi lucidi, e lo sguardo era puntato oltre la porta. «Di più non saprei dirti. Per favore... »
«Cosa?» sussurrò Elias «Cosa non dovrei fare?» domandò. «Lasciarti di nuovo a Marcus, quando si sarà ripreso?» Manuel annuì. «Non accadrà. Forse. Devo ancora pensare chi di voi due mi ha deluso maggiormente. E in questo momento l'asta si sposta su di lui» di nuovo, Manuel sospirò di sollievo, chiudendo gli occhi «Quindi Milena è a casa?» Manuel annuì «Ne sei certo?»
«No» rispose «Non al cento per cento, ma quasi» arretrò di un paio di passi, spostandosi questa volta di lato, ma Elias fu molto più veloce di lui, e gli afferrò la manica della camicia «Diceva sempre che se avesse avuto il permesso di uscire, le sarebbe piaciuto passare a trovare la nostra famiglia. Ma tu parlavi di decenni. Dicevi che non le avresti permesso di muoversi da sola. E lei non voleva aspettare tutto questo tempo.»
«Perché?» domandò Elias costringendolo a sedersi sul letto.
«Perché gli esseri umani hanno il brutto vizio di morire, Elias» aveva gli occhi lucidi.
«Fra vent'anni non sarebbe morto nessuno di loro.»
«Non è detto. E sono cinque anni che non vedo mia madre. Se potessi vederla... » sorrise, asciugandosi gli occhi «Morirei felice. Se potessi stringerla anche solo un'ultima volta tra le braccia, dirle che mi manca... »
«Aumenteresti la sua sofferenza» Manuel rialzò lo sguardo, stupito «Me l'ha detto Amelia anni fa. Diceva che se avesse saputo di dover morire, non avrebbe voluto vedere nessuno della sua famiglia» gli si sedette vicino e gli asciugò le lacrime, esaminandole sulla mano come se non le comprendesse appieno.
«Scu...scusami. Mi mancano davvero molto.»
«Li senti spesso. Sanno che stia bene. Non ti basta?»
«Mi manca il contatto con loro. Stringerli a me. Poterci parlare di persona. Non puoi capire. È come se tu avessi qualcosa che tieni a distanza: sai che c'è, ma non puoi toccarla» e appoggiò la testa sulla spalla di Elias. «Per questo ho lasciato andare Milena. L'ho abbracciata. Le ho detto di abbracciarli tutti, di portarmi il loro odore. Così quando li abbraccerà, loro abbracceranno un po' anche me. E non mi dire che non è esattamente la stessa cosa. Lo so.»
«E tu hai rischiato la vita per l'ombra di un abbraccio?»
«Avrei rischiato anche per molto meno, Elias.»
«Lei sapeva cosa sarebbe successo?» domandò Amelia alcune ore dopo. Manuel era ancora rifugiato in camera, e la ragazza era andata a trovarlo. La porta d'ingresso era chiusa a chiave, Manuel aveva fatto entrare Amelia in fretta, spaventato dall'idea che ci fosse Marcus da qualche parte.
In quel momento erano seduti sul letto, e Amelia ammirava la sua stanza.
«Penso proprio di sì.»
«Allora, scusami se te lo dico» disse Amelia «Ma si è comportata da stronza. Ti ha messo nei guai chiedendoti una cosa che non avresti mai rifiutato. Ti rendi conto?»
«Beh, mia sorella è sempre stata così. Però mi vuole bene.»
«Lo faceva anche prima?»
«Alle volte.»
«Allora forse è il caso, decisamente il caso, che tu riveda un po' le tue priorità.»
«Questa frase la conosco.»
«Già» rise Amelia, alzandosi dal letto e prendendo in mano alcuni libri «Impara a dire di no, qualche volta. A Milena. A Elias. Al tizio del bar che ti chiede se vuoi un'altra birra. Non puoi accontentare tutti.»
«Non posso dire di no a Elias.»
«Oh puoi eccome. Questa camera non l'hai avuta dicendo sempre di sì. Solo pochi anni fa eri nella stessa posizione dei ragazzi che piangono nelle celle e progettano la fuga» si legò i capelli in una coda alta e cominciò a risistemare i libri secondo un suo ordine preciso.
«Che stai facendo ai miei libri?»
«Te li ordino. Avanti, questa camera l'hai ottenuta scattando agli ordini? No! Sei riuscito a interessare Elias a tal punto che ti ha reso un suo compagno.»
«Schiavo, vorrai dire. Se ricordi qualcosa, Amalie, io non posso dirgli di no.»
«Però hai fatto scappare Milena.»
«Non c'entra!» scattò su Manuel. «Sono legato a Elias, così legato da non potergli dire di no. Te li ricordi, no, che ho bevuto il suo sangue?»
«Oh sì. E ricordo anche tutte le volte che vi ho sentiti litigare. Non sei un suo pari, non lo sarai mai. Non sei suo amico. Ma Elias ti conosce, e gli piaci. Non sei solo sangue disponibile ventiquattro ore su ventiquattro.»
«Infatti per quello potrebbe avere TE. Sei anche più carina» Amelia rise.
«Non sono carina, Elias. Non così tanto. Non fare lo scemo con me. So bene cosa non sono. Però so cosa ho. La mia libreria. E voglio sinceramente bene a Elias, anche se credo lui non possa provare lo stesso per me.»
«Beh, di sicuro se ti accadesse qualcosa farebbe macello. Non vorrei mai vederlo arrabbiato. Non so cosa provi per te, ma se non è affetto, ci si avvicina. Lo conosci meno di me» sorrise, prendendole i libri di mano e rimetendoli a posto «Non è capace di amare. Ma so che qualcosa può provare. Ha un suo concetto di affetto. Sembra quello che un bambino potrebbe provare per un peluche. È un affetto molto potente, sai? Però non è come lo intendiamo noi» afferrò Amelia per le spalle e la spinse verso il letto «E la mia libreria la sistemo io. Non mi disordinare i libri» ma si fermò di scatto, stringendo le spalle della ragazza, nel sentire un rumore. Si bloccò.
«Cosa succede?»
«N... niente.»
«È la terza volta che salti nel sentire un rumore. Chi stai aspettando?»
«La vendetta di Marcus. Elias non ha voluto dirmi se sono ancora con lui o meno.»
«Devi capire come prenderlo.»
«Facile per te. Ti sei presentata come un passerottino indifeso, ti sei lanciata da Elias appena l'hai visto... ecco cosa devo suggerire ai ragazzi» sussurrò, guardando la porta. Afferrò una sedia e la mise a bloccarla. «Ecco, ora non dovrebbe riuscire a entrare.»
«Che gli dirai?» rise Amelia.
«Di essere come te. Eri la più tranquilla, te ne stavi in un angolo, ascoltavi e ubbidivi» Amelia rise di nuovo e gli si avvicinò, infilandogli le mani tra i capelli e baciandogli la fronte.
«Tu non sai molte cose. Se fosse stato veramente così, Elias non si sarebbe affezionato così tanto. Avevo deciso di mantenere un profilo molto basso, ma lui deve essersi reso conto di qualcosa che a te è sfuggito. Mi parlava sempre. Mentre scrivevo. Mentre mangiavo. Mentre ballavo. Io tacevo e annuivo, fingevo di ascoltare. Dopo qualche settimana non potevo più sopportarlo!» gli si sedette sulle gambe, ma Manuel la spinse via.
«Sei pur sempre una donna. Se ci vede Elias ci uccide.»
«Come se non avessi fatto abbastanza» lo abbracciò, stando bene attenta a non toccargli le ferite «Lui è riuscito a superare quel silenzio che mi ero imposta. Mi ha costretta a gettare la maschera. Non so cosa l'abbia colpito di te.»
«Un qualcosa.»
«Lo dice anche lui. Qualcosa. Ma non so cosa. Alzati dai. Dovrebbe essere ora di andare dai ragazzi, no?»
«Vieni con me» le propose lui.
«Nah. Non saprei farlo, mi dispiacerebbe troppo per loro. Tu invece non ti dispiaci, no?»
«Beh, ho detto loro senza mezzi termini cosa accadrà se non si comporteranno bene. Dopo il mio avviso, cercare di scappare sarebbe da sciocchi. E vorrei che qualcuno l'avesse detto a me.»
«Invece scommetto che te l'hanno detto» disse Amelia. «E tu non hai ascoltato. Comunque ci ho provato, se ti ricordi» rise, e Manuel scoppiò a ridere.
«Vero. Hai pianto per molte ore, pensando a quei poveri ragazzi. C'era il tipo con una gamba sola, te lo ricordi?»
«Oh sì! Supplicai Elias di lasciarlo andare, e... vuoi smetterla di sobbalzare a ogni rumore?»
«Scusami» sussurrò lui «Marcus me la farà pagare cara, molto cara.»
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