CAPITOLO OTTO



«Sono abbastanza sicura che sia un sabotaggio, Alexander» disse Amelia al fratello. All'interno della libreria, un paio di miliziani più giovani stavano attirando fuori gli zombi per ucciderli. All'esterno, altri erano pronti con i fucili. In tutto una decina di uomini. Dalla libreria si udivano rantoli simili a urla strozzate, seguiti da risate.

«Non fate gli idioti» disse Alexander sistemandosi il cappello sulla testa «Tirateli fuori e uccideteli. Non prendeteli in giro. Se vi mordono diventerete anche voi come loro.»

«Solo da morti» disse una delle guardie all'esterno, una ragazza con poco più di vent'anni. Alexander fece appena un cenno a una collega, che raggiunse la ragazza per assestarle un calcio nel sedere. Era una donna forte, alta, con parecchi anni di esperienza alle spalle e nessuna voglia di scherzare. Una donna dall'aria dura, con capelli neri legati in una coda stretta e occhi azzurri stranamente dolci, ma che in quel momento eranoo duri come pietre. Poteva avere una quarantina d'anni al massimo.

«Fai poco l'imbecille» grugnì la donna «Li ho visti divorare uomini in pochi minuti. Forse non diventi uno zombi da subito» il morso non uccideva, se curato, ma era una condanna a vita: per colpa del contagio, da morti ci si risvegliava inevitabilmente «Ma ti piacerebbe venire osservata ogni volta che starnutisci? Vedere tutti i tuoi parenti allontanarsi? Compresi i tuoi figli. Non è una passeggiata per la salute, non è divertente. Quindi zitta e preparati a sparare» la ragazza annuì, ammutolendo all'istante.

«Grazie Tenente Frantes» disse Alexander «Ottima spiegazione. La ripeterai a quei due cretini appena saranno fuori» poi tornò sulla sorella. «Un sabotaggio perché?»

«La libreria. È una delle poche in questo posto, ed è la più fornita e la meno costosa, grazie a Elias» a sentire quel nome, Alexander sbuffò. «Potrebbe essere gelosia...»

«Per gelosia scrivi qualcosa sulla vetrina, come hanno fatto in passato. Per odio...arrivi a cercare di uccidere» il piccolo gruppo di persone che si era riunito intorno alla libreria impallidì «Questo hanno cercato di fare. E attenti anche voi: avete più clienti da quando c'è lei, anche perché vi fa buona pubblicità. La gente sa della libreria, e approfitta per prendere tutto in un posto. Molto più comodo e meno pericoloso.»

«E godete al tempo stesso della protezione di Elias» aggiunse Amelia. «Nessuno in questa zona ha più subito furti o rapine, visto che l'unica volta che è successo, ho avvisato Elias e gli ho chiesto di intervenire. E non avevano derubato me» seguì un borbottare d'assenso. «Quindi teniamo gli occhi aperti e aiutiamoci a vicenda. Non possiamo ignorare questo atto. Mio fratello indagherà.»

«C'è un'altra liberia, a trenta chilometri da qui. Lo scarabocchio. Prima era lui il più fornito» disse la paniettiera «Ed è tutto dire, visto che è un buco» nel giro di pochi minuti, tutti i negozianti ricordarono di aver visto qualcosa. Strani movimenti. Sguardi al negozio. Testimonianze cui Alexander diede molta poca importanza.

«Sono le testimonianze di gente spaventata, Amelia. Non posso darle per buone. Cercano di renersi utili.»

Manuel lasciò loro tempo di metabolizzare.

Thomas sembrava quello più colpito di tutti, insieme a Vivien. Nessuno dei due riusciva a guardarlo, forse perché temevano di subire un tratttamento simile.

Julia era impaurita, stupita, ma non in modo eccessivo. Daniel era quello che sembrava meno impressionato.

«Nessuno di voi tre ha mai saputo cosa vuol dire» esordì Manuel «E sono certo che lo scoprirete. Daniel forse lo sa già. Le punizioni nell'esercito non sono molto dissimili. Ma tu» guardò Julia «Conosco i tuoi padri. Ti avranno protetta da tutto, ti hanno trovato un lavoro sicuro...e ti hanno impedito di entrare nell'esercito, vero?» Julia annuì appena «Tu invece sei stata troppo protetta» disse verso Vivien «E tu invece sei un codardo, ma un codardo intelligente» e il ragazzò arrossì appena, senza guardarlo in faccia.

«Non mi vergogno di ammettere di aver paura. E di scappare dal pericolo» sussurrò appena «Non sono un soldato. E non voglio esserlo. Non mi importa di dimostrare al mondo di avere coraggio» e Daniel lo guardò con aria stranita.

«A me importa poco. Se la tua vigliaccheria non ci porta problemi, tanto meglio. Ora, parlando di cose serie, ho qui l'elenco dei vostri compiti. Julia» la ragazza si alzò in piedi «Dovrai semplicemente fare il lavoro che hai sempre fatto fin'ora. Esattamente come Thomas. Non abbiamo un sarto qui. Sarà divertente, Elias ha già pensato a come sfruttarti» Thomas si alzò in piedi e annuì piano, senza parlare «Voi due invece... beh..il dottor Carson non è sempre qui, vive in città. Dovremo chiamarlo per farti valutare da lui. Potrai dare una mano, se sarà necessario. Quanto a te» e Daniel si alzò in piedi, aiutato da Vivien, visto che aveva la gamba addormentata «Ti troveremo qualcosa.»

«Quando cominceremo?» domandò Julia.

«Entro qualche giorno. Domani incontrete Elias, tanto per cominciare. Potrete uscire. Ballare. Come avete fatto l'altra volta. Elias era quello vestito da Pierrot nero. L'altro, il buff..» sospirò, inghiottendo l'insulto «Quello vestito da Arlecchino insomma. È Marcus. Il suo secondo. Vi verrà portata la cena e...mi sa che è già qui» disse sentendo bussare alla porta. Aprendo però, si trovò davanti Marcus. Finse di sospirare.

«Che ci fai qua?» domandò.

«Mi hai appena definito buffone?» domandò Marcus, senza ancora entrare.

«Hai una camicia di un verde così forte che disturba la vista. Ed hai scelto di vestirti da Arlecchino durante i nostri balli. Sì, l'ho fatto, ma direi a ragion veduta» rispose senza spostarsi dalla soglia. «Tu qui non entri. Abbiamo appena cominciato a capirci, vero ragazzi?» seguì un veloce annuire alle sue spalle «Spiegavo le regole. Distribuivo i lavori...»

«Ti ho sentito. Spostati o ti sposto io» e senza attendere risposta, spinse Manuel per entrare. Al suo ingresso, i ragazzi si appiattirono contro il muro.

«Eccoli qua. Mettono fame, vero?» e Manunel si portò una mano sul viso.

«Abbaia ma non morde. Sa benissimo che per tradizione dovrà essere Elias il primo. Poi forse potrà toccare a lui. E credo che questo non vi abbia rassicurati, vero?» domandò, vedendo che Julia e Thomas erano diventati pallidissimi. «So che non siete donatori, Elias sceglie spesso tra chi non dona, ma nessuno di voi è mai stato morso? Neanche per sbaglio?» l'unica ad alzare la mano fu Vivien.

«Io. Ma non ricordo nulla, visto che ci sono quasi morta. Avevo tredici anni.»

«Sarà stato un imbecille» decretò Marcus «Non si toccano i bambini. Poco sangue. Facile rischiare di ucciderli. Non ricordi nulla?» Vivien scosse la testa.

«Solo di...beh, di essere uscita per andare a scuola insieme alla mia guardia del corpo. E di averlo semplicemente visto comparire. Poi il buio. Mi sono risvegliata in ospedale» parlava con un tono di voce sottile, basso. Si stava palesemente sforzando di ricordare altro, ma Marcus si avvicinò in fretta e le portò una mano sulle labbra, che costrinse Vivien ad appiattirsi contro il muro per cercare di evitarla.

«Si è nutrito prima di lui, ma non è bastato ed ha deciso di venire da te. È andata così?» Vivien annuì, schiaffeggiandogli la mano per togliersela dal viso «Sento che stai cercando di ricordare. Non farlo. Non sforzarti ora» sussurrò lui, ritirando la mano e ridacchiando «Ti ci vorrà tempo. Non sprecarne così.»

«Che ci fai qua, Marcus?» domandò Manuel, incrociando le braccia sul petto «Oltre a terrorizzarli dico.»

«Controllo il tuo lavoro. Ti aiuto a rimarcare i concetti. Dicevi che secondo te tenteranno di scappare?»

«Oh quello sì» rispose lui con noncuranza «Ci provano tutti. L'unica a non averlo fatto è stata Amelia. Qui il primo sarai tu» disse guardando Thomas, che sgranò gli occhi e rimase parecchi secondi in silenzio.

«I...io? Io non...non...»

«Non cosa? Non sei abbastanza furbo? Lo sento che ci stai pensando. Bene, pensa anche a quello che hai visto, e chiediti se ne vale la pena. E sei stai pensando che la tua idea per scappare è geniale, unica al mondo, furbissima...beh, altri hanno avuto idee simili. Io pure. Un giorno, dopo un mese in cui mi ero comportato in modo perfetto, uscii tranquillamente dalla porta d'ingresso, di giorno. Avevo falsificato un permesso scritto di Elias. Fui ripreso dopo dieci metri. Poi ho cercato di andarmene dalle finestre. Ce ne sono poche, tutte molto in alto, ma ce ne sono. Raina mi ha acchiappato al volo. E...altre che neanche ricordo. Quindi fidati se ti dico che qualcuno ha già pensato quello che stai pensando tu. Ora. Se Marcus non ci avesse interrotto...» e guardò male il vampiro «Vi avrei spiegato a cosa servono i centri donatori. E perché Elias sceglie spesso tra i non donatori. O tra chi lo fa controvoglia. Vuoi dire qualcosa, Vivien?» domandò alla ragazza, che in effeetti aveva storto il naso «Marcus, se ti allontani forse riuscirà a trovare il coraggio di parlare» e Marcus si allontanò ridendo, andando a mettersi dietro Manuale.

«È una presa in giro bella e buona. Nessuno dona con gioia. O per vera e propria volontà. Lo fanno per sentirsi al sicuro. Soprattutto perché so che non sempre mettono il sangue nelle sacche, a molti di voi...»

«Di loro» la corresse Manuel.

«Beh» disse lei scrollando le spalle «So che molti vanno direttamente a prendersi il sangue dai donatori. Quasi nessuno dona perché vuole. Tutti lo fanno per un doppio fine, quindi Elias può potenzialmente scegliere chiunque.»

«Questo è vero» concordò il vampiro. «Ma gli omicidi per mano nostra sono drasticamente diminuiti negli ultimi quattrocento anni, ovvero da quando l'accordo con le nazioni e i licantropi è stato firmato. È un patto interessante, questo tra gli stati e noi vampiri. Non tutti i nostri gruppi ubbidiscono, come il tuo caso ricorda. Ma Elias si assicura che tutti noi ci atteniamo scrupolosamente alla regola. Altri gruppi non hanno firmato. Lui sì.»

«E che succede a chi viola l'accordo? Nulla!» sbottò Vivien.

«Chi lo viola si ritrova contro i licantropi. E non è una bella cosa.»

«E perché c'è chi continua a prendere sangue al di fuori del centro?» domandò Thomas con un sussurro.

«Lo chiede ai donatori. E visto che lo sono quasi tutti...»

«Tutti sono tenuti a donare, in qualsiasi situazione, salvo sia passato poco tempo. Hanno una tessera» spiegò Daniel. «È tutto molto burocratico. Noioso se vuoi. Ma ci mantiene sicuri. La milizia si assicura di segnalare chi viola le regole. E di provare a prenderlo» fece un sorriso amaro.

«E i rapimenti?» domandò Julia.

«Sono al limite della legalità» spiegò Manuel. «Sul filo, diciamo. Finché non muore nessuno, non ci sono problemi. Non ne hanno mai fatti. Rientrano tra...diciamo le loro possibilità» e scrollò le spalle con noncuranza.

«E a te va bene tutto questo?» domandò Vivien, sedendosi e afferrandosi le ginocchia con le mani, quasi a voler ridurre la sua figura.

«A lui deve andare bene» rispose Marcus «Forse non ve l'ha detto, ma è un...» il ringhio di Manuel però lo interruppe.

«...se dici ancora quella parola...» non riuscì a finire quella parole. Ci furono due urla: quelle di Vivien e di Thomas. Julia e Daniel invece erano arretrati violentemente contro il muro, la bocca spalancata, ma incapaci di gridare. Marcus afferrò Manuel per la collottola, sollevandolo sopra la testa. Vivien fu quasi certa di aver sentito la camicia lacerarsi mentre Manuel veniva preso e sbattuto contro il muro. Un urlo soffocato.

«..cosa fai? Questa è un'altra lezione ragazzi: non fate minacce che non potete realizzare. E non interrompete. Mai» lasciò andare Manuel, che cadde a terra come un sacco pieno di pietre. «Tirati sù la manica. Voglio che vedano. Non dal braccio destro.»

«È assolutamente uguale!» protestò Manuel, slacciando i polsini della camicia e poi togliendosela. La lanciò verso Thomas. «Riparamela» ordinò «Si è scucito metà colletto. Non dovrebbe essere difficile» e tese la mano verso il vampiro, che si mise davanti ai ragazzi facendo in modo che tutti lo vedessero con chiarezza. Manuel sentì le sue dita serrarsi intorno al polso, ne vide il viso portarsi all'altezza dell'incavo del gomito e sentì i denti affondare nella pelle morbida. Gemette, afferrandosi la spalla con la mano libera, quasi un gesto per contrastare il dolore. Quando Marcus cominciò a succhiargli il sangue le gambe cedettero, e lui divenne sordo anche alle grida di Vivien, Thomas, Daniel e Julia. Durò pochissimi secondi, al termine dei quali Marcus richiuse la ferta.

Manuel si ritrovò a terra senza sapere come ci era arrivato, inginocchiato, con la mano sul braccio, dove si era istantaneamente formato un livido. Nel rialzare lo sguardo, notò che i ragazzi erano appiattiti contro il muro, in piedi, come quattro soldati in attesa di fucilazione.

«Non sempre urlano così tanto.»

«Non ho urlato» sussurrò Manuel con voce strozzata, ferito nell'orgoglio. Si rialzò in piedi «Sei tu che hai preferito farmi male. Hanno scelta» informò il gruppo «Quindi vi consiglio di spingerli a scegliere bene. Soprattuttò tu» disse verso Vivien, che aveva le mani sulle labbra per impedirsi di urlare e gli occhi spalancati. «Sbatti le palpebre» ordinò. E Vivien eseguì, accorgendosi solo in quel momento del bruciore agli occhi. Julia le posò una mano sulla spalla, e quel gesto parve riportare Vivien nel mondo reale. Si accasciò a terra, subito seguita da Julia. «Sindrome della crocerossina» suggerì Manuel «O forse...forse riproponi solo il modello che usi con tua sorella.»

«Non parlare di lei» rispose Julia con un tono velenoso «Jane non ha bisogno di me, è la persona più...»

«...coraggiosa, audace, forte che tu conosca? Si dice di tutti i malati. Forse è una brava ragazza. Ma senza di te non andrebbe lontana. E parlo in senso letterale» alzò il braccio, mostrando a tutti il livido «Questo è solo uno dei segni che avrete se non vi comporterete bene. Con una differenza tra voi e me: io tra quattro giorni sarò guarito. Per voi potrebbero volerci almeno un paio di settimane. Ricordo che i primi tempi certi lividi mi restavano anche per un mese buono. Ora sono più veloce a guarire» fece un largo sorriso «Ma voi no. Quindi cercate solo di ubbidire. Anche perché questo non è permanente. Altri sì. Ora: tu» indicò Thomas, che chiuse gli occhi «Cuci quella camicia alla perfezione. Per tutti voi: vi manderò qualche libro per passare il tempo. A Elias piace parlare di storia. Vi manderò un libro diverso a testa, così potrete intrattenerlo.»

«E con i lavori?» domandò Marcus, tamburellandogli con le dita sulla spalla. Manuel si spostò con un gesto rabbioso.

«Farò allestire una piccola sartoria. Tu» disse verso Vivien «C'è una piccola infermieria, e Raina sa fare qualcosa, ma un medico tra noi...beh, aiuta. E poi se Elias si abitua abbastanza a te, avrai abbastanza lavoro. Pensa che Elias è così affezionato al Dottor Carson che durante l'ultima tempesta di sabbia che ha coinvolto parecchie città...vi ricordate no?»

«Sei mesi fa» disse Vivien.

«Ecco. Ha mandato Marcus a prenderlo per farlo stare qui qualche giorno, al sicuro. Lui e la sua famiglia. E il Dottor Carson non era ancora dottore, quando è venuto qui. Venti anni fa. Io non c'ero ancora, ma lui ne parla soltanto bene» e scrollò le spalle «Come vedete, ubbidirgli conviene. In ogni caso, tornando alla lista...Vivien, non starai sempre in infermieria, ovviamente. Julia vi insegnerà a trascrivere. Dovrete lavorare ai libri almeno tre ore al giorno. Non è molto difficile, ho imparato anche io. Al tempo stesso, tu Vivien insegnerai a loro tre il primo soccorso, e ti occuperai della gamba di Daniel. Non interrompermi» disse vedendo che Vivien stava per dire qualcosa. «Verrà il dottor Carson qui. Ti dirà come fare per la sua gamba. Darà qualche esercizio. E magari aiuterai anche Raina per piccole cose. Impara in fretta. Dimmi» l'ultima parola era detta in tono stanco, quasi scocciato, e Marcus rise.

«Strano come uno che in cinque anni non ha mai imparato a non interrompere se ne dimostri così infastidito...» Manuel lo ignorò.

«Non credo di essere la persona più indicata per gestire una situazione così...»

«Avrai modo di imparare.»

«Sono semplici esercizi» la rassicurò Daniel.

«Ora, se mi fate terminare...Per la sartoria: vi stupirà, ma forse qualcuno degli abitanti di questa casa potrebbe voler imparare» Thomas aggrottò entrambe le sopracciglia, e aprì la bocca per parlare, ma senza dire nulla. «Lo so. Sembra strano, ma sono curiosi. Alcuni potrebbero stancarsi in fretta. Tu fai il tuo meglio e lasciali provare. C'è Elias che tre anni fa ha rapito un maestro di violino. Si è fatto dare lezioni ed ha imparato davvero velocemente. Di quello non si è stancato: dovreste vedere la sua collezione di violini. Del pianoforte sì invece, diceva che gli dava fastidio. Dopo un anno. Questo dovrebbe consolarvi. Si stanca delle cose, si stancherà anche di voi, e vi lascerà andare a casa.»

«E perché tu sei ancora qua dopo...cinque anni, come ha detto lui?» domandò Vivien indicando Marcus con un cenno.

«Perché ho colpito la sua fantasia. Perché non sono noioso. Perché sono diverso da voi. Ho quel qualcosa in più che a voi manca. Rendetevi noiosi e si stancherà di voi. Ora cercate solo di riposarvi, avrete giornate pesanti. Vi manderò qualche libro, come vi dicevo. Andiamo Marcus» e afferrò il vampiro per un braccio «Dobbiamo riposare anche noi. O meglio: io. Domani Elias vuole andare al centro donazioni» il sorriso che si dipinse sul suo volto, fu il primo vero sorriso che i ragazzi videro da quando erano là. Era sincero, un sorriso reale. Vero. Arrivava agli occhi, coinvolgeva tutto il viso.

«E sorridi perché speri ti perdoni vero?» così come si era acceso, il sorriso sul volto di Manuel si spense in fretta.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top