CAPITOLO DIECI


CAPITOLO DIECI

Alle cinque del mattino, in casa Altias, il rumore dei tasti della macchina da scrivere di Adele regnava incontrastato.

Amelia controllò Abraham, che tendeva a scoprirsi, e gli rimboccò le coperte. Lasciò ordini scritti per tutti. Consigli di scrittura per Adele, raccomandazioni per Anja, rassicurazioni per Adrian, che era il più fragile tra loro.

Alexander la trovò così, china sul tavolo della cucina, con una tazza di latte bollente vicino, i capelli sciolti e selvaggi e gli occhi neri quasi chiusi, assonnati. La guardò immergere il cucchiaino e mangiare la pellicina del latte, e storse il naso, disgustato. Le si sedette vicino sistemandosi la divisa, e guardò il foglio con la scrittura particolarmente minuta e ordinata della sorella.

«Vai a lavorare presto, oggi?» disse passandosi una mano tra i capelli. Sbuffando prese le forbici ed eliminò un riccio che si era formato con la ricrescita.

«Elias mi viene a prendere» disse lei con noncuranza. I loro occhi neri si incontrarono, e Amelia lesse in quelli del fratello odio e paura al tempo stesso «Non fare così. Sarà solo per un paio di settimane, forse un mese. Solo che l'ultima volta non ho avuto modo di salutarvi, e voglio farlo per bene. Questo suono mi mancherà» disse indicando la porta della stanza di Adele. Alexander non parlava. Era rimasto rigido, con le forbici in mano, la divisa con i bottoni slacciati. Amelia sospirò. «Non fare così. Lo fa per proteggermi.»

«Gli hai detto...»

«Sì. Manderà Raina a controllare.»

«Me la ricordo lei» rispose il fratello con un grugnito, prendendo un bicchiere di latte anche per sé. Lo scaldò appena sul fuoco, e poi bevve tutto d'un fiato. «Mi fermò quando venni a prenderti. Mi impedì di uccidere il sesto non morto che Elias aveva messo a difesa. Finiranno prima o poi.»

«Ne dubito, c'è sempre gente che seppellisce i morti di nascosto. Elias trova facilmente persone che stanno morendo per un morso. O anziani che in cambio di soldi per la loro famiglia...si sacrificano» le rispose un altro grugnito «Comunque» disse lei porgendogli il foglio «Qui c'è tutto. Serve dire che non voglio trovare Abraham di nuovo col pannolino? L'ultima volta che sono stata via gli è stato rimesso. E sono stata lontana soltanto una settimana.»

«Tende a farsela addosso, può diventare l'unico...»

«...è un umiliazione per un bambino così grande» rispose lei in tono deciso e arrabbiato. Guardò l'ora «Sta arrivando. Sarà di sicuro qualcuno mandato da Elias.»

«Ahia! Elias mi stai facendo male.»

«Forse è esattamente quello che voglio, non credi?»

«Non avresti usato il darmi sollievo come scusa» mugugnò Manuel. Era disteso sul letto, mezzo nudo. Vicino a lui, Elias gli metteva pezze bagnate in acqua ghiacciata sui lividi. Il problema era che alle volte premeva con troppa forza, facendo sobbalzare Manuel. «Sarebbe troppo crudele. Perfino per te.»

«Perfino?» domandò lui inarcando un sopracciglio. Manuel arrossì.

«Non intendevo...beh, lo sai» scese qualche attimo di silenzio, interrotto solo da qualche gemito occasionale di Manuel. «Basta adesso. Vorrei dormire qualche ora. Nel pomeriggio parlerò con i ragazzi.»

«Farai come ti ho consigliato?»

«Non ne ho idea. Non credo possa funzionare.»

La cena era fredda. La carne doveva essere stata cotta un po' troppo, perché ridotta a una suola dura e scura, e più simile al cartone che a cibo vero. L'insalata era scondita, sgradevole, e il pane duro, tanto che Vivien dovette masticarlo a lungo, prima di poter inghiottire un boccone.

Daniel tentò, con poco successo, di farne un panino, ma alla fine si ritrovò a dover dare morsi piccoli, nonostante la fame.

Vivien sospirò. Le facevano male i polsi, per aver passato tutto il pomeriggio su una macchina da scrivere che le era stata portata da Manuel per cercare di imparare a usarla. Julia le aveva assicurato che col tempo sarebbe stato sempre più facile, e soprattutto, con i computer era diverso. In quel momento, Julia era impegnata a esaminare un foglio dattiloscritto di Vivien.

«È più facile, ma se ti abitui a questa, non sbaglierai mai e non dovrai correggere» aveva detto.

«Terrificante» sussurrò Vivien, attirandosi gli sguardi stupiti e irati degli altri tre «Beh?» domandò con fare innocente e una scrollata di spalle «Meglio lamentarsi per questo che per altro, no? Almeno sembra di essere a casa.»

«Come quando mio padre cucina» aggiuse Julia a bassa voce «Che ore saranno?» domandò cercando un orologio. Erano in una stanza bianca, senza nulla, se non un tavolo e delle sedie, le pareti spoglie. Quattro stanze segnavano l'ingresso delle celle in cui avevano dormito fino a quel momento.

«Il soldato o lo scrittore?» domandò Thomas, che con una mano mangiava e con l'altra controllava la cucitura della camicia di Manuel.

«Lo scrittore. Ha tante qualità, ma cucinare proprio no» rispose Julia, controllando il foglio. C'erano almeno dodici errori nelle prime due righe, ma non sapeva come dirlo a Vivien senza offenderla.

«Lascia stare, ho capito» sbuffò lei in risposta, dopo averne visto lo sguardo.

«Quella sembra essere venuta bene» notò Daniel, esaminando la camicia «Non si vedono le cuciture.»

«Ecco, vedete? A lamentarsi d'altro si sta meglio» disse Vivien con fare baldanzoso. Sorrideva. «E comunque è terrificante.»

«La carne o...?» cominciò Daniel.

«La carne. Ho visto ustioni dall'aspetto migliore» aggiunse, incurante delle espressioni di disgusto dei tre.

«Credo non mi vada più» borbottò Julia, lasciando la carne sul piatto.

«Fai male» disse la voce di qualcuno che era appena entrato. Vivien sobbalzò appena, e con lei anche Thomas. Davanti a loro c'era una figura alta, con gli occhi color castano chiaro e i capelli neri. Figura che afferrò la camicia dalle mani di Thomas, prendendola delicatamente. «Mi piace. Non mi ricordo se abbiamo mai avuto un sarto, qui. Cosa sai fare?» domandò.

«Un...un po' tutto. A...anche abiti da sposa» replicò il ragazzo, impallidendo.

«E da chi hai imparato?»

«Mia madre e i miei nonni, signore. Siamo cinque fratelli, e tutti...beh, tutti abbiamo imparato.»

«Mi piace» sussurrò Elias, sfiorando quella camicia. «Ti commissionerò subito degli abiti nuovi. Chiederò che venga mandato Manuel qui, e che tu possa usarlo come modello, così potrai creare quello che vorrai e farlo vedere. Io invece, ti ordinerò anche qualcosa per una ragazza che arriverà a breve. Hai già una sartoria tua?» Thomas scosse la testa. «Se ti comporti bene, molto bene, forse potresti guadagnarne una. Chi vive qui sa essere molto generoso. Tu sei un soldato invece, vero?» disse puntando su Daniel «E hai già ucciso molti di noi?»

«Solo due» rispose Daniel. Elias apparve stupito. Gli occhi di quel castano così chiari osservarono Daniel con curiosità, e con un cenno lo incitò a continuare «Avevano attaccato la città, ferito gravemente molte persone. Per il primo ho usato una freccia infuocata e poi un paletto di legno nel cuore.»

«E l'hai lasciato bruciare» completò Elias per lui. «Si taglia la testa, è più facile e immediato, ma anche lasciar bruciare è una buona idea. Se tagli invece devi allontanare la testa dal corpo. O bruciarli entrambi. Ho letto di un vampiro cui il corpo si è riformato partendo dalla testa» e gustò per qualche istante le loro espressioni terrificate.

«La testa gliel'ha tagliata un mio collega» disse Daniel «Il secondo...» fece una breve pausa «Non mi ero accorto che ci fosse. Mi ha aggredito alle spalle, me ne sono liberato pugnalandolo, ma lui mi ha morso» indicò la gamba destra, che teneva distesa, ben dritta «E quando l'ho infilzato alla testa con un paletto mi ha strappato un pezzo di carne. E ha intaccato i muscoli. Lui è stato ucciso dai miei colleghi. Io ho rischiato di perdere la gamba» Vivien lo osservava ammirata. Si avvicinò a lui.

«Posso?» domandò. E Daniel rialzò i pantaloni fino a lasciare scoperta la coscia. La cicatrice rimasta era davvero molto grande, la pelle deformata, dal colorito diverso. La sfiorò appena «Forse conosco chi ti ha operato. Il Dottor Carson, vero? Quando quel ragazzo...»

«Manuel» suggerì Elias, continuando a esaminare la camicia e lanciando di tanto in tanto occhiate verso Julia.

«Ecco, lui. Quando Manuel è venuto ha parlato di lui. Non ho collegato subito il nome, ma lo conosco. È uno dei medici migliori di tutto il regno unito. E capisco anche il motivo» sussurrò.

«Aveva accesso a libri particolari» disse Elias «Ha potuto portarli con sé, ed ha il permesso di copiarli e divulgarli. Libri e video di conoscenze perdute. Riceve ancora qualcosa, ogni tanto» Vivien parve illuminarsi, ma Elias decise di ignorarla per puntare lo sguardo su Julia «Tu invece sei quella che trascrive. Era da tempo che ci voleva un professionista qui. Puoi stare serena per tua sorella: Manuel ha insistito per lasciarla vicino ad un ospedale. E quando l'abbiamo lasciata là, camminava» Julia annuì, sollevata «Ma le abbiamo fatto capire che è meglio che dica ai tuoi padri di non intervenire.»

«Non garantisco che non lo faranno, signore.»

«Oh proveranno a fare qualcosa» disse Elias, scacciando quel pensiero con un gesto della mano «Di sicuro. Ma si renderanno ben presto conto che non possono fare nulla. Gli riporto io la camicia» disse recuperandola «Ora vi lascio soli.»

«Mi scusi...» esordì Thomas «Ma lei...?» Elias però non rispose a quella domanda sul suo nome.

Manuel lo aspettava all'esterno delle celle.

«Visto che funziona?» sussurrò. «Non presentandoti hai potuto parlarci senza che fossero troppo spaventati.»

«Non ha alcuna utilità» disse Elias, muovendosi verso il piano superiore. Arrivò fino a una delle poche finestre, e la aprì «E poi avrebbero comunque potuto riconoscermi dall'altra sera.»

«Quando erano appena stati rapiti, trascinati per diversi chilometri e poi costretti a ballare, senza aver mangiato nulla e spaventati a morte intendi?» il tono di Manuel era decisamente ironico. «Ed è utile. Ti puoi fare un'idea di come sono quasi al naturale. Erano abbastanza tranquilli perché sanno che solo tu puoi morderli per primo, e non sapendo che tu sei tu...» scrollò le spalle, ben consapevole di quanto contorta fosse quella frase. «Si sono rilassati.»

«In effetti è stato divertente. Dovrei rifarlo» convenne Elias, mettendogli una mano sul fianco. Manuel gemette, ma Elias lo trascinò via «Andiamo.»

«Dove?»

«Nella tua nuova camera.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top